Melting Vox Plus

Approfondimento dedicato alla cultura , conferenze ed incontri , interviste .

 

 

Roma , 3 Marzo 2016 : Presentazione del libro " Squarci - Coups de Projecteur " 

di Adriana Scribano edito da Aracne Editore

Questo lavoro si sviluppa in un arco di tempo che va dal 1975 al 2004. I racconti presenti rappresentano delle riflessioni sul mistero e sulla complessità delle relazioni umane oppure di riflessioni scaturite da pensieri sulle situazioni politiche osservate da semplice testimone, ma in qualche modo coinvolto. L'autore si propone di scalfire la violenza che ha origine nell'incapacità di capire il proprio vissuto, di suggerire l'ascolto delle diversità e l'attenzione all'altro, contrapponendo dialogo e parola.

nella suggestiva cornice del Centro Studi Cappella Orsini si è svolta un interessante incontro con l'autrice Adriana Scribano , Roberto Scarpetti drammaturco e Mohamed Ba Giornalista . La serata è stata conclusa simpaticamente con la lettura di alcune pagine dell'opera , a cura di tre giovani attori teatrali : Ilaria Canalini , Adriano Russo e Alessandra De Rosario .

 

breve video dell'evento a cura di ARACNE TV

Adriana Scribano

Adriana Scribano è nata a Tunisi e ha vissuto l’adolescenza in Liguria, ma ha proseguito gli studi a Nizza laureandosi in Lettere. Ha insegnato a Roma al Centro culturale francese e all’università. È poi ritornata in Francia, prima a Briançon e poi a Nizza. Ha partecipato a una mostra di fotografia a San Salvatore in Lauro nel 2006 e alla pubblicazione di una guida turistica della città di Roma. Ha pubblicato per le edizioni Bourgois traduzioni sulla storia del marxismo contemporaneo (Labriola, Gramsci) e nel 2009 per il Gabbiano di Messina un libro di poesie bilingue e di fotografie, Come un giramondo vado oziando. Vive e lavora a Roma.

 

   

   

 

 

 

 

 

 

Adriana Scribano

E' una Professoressa, Scrittrice e Poeta, ha pubblicato diversi libri , in questa occasione ci propone un testo di un collega: Lui é poeta e filosofo, ha un blog dove si possono leggere le sue poesie; é impegnato molto nel sociale e al Festival "Printemps des poètes et d'ailleurs", hanno letto una sua poesia " Le cerisier incendié" nella ultima edizione "Printemps des poètes et d'ailleurs" 2016 a Parigi. Si riferisce ad un fatto di cronaca successo nel 2011 a Firenze , in cui venne ucciso un venditore ambulante.

 

 

Figure del presente nel dialogo con la cultura classica, nella poesia di Adriana Scribano di Francesco Varano

La cartina geografica dell’Europa di questi ultimi anni si è infittita di muri, di fili spinati, di recinzioni. Da molti anni , Adriana Scribano, nata in Tunisia, da genitori italiani, vissuta tra la Francia e l’Italia, sia per motivi di studio che di lavoro, attualmente vive e opera a Roma. Adriana ha fatto propria l’idea di contrapporsi a questi muri attualmente esistenti , con la sua attività poetica di ricerca. “Voci Lontane . Voix lointaines” è il libro del 2012. L’autrice lo ha costruito foto dopo foto e poesia dopo poesia. Dire così so che è molto riduttivo. Le stesse fotografie sono poesie. Possono essere lette come delle poesie. Il tema che accomuna i testi e le foto io credo che sia l’eros, inteso come desiderio e sensibilità verso il mondo. L’autrice ha bisogno di esprimerlo e ha bisogno di esprimersi con esso. Lei compie una scelta etica, perché le figure a cui lo rivolge sono i migrantes che popolano i paesi d’Europa e in particolare la città di Roma. Le figure sono quegli extraeuropei che hanno deciso di essere artisti di strada. Al di fuori di ogni narcisismo lirico personale, Adriana costruisce di volta in volta, di immagine in immagine, un romanzo, in cui raccontare le emozioni e i sentimenti di questi migranti. Adriana li sente vicini. Lei smonta e rimonta digitalmente le loro immagini, li colloca accanto a delle maschere teatrali antiche; riavvolge i loro corpi in vestiti così belli da farli sembrare entità regali di grande eleganza. Su uno sfondo che è quello di Roma, sono presenti le vestigia antiche di muri, di colonne, di templi come il Pantheon, o la basilica di S. Paolo fuori le mura, o le mura serviane. La città e il suo passato vengono fatti dialogare con il presente dei migranti. Credo che sia probabile che Adriana si identifichi con queste figure. Come con la città.

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Roland Barthes parla in “La Camera Chiara”, dell’importanza oltre che dello “studium”, anche del “punctum” , per fare in modo che si possa avere una fotografia ottimale; in Adriana lo studium è rappresentato da un lavoro interiore di scavo e di destrutturazione, e poi di ricostruzione in un singolare “decoupage”,capace di attrarre lo sguardo fino a provare emozioni e a elaborare un pensiero di vicinanza ai soggetti ritratti e cosi presentati. Per questo il punctum è ben presente da divenire un elemento vivo , che costringe lo sguardo a ritornare più volte su quegli elementi compositivi. Mi sembra di rintracciare la lezione di Cartier-Bresson e l’influenza dell’ultimo Matisse. Più i soggetti sono marginali , più ricevono dal lavoro foto-poetico di Adriana una grazia cromatica e compositiva all’interno della Roma antica da farli apparire come dei principi, dei membri della società aristocratica, presenti nell’inquadratura con un’anima bella, sincera e benevoli verso chi guardi. Lo sguardo incrocia serenità, benevolenza e bellezza dunque, unite ad altri sentimenti molto accesi, realizzando il punctum barthiano. Questo incontro tra chi guarda e chi è guardato mi indica che si possa pensare a delle poesie, pensate e fatte in modo diverso rispetto alle raccolte di poesie scritte con le parole. Esse potrebbero stare in una mostra in un museo di Roma , che ospiti spesso mostre di fotografie, come il Museo dell’Ara Pacis o il Museo di Roma in Trastevere.

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Adriana accompagna i migranti, li accoglie, contro la cadenza di moltitudini di persone, in viaggi pieni di speranza e di progetti ; 10.000 persone morte in questi ultimi due anni. Lei segue il loro andare … verso questa rivoluzione, in cui ognuno dovrebbe ringraziare loro che avanzano seppur nella sofferenza. Adriana sa che c’è un obbligo di accoglienza, in queste brume della storia. Lei crea una relazione. … Poi, nei testi ecco la sua sensibilità rivolta contro la paura, a perorare ancora per loro, contro le donne violentate, e si interroga sui diritti. Lei sa che sia necessario il furore, in un mondo al tracollo dei valori e in piedi solo per la crescita del Pil ( anche se i migranti in Italia sostengono mezzo milione di aziende).”Voci Lontane – Voix lointaines” è un libro strutturato secondo un progetto internazionale: perché le foto ritraggono il tema dei migranti, e i testi sono scritti in italiano e francese, non in modo letterale; ma a una prima comparazione, si nota una ricchezza individuale delle due versioni, in quanto ora nell’una ora nell’altra è presente una risorsa diversa di parole e di versi , e quindi di un sentire poeticamente per cui i testi si completano vicendevolmente … .

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Adriana nei testi incontra gli amici e gli amori che non ci sono più, sconosciuti, morti a sedici anni, vite spezzate come la ragazza che si butta dalla finestra. La riflessione diviene quasi un ricordo personale, quelle vite Le appartengono, fanno parte di Lei, le pensa nella benevolenza e nel rapporto comunitario di fratellanza, che avverte come uno dei migliori sentimenti del pianeta. Adriana comunica al lettore questa sua leggerezza di essere una persona e contemporaneamente di essere le altre persone, che non ci sono più o che vivono nella precarietà, e dunque nella tristezza e nella malinconia, come il mimo, che rivela a Lei le sue emozioni e Lei lo sublima in un sogno:<< Per me tu sei un sogno ….>>. Nelle poesie di Adriana la figura retorica principale è l’ellissi temporale; per essa avvengono eventi che il lettore non sa, ma di cui conosce le conseguenze. A volte amare , nel senso che la dura realtà supera il sogno e il desiderio. Anche l’amore individuale come esperienza esistenziale si inserisce in questi tempi non detti visivamente, ma c’è nella sua gioia o nella sua amarezza e nella sua sofferenza. … Adriana ha introiettato anche il tu, al punto che a Lei appartiene il giorno e la notte, la fleur de la gaité e tutta la dolenza del mondo a cui è andata incontro dalla sua adolescenza alla sua maturità.

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Dicevo all’inizio di Eros, che può esserci d’aiuto a saper vedere il mondo, per prendere confidenza, ma esso è per Freud la forza che lo tiene coeso e che lo può salvare, rispetto alla forza di Thanatos, che lo può distruggere, destrutturarlo completamente. Adriana avendo scartato thanatos, si schiera dalla parte di eros, e spera in esso, spera che esso sia in grado di creare comunione e fratellanza. La sua è una posizione etica; perciò, la sua poesia abita la storia. Per questo motivo è una poesia necessaria.

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Questa motivazione comprende anche il suo primo libro: “Come un Giramondo vado oziando”. “Genevieve” è una ragazza che i passeggeri incontrano in metro’,e canta accompagnando il loro viaggio; una mattina non la incontrano più; Adriana “canta” la sua perdita, la sua presenza che apparteneva a tanti. Aveva deciso il suicidio dopo la morte del padre. Adriana mette in evidenza la creatura, la sua esistenza, l’essere apparsi nel mondo e l’essere scomparsi, annuncia, denuncia, crea una memoria poetica delle esistenze precarie. Nelle immagini di questo libro,di questo libro doppio di immagini e poesie, Adriana ci ricorda le pietre, in questo caso: quelle di Nuoro, una piazza con delle grosse pietre messe in diversi posti della medesima. Un monumento del passato. Le pietre e i muri sono gli sfondi delle foto di “Voci Lontane ….” Ma lo sono anche di questo primo libro. Il passato dell’antichità e il presente della fragilità della vita, delle vite marginali, poi delle vite spezzate dalla forza della realtà. Anche questo libro comprende una posizione etica, che incontra la storia, costituita dalla violenza sulle vittime. Si tratti dell’attrice e cantante tunisina Habiba Msika, bruciata viva a causa di un amore respinto, morta nel 1930. Come la donna a cui è stato dato fuoco a “Neuilly-sur-Marne” , per aver affermato il diritto di scegliere chi amare. La foto , che sta in mezzo tra le due poesie è il particolare di una scultura dedicata alla Resistenza a Porta S. Paolo , a Roma, dove morirono, vittime dei nazi-fascisti 54 donne. Di Ralph Fasanella, pittore, riportato da John Berger in “Sul Guardare” , l’autore dice che l’artista dipinge dall’alto e dal basso: Manhattan, come una supplica, per non dimenticare. Adriana mette da parte la retorica e la letterarietà e ci restituisce in questo libro un mondo (che include molti suoi viaggi, tra cui l’Australia, Kioto e Tokio), in cui il suo sguardo si posa con dolcezza sui soggetti, come supplica, per non dimenticare. Adriana ci riconsegna , con una delle ultime inquadrature, il sorriso di tre ragazzi , nella periferia di Tunisi, come la speranza che nella poesia “Genevieve”, Lei dice che si allontana, da quando la ragazza non può cantare più. Quel sorriso potrebbe essere pensato come preludio a uno spazio diverso, altro, meno ingiusto delle periferie e delle città intere. Si tratta di un modo dialettico, di dialogare con gli uomini e l’umanità delle città d’Europa e del mondo. Poiché di questo si ha bisogno, la poesia e la fotografia di Adriana è una “poesia” necessaria, perché si pone dal punto di vista etico , cioè dell’incontro con la storia degli uomini, individuale e collettiva. La sua poesie è importante anche in questo ultimo periodo, in cui, Parigi brucia, a causa degli scioperi e del terrorismo, e altri paesi europei innalzano steccati e muri, e qualche altro espediente repressivo contro i migranti, e rimontano le ideologie di destra e quelle populiste.

 

 

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2016 : 13e Printemps des Poètes des Afriques et d’Ailleurs du 14 au 20 mars 2016Le Grand XXe Siècle : l’apport de la Francophonie

Le Grand XXe Siècle : l’apport de la Francophonie

Centenaire Bernard Dadié

Soixantenaires L. G. Dasmas et  Martial Sinda

Sonne les cloches, sonne l’heure, les jours s’en vont et on demeure, cheveux frisés-bouclés au doux vent  de notre tendre, cher  et Beau Paris, violemment esquinté par la haine aveugle ; « Nous saisirons les bellicistes au collet » (comme l’écrivait Bernard Dadié, en 1950 dans Afrique debout !), au collet de la raison humaine, de la justesse humaine, du bon sens humain et de la fraternité humaine dans notre Beau Paris, dans notre Paris éternel trois fois villes Lumière : lorsque l’on a mis des réverbères pour lutter contre les rues coupe-gorge, lorsque l’esprit des philosophes des Lumières s’est exprimé, et lorsque la négritude fraternelle s’est formée sur les bords de la sereine Seine parisienne (« j’ai planté mon arbre à Paris /et la sève parisienne/ coule/ Dans mes veines /Sous ma peau noir, écrivais-je en 1986 dans Voyage en Afrique à la recherche de mon moi enivré). Il y a soixante ans, à Paris, en pleine Sorbonne, les Lumières noires des négritudes des trois continents adressèrent urbi et orbi un message chargé d’un lumineux humanisme noir lors du premier Congrès des intellectuels et artistes nègres.Nous habitons Paris, et Paris nous habite : nos parents l’ont délivré, y ont versé leur sang rouge de soldat noir, leur sang rouge de soldat arabe, leur sang rouge de soldat indochinois, leur sang rouge de fierté de vaillants soldats français des colonies refusant toute collaboration avec l’ennemi nazi (comme l’a célébré de manière hors paire le poète et théoricien de la négritude Léopold Sédar Senghor en 1948 dans Hosties noires).

Les cloches sonnent, sonnent  à un rythme trépident pour annoncer le 13e Festival néo-négritudien du Printemps des Poètes des Afriques et d’Ailleurs. Comment  ne pas s’indigner face au totalitarisme qui engendre « la violence sociale et le désordre politique » (Comme l’a titré récemment mon ancien condisciple sorbonnard le Dr Djaffar Mmadi dans un essai fameux paru à l’Harmattan). Et ces Printemps arabes qui avancent et qui reculent, qui reculent et avancent ; et ces Printemps africains qui balbutient, qui n’en finissent pas de balbutier et de faire des bulles qui s’éclatent.

Et le progrès humain la seule valeur qui vaille : Tam-tam tam-tam-toi «écrivait en 1955, le poète Martial Sinda dans Premier chant du départ et le poète Aimé Césaire précisait en 1956 dans  Et les chiens se taisaient : « Ma race : la race humaine. Ma religion : la fraternité […] »

Mais revenons à notre tendre Paris qui nous appartient. Paris nous appartient ! En tant que carrefour culturel, il a vu toutes les avant-gardes y éclore du surréalisme de Breton à la négritude de Césaire en passant par le nationalisme arabe en français de Messali Hadj.Depuis des siècles et des siècles nous avons bellement ensemencé Paris par notre force de travail, par notre agilité de guerriers,  par notre littérature nouvelle, par notre pensée nouvelle, par notre sagesse nouvelle, par nos mots francisés,  par notre présence nègre, arabe, et asiatique,  par nos plats plus que succulents, par nos valeurs toutes fraternelles. Souvenez-vous des bals nègres du début du siècle dernier : « PARIS-Nombril-du-Monde/à la merci de L’ AFRIQUE/de sa voix/ses regrets / de sa joie / ses tristesses / à la  merci de la fièvre du rythme/ de la piste un mouchoir de poche / de la trompette bouchée… » écrivait Léon-Gontran Damas en 1956 dans Black Label.

Pour célébrer l’être aimé noir et métissé  les poètes des Afriques de la néo-négritude utilisent des associations de mots inédites tels que : « Rose aux cheveux crépus … Muse aux lèvres charnues» (Romuald Chery), « Femme-palmier » (Elimane Kane), « Rosier sauvage couleur de l’Océan indien » (Houria), « Mon amour café » (Ferdy Ajax) / « Mon amandes/ ma muse cannelle / des joyeuses îles canaris » (Thierry Sinda) ; j’ai consigné toutes ses expressions poétiques originales dans       l’Anthologie des poèmes d’amour des Afriques et d’Ailleurs qui  s’illustre de manière inaugurale dans le genre ! Elle est une offrande à la Francophonie. Et que refleurissent les fruits des Hosties noires… C’est ainsi que nous nous joignons au thème du Printemps national des Poètes : « Le grand XXe siècle » en le passant par notre  moule néo-négritudien et il devient : « le Grand XXe siècle : l’apport de la francophonie ! ». Il y a maintenant plus d’une décennie, notre parrain inaugural, Jacques  Rabémananjara nous avait bien prévenu : « Il est bien que les poètes des Afriques  et d’Ailleurs cherchent à se rapprocher, à se réunir le plus souvent possible pour un fructueux échange d’expériences humaines : se connaître entre eux et se faire connaître par ceux qui pratiquent la langue dont ils sont fiers de porter la bannière ! Tout geste inédit, toute parole nouvelle est toujours une révélation et,de ce fait, une source d’émerveillement pour chacun. ». Notre parrain est le poète-historien Martial Sinda (premier poète de l’Afrique Equatoriale Française en 1955, et professeur émérite à la Sorbonne).

Audio dell'evento del 18 marzo 2016

Per ulteriori informazioni : Printemps des Poètes des Afriques et d’Ailleurs