Ambedue gli interessi meritevoli di tutela.
La Corte di Strasburgo nel 2012 evidenzia come la normativa nazionale risulta in contrasto con l’articolo 8 della CEDU che prevede il rispetto della vita privata e familiare inteso anche come possibilità di … conoscere le proprie origini e di acquisire informazioni su di esse.
Anche la Corte costituzionale con la sentenza 178 del 2013 ricorda come “il diritto all’identità personale rappresenti un diritto fondamentale” di ciascuna persona che può anche essere correlato alla necessità di tutelare la salute dell’adottato e quindi del superamento dell’anonimato della madre pensando ad esempio all’importanza di conoscere le patologie genetiche per le quali occorre una sorta di percorso a ritroso, cioè l’anamnesi familiare.
Lo si evince dal passaggio della sentenza in cui si legge che deve “essere assicurata la tutela del diritto alla salute del figlio anche in relazione alle più moderne tecniche diagnostiche basate su ricerche di tipo genetico”.
La Consulta sottolinea l’irragionevolezza della irreversibilità del segreto derivante dalla scelta del parto anonimo da parte della madre biologica e ha espressamente richiesto l’intervento del Legislatore per dettare le linee guida, le modalità pratiche del procedimento ma questo al momento non è avvenuto, non si è verificato.
La Corte di cassazione nel 2017 ha chiarito che in assenza di un intervento legislativo, le modalità da seguire per garantire il diritto di accesso alle origini, devono essere tratte dal quadro normativo esistente e devono essere idonee ad assicurare la massima riservatezza, il massimo rispetto della dignità della donna fermo restando che il diritto del figlio trova un limite insuperabile quando la dichiarazione iniziale per l’anonimato non sia rimossa in seguito all’interpello e persista il diniego della madre di svelare la propria identità“.
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