01 AGO 2002

Sofri: I sessant'anni di Adriano

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Compleanno ancora nel carcere di Pisa per l'ex leader di Lotta Continua, per la cui liberazione è da tempo in atto uno sciopero della fame a staffetta.

Con una domanda di Grazia ferma al ministero.1 Agosto 2002 - Adriano Sofri è nato il 1 agosto del 1942, a Trieste.

E ieri, con un giorno di anticipo, amici di vecchia data, politici, familiari e aderenti al comitato Liberi Liberi, si sono riuniti davanti al carcere Don Bosco per dire: ''Tanti auguri Adriano''.Tra la folla anche la moglie, Randy Krokaa, il fratello di Sofri, Gianni, e la sorella Stella, epoi il disegnatore satirico Sergio
Staino.

Tra i parlamentari che si erano dati appuntamento non c' erano solo quelli del centro sinistra, come Ermete Realacci e Maura Cossutta, c' era anche Patrizia Paoletti Tangheroni, di Forza Italia, che parteciperà anche al digiuno a staffetta.Mentre fuori era in corso la manifestazione Sofri e' stato visitato in carcere dai parlamentari Vannino Chiti, Marco Boato, che erano accompagnati dal sindaco di Pisa Paolo Fontanelli e dall' ex sottosegretario alla giustizia, Franco Corleone, oggi presidente del Forum Antidroga.

A loro, che potevano entrare, parenti ed amici hanno consegnato i regali di compleanno per Sofri.

Poche cose: una penna, una conchiglia, una caffettiera, tanti libri.Un po' di storiaAdriano Sofri divenne leader del movimento studentesco all'università di Pisa, poi, nel '68 divenne uno dei principali esponenti del movimento di lotta politica chiamato 'Lotta Continua', nato dai movimenti Potere Operaio di Pisa e Potere Operaio di Pavia.Il movimento si caratterizzò anche per le sue dure prese di posizione, accusando di strage di stato gli apparati istituzionali italiani dopo la strage di Piazza Fontana, avvenuta il 12 dicembre 1969, con la bomba che esplode nella Banca Nazionale dell'Agricoltura, a Milano.

Di quell'attentato, come di molti altri in quegli anni, vennero accusati i movimenti anarchici e i loro esponenti.Uno di loro, il ferroviere Giuseppe Pinelli, un giorno volò da una finestra della questura di Milano, uno dei cui dirigenti era il commissario Calabresi.

Ed è a questo punto che entra in gioco la vicenda di Ovidio Bombressi, Giorgio Pietrostefani e, appunto, di Adriano Sofri.Leonardo MarinoNel 1988, Leonardo Marino, anch'egli ex militante di LC, sembrò spuntare dal nulla e raccontò ai giudici di essere stato una delle due persone che sedici anni prima avevano ucciso il commissario di polizia Luigi Calabresi davanti alla sua casa di Milano, e il cui delitto era ancora rimasto impunito.

Marino disse che a sparare al commissario era stato Ovidio Bompressi e che i due avevano ricevuto l'ordine di compiere l'omicidio da Adriano Sofri e Giorgio Pietrostefani.I tre vennero arrestati e poi scarcerati in attesa del processo e si dichiararono del tutto estranei all'accusa.

La storia raccontata da Marino, alla prova di fatti e confronti, cadde da subito tra moltissime contraddizioni, incongruenze, smentite e rettifiche, la più plateale delle quali riguardò l'unico dato che riguardava Pietrostefani.Questa rettifica la si può leggere per esteso sul testo originale della sentenza.

Eccolo: «Il 21 luglio '88 al P.M.

il Marino aveva detto che a Pisa, al termine del Comizio di Sofri, era stato avvicinato da questi e da Pietrostefani.

Poi il 21 luglio successivo /sic!/ al G.I.

e al P.M: precisava di avere parlato soprattutto con Sofri, perchè Pietrostefani l'aveva incontrato spesso a Torino e non ne aveva la necessità.

Il successivo 17 Agosto al G.I.

ribadiva il colloquio con Sofri, pur ricordando la presenza di Pietrostefani.

Il 16 Settembre 1988, in sede di confronto con Sofri, dichiarava di non poter affermare con certezza la presenza di Pietrostefani.

Infine al dibattimento di 1° grado riferiva di essersi convinto della presenza di Pietrostefani a Pisa il 13 Maggio 72, ma di non averne memoria».Al processo, iniziato nel 1990, emerse inoltre, e casualmente, che Marino aveva intrattenuto colloqui notturni e non verbalizzati con i carabinieri, molti giorni prima della sua presunta "spontanea" confessione.

Il processo si concluse con le condanne a 11 anni per Marino e a 22 anni per le persone che aveva accusato, malgrado nessuna prova si fosse aggiunta al suo racconto.Tutto come alloraDa allora, dopo vari ricorsi, appelli e revisioni, dopo un processo d'appello, nel 1993, che ha assolto tutti gli imputati, Marino compreso, non credendo nemmeno alle sue accuse contro se stesso, nel gennaio del 1997 Sofri, Bompressi e Pietrostefani hanno subito una condanna definitiva e sono entrati in carcere a Pisa.

Marino ha avuto il reato prescritto senza scontare un giorno di detenzione.

I tre si sono consegnati al carcere, Pietrostefani addirittura tornando da Parigi dove lavorava.Al processo di revisione, svoltosi a Venezia tra la fine del 1999 e l'inizio del 2000, è stato dimostrato definitivamente il non chiaro percorso della confessione di Marino, nonché l'estraneità di Bompressi, e la fragilità dei sostegni delle sentenze di condanna.

Ciò malgrado, i giudici veneziani hanno ritenuto di riconfermare le condanne e hanno ordinato il ritorno in carcere dei tre, ventotto anni dopo i fatti contestati.Le iniziativeE' da 2661 giorni che si sussegue senza tregua una staffetta di scioperi della fame fra tantissime persone amiche e colleghe di Adriano Sofri con l'obiettivo che è quello di testimoniare la continuità nel tempo e nello spazio di questa catena di solidarietà, che chiede ormai soltanto la concessione della Grazia per poter risolvere uno dei casi giudiziari più lunghi e incerti e, a detta di molti ormai, palesemente erroneo, della storia italiana.Lo stesso Marco Pannella, leader radicale, nel corso del suo recente Satyagraha per la legalità, poi vinto, per la nomina del 13 deputati alla Camera, ha detto, durante un intervento all'ultimo congresso di Radicali Italiani, che se fosse stato in Ciampi il primo atto che avrebbe compiuto sarebbe stato concedere la Grazia a Sofri.

Un gesto chiesto, tra l'altro, anche dall'ex presidente della repubblica Francesco Cossiga.A livello di iter giudiziario, le tre domande per la concessione di Grazia a Sofri, Bombressi e Pietrostefani sono ferme al ministero della giustizia; l'ultima, quella per Bombressi, è giunta al ministero pochi giorni fa, secondo quanto riportato da Franco Corleone.Le parole di Sofri sulla sentenza definitiva«Non mi occupo di argomenti per i quali la mia conoscenza e competenza è minima, come il contesto dell'esecuzione del delitto» - ha scritto Adriano Sofri - «benchè veda che in questa parte la sentenza ha accumulato alcune fra le più temerarie tesi.

Delle "Considerazioni finali", destinate in sostanza a motivare la mancata concessione delle attenuanti prevalenti sulle aggravanti, chiesta "in estremo subordine" da alcuni difensori, va sottolineato il succo: e cioè che gli imputati non sono stati solo assassini efferati nel 1972, ma sono rimasti delinquenti impuniti per tutta la vita.

Altro che gli editoriali alla Montanelli sul fatto che "gli imputati non sono più le stesse persone": Pietrostefani "non risulta aver mai ripudiato, nè con scritti nè verbalmente, il Movimento eversivo, del quale è stato esponente di spicco".

"Non una sola parola di recriminazione per l'omicidio e di commiserazione per la vittima".

"Assenza di qualsiasi segnale di resipiscenza, di rimorso, di confessione da parte degli imputati".

"Anche nel corso della presente fase del giudizio non una sola parola di esecrazione del crimine o di comprensione verso la vittima ed i figli superstiti è stata pronunciata dai tre prevenuti".

"Nessuna indicazione concreta di lodevoli condotte susseguenti, nessun richiamo a qualità personali meritevoli di considerazione è stata fatta nel caso in esame, mentre non risulta aliunde segnalata o è emersa dagli atti processuali.

Così il giudice estensore, Presidente di Corte d'Assise d'Appello, Giangiacomo Della Torre, ha concluso la fatica di motivare una condanna che aveva già dolosamente pronunciato prima di dichiarare aperto il processo».

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