19 GIU 2002

Vigilanza Rai: Audizione Costanzo sulle modalità di garanzia del pluralismo nella comunicazione radiotelevisiva

[NON DEFINITO] | - 00:00 Durata: 1 ora 44 min
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Audizione del dottor Maurizio Costanzo sulle modalità di garanzia del pluralismo nella comunicazione radiotelevisiva .

Registrazione audio di "Vigilanza Rai: Audizione Costanzo sulle modalità di garanzia del pluralismo nella comunicazione radiotelevisiva", registrato mercoledì 19 giugno 2002 alle 00:00.

La registrazione audio ha una durata di 1 ora e 44 minuti.
  • Relazione iniziale di Maurizio Costanzo, giornalista

    Il Presidente Petruccioli ricorda che l'Ufficio di Presidenza aveva deliberato l'audizione del dottor Costanzo in considerazione della sua esperienza così peculiare nel campo del talk show che, come è noto, rappresenta una delle forme di comunicazione televisiva che più sono state oggetto di polemiche per quanto riguarda la problematica delle garanzie del pluralismo.<p>Il dottor Costanzo ricorda di avere per primo iniziato la formula che sarebbe stata poi definita come talk show in radio all'inizio degli anni '70, con il programma «Buon pomeriggio». A questo seguiva nel 1976 il programma televisivo «Bontà loro», che ha rappresentato l'archetipo delle sue trasmissioni successive e degli altri talk show, anche per quanto riguarda la collocazione oraria, che era allora alle 22,30. Proprio in relazione a quel programma alcuni giornali cominciarono ad usare il termine talk show, dal momento che quella formula, pur iniziata da lui in Italia senza aver presente modelli stranieri, aveva avuto dei precursori di successo sia in Gran Bretagna che negli Stati Uniti. <br>Dopo «Bontà loro», andata in onda per due anni, e le successive trasmissioni «Acquario» e «Grand'Italia», trasmessi ciascuno per un anno, nel 1982 egli si trasferì a Mediaset inaugurando il «Maurizio Costanzo Show», tuttora in trasmissione.<br>Al di là della formula spettacolare, evolutasi nel tempo seppure immutata nel modello di base, tutti i talk show da lui realizzati presentavano delle caratteristiche comuni, in particolare quella di essere programmi di rete, non posti quindi sotto la responsabilità del direttore di una testata giornalistica. Questa scelta è stata in passato motivo di polemiche; pur essendo egli giornalista e avendo ricevuto proprio per le sue trasmissioni il premio Saint Vincent per il giornalismo, è stato spesso criticato il fatto che questo tipo di trasmissione informativa si svolgesse al di fuori delle sedi giornalistiche e con caratteristiche proprie, che finivano per esaltare la responsabilità e il ruolo del conduttore. Peraltro questo modello ha poi fatto scuola cosicché, ad esempio, sono trasmissioni di rete anche «Porta a Porta» o «Sciuscià».<br>Con riferimento alle polemiche che spesso vi sono state sui limiti della libertà espressiva in televisione, l'oratore afferma di non aver mai subito alcuna forma di pressione e di censura nei suoi quaranta anni di esperienza professionale, prima come autore e poi come conduttore, né in RAI, né in Mediaset.<br>Le sue trasmissioni in RAI nacquero per il sostegno e l'interessamento dell'allora direttore della rete Due Mimmo Scarano e del suo vice Angelo Guglielmi; per quanto riguarda poi il «Maurizio Costanzo Show», va considerato che si tratta di un programma da lui prodotto in totale autonomia, un vero e proprio programma «chiavi in mano».<br>A questa mancanza di qualsiasi tentativo di censura o condizionamento interno hanno invece sempre corrisposto vivaci polemiche sui giornali, polemiche il cui oggetto si è via via modificato mentre le sue trasmissioni esploravano nuovi terreni fino a quel momento preclusi alla comunicazione radiotelevisiva; in effetti egli ritiene di aver contribuito a dimostrare che in televisione non esistano luoghi deputati all'informazione e all'approfondimento e luoghi che invece ne siano esclusi, si pensi alle polemiche che si svilupparono sui giornali quando egli cedette il palcoscenico del «Maurizio Costanzo show» al compianto giudice Di Maggio che per la prima volta portò a conoscenza del grande pubblico le analisi sul cosiddetto terzo livello della mafia.<br>Il dottor Costanzo si sofferma quindi sulle caratteristiche proprie del talk show, facendo presente come esso sia sostanzialmente una formula incentrata sul conduttore. È così anche negli Stati Uniti, dove i talk show sono numerosi e con numerose formule, e molto diversi peraltro fra di loro. Si pensi al carattere eccessivo e scandalistico che presentano molti show in programmazione diurna, ben differente da quelli che vanno in onda in seconda serata, dove peraltro solo i giornalisti possono intervistare uomini politici, che quindi non partecipano agli show il cui conduttore non sia un giornalista; ebbene, quale che sia la formula e la natura dello show, essa è strettamente legata al conduttore che ne è il vero autore, ciò che rende alquanto improponibile a suo parere l'idea di una trasmissione con conduttori plurimi.<br>Per quanto riguarda la questione dell'imparzialità del conduttore, il dottor Costanzo esprime forti riserve sull'idea che un conduttore possa manifestare, e tanto meno avere, uno sguardo come pure si è detto «neutrale» nei confronti delle materie di cui si parla. Il pluralismo dunque non può che essere garantito dalla libera rappresentazione di due diversi punti di vista, ma è illusorio pensare che questa garanzia possa essere data da altro che dalla coscienza e dalla professionalità del conduttore, che trova nel consenso del pubblico la sua sanzione, cosicché la strada di una eventuale moltiplicazione delle autorità di garanzia non sembra certamente la più produttiva.<br>In ogni caso egli ritiene che il successo di un talk show dipenda proprio dalla capacità di costruire un discorso articolato su una pluralità di linguaggi.<br>Non a caso la sua trasmissione, dai tempi di «Così parlò Bellavista» in poi, ha rappresentato la via maestra per condurre al successo tantissimi libri, che avrebbero certamente trovato meno occasione di notorietà in trasmissioni di contenuto specificamente letterario, mentre hanno potuto suscitare l'interesse di quel pubblico ben più ampio che guardava una trasmissione dove non di soli libri si parlava, ma dove la letteratura entrava insieme a tante altre manifestazioni della vita.<br>La trasmissione del resto ha rappresentato un veicolo di notorietà tanto per personaggi della cultura come Vittorio Sgarbi o Stefano Zecchi quanto per persone come quel signore che sostiene di parlare con gli gnomi sull'Appennino, probabilmente ben consapevole che l'esperienza di cui narra non è né reale né creduta tale, ma anche che possiede una propria verità poetica e che merita di essere raccontata. <br>Indice degli interventi<br>L'audizione comincia alle 18h35<br>Presidenza del Presidente <strong>Claudio Petruccioli</strong><br>
    0:00 Durata: 26 min 40 sec
  • Vittorio Pessina (FI)

    Il senatore Pessina esprime vivo apprezzamento per l'intervento del dottor Costanzo e si sofferma sulla assoluta libertà da condizionamenti di ogni genere che egli assicura di aver sempre goduto in RAI e in Mediaset, libertà che si è manifestata anche nella rivendicazione di poter parlare di qualsiasi argomento rifiutando l'idea che possano esistere luoghi deputati per particolari tipi di informazione o di approfondimento.<br>A suo parere la Commissione, e su questo l'apporto dell'esperienza del dottor Costanzo non può che essere illuminante, dovrà compiere una riflessione proprio sulle condizioni che consentono l'esercizio di una vera libertà creativa ed editoriale e della relativa assunzione di responsabilità. <br>Osservazioni e quesiti dei Commissari
    0:26 Durata: 2 min 59 sec
  • Enzo Carra (MARGH-U)

    Il deputato Carra, dopo essersi soffermato su taluni aspetti di carattere drammaturgico e comunicativo, ritiene che dalla relazione del dottor Costanzo siano emersi molti punti che meriterebbero un approfondimento. Mentre infatti è a suo parere totalmente condivisibile quanto da lui affermato circa l'improponibilità della formula del doppio conduttore, più controversa, e degna di discussione è l'idea, cui il dottor Costanzo ha fatto cenno con riferimento all'esperienza americana, di riservare ai soli giornalisti professionisti la possibilità di intervistare uomini politici. <br>
    0:29 Durata: 4 min 12 sec
  • Paolo Gentiloni (MARGH-U)

    Il deputato Gentiloni Silveri invita il dottor Costanzo ad esprimere un'opinione sul tema, che in qualche misura è alla radice del dibattito in corso, del potere dei conduttori, da taluni ritenuto eccessivo. <br>Egli chiede quindi al dottor Costanzo come abbia vissuto l'introduzione, specialmente in relazione alla legge n. 28 del 2000, delle cosiddette regole sulla par condicio.<br>Per quanto riguarda il problema, cui il dottor Costanzo ha accennato nel suo intervento, delle modalità con cui si costruisce l'interesse intorno a fenomeni anche culturali, il deputato Gentiloni chiede il suo parere circa la dibattuta questione degli effetti negativi che la ricerca dell'audience avrebbe sulla qualità della produzione televisiva.<br>Infine egli chiede al dottor Costanzo, in relazione all'affermazione da quest'ultimo fatta quando era ospite della trasmissione di Michele Santoro, che se avesse avuto sentore di un certo clima nel Paese egli sarebbe stato pronto a battersi in difesa della libertà espressiva, se egli ritiene che vi siano oggi pericoli di questo genere. <br>
    0:33 Durata: 3 min 56 sec
  • Giuseppe Scalera (Mar-DL-U)

    Il senatore Scalera chiede al dottor Costanzo il suo parere sugli effetti omologanti determinati dalla concorrenza televisiva fra la produzione del settore privato e quella del settore pubblico. <br>
    0:37 Durata: 2 min 32 sec
  • Giuseppe Gianni (UDC)

    Il deputato Giuseppe Gianni ritiene che la questione del potere dei conduttori esista e non possa essere elusa; naturalmente il problema vero finisce per risiedere nelle qualità umane, morali e professionali dei conduttori dei talk show. <br>
    0:40 Durata: 1 min 8 sec
  • Antonio Falomi (DS-U)

    Il senatore Falomi ritiene che non si possa in alcun modo dubitare del fatto che chi realizza un programma del tipo dei talk show ha sicuramente un potere sulla formazione della pubblica opinione superiore a quello della maggior parte dei parlamentari. <br>Taluni ritengono necessario istituire delle regole che disciplinino l'esercizio di questo potere, cosa a suo parere impossibile, inopportuna e foriera di sviluppi imprevedibili, non essendo in realtà possibile fissare altro che norme di carattere generale prima fra le quali, lo ricordava lo stesso dottor Costanzo, è la presenza in trasmissione di più voci contrapposte, principio che in Italia, al di là di singoli errori, sembra essere sostanzialmente rispettato.<br>Ciò detto il senatore Falomi si sofferma su quanto affermato dal dottor Costanzo, almeno secondo quanto hanno riportato i giornali, nel corso della trasmissione di Santoro cui egli ha partecipato come ospite circa una maggiore libertà che vi sarebbe in Mediaset: affermazione che sembra smentita dalle rilevazioni della Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, per cui nei dieci giorni precedenti alle elezioni amministrative i telegiornali di Mediaset avrebbero dedicato il 90 per cento del tempo dell'informazione politica al Presidente del Consiglio e a esponenti del Governo e della maggioranza, e il 5 per cento a soggetti istituzionali quali Presidenza della Repubblica e Presidenze delle Camere, e solo il 5 per cento all'opposizione.<br>Il senatore Falomi si sofferma quindi su un altro importante aspetto del pluralismo televisivo che è quello della rappresentazione della società. L'indubbio effetto omologante che ha avuto la concorrenza fra privato e pubblico, tese a conquistare la massima audience soprattutto in prima serata, ha portato all'affermarsi, in particolare nelle opere narrative, di un modello uniforme, teso alla rappresentazione di una presunta normalità nella quale gli spettatori finiscono per rispecchiarsi. Questi spettatori peraltro sono complessivamente venticinque milioni in media nella prima serata; un numero imponente certamente, ma non si può fare a meno di chiedersi quante realtà sociali alternative a quella più o meno normalizzata rappresentata dalla televisione siano diffuse fra quei 33 milioni che non guardano la televisione e che, evidentemente, in gran parte da quella televisione non si sentono rappresentati. <br>
    0:41 Durata: 8 min 14 sec
  • Davide Caparini (LNP)

    Il deputato Caparini ritiene molto interessante la relazione del dottor Costanzo che ha contribuito a completare il quadro delle differenze strutturali, redazionali e drammaturgiche tra i cosiddetti talk show.<br>Egli ricorda come all'inizio l'audizione di Maurizio Mannoni abbia fornito alla Commissione un modello di programma di approfondimento collegato ad una testata giornalistica, di durata breve, dove il ruolo del conduttore è quello di fornire elementi per la comprensione e l'approfondimento di una notizia, sulla quale viene poi dato spazio a due soggetti qualificati portatori di tesi contrapposte.<br>Bruno Vespa ha portato l'esperienza di una trasmissione di rete, in cui dunque il ruolo del conduttore nella scelta dell'argomento e degli ospiti e nella conduzione del dibattito è fondamentale, Costanzo quella di una trasmissione ancora diversa, fondata sulla contaminazione fra diversi argomenti e generi.<br>In questo quadro egli chiede al dottor Costanzo di esplicitare le proprie opinioni rispetto ad alcuni punti più specificamente collegati al problema del pluralismo, e cioè se a suo parere abbia funzionato o meno la legge sulla par condicio, quali siano gli strumenti per garantire la tutela delle minoranze, non solo politiche ma anche sociali e culturali, se infine il ruolo della Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sia vissuto da chi fa questo tipo di programmi positivamente ovvero come un limite più o meno soffocante. <br>
    0:49 Durata: 3 min 5 sec
  • Michele Lauria (Mar-DL-U)

    Il senatore Lauria ritiene che sarebbe particolarmente interessante, a proposito del problema del cosiddetto potere dei conduttori, avviare una riflessione su quanto in realtà di questo potere debba essere attribuito non al conduttore, ma alla stessa potenza del mezzo televisivo. <br>Egli chiede quindi al dottor Costanzo di voler fornire a questa Commissione una sua propria definizione del pluralismo e degli strumenti che lo garantiscono, anche in riferimento alla pluralità o meno dei modelli culturali o sociali veicolati dalle trasmissioni televisive. <br>
    0:52 Durata: 8 min
  • Presidente

    Il Presidente Petruccioli ritiene che l'audizione del dottor Costanzo, insieme alle altre audizioni fin qui svolte, abbia dato un grande contributo al lavoro che dovrà compiere questa Commissione, che non è certamente quello di dettare regole o imporre modelli comunicativi, ma quello di identificare dei principi idonei a garantire il pluralismo nel suo complesso. <br>I cosiddetti talk show sono indubbiamente un punto nevralgico di questo discorso. Del resto in questa stessa Commissione, dove pure nel corso di queste audizioni è stato condiviso da tutti un atteggiamento liberale inteso a salvaguardare l'autonomia dei conduttori, si raccolgono quotidianamente proteste e accuse reciproche che dimostrano come questi problemi dell'autonomia e dell'imparzialità siano sentiti.<br>In realtà questo modello espressivo che è il talk show rappresenta un grande strumento di promozione del dibattito pubblico, e il foro televisivo svolge oggi una funzione simile a quella che svolgeva il teatro nell'antichità classica; non per niente proprio Costanzo ha dimostrato di essere uno degli autori più sensibili a questo stretto rapporto fra teatro e talk show, come dimostra anche la scelta di ambientazione del suo spettacolo.<br>In realtà, e queste sono differenze che è importante tener presente quando si valutano diverse trasmissioni di cui non si può ignorare la diversa drammaturgia, Costanzo ha scelto il modello, molto teatrale, di una trasmissione di personaggi, che vengono invitati e scelti secondo le regole della contrapposizione e dell'analogia, e che sono su un piano di sostanziale parità, salvo il ruolo da ciascuno di essi assunto nel corso della trasmissione. Un modello come si vede molto differente da quello di altri programmi dove gli ospiti sono funzionali all'argomento della serata, che è così il vero fulcro della trasmissione.<br>Indubbiamente però, come lo stesso Costanzo ha affermato, il vero dominus del talk show è senz'altro il conduttore che conferisce al programma le sue specifiche caratteristiche drammaturgiche; ci sarebbe da chiedersi come oggi che il campo non è più libero come lo era quando gli attuali conduttori hanno cominciato a sperimentare il talk show, conquistandosi una propria autonomia produttiva, possa essere possibile far nascere anche in questo campo nuovi talenti, nuovi linguaggi e nuove drammaturgie. <br>
    1:00 Durata: 12 min 14 sec
  • Replica di Maurizio Costanzo

    Il dottor Costanzo inizia la sua replica condividendo le affermazioni del Presidente circa il rapporto tra teatro e talk show; questo è particolarmente vero per quanto riguarda i suoi spettacoli, il cui stile narrativo è sempre stato influenzato dalla sua passione per il teatro, e che da quando realizza il «Maurizio Costanzo Show» del teatro conserva anche il carattere di confronto diretto con un pubblico misto e sempre nuovo. <br>Per quanto riguarda la definizione del pluralismo, concetto indubbiamente ambiguo e per molti versi sfuggente, egli ritiene che questo possa essere sommariamente definito come l'espressione di una pluralità di voci intorno ad una pluralità di questioni. In questo senso egli ritiene che le trasmissioni da lui condotte siano state fra le prime in Italia a dare voce a minoranze fino ad allora sistematicamente escluse; si pensi alla visibilità che per primo il suo programma ha conferito all'esperienza omosessuale, alla difesa dei diritti dei malati di AIDS e dei sieropositivi, ai problemi giuridici delle coppie di fatto, alla condizione esistenziale degli handicappati.<br>Altro aspetto è naturalmente quello della rappresentazione pluralistica della politica.<br>In proposito egli fa presente come qualsiasi discorso su questo tema non possa prescindere dal fatto che negli ultimi diciotto mesi l'interesse del pubblico verso la politica sembra aver perso decisamente terreno. Da questo punto di vista egli ritiene che anche per il fatto di avere il pubblico in sala, la sua trasmissione rappresenta un sensibile indicatore degli umori dei cittadini, e se alla fine del 1998 Fausto Bertinotti ha potuto scegliere la sua trasmissione come tribuna per dichiarare l'abbandono della maggioranza da parte di Rifondazione Comunista, oggi l'interesse sembra vistosamente diminuito. Forse si dovrebbe ritornare ad un modello di dibattito politico più istituzionale, come quello delle vecchie tribune politiche.<br>Venendo alle osservazioni del senatore Falomi egli fa presente di non aver affermato apoditticamente che a Mediaset c'è più libertà che in RAI, ma di aver detto che, a fronte di ciò che in quella trasmissione dicevano giornalisti RAI, a sentire ciò che essi sostenevano egli non poteva che concludere che in Mediaset vi fosse una maggiore libertà espressiva, e del resto non si può negare che alla RAI sembrano mancare trasmissioni irriverenti come «Le Iene» o «Striscia la notizia».<br>Anche per quanto riguarda la questione del tipo di realtà che viene rappresentata in televisione, egli ritiene che sarebbe un errore sottovalutare quei venticinque milioni di telespettatori.<br>Premesso che negli altri 33 milioni, accanto ai bambini e a coloro che legittimamente scelgono di far altro che guardare la televisione, ci sono anche i fruitori di un'offerta che è in realtà molto più ampia della sola televisione generalista, egli ritiene che non bisogna comunque cedere alla facile impressione che la gente comune sia esclusivamente «agita» dalla televisione di cui invece, egli ritiene, si sta progressivamente impadronendo. Se ai tempi del monopolio la gente comune conquistava rarissimamente la ribalta televisiva, si pensi ai concorrenti dei telequiz, proprio con la sua trasmissione le persone comuni hanno cominciato a rivendicare la propria visibilità, e un programma come «Il grande fratello» in realtà non rappresenta altro che un passo avanti in questa direzione.<br>Per quanto riguarda la questione dell'esclusiva dei giornalisti nella conduzione di interviste a politici, egli fa presente che quello da lui riferito è un modello tipicamente americano, a suo parere da non imitare, anche se di solito i giornalisti hanno in questo campo maggiore professionalità. In realtà egli ritiene che più che fissare regole o divieti bisogna avere fiducia nella capacità di giudizio e di scelta del pubblico, a fronte del quale il conduttore deve riuscire a salvaguardare nel tempo la propria credibilità; per lo stesso motivo è inutile a suo parere mettere limiti o regole, fermo restando che il vero limite è l'assunzione di responsabilità da parte del conduttore, che trova poi se necessario la sua sanzione in norme del codice civile e del codice penale.<br>In realtà il telecomando è un grande strumento di decisione democratica, che il pubblico può esercitare su qualsiasi programma, ammesso ovviamente che abbia la possibilità di vederlo; in questo senso bisognerebbe sempre ricordare che il vero potere non è quello dei conduttori, ma quello di coloro che gli consentono di andare in onda. <br>Infine, quanto all'ultima questione posta dal deputato Gentiloni Silveri, il dottor Costanzo osserva che la libertà dell'informazione non sembra oggi minacciata più di quanto sia stata in passato.<p>Il Presidente Petruccioli ringrazia il dottor Costanzo e dichiara conclusa l'audizione.<br>La seduta termina alle 20h15. <p>
    1:13 Durata: 31 min 30 sec