13 SET 2002

Affari Costituzionali e Giustizia: Seguito discussione del Ddl Cirami - seduta del 13 settembre 2002

[NON DEFINITO] | - 00:00 Durata: 19 ore 54 min
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Registrazione audio di "Affari Costituzionali e Giustizia: Seguito discussione del Ddl Cirami - seduta del 13 settembre 2002", registrato venerdì 13 settembre 2002 alle 00:00.

La registrazione audio ha una durata di 19 ore e 54 minuti.
  • Carla Rocchi (MARGH-U)

    Carla Rocchi (Misto-Verdi-U) si soffermerà in particolare sui tempi e le conseguenze di una eventuale approvazione della proposta di legge Cirami. Tutto inizia il 4 luglio 2002, quando le sezioni unite della Corte di cassazione sollevano il dubbio di costituzionalità con un ricorso alla Corte costituzionale perché considerano l'articolo 45 del codice di procedura penale non rispondente alla previsione della legge delega 16 febbraio 1987, n.81 che include il legittimo sospetto tra i casi di rimessione del processo. Con un'accelerazione pazzesca il Senato approva la proposta Cirami prima della sospensione estiva dei lavori. Anche alla Camera dei deputati la tempistica è da record, essendo posto l'esame del provvedimento immediatamente all'ordine del giorno dei lavori delle Commissioni riunite affari costituzionali e giustizia; al riguardo ricorda e condivide quanto è stato espresso dal presidente Castagnetti in Aula il 3 settembre scorso sulla celerità dell'inserimento della proposta nell'agenda dei lavori parlamentari. <br>Quanto alle ragioni dell'urgenza, non regge il motivo secondo il quale la proposta Cirami sia un atto necessario in quanto la Corte di cassazione ha sollevato una questione di legittimità, in grado di produrre, se accolta dalla Consulta, un vuoto normativo. Sottolinea che al momento tale vuoto non esiste, in quanto la Corte di cassazione non ha il potere di disapplicare una norma. <br>Benché quindi appartenga alla normale funzione parlamentare presentare, discutere e approvare leggi, con lo scopo anche di colmare vuoti di natura normativa, questo non significa che ogni volta che venga sollevata una questione di legittimità costituzionale il Parlamento si debba precipitare ad eludere il giudizio della Corte costituzionale, dando implicitamente per scontato che ogni questione sollevata sia fondata.<br>D'altra parte l'urgenza non è giustificata neanche se si consideri la proposta Cirami molto più importante dei provvedimenti che la Commissione giustizia del Senato si appresta ad esaminare: la modifica all'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario sul regime di sorveglianza speciale per gli individui pericolosi (come i mafiosi), la riforma del processo fallimentare, di quello penale e di quello civile. È senz'altro preferibile, infatti, la modifica di quei sistemi che funzionano a fatica piuttosto che la modifica parziale di un articolo. <br>Sempre riguardo all'urgenza, non dichiarata, ma di fatto attuata, la proposta Cirami suscita un sospetto di costituzionalità che investe la formazione della legge predetta, essendo stato viziato il momento formativo della legge nella fase dell'esame ed approvazione da parte della Commissione di merito del Senato in violazione degli articolo 72 della Costituzione e 74, comma 2, del regolamento del Senato. In tali casi la forma è importante quanto la sostanza ed osserva che se tale regolamento stabilisce procedimenti speciali ed abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l'urgenza, nonostante ciò non sia avvenuto i tempi sono stati tanto veloci da sottrarre al relatore della Commissione il tempo per preparare la relazione per l'Assemblea. <br>In merito alla supposta, incompleta e parziale applicazione della delega da parte del Governo, quale motivo addotto a giustificare la proposta Cirami, rileva che se è vero che la legge delega n. 81 prevede all'articolo 2 comma 1, n. 17, la rimessione per legittimo sospetto è anche vero che l'articolo 45 del codice di procedura penale prevede come secondo motivo di rimessione la «libera determinazione delle persone che partecipano al processo». In questa fattispecie è facile sostenere che il legislatore delegato abbia allargato le condizioni che legittimano la proposizione della richiesta di rimessione rispetto al legittimo sospetto includendolo in questo secondo motivo. <br>Al riguardo il legislatore nell'articolo 45 del codice di procedura penale recepisce gli orientamenti di dottrina e giurisprudenza riguardo al legittimo sospetto, dando attuazione al concetto di ordine processuale quale normale svolgimento del processo in grado di garantire alle parti e ai testimoni la libera esplicazione delle attività previste dal codice di rito. Tale orientamento si adatta perfettamente al concetto di libera determinazione delle persone che partecipano al processo; sia il concetto di ordine processuale che la previsione dell'articolo 45 sono importanti perché permettono che lo Stato possa compiutamente garantire la genuinità dei risultati processuali e del giudizio. <br>Andando a valutare l'espressione «libera determinazione delle persone», si nota che il legittimo sospetto è contenuto nella predetta espressione. A conferma di ciò basta infatti analizzare la casistica sul legittimo sospetto: i motivi di rimessione per legittimo sospetto rientrano in tre categorie, vale a dire l'alterata armonia della vita e della coscienza collettiva in relazione ai rapporti interni all'amministrazione della giustizia; la condizione abnorme tale da far ritenere legittimamente che il giudice possa ricevere influenze e pressioni capaci di minarne l'imparzialità e la serenità; una continua e martellante campagna di stampa idonea a tenere in allarme l'opinione pubblica e influire sull'animo dei giudici. Tutta questa casistica porta a ritenere lecito e giusto pensare che il legittimo sospetto rientri nella previsione normativa del ricordato articolo 45, che prevede quale motivo di rimessione la libera determinazione delle persone che partecipano al processo. <br>Pertanto le questioni sollevate riguardo all'incompleta e parziale applicazione della delega da parte del legislatore sembrano infondate poiché le previsioni del nuovo istituto della rimessione non si discostano dalla previsione della normativa precedente nonché dalla delega. <br>Questione diversa è il mancato rispetto da parte del legislatore delegato della previsione prevista nella delega che riguarda prerogative proprie della Corte costituzionale. Questa valuta se la mancata previsione normativa violi o meno i parametri costituzionali nonché fissa i limiti positivi o negativi attraverso i quali si determina la situazione ambientale in grado di incidere sul1'inparzialità e terzietà dell'organo giudicante condizionando così l'imparziale svolgimento del processo. Gli articoli di riferimento sono gli articoli 76 e 77 della Costituzione che regolano i rapporti fra legge delega e decreto legislativo delegato. La parziale attuazione della delega legislativa non può ritenersi causa di illegittimità costituzionale, o meglio di violazione della Costituzione per omissione della norma delegata, a meno che non siano violati i principi e i criteri direttivi previsti dalla delega, come conferma la sentenza n. 41 del 1975 della Consulta.<br>Altra questione è l'interrogativo dell'obbligatorietà della delegazione legislativa. In merito esistono poche certezze, né giova rifarsi alla prassi. A fare chiarezza sul punto non giova neanche invocare il principio di imperatività della delega per chiarire la portata di una sua parziale attuazione, le cui conseguenze non sono state mai chiarite. La conclusione più plausibile è quella che porta ad affermare che il Governo abbia un margine di discrezionalità nel disciplinare l'oggetto della delega. Quanto alla giurisdizione, occorre evidenziare che la funzione giurisdizionale è quella svolta dallo Stato diretta a garantire l'osservazione e la conservazione delle norme nonché la ricerca della verità. La mancata previsione esplicita del legittimo sospetto non compromette a suo avviso il principio del giusto processo. La scelta del Governo fatta nel 1988 non lede minimamente tale nuovo principio costituzionale previsto dal nuovo articolo 111 della Costituzione ma anche se, per assurdo, tale principio fosse violato, tale violazione sarebbe ampiamente giustificata dal bilanciamento dei principi costituzionali quali quello della corretta amministrazione della giustizia, della riserva di legge, della ragionevole durata dei processi e del giudice naturale precostituito per legge. <br>L'articolo 111 della Costituzione sul giusto processo fa riferimento in particolare a due principi che qui rilevano, il principio dell'imparzialità del giudice e la ragionevole durata del processo. Nella proposta Cirami manca a suo avviso un freno alla possibilità di strumentalizzare l'istituto per sottrarsi al giudizio, creando così un danno grave all'efficienza del processo penale ed all'amministrazione della giustizia, anch'essi valori costituzionalmente protetti. <br>Un ulteriore rilievo riguarda poi l'aver sottratto attraverso l'intervento legislativo la questione di legittimità costituzionale e su questo può solo affermare che l'intervento della maggioranza è stato quanto meno inopportuno.<br>In conclusione osserva che si ritiene comunemente che la prima conseguenza dell'applicazione della proposta Cirami sia quella della prescrizione dei processi e dell'allungamento dei termini: a suo avviso un effetto sostanziale riguarda la quasi inevitabile perdita delle prove nello spostamento di un processo da una sede ad un'altra. Auspica pertanto che il disegno di legge trovi prima della sua approvazione i correttivi che si rendono necessari. <br>Indice degli interventi<br>Presidenza del Presidente della I Commissione <strong>Donato Bruno</strong>, indi del Presidente della II Commissione <strong>Gaetano Pecorella</strong><br>
    0:00 Durata: 8 min 6 sec
  • Tutto il dibattito

    <strong>Modifiche agli articoli 45, 46, 47, 48 e 49 del codice di procedura penale. </strong>
    0:00 Durata: 9 ore 57 min
  • Domenico Tuccillo (MARGH-U)

    Domenico Tuccillo (MARGH-U) dal momento che le questioni attinenti al profilo tecnico-giuridico ed a quello politico generale del provvedimento in esame sono state approfondite in tutti i diversi aspetti in molti interventi, desidera esprimere un punto di vista più personale per fornire un contributo specifico al dibattito in corso. <br>Rispetto agli argomenti di carattere generale si limita a ricordare gli elementi che rappresentano una indubbia forzatura e che sono da considerare alla base della valutazione di inopportunità della discussione in corso, vale a dire l'emergenza straordinaria della situazione economico-sociale sulla quale, pure, si sorvola con disinvoltura a tratti irresponsabile; la filiera dei provvedimenti in cui quello in esame si inserisce, volto anch'esso a minare il tessuto di legalità su cui poggia il paese; l'inattendibilità e l'infondatezza dell'argomentazione di dover intervenire per colmare un vuoto legislativo; la vaghezza, infine, della definizione di legittimo sospetto, tale da minare la certezza del diritto. <br>La sua lettura personale della vicenda si basa su quanto accaduto nella scorsa legislatura quando - a dimostrazione del suo atteggiamento non giustizialista - fu tra i pochi, nel centrosinistra, a votare contro la richiesta di custodia cautelare presentata al Parlamento nei confronti dell'onorevole Previti. Nel precisare che la valutazione allora compiuta si basava sulla convinzione che il potere giudicante non fosse competenza dell'assemblea legislativa e che il diritto, in una società improntata alla civiltà giuridica, abbia la funzione di salvaguardare e tutelare tutti i cittadini, deve ammettere che, pur non provando alcun pentimento rispetto alla scelta di allora, sente tuttavia pervadere la sua coscienza da una sottile inquietudine. Tale sensazione, che a suo avviso coinvolge molti parlamentari anche della Casa delle libertà, nasce dalla consapevolezza che qualora l'iter del provvedimento in esame dovesse concludersi nel modo prefigurato, si correrebbe il forte rischio che il procedimento in corso a Milano non si concluda. <br>Desidera pertanto esprimere nella sede propria, quella parlamentare, la preoccupazione che si stia piegando una funzione legislativa, che di per sé dovrebbe essere indirizzata all'interesse generale, ad un uso privatistico sotto le mentite spoglie di un garantismo che è tale soltanto per coloro ai quali si intende garantire l'impunità. Auspica infine che ciascun parlamentare si interroghi sulle responsabilità che è chiamato ad assumere e sulle conseguenze che esse comporterebbero. <br>
    0:08 Durata: 14 min 33 sec
  • Goffredo Bettini (DS-U)

    Goffredo Maria Bettini (DS-U) non ripeterà questioni di merito già sollevate in modo chiaro e dettagliato per illustrare alla maggioranza ed al Governo le ragioni di una così sentita opposizione al provvedimento in esame. Si soffermerà invece su qualche aspetto politico per cercare di instillare qualche dubbio nei rappresentanti della maggioranza, che non comprendono la battaglia di opposizione in corso ritenendo il provvedimento utile a colmare un vuoto legislativo e a garantire l'imparzialità del giudice. <br>È convinto che se davvero l'intenzione del centrodestra fosse stato quello di discutere per giungere all'approvazione di un buon testo di legge non si sarebbe ritenuto necessario procedere con una fretta forsennata e con tempi così stringenti imposti al Parlamento, a fronte di ben altre urgenze che richiederebbero prioritari interventi legislativi.<br>A suo giudizio esiste un vincolo esterno troppo evidente per consentire di credere alla buona fede della maggioranza nella presentazione di provvedimenti come quelli sulle rogatorie internazionali, sul giusto processo, e sul rientro dei capitali fino a quello in discussione; tale vincolo è rappresentato dagli interessi personali e dai problemi aziendali e giudiziari di Silvio Berlusconi e della sua vecchia cerchia di amici. A tale proposito si chiede se, a fronte di dichiarazioni secondo le quali gli imputati si dicono perseguitati dai giudici, non sia piuttosto vero il contrario, vale a dire che il clima politico sia stato esasperato proprio dagli imputati per confondere le acque. <br>Di fatto il Parlamento, l'intero sistema politico italiano, lavora sotto lo stretto condizionamento del vincolo esterno rappresentato dalla situazione giudiziaria del Presidente del Consiglio. Non si giustificherebbe altrimenti una simile fretta ed una definizione così grossolana del legittimo sospetto che, senza più precise specificazioni, rischia di sottoporre i giudici a procedure pericolosamente discrezionali. Se così non fosse, se davvero vi fosse buona fede, non sarebbe stata espressamente prevista l'applicazione della normativa ai processi in corso e non si sarebbero imposti così assurdi tempi di lavoro con l'evidente intento di legiferare prima della sentenza della Corte costituzionale. <br>A quest'ultimo proposito osserva che, qualora ciò dovesse avvenire, si sarebbe di fronte ad uno sgarbo istituzionale senza precedenti. Si chiede peraltro se convenga, ad un imputato davvero sereno, sollevare tutti questi conflitti a propria garanzia. <br>Fino a quando, oltretutto, la maggioranza pensa di far pesare in modo così smisurato questo vincolo esterno e questi condizionamenti? Sotto questo profilo invita il centrodestra a riflettere sul fatto che i cittadini italiani potrebbero finanche sopportare un simile comportamento se la restante attività del Governo garantisse i risultati promessi nel corso della campagna elettorale. Al contrario, il mancato raggiungimento di obiettivi in materia di crescita economica, di giustizia, di sanità, di tutela sociale, sbandierati nel corso della campagna elettorale e che hanno di fatto convinto gli elettori - probabilmente anche a fronte di un centrosinistra apparso, nel suo intento di sanare i conti pubblici, come poco innovatore e difensore di uno status quo -, accompagnato da un arroccamento su posizioni di difesa degli interessi di pochi, si tradurranno nella percezione di un affronto non all'opposizione, ma al paese, con il conseguente distacco dei cittadini che avevano dato fiducia al centrodestra e si erano illusi circa la veridicità delle sue promesse. <br>Se non saranno i girotondi a far cadere Berlusconi, i suoi roadshow non basteranno certo a tenerlo in piedi; una democrazia e una società matura come l'Italia ha bisogno di ben altro: di un governo disinteressato e libero in grado di sintetizzare la complessità degli interessi e delle dinamiche del paese. L'opinione pubblica italiana ed europea non può essere ingannata all'infinito; un effetto della globalizzazione è infatti anche quello che l'incapacità di guidare un paese moderno comporta che si risponda dei propri fallimenti in un contesto più ampio. Per tali motivi è convinto che, soprattutto all'interno della maggioranza, occorrerebbe una riflessione più pacata sulla strategia e sul futuro per l'Italia. <br>
    0:22 Durata: 12 min 30 sec
  • Michele Vianello (DS-U)

    Michele Vianello (DS-U) ritiene surreale che, di fronte a situazioni gravissime quali la crisi internazionale in atto che vede il conflitto tra USA e ONU, l'emergenza palese della situazione dei conti pubblici, l'apertura nel caos dell'anno scolastico e la evidente rottura e perdita di credibilità del paese nei confronti dell'Unione europea, il Parlamento sia costretto a discutere e ad impegnarsi su un provvedimento la cui urgenza è sentita esclusivamente dal deputato Previti. Il Presidente del Consiglio non ha neppure sentito il bisogno di ascoltare il parere del Parlamento prima di esprimere alle Nazioni Unite la propria posizione su una questione fortemente sentita dall'opinione pubblica come quella concernete il possibile conflitto. Osserva come sotto questo profilo il Governo italiano si comporti in modo difforme dalle altre maggioranze di centrodestra europee, estranee all'utilizzo, ormai divenuto prassi in Italia, di un doppio binario di intervento che prevede l'adozione di misure generali, che dovrebbero garantire tutti i cittadini, di fatto totalmente inefficaci e di norme ad uso di Berlusconi e del suo vecchio seguito, al contrario efficientissime, come nel caso delle rogatorie internazionali, del falso in bilancio e, ultima in tempi temporali, della misura concernente la riorganizzazione antipluralistica adottata per salvaguardare il patrimonio aziendale del Presidente del Consiglio. Gli effetti pericolosi di un simile modo di procedere riguardano innanzitutto l'evidente vulnus istituzionale, richiamato dallo stesso Presidente della Repubblica, che pone in discussione gli equilibri fondamentali sui quali si è retta finora la democrazia italiana; in secondo luogo la diffusione di un clima di illegalità nel paese che non può che comportare una rottura, in luogo della coesione necessaria nei momenti di crisi, del tessuto sociale; infine il pericoloso stato della giustizia che vede, ad un anno dall'assunzione del mandato, l'assenza del ministro preposto, che in luogo di interventi parziali avrebbe ormai dovuto presentare un di segno complessivo di riforma. <br>In conclusione, constatato come l'atteggiamento del Governo vada in senso diametralmente opposto alle priorità e alle promesse assunte durante la campagna elettorale, si dice convinto che un simile modo di procedere sia alla base delle difficoltà anche future che ormai si sono manifestate nel rapporto con l'opposizione. <br>
    0:35 Durata: 12 min 47 sec
  • Sauro Sedioli (DS-U)

    Sauro Sedioli (DS-U) esprime il proprio disagio nel partecipare ad una discussione che non ha nulla del confronto e che si configura invece come una maratona contro il tempo, una gara tra organi istituzionali che rischia di determinare conflitti nel paese e di diffondere un clima di veleni e una sensazione di decadimento del tasso di legalità e della fiducia nelle istituzioni. <br>Il disagio nasce anche dalla constatazione che, a fronte di una grave situazione internazionale e del pericolo in cui versa la pace mondiale con l'imminente attacco americano all'Iraq, il Presidente del Consiglio non abbia sentito l'esigenza, prima di recarsi all'ONU, di consultare il Parlamento. Anche le preoccupazioni sulla situazione economica e sui conti pubblici fuori controllo, che hanno portato il Fondo monetario internazionale, esponenti della Banca centrale europea e la stessa Confindustria ad esprimere allarme sull'andamento del paese, dovrebbero indurre alla ricerca di soluzioni unitarie invece che a dividersi con forza a causa di una priorità individuata dal Governo e non sentita come tale che da alcuni. Anche chi è convinto della necessità di intervenire per colmare un vuoto legislativo, infatti, avrebbe dovuto seguire la strada del confronto piuttosto che quella dello scontro adottando l'ipotesi più ragionevole di attendere la sentenza della Corte costituzionale prima di legiferare piuttosto che cercare di anticipare il suo giudizio. <br>Ribadite le motivazioni, già espresse da numerosi deputati dell'opposizione, per cui è doveroso opporsi al progetto di legge in esame, che reintroduce nell'ordinamento il concetto generico di legittimo sospetto con l'unico scopo di impedire il giusto processo di imputati eccellenti, mette in rilievo le gravissime conseguenze della sua applicazione ai processi di mafia. <br>Nel richiamare l'attenzione sulla vergognosa applicazione dell'istituto della rimessione al processo per la tragedia del Vajont, sottolinea l'assoluta necessità di un sistema giudiziario che garantisca un processo giusto. Ricorda altresì le vicende giudiziarie personali che lo hanno colpito quando era sindaco del comune di Forlì, sottolineando come non si sia mai sottratto al processo e abbia dimostrato il massimo rispetto per la funzione dei magistrati fornendo tutti gli elementi utili per una rapida pronuncia della sentenza. <br>Rilevata infine l'opportunità di attendere con serenità la pronuncia della Corte costituzionale, anche al fine di stemperare i toni del confronto politico, sottolinea che l'approvazione del provvedimento Cirami rappresenterà una sconfitta per tutti coloro che credono nel valore della legge. <br>
    0:47 Durata: 13 min 14 sec
  • Walter Tocci (DS-U)

    Walter Tocci (DS-U) osserva che la maggioranza sta effettuando un uso privato del Parlamento proprio nel momento in cui altri Parlamenti europei affrontano le questioni connesse ad una possibile guerra in Iraq o al ciclo economico recessivo che ha colpito l'economia mondiale. Rilevato che, a fronte di tali emergenze, la società civile è assolutamente disinteressata alle tematiche del legittimo sospetto, evidenzia come, in un anno di legislatura, il Governo abbia dimostrato la massima efficienza nel tutelare gli interessi di alcuni imputati eccellenti, venendo meno, nel contempo, a tutti gli impegni presi con gli elettori nel corso della campagna elettorale. Ciò testimonia, a suo avviso, un'evidente disparità di attenzione della classe governativa tra le esigenze dei potenti e quelle dei comuni cittadini. Nel sottolineare che nella storia repubblicana non si era mai verificato un utilizzo così spudorato della procedura parlamentare per impedire la celebrazione di un processo, ritiene che persino la vecchia Democrazia Cristiana avrebbe trovato un modo per superare un'impasse che rischia di provocare uno strappo istituzionale nella storia democratica del paese. <br>Sollecita la maggioranza ad evitare una sovrapposizione tra le vicende processuali del Presidente del Consiglio e la procedura parlamentare perché, solo in questo modo, si potrà realizzare un confronto costruttivo tra le diverse parti politiche. Ricorda altresì che nei processi di Milano non sono implicati solo alcuni esponenti della maggioranza, ma sono coinvolti anche alcuni magistrati accusati di corruzione. <br>Osserva infine che l'arroganza e la protervia dimostrate dalla maggioranza nell'esame del provvedimento Cirami determineranno inesorabilmente il suo declino. <br>
    1:01 Durata: 13 min 4 sec
  • Orlando Ruggieri (MARGH-U)

    Orlando Ruggieri (MARGH-U) evidenzia come la proposta C. 3102 rappresenti l'ennesima legge approvata dalla maggioranza a vantaggio di alcuni potenti, anche se, a differenza di altri provvedimenti recentemente approvati con analoga finalità, in essa si dimostra il vero trionfo del particulare. Nel ricordare che anche gli avvocati, oltre ai magistrati, sono tenuti al giuramento di rispetto della legge, sottolinea che il cittadino è garantito esclusivamente dall'universalità e astrattezza della norma e dal diritto di essere giudicato da un giudice naturale precostituito per legge. Con riferimento a recenti avvenimenti, sottolinea la gravità di decisioni che hanno delegittimato alcuni rappresentanti delle forze di polizia, nella cui relazione si sosteneva che la cocaina introdotta al Ministero dell'economia era destinata al viceministro Miccichè, mentre per le stesse forze dell'ordine accusate di violenze gravi a Genova, in occasione del G 8, vi è stata una cieca levata di scudi da parte della maggioranza. <br>Si sofferma quindi sulla delicatezza del compito svolto dai giudici inquirenti milanesi verso i quali, come avvocato, esprime apprezzamento e stima. <br>Nell'osservare infine che il Presidente Berlusconi opportunisticamente non ha inserito il legittimo sospetto nel programma di Governo, auspica che la sua indignazione possa trovare chiara espressione nella manifestazione prevista per la giornata di domani. <br>
    1:14 Durata: 6 min 42 sec
  • Silvana Dameri (DS-U)

    Silvana Dameri (DS-U), con riferimento a notizie apparse sul Corriere della Sera di ieri, sottolinea che il cambiamento delle regole sul falso in bilancio potrebbe comportare l'immediata chiusura con una sentenza anticipata di prescrizione del processo All Iberian, in cui è coinvolto il Presidente del Consiglio Berlusconi. <br>Osserva che la proposta in esame, che ha provocato un aspro conflitto istituzionale, è finalizzata ad imporre norme volte a tutelare interessi particolari e che la sua approvazione impedirà alla Corte costituzionale di esercitare la propria funzione, creando di conseguenza una tensione immotivata tra i diversi organi dello Stato. <br>Osserva che si è diffusa la convinzione che la maggioranza faccia un uso privatistico della funzione legislativa in campo giudiziario, approvando norme che non rispondono né alla necessità di colmare un vuoto legislativo né alle esigenze dei cittadini. Stigmatizza quindi l'assenza di qualsiasi carattere di generalità e astrattezza in questo provvedimento che introduce, peraltro, un principio giuridico dirompente che consente alle parti di interrompere un processo. <br>Nel sottolineare che la maggioranza non trarrà alcun vantaggio dalla scelta di privilegiare alcuni imputati eccellenti a costo di ledere i rapporti sia tra cittadini e istituzioni sia tra i diversi organi dello Stato e di infliggere un colpo brutale alla certezza del diritto, osserva che la strada di avventurismo imboccata dal Governo appare del tutto estranea all'azione politica di forze moderate. <br>
    1:20 Durata: 9 min 56 sec
  • Andrea Lulli (DS-U)

    Andrea Lulli (DS-U) esprime imbarazzo per la scelta di considerare una priorità l'esame della proposta Cirami, il cui contenuto appare certamente irrilevante se confrontato con le urgenze reali della società italiana. <br>Nel sottolineare che la democrazia e la legalità si fondano precipuamente sul rispetto e l'autonomia tra i diversi poteri dello Stato, stigmatizza l'uso di una posizione dominante per approvare disposizioni legislative a proprio vantaggio. Ciò risulta ancor più grave perché diffonde tra i cittadini la convinzione che sia giusto fare esclusivamente i propri interessi e frattura il principio della solidarietà ancora ampiamente diffuso nella parte più sana della società italiana. Osserva infine che il Governo, che ha scambiato la flessibilità nel lavoro per libertà di licenziamento, vuole ora introdurre la flessibilità delle regole processuali a seconda del portafoglio degli imputati. <br>
    1:30 Durata: 11 min
  • Giuseppe Rossiello (DS-U)

    Giuseppe Rossiello (DS-U), sottolineato che i problemi urgenti della società italiana sono ben lontani dalle questioni sollevate dal provvedimento sul legittimo sospetto, esprime preoccupazione per la separazione tra le politiche del Palazzo e le emergenze del paese reale. <br>Rilevato come il provvedimento violi l'articolo 25 della Costituzione, ricorda che l'istituto della rimessione del processo è stato perniciosamente applicato ai processi per la tragedia Vajont e contro Luciano Liggio. <br>Nel sottolineare come lo stesso senatore Andreotti non si sia sottratto alla giustizia ed abbia affrontato serenamente il processo che lo riguardava, rileva che la maggioranza, al contrario, suggerisce con la proposta di legge in esame una «fuga» dell'imputato e non esita neppure, per ottenerla, a provocare un muro contro muro in Parlamento e ad aprire un conflitto con la Corte costituzionale. Sarebbe stato invece opportuno attendere la pronuncia di quest'ultima, anche per fugare i sospetti, più che legittimi, che si intenda solo tutelare gli interessi processuali di determinati soggetti.<br>La proposta di legge Cirami, inoltre, appare in contrasto con la sentenza n. 353 del 1996 della stessa Corte costituzionale, che ha sancito l'incostituzionalità della sospensione automatica dei processi in presenza di una istanza di rimessione, aprendo in tal modo la strada alla possibilità di allungamento dei processi che potrebbe portare ad una paralisi degli stessi. <br>Si domanda se con tale proposta di legge, che interviene sui fondamenti stessi della convivenza civile, la maggioranza non voglia mettere in discussione il sistema maggioritario. Se così fosse, il dibattito parlamentare avrebbe dovuto avere ben altra ampiezza; la ristrettezza dei tempi che è stata imposta appare invece chiaramente finalizzata alla tutela degli interessi processuali degli imputati Berlusconi e Previti. <br>La maggioranza, con i suoi provvedimenti, sta separando il diritto dalla giustizia, che viene avvertita dall'opinione pubblica come sempre più ingiusta e di parte. I mali della giustizia sono in realtà ben altri e ben più importanti rispetto al tema affrontato dalla proposta di legge in esame, con la quale sembra dilatarsi il conflitto di interessi che rappresenta il peccato originale della vicenda in corso. <br>Si sta affermando sempre di più un garantismo che tutela soltanto i potenti ed il potere legislativo viene utilizzato per risolvere i problemi giudiziari di questi ultimi. In tal modo, peraltro, la maggioranza sta costruendo le ragioni di fondo della sua futura sconfitta nel paese, anche se la sensazione è che ad essere sconfitto sarà in realtà il sistema paese. La logica a cui si ispira la destra, infatti, basata sulla prevalenza del particulare rispetto all'universale, sta portando alla perdita del senso di appartenenza allo Stato. <br>In conclusione, rileva come l'opinione pubblica stia acquisendo consapevolezza del fatto che i «miracoli» sbandierati dal centrodestra in campagna elettorale non si sono verificati e che sta spacciando per miracoli merce avariata. <br>
    1:41 Durata: 28 min 41 sec
  • Gabriele Frigato (MARGH-U)

    Gabriele Frigato (MARGH-U), nell'esprimere il proprio disagio di fronte ad un dibattito come quello odierno, che segna la distanza tra la politica in materia di giustizia e gli interessi generali del paese, sottolinea che il tema in esame non può certamente ascriversi tra le priorità da affrontare, come vorrebbe far credere il centrodestra, che riguardano invece i problemi di carattere finanziario e la grave situazione internazionale. <br>La proposta di legge in discussione non risponde al valore che ogni parlamentare dovrebbe attribuire all'impegno politico, al senso di responsabilità, alla cultura della legalità che si contrappone e prevale sulla palude della furbizia: dando vita a due tipi di giustizia, una per i potenti e l'altra per i deboli, essa è chiaramente riconducibile alla palude della furbizia. <br>Dopo aver evidenziato i veri mali che affliggono la giustizia italiana, rileva che i tempi del Parlamento sono contrassegnati da due velocità, una, molto lenta, quando si tratta di affrontare i problemi del paese e l'altra, molto accelerata, quando sono in gioco i problemi particolari di determinati soggetti. <br>Nel confutare l'affermazione, fatta ieri da un esponente del centrodestra, che la maggioranza non può sottostare ad un potere falsamente costituito dei giudici e che non si può riconoscere autorevolezza al tribunale di Milano, osserva che l'oggetto dei processi cui la proposta di legge Cirami sarebbe teoricamente applicabile non può assimilarsi a quello dei processi di Tangentopoli, in quanto, in questo caso, è in discussione un'accusa di corruzione dei magistrati da parti di alcuni cittadini. <br>Stigmatizza quindi il comportamento in tema di giustizia degli esponenti della Lega, i quali, con una vera e propria «contorsione», sono addirittura diventati il braccio armato contro la giustizia. <br>In conclusione, si augura che Berlusconi, che lo scorso anno ha premiato generosamente i suoi deputati più solerti, sia altrettanto generoso con quelli che hanno lavorato alacremente per l'approvazione della proposta di legge in esame. <br>
    2:10 Durata: 20 min 43 sec
  • Nichi Vendola (RC)

    Nichi Vendola (RC) prospetta preliminarmente un dubbio, coltivato non solo da tanti intellettuali ma anche da chi non appartiene all'opposizione, quello che si sia di fronte ad un uso privato della cosa pubblica. Avanza a grandi passi un processo di privatizzazione della vita sociale e politica, insieme alla tendenza generale alla devastazione della stessa idea di bene pubblico. <br>Il sovversivismo delle classi dirigenti non rappresenta una anomalia italiana e la proposta di legge Cirami è ben piccola cosa rispetto all'illegalismo di queste ultime nell'era della globalizzazione. Ritiene scandaloso che, a fronte dei venti di guerra che soffiano sul mondo e dei dati economici negativi, il Parlamento sia impegnato a discutere su un tema che risponde solo ad esigenze di tipo particolare. <br>La proposta di legge Cirami si inquadra in un disegno volto al ripristino di un doppio codice nella giustizia italiana, uno per i briganti e un altro per i galantuomini, rispettivamente colpevoli ed innocenti quasi sotto un profilo ontologico. La cultura del cappio, già richiamata in questo dibattito, non è scomparsa, anzi si è rafforzata rispetto al 1992: leggi come la Bossi-Fini sono la dimostrazione che il garantismo convive con il giustizialismo, nel senso che ci si comporta in modo iperrepressivo nei confronti della criminalità sociale e si presume l'innocentismo delle classi dirigenti. Si fa strame delle garanzie in nome di un garantismo «peloso» e favorevole all'establishment , mentre per altri vige il più bieco giustizialismo. <br>Dalla lotta per giungere ad una coincidenza tra uguaglianza formale e materiale si è paradossalmente passati alla volontà di sancire, anche formalmente, la disuguaglianza sostanziale. La crisi della giustizia investe la stessa democrazia e il concetto di cittadinanza: pur non negando che nell'esercizio dell'azione penale vi siano aspetti criticabili qualora essa venga usata ai fini di un redde rationem politico, si ha l'impressione che si intenda porre in dubbio l'idea che la stessa azione penale possa riguardare non soltanto il «sottoscala» dell'edificio sociale ma anche i suoi piani nobili. Si sofferma quindi su quelli che a suo avviso sono i veri mali della giustizia, ed in particolare sulla situazione delle carceri, divenuti meri contenitori del dolore, della devianza e del disagio sociali. <br>Segnala il rischio che un'eccessiva enfasi critica da parte dell'opposizione possa sviarla da una corretta analisi di ciò che sta avvenendo; durante la cosiddetta prima Repubblica una rappresentazione caricaturale di quella classe dirigente risultò errata in quanto impedì di comprendere la vera natura di fenomeni come quello di Tangentopoli. Vi è quindi l'esigenza di affermare chiaramente che alla proposta di legge in esame è sottesa la logica stringente delle classi dirigenti, volta a blindare la proprietà e i privilegi, sovvertendo in tal modo il concetto stesso di legalità. <br>In conclusione, se la parabola della cultura liberale andasse davvero da Montesquieu a Cirami, sarebbe doveroso anche da parte di chi ha una provenienza di tipo marxista difendere quella cultura: quella di Montesquieu e non certo quella di Cirami. <br>
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  • Filippo Mancuso (Misto)

    Filippo Mancuso (Misto), nel felicitarsi con i relatori per la riuscita del loro difficile compito, rileva come al contrario la presidenza abbia mancato di sensibilità nel ridurre il dibattito odierno solo ad una questioni di tempi, a suo avviso eccessivamente rigorosi a fronte della delicatezza della materia che vede impegnato il Parlamento. Si augura, comunque, che la discussione alla Camera produca frutti migliori di quelli generati al Senato. <br>Pur essendo consapevole della delicatezza della sua posizione e ancora addolorato per l'allontanamento dal gruppo di Forza Italia, dichiara di sentirsi libero nel giudizio ed auspica che il suo intervento possa rappresentare un contributo alla chiarezza. Suscita in lui scandalo il fatto che uno dei primi argomenti per sostenere l'indispensabilità della norma in esame sia stato individuato nella sua preesistenza nella legislazione anteriore a quella vigente. Nel confutare tale argomento, rileva che, a differenza di quanto previsto dalla norma in esame, l'istituto del legittimo sospetto di cui al codice di procedura penale del 1930 fosse corredato da una disposizione procedimentale in base alla quale il procuratore generale della Cassazione dovesse apprezzare, ai fini dell'esercizio dell'azione volta al riconoscimento del legittimo sospetto medesimo, l'opportunità del giudizio. <br>In secondo luogo, richiama il principio del giudice naturale precostituito per legge, già previsto dallo Statuto albertino ai fini di impedire la costituzione di tribunali speciali: attualmente, invece, il nostro ordinamento prende in considerazione tale divieto in modo autonomo. <br>In definitiva, la proposta di legge Cirami tende ad introdurre, attraverso un vero e proprio trucco verbale, un principio del tutto nuovo, che non trova alcun fondamento né nella legislazione processual-penalistica del 1930 né nello Statuto albertino. Un altro argomento addotto a sostegno del provvedimento è quello volto ad individuare in esso un interesse <br>generale della collettività all'equanimità e terzietà del giudice: ma questa, a suo giudizio, è un'ovvietà, si tratta di un argomento fittizio utilizzato per impostare un altro trucco verbale. Una legge, per i principi di generalità ed astrattezza, è rivolta naturalmente a tutti; peraltro le asserzioni - peraltro non felicissime - della Cassazione indicano che il fenomeno della richiesta di rimessione è statisticamente irrilevante. Pertanto, se la preoccupazione del legislatore, giusta ma in questo caso verbalistica, è solo quella di tutelare l'interesse generale, bisognerebbe allora cominciare a porsi il problema dell'amnistia e del condono, di gran lunga più impellente della inesistente urgenza del provvedimento Cirami. Rileva altresì che se fosse stato ancora all'interno del gruppo di Forza Italia avrebbe ugualmente sostenuto tali argomenti. Riconosce quindi che la sinistra ha abusato del potere, che la magistratura, ad essa ispirata , ha conculcato in molti casi la regolarità dei processi e la libertà delle persone, che taluni magistrati, la cui accentuazione politica ed indecenza delle condotte è fuori discussione, sono assurti, attraverso selezioni truccate dalla sinistra, a prestigiosi incarichi istituzionali. Ma di fronte a tutto questo era stato detto ai cittadini che si sarebbe seguita la via della legalità: richiamarsi all'esempio negativo dei predecessori determina una spirale infinita di diatribe e di vendette tra le classi dirigenti e le istituzioni. La funzione etica della legge sta nel fatto che essa obbliga non solo in termini imperativi di norma, ma in termini interiori, di concezione della vita. <br>Ulteriore argomento a sostegno del provvedimento è quello che l'attuale formulazione della norma vigente sarebbe «difettosa» in rapporto alla legge delega. Non si tratta tuttavia di ragionare in termini di definizioni verbalistiche: il potere del legislatore delegato non è letteralmente legato alla indicazione di quello delegante. La violazione della delega, pertanto, è un'altra invenzione che si cumula alle altre atte ad illudere circa le ragioni fondanti del provvedimento. Osserva quindi come lo spostamento del processo a causa di legittima suspicione rappresenti in ogni caso una deroga alla competenza. Il legittimo sospetto in sé è sufficiente a spostare il processo, ma nell'unità generale del processo non è una condizione dell'accoglimento dell'azione. Quindi il concetto di legittimo sospetto è persino errato come strumento di lavoro ed al riguardo ritiene giusta la cautela usata dal legislatore nell'utilizzo di una formula onnicomprensiva sulla quale la Cassazione ha lavorato, fino alla decisione assunta dalle sezioni unite. <br>Non ritiene quindi di poter ammettere - nel dominio del principio di tipicità, che riguarda il diritto sostanziale ma che in questo caso è anche un istituto di diritto processuale - che si consenta al giudice presso il quale si invoca la rimessione del processo di decidere in merito alla legittima suspicione, conferendogli un potere, più che discrezionale, creativo, determinativo. Ciò rende a suo avviso impraticabile sul terreno costituzionale l'accettazione della formula proposta dal provvedimento Cirami. Se la pretesa esigenza della normativa in esame risulta così mal costruita, non si comprende la ragione per la quale su di essa si stia giocando l'onore di una forza politica alla quale non si pente di aver dato un contributo decoroso di creatività e di dignità. Tanta fermezza di proponimenti ed accanimento di propositi è generata a suo avviso dal fatto che rispetto al vero beneficiario e destinatario della norma, il deputato Previti, il Presidente del Consiglio Berlusconi ha assunto la determinazione di andare fino in fondo perché non è «psicologicamente» e «moralmente» libero. È questo il dramma del Paese: un singolo individuo può far gravare il proprio tallone sul più grande partito italiano, sulla più grande coalizione che governa il paese, sul Parlamento stesso, che è retrocesso da soggetto ad oggetto. Esprime infine il desiderio di non vedere disperso un patrimonio per il quale è stato mobilitato il sentimento di ordine e di giustizia del paese in molte occasioni: lo straripante successo politico di Forza Italia non è stato il successo di un'invenzione, ma il risultato di una interpretazione culturale, storica e politica che si sta tradendo. Invita quindi il Presidente del Consiglio, di cui riconosce le positive doti, a smentirlo nel momento in cui asserisce che egli non è libero, nel Parlamento e nel paese, di svolgere il proprio compito. <br>
    2:46 Durata: 29 min 18 sec
  • Bruno Tabacci UDC (CCD-CDU)

    Bruno Tabacci (UDC) rileva come il conflitto istituzionale tra classe politica e magistratura vada avanti, con alti e bassi, dalla XI legislatura. Si tratta di un conflitto che ha prodotto una grave alterazione degli equilibri istituzionali, generando nella collettività una diffusa sfiducia nelle istituzioni, sfiducia intesa non come critica, del tutto fisiologica nei regimi democratici, ma come negazione di legittimità. Resta aperta per intero la questione politica. La maggioranza dell'opinione pubblica ha sostenuto, alle ultime elezioni politiche, la coalizione di centrodestra, che aveva già da tempo chiarito la propria visione del problema giustizia, nonché il proprio punto di vista sui processi in corso relativi ad alcuni suoi esponenti. La restante parte dell'opinione pubblica, che alle ultime elezioni non ha votato per il centrodestra, è da ritenere che, in grandissima parte, nel conflitto istituzionale in corso sostenga le ragioni della magistratura o quantomeno della sua parte più politicizzata. All'interno degli schieramenti politici, ed in particolare nell'ambito del centrodestra e del centrosinistra, sono presenti posizioni propense a considerare le ragioni dell'altra parte ma, nel clima di scontro che si è determinato, non hanno modo di farsi valere. Prevalgono i girotondini o attorno ai palazzi, o attorno ai processi. Un primo interrogativo da porsi è se sia possibile continuare l'attuale braccio di ferro, politico ma soprattutto istituzionale, come ha da ultimo confermato l'elezione di Virginio Rognoni a vicepresidente del CSM. Si tratta di un gioco estremamente pericoloso per entrambe le parti. La magistratura non può essere percepita quale forza all'opposizione della maggioranza di Governo liberamente scelta dai cittadini e sbaglia l'opposizione a costruire tale saldatura. Quello che più preoccupa, è che sono a rischio equilibri istituzionali estremamente delicati che impediscono ai diversi soggetti coinvolti di svolgere il loro ruolo nell'interesse dei cittadini. Ciò di cui bisogna convincersi è che il conflitto in atto, se si continua a gestirlo nella logica del muro contro muro, non potrà avere vincitori e l'unico vinto sarà il paese. La maggioranza non può pensare di costruirsi uno scudo, attraverso una serie di microprovvedimenti, o di riformare la giustizia prescindendo dal confronto con la magistratura stessa e con l'opposizione parlamentare. La magistratura, a sua volta, non può immaginare di ergersi, in nome della legalità, a contropotere rispetto alla maggioranza di Governo, entrando in collisione con la regola democratica. L'opposizione, infine, deve rifiutare la tentazione di perseguire un cambio di maggioranza per via giudiziaria. Il dato politico-elettorale è una cosa, i rapporti istituzionali un'altra, confondere i piani non aiuta. Un'opposizione che dimostrasse di affidare all'azione giudiziaria il compito di contrastare l'attuale maggioranza commetterebbe un clamoroso autogol, fornendo un'immagine di debolezza e dando l'impressione di cercare scorciatoie per tornare al potere. Sembra tra l'altro da escludere che possa avvenire quanto verificatosi nella XI legislatura innanzitutto perché l'orientamento dell'opinione pubblica si è profondamente modificato. Occorre quindi affrontare la questione giustizia, il problema dei rapporti tra politica e magistratura in modo serio e consapevole delle diverse responsabilità istituzionali. Si tratta di un problema che, ha avuto una lunga incubazione ed è esploso con Tangentopoli e con quel che ne è seguito. È da lì che bisogna ripartire elaborando innanzitutto un giudizio storico-politico il più possibile condiviso. Tangentopoli non è stata un'invenzione dei giudici. L'assenza di ogni alternanza, la cristallizzazione della maggioranza di governo, la perdita di reattività e di iniziativa da parte della società civile, l'attenuazione della tensione ideale e morale nell'ambito dei partiti, l'emergere degli aspetti deteriori del consociativismo hanno prodotto, negli anni ottanta, un degrado evidente della politica che ha aperto ampi spazi a condotte illegali. La politica era per molti diventata esclusivamente la conquista e la conservazione di posizioni di potere ed una fonte di arricchimento. Tale circostanza, prima ancora di «mani pulite», risultava fortemente avvertita dai cittadini, soprattutto in ambito locale. I concussi ed i corrotti per profitto personale dovevano, e tutt'oggi devono, certamente essere perseguiti e puniti da una magistratura indipendente e libera dal gioco politico. <br>Tangentopoli ha fatto tuttavia anche emergere palesi eccessi da parte della magistratura inquirente nel perseguire, spesso con straordinario accanimento, reati che poi si sono rivelati insussistenti: vi è stato chi ha perso l'onore e la dignità essendo un perfetto innocente. «Mani pulite» ha evidenziato l'enorme potere discrezionale, privo di significative forme di verifica e di filtro anche di carattere interno, di cui nel nostro ordinamento giudiziario (caso unico nel mondo) è titolare ogni pubblico ministero. Non è in proposito nemmeno rilevante, come pure spesso si è fatto e si fa, valutare se tale potere sia stato in numerosi casi scientemente esercitato per fini politici da parte di magistrati politicamente orientati. Se, infatti, tutti i magistrati che sono incorsi in eccessi e in clamorosi errori fossero stati in piena buona fede, un problema istituzionale andrebbe semmai posto con maggior forza e con maggior vigore. Non vi è poi dubbio che, anche a prescindere dalla volontà dei singoli magistrati, nella fase iniziale di «Mani pulite» è stato misconosciuto il principio della presunzione di innocenza; basti ricordare che ben sette ministri del primo governo Amato si dimisero per il solo fatto di aver ricevuto un avviso di garanzia. Sono episodi da imputarsi a situazioni assolutamente eccezionali che, comunque, non risultano compatibili con i fondamenti dello Stato di diritto. <br>«Mani pulite» ha sicuramente modificato la storia politica del paese, travolgendo i partiti politici di governo e determinando una profonda trasformazione del sistema politico; si dovrà verificare se il nuovo saprà trovare le qualità necessarie. Si può discutere se «Mani pulite» sia stata la causa, l'effetto o lo strumento di un mutamento che ormai si imponeva e, per così dire, covava sotto la cenere; fatto sta che, in concreto, l'azione svolta dalla magistratura è stata determinante nel modificare, in tempi estremamente rapidi ed in maniera radicale, gli orientamenti politici dei cittadini. Si è determinata una svolta irreversibile che, riguardo agli effetti prodotti sul sistema politico e istituzionale, può e deve già in larga parte essere consegnata alla storia. <br>Il mutamento di sistema, ed in particolare l'approdo al bipolarismo, che si è verificato deve, sotto questo aspetto, divenire un dato acquisito per tutti. Coltivare nostalgie e, soprattutto, desideri di rivincita non può produrre che conseguenze deleterie. Ciò non implica un'esaltazione acritica di «Mani pulite» né una condanna senza appello delle forze politiche travolte da Tangentopoli, che, soprattutto in una prospettiva storica, sarebbe addirittura ridicolo sottoporre a giudizi sommari e liquidatori. Merita, invece, di essere approfondito in tutti i suoi aspetti il fenomeno «Mani pulite», le dinamiche che lo hanno determinato, i protagonisti positivi e negativi, perché ogni analisi di questo tipo è apparsa, fino ad oggi, prigioniera dell'attualità e dell'interesse politico. Non vi è dubbio che «Mani pulite», pur avendo determinato una svolta storica irreversibile, abbia lasciato delle ferite aperte nei rapporti tra politica e magistratura; averle, sino ad oggi, trascurate, non ha giovato né alla politica, dove la questione giustizia continua a giocare un ruolo improprio, né alla magistratura, com'è dimostrato dai sospetti di parzialità, accanimento e politicizzazione che una quota significativa dell'opinione pubblica dimostra di nutrire nei confronti dei giudici. Il risultato è che ogni iniziativa giudiziaria nei confronti di uomini politici, a prescindere dalle ragioni che la determinano, produce forti tensioni di carattere istituzionale e divide, secondo le appartenenze politiche, l'opinione pubblica. «Mani pulite» è ormai divenuto un simbolo e, trascendendo le circostanze che l'hanno originata, indica una visione conflittuale ed irrisolta dei rapporti tra politica e magistratura. <br>L'obiezione per la quale il contrasto è solo con le forze politiche dell'attuale maggioranza non è decisiva al fine di negare la rilevanza istituzionale del conflitto, se non altro perché la maggioranza è divenuta tale quando tale conflitto era pienamente in atto ed in una democrazia la maggioranza ha diritto di governare. Il problema è quindi di natura istituzionale e va affrontato e risolto come tale. Una via d'uscita si può trovare solo accettando di fare i conti seriamente con il passato, uscendo dalle trincee che gli opposti estremismi hanno scavato in ogni schieramento. <br>È evidente che bisogna incontrarsi a metà strada, rinunciando definitivamente ad identificare in «Mani pulite» l'angelo vendicatore e nella classe politica di governo della prima Repubblica l'agnello sacrificale. <br>Occorrerebbe trovare preliminarmente un'intesa su tre questioni fondamentali. Un primo tema di cui bisognerebbe avere il coraggio di discutere è quello dell'amnistia che dovrebbe ricomprendere i reati legati al finanziamento illecito dei partiti. Non si tratta né di sconfessare l'operato della magistratura, che doveva evidentemente applicare le leggi vigenti, né di elargire salvacondotti a singole persone. <br>Un simile provvedimento deve invece nascere dal coraggio di fare chiarezza, dal punto di vista storico, sul sistema di finanziamento, pubblico e privato, dei partiti. L'amnistia avrebbe in tal senso il significato di prendere atto della conclusione di una fase della storia del paese e di segnare, al contempo, la volontà di determinare una netta discontinuità con il passato. L'amnistia, da un lato, eviterebbe di far valere determinate responsabilità solo nei confronti di alcuni di coloro che si sono trovati a gestire una fase di transizione e di cambiamento del sistema e, dall'altra, non assumerebbe il significato di un salvacondotto per chi, in futuro, dovesse incorrere in violazioni delle leggi che presiedono al finanziamento della politica. <br>All'amnistia dovrebbe seguire una legge approfondita e meditata in materia di finanziamento della politica, tale da rendere pienamente trasparente l'organizzazione ed il funzionamento delle forze politiche; evitando scandali come le recenti decisioni, pressoché unanimi, assunte nottetempo in Commissione per aumentare l'elargizione ai partiti. <br>Una seconda questione da prendere in considerazione riguarda le guarentigie dei parlamentari. Anche qui, è richiesto il coraggio questa volta di tornare sulla scelta di eliminare dall'articolo 68 della Costituzione l'istituto dell'autorizzazione a procedere, assunta in un momento critico per le istituzioni. Il problema non è il ripristino, in quei termini, dell'autorizzazione a procedere, ma quello dell'individuazione di un vaglio preventivo rispetto ad iniziative di singoli magistrati che sono suscettibili di influire sulla composizione del Parlamento e, come ampiamente dimostrato, sugli equilibri politici del paese. Una strada potrebbe essere quella di rinviare l'accertamento dell'assenza di intento persecutorio alla fase del rinvio a giudizio e di subordinarlo alla richiesta dell'interessato, rimettendo eventualmente il giudizio alla Corte costituzionale. Così configurata l'autorizzazione a procedere apparirebbe come un istituto volto a realizzare un rapporto equilibrato tra poteri dello Stato, senza avere nulla a che fare con un privilegio. <br>Una terza questione riguarda i processi in corso relativi ad esponenti del centrodestra ed in primo luogo al Presidente del Consiglio. In questa prima fase della legislatura sono stati approvati (la legge sulle rogatorie) o sono in via di approvazione (la legge sul legittimo sospetto) provvedimenti legislativi idonei a ricevere applicazione anche in tali giudizi. In tal modo la maggioranza rischia di esporsi alla critica di piegare l'esercizio della funzione legislativa alla tutela degli interessi processuali di taluni suoi componenti. Tale critica, strumentalizzata dalle forze politiche di opposizione e condivisa da settori di opinione pubblica di diverso orientamento politico, finisce inevitabilmente per prevalere sul merito stesso dei singoli provvedimenti. Il disegno di legge sul legittimo sospetto è, nelle sue linee essenziali, la fotocopia del parere reso a suo tempo dalla Cassazione sullo schema del nuovo codice di procedura penale. La modifica proposta è quindi, di per sé, tutt'altro che di portata dirompente, anche se ovviamente può essere diversamente valutata. Il provvedimento in questione, inoltre, non presenta profili di contrasto né con la Costituzione né con gli obblighi internazionale e comunitari. <br>Quello che, tuttavia, costituisce un elemento di debolezza istituzionale e politica è la determinazione mostrata dalla maggioranza nel ricorrere allo strumento legislativo in evidente sintonia ed a beneficio della strategia processuale adottata da alcuni suoi componenti in uno specifico giudizio. Lo stesso giudizio vale per le modalità con cui si svolge l'opposizione. Si aggiunga inoltre che, l'istituto della rimessione, di assai limitata applicazione, appare obiettivamente inidoneo a costituire un elemento di garanzia per la generalità degli imputati. Difficilmente la Cassazione potrà riscrivere le sentenze dell'ultimo decennio, perché forse questo richiamerebbe il trasferimento del processo. Basti pensare al clima che aleggiava al tempo del processo Enimont con le riprese televisive e il palazzo di giustizia cinto d'assedio; quel clima era sicuramente più plumbeo di quello di oggi. <br> Ritiene che si debba lavorare con grande determinazione per superare il muro contro muro, affrontando tra l'altro la questione della obbligatorietà della sospensione del processo con emendamenti appropriati. <br>È questo il punto sul quale si possono determinare convergenze. Non si può discutere in astratto su chi deve fare il primo passo, anche se la responsabilità storica dell'opposizione è grandissima. Un anno fa in occasione del voto sulle rogatorie aveva anticipato il rischio di chiusure strumentali: così si perde di vista la riforma complessiva della giustizia, dando forza agli opposti estremismi e a chi in realtà non vuole cambiare nulla. In conclusione, se non si scende sul terreno di una riforma complessiva che poggi sulla divisione delle carriere tra magistratura giudicante e inquirente e sull'uso della polizia giudiziaria, non si uscirà da questo circolo vizioso. Ci vuole coraggio, ma è percorso senza alternative; diversamente ci si dovrà rassegnare ad uno scontro senza esclusione di colpi, ancora in buona parte da scrivere, con un grande rischio democratico. <br>
    3:16 Durata: 22 min 42 sec
  • Michele Saponara (FI)

    Michele Saponara (FI) esprime preliminarmente vivo apprezzamento per il modo sapiente con cui è stato condotto un dibattito che considera ampio, tollerante e rispettoso. Richiama quindi gli argomenti ed i toni utilizzati dai deputati dell'opposizione per esprimere dissenso dal provvedimento in esame, rilevando come, a fronte delle intelligenti argomentazioni di alcuni deputati, tra i quali D'Alema, sono sembrate del tutto deludenti le dichiarazioni rese dal deputato Rutelli. Nel ritenere peraltro amare e nostalgiche le riflessioni del deputato Mancuso, del quale comprende le preoccupazioni espresse, rileva come i deputati Fassino e Diliberto, da ex ministri della giustizia hanno ritenuto di dover addossare all'attuale Governo tutti i guasti remoti della giustizia, sui quali anche loro avrebbero potuto intervenire in maniera determinante. Rileva altresì come nessuno abbia sostenuto che tutte le leggi criminalizzate avevano un fondamento di verità ed una loro validità, essendo peraltro state avviate dal precedente Governo. In particolare, evidenzia come alla materia del falso in bilancio, qualificato come l'atto più grave compiuto dall'attuale Governo, si riferiva un provvedimento del precedente Governo di centrosinistra, discusso in Commissione giustizia. Anche l'esame della legge in materia di conflitto di interessi era stato avviato nella precedente legislatura e lo stesso provvedimento in materia di rogatorie internazionali giaceva da anni in Commissione giustizia. La proposta di legge Pittelli, presentata come un aiuto concreto alla mafia, non è altro che il tentativo di applicazione dell'articolo 111 della Costituzione. È stato altresì criminalizzato l'istituto dell'avviso di garanzia, che tuttavia risponde all'articolo 111 della Costituzione, laddove dispone che l'imputato deve essere avvertito nel più breve tempo possibile di un procedimento a suo carico. <br>Richiama quindi le argomentazioni addotte dai deputati dell'opposizione al fine di criminalizzare l'istituto del legittimo sospetto, presentato come un vecchio arnese fascista per favorire il Presidente del Consiglio Berlusconi e il deputato Previti. In realtà il termine «legittimo» implica che debbano verificarsi dati di fatto, situazioni concrete che possano legittimamente far pensare ad una condizione di parzialità o di mancanza di serenità del giudice. <br>Peraltro, il legittimo sospetto, già previsto nell'ordinamento italiano, è contemplato anche in numerosi ordinamenti di altri paesi. La Corte di cassazione, nel parere espresso in ordine al progetto preliminare del nuovo codice di procedura penale, faceva espresso riferimento a «gravi ed oggettivi motivi di ordine pubblico o processuale oppure di legittimo sospetto». Questo affermava la Cassazione l'8 aprile 1988 e il Consiglio superiore della magistratura, il 19 luglio 1988, aderiva a tale impostazione. Ritiene pertanto che non debba essere considerata scandalosa l'ordinanza delle sezioni unite della Corte di cassazione, le quali hanno ritenuto non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale relativa all'articolo 45 del codice di procedura penale in rapporto alla legge delega. Nel confutare altresì le argomentazioni addotte dei deputati Chiaromonte e Bianco, rileva come i giudici non possano essere esenti dal sospetto di imparzialità e mancanza di serenità; ricorda a tale proposito di aver presentato una proposta di legge in materia di sospetto uso politico della giustizia. <br>Ricorda quindi la genesi del provvedimento, rilevando come la notifica al Parlamento dell'ordinanza di rimessione della Cassazione deve essere assunta quale invito a provvedere al vuoto normativo. Quanto poi alle accuse rivolte al Presidente del Consiglio Berlusconi e al deputato Previti, richiama le passate vicende giudiziarie che hanno avuto come protagonisti i magistrati di Milano ed il particolare clima persecutorio che si era venuto a creare nei confronti del presidente Berlusconi. Rileva infine come il provvedimento in esame non presenti alcun profilo di incostituzionalità e ribadisce la necessità della sua approvazione, manifestando la disponibilità a taluni aggiustamenti. <p>Donato Bruno, presidente, avverte che, in via del tutto eccezionale e senza che ciò costituisca precedente, darà nuovamente la parola al deputato Fanfani, che l'ha chiesta per rendere una comunicazione alle Commissioni in ordine alla presentazione di una nuova proposta di legge in materia di rimessione di cui non è possibile disporre l'abbinamento non essendo stata ancora assegnata alle Commissioni. <br>
    3:38 Durata: 30 min 13 sec
  • Giuseppe Fanfani (MARGH-U)

    Giuseppe Fanfani (MARGH-U) fa presente che la nuova proposta di legge che reca la sua firma accorpa le precedenti che egli ha presentato in materia di rimessione. Ritenendo che i principi ai quali si ispira possano essere tenuti in considerazione dai relatori ai fini della formulazione della proposta di testo base che i medesimi sottoporranno alla Commissione una volta concluso l'esame preliminare, chiede di poterne illustrare i contenuti allegando alcune considerazioni al resoconto della seduta odierna.<p>Donato Bruno, presidente, in via del tutto eccezionale, lo consente. <br>
    4:09 Durata: 4 min 7 sec
  • Titti De Simone (RC)

    Titti De Simone (RC) ribadisce le motivazioni della battaglia democratica del suo gruppo e di tutta l'opposizione, che corrisponde all'interesse della collettività al rispetto di principi fondamentali della Costituzione: uguaglianza, garantismo e giustizia sociale. <br>Considera la proposta di legge in esame emblematica della cultura politica di Governo e maggioranza, che va in direzione del superamento dei principi dello Stato di diritto. Essa, insieme ad altri provvedimenti già adottati in materia di giustizia, infligge un colpo alla cultura della legalità, in quanto espressione di una concezione «proprietaria» della giustizia. Oltre al fine palese di risolvere i problemi giudiziari del ceto dirigente, i provvedimenti della maggioranza vanno incontro alle richieste di impunità degli strati sociali che prosperano nell'illecito, mentre le carceri, sempre più degradate, si riducono a contenitori di emarginazione sociale. <br>Dal punto di vista del merito, la proposta di legge scardina i limiti della rimessione dei processi, determinando una violazione del principio costituzionale del giudice naturale, e comporterà un allungamento dei tempi processuali. Inoltre, essa introduce gravissimi rischi di arretramento della cultura giuridica e civile, ricorrendo ad un concetto tipico di regimi autoritari e che infatti era presente nel codice fascista. <br>Rivolge un appello alla mobilitazione in vista delle grandi lotte sociali del prossimo autunno contro il disegno di repressione che si preannuncia da parte del Governo delle destre. Nel ritenere che sia compito della sinistra rendere effettive le garanzie per tutti i cittadini, auspica l'adozione di un provvedimento di amnistia per i reati di terrorismo, per mettersi alla spalle una stagione ormai chiusa e che non ha nessun legame con i recenti atti criminali. <br>Preannuncia quindi un autunno di lotta e di partecipazione per la costruzione dell'alternativa al Governo delle destre. <br>
    4:13 Durata: 11 min 2 sec
  • Alberta De Simone (DS-U)

    Alberta De Simone (DS-U) rileva che l'apparato giudiziario è stato chiamato negli ultimi anni a fronteggiare tre grandi emergenze nazionali: il terrorismo politico, la criminalità organizzata e la corruzione. Tali emergenze hanno portato ad un indebolimento di alcuni principi fondamentali della civiltà giuridica, nonché determinato una concentrazione di risorse nel settore della giustizia penale. Mentre i Governi di centrosinistra avevano avviato un'opera di riforma e di modernizzazione della giustizia, nel primo anno di questa legislatura si è interrotto tale cammino per perseguire un uso privato e spregiudicato delle istituzioni, preoccupandosi di assicurare l'impunità ai potenti di turno. Questo atteggiamento della maggioranza aumenta il discredito della classe dirigente agli occhi del paese e delegittima la magistratura, che in un sistema maggioritario è l'istituzione di garanzia per eccellenza. <br>La proposta di legge in esame è particolarmente insidiosa perché induce ad un sospetto generalizzato sull'imparzialità della magistratura, minando dalle fondamenta un pilastro della democrazia. Essa legittima l'idea che ci si possa sottrarre all'accertamento della responsabilità con un uso strumentale della funzione legislativa e del potere. <br>Nel ricordare che il sistema maggioritario non autorizza ad usare la legge per fini personali né sottrae all'obbligo di rispettare il principio della separazione dei poteri, sottolinea il palese legame del provvedimento con le vicende processuali di Berlusconi e Previti, per risolvere le quali si vorrebbe modificare l'impianto normativo ledendo il principio dell'uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. <br>
    4:24 Durata: 20 min 27 sec
  • Lello Di Gioia (Misto-SDI)

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    4:44 Durata: 13 min 43 sec
  • Alessandro Maran (DS-U)

    Alessandro Maran (DS-U) sottolinea la crescente indignazione del paese, che avverte la sensazione che il Parlamento sia usato come una clava per colpire la magistratura, ricordando che tali preoccupazioni sono state condivise dall'incaricato speciale delle Nazioni Unite per i problemi della giustizia, dopo una sua recente visita in Italia. <br>Rivendica le motivazioni morali della battaglia che il centrosinistra sta conducendo nell'interesse di tutti i cittadini per difendere il principio dell'uguaglianza di tutti di fronte alla legge. <br>Rilevato che il clima di guerra civile scatenato dalla maggioranza contro la magistratura è il modo migliore per non fare le riforme di cui la giustizia ha certamente bisogno, evidenzia le principali osservazioni critiche dell'opposizione rispetto alla proposta di legge in esame: l'opportunità, come segno di doveroso riguardo istituzionale, di attendere la pronuncia della Corte costituzionale prima di intervenire in materia; l'inesistenza di un presunto vuoto normativo che giustificherebbe l'intervento del legislatore; infine, l'inaccettabile urgenza, dettata dalle vicende processuali milanesi in cui è implicato il Presidente del Consiglio. <br>Sottolinea quindi che il gravissimo conflitto di interesse giudiziario in cui si trova invischiato il Presidente Berlusconi è tale da far sorgere sospetti su tutti i provvedimenti in materia di giustizia adottati o preannunciati dal suo Governo ed inoltre impedisce anche all'opposizione di esprimere una serena critica nei confronti di alcuni eccessi della magistratura. <p>Donato Bruno, presidente, sospende brevemente la seduta. <p>La seduta, sospesa alle 14h15, è ripresa alle 14h45. <br>
    4:58 Durata: 11 min 21 sec
  • Egidio Banti (MARGH-U)

    Egidio Banti (MARGH-U) osserva preliminarmente che, sul piano storico, la dialettica interna alla magistratura italiana in relazione all'organizzazione per correnti ideali e politiche può essere fatta risalire al congresso dell'Associazione nazionale dei magistrati del settembre 1965, nel corso del quale fu approvato - non senza contrasti - un importante ordine del giorno in cui, tra l'altro, si affermava che «l'interpretazione della legge non può essere formalismo indifferente al contenuto ed all'incidenza concreta della norma nella vita del paese». Tale affermazione consente di comprendere meglio come in una fase successiva il dibattito all'interno della magistratura abbia sempre più rivendicato non già lo spostamento puro e semplice della magistratura stessa- o di una sua parte - sul terreno dello scontro politico-partitico, bensì la piena partecipazione dei magistrati all'evoluzione della società italiana, anche sotto il profilo dell'attuazione costituzionale. <br>È nella temperie democratica degli anni sessanta che la Costituzione comincia, con ritardo, a prendere pieno corpo anche nell'ordinamento giurisdizionale del paese; si comprende quindi come tutto ciò che sia accaduto successivamente, anche con gli innegabili eccessi, vada ricondotto ad una dialettica politico-democratica ampia. Del resto, il rapporto tra ruolo dello Stato e giurisdizione - la giustizia, in senso più ampio - ha conosciuto momenti diversi. Ricorda a tale riguardo l'affermazione del procuratore generale Appiani all'inaugurazione dell'anno giudiziario del 1927. Appiani sostenne in quella circostanza che la giustizia non va intesa come un concetto assoluto, ma deve essere posta in relazione alla realtà politica in cui si colloca, affermazione poi respinta nella configurazione del quadro della Costituzione repubblicana. Nello stesso tempo, si avvertiva la necessità di indicare una strada diversa ma significativa di raccordo tra l'applicazione della legge e l'evoluzione del quadro sociale del paese. <br>Sulla base di tali premesse, ritiene che non si possa sostenere che l'appartenenza di un magistrato ad una qualsivoglia delle correnti organizzate confluenti nella loro associazione nazionale possa, in quanto tale, configurarsi come scelta politica di pregiudizio per l'imparzialità della funzione giudicante, referente o inquirente. Tale assunto è smentito dall'esperienza maturata negli oltre quarant'anni della vita democratica del paese e sarebbe in grave e palese contraddizione con l'evoluzione storica della società italiana e con il complesso ed ampio dibattito che, da oltre due secoli a questa parte, e, in particolare, negli ultimi cinquant'anni, ha investito il rapporto tra azione della magistratura e contesto sociale, nonché con i principi costituzionali. Dunque, nessuna norma di rimessione dei processi per legittimo sospetto potrebbe impedire - e, forse, neppure rallentare - l'evoluzione di un dibattito e di un processo di adeguamento democratico della magistratura. <br>In tale contesto la proposta di legge Cirami, prima che sbagliata sul piano giuridico e costituzionale, lo è su quello politico. Richiama in proposito il processo cosiddetto della Zanzara del 1966, quando tre studenti di un liceo di Milano furono sottoposti a giudizio con l'accusa di pubblicazione oscena, risultandone assolti. Il procuratore generale chiese la rimessione ad altra sede del giudizio di appello, rilevando come l'ambiente milanese fosse il meno adatto a garantire l'ordinato svolgimento del processo. La Corte di cassazione accolse l'istanza e trasferì il processo a Genova; eppure, anche nella nuova sede i giovani non furono condannati. Non è affatto detto, quindi, nei casi riguardanti Previti e Berlusconi, che la rimessione dei procedimenti a sedi diverse, risolva il giudizio in senso positivo per gli imputati. Non vi sarebbe, dunque, nessuna certezza di vantaggi personali e politici, come invece accadrebbe in base a norme, discutibili nel merito ma pur prospettate in questa sede, come quella relativa alla sospensione d'ufficio dei procedimenti penali riferiti a soggetti che ricoprono cariche istituzionali del paese. Di converso, si avrebbe invece la certezza di un danno evidente al contesto istituzionale, con un Parlamento piegato a valutazioni personali in vantaggio di uomini potenti. In questo quadro risulta infondato il riferimento, che pure è stato evocato, alla vicenda di Pietro Valpreda. In sostanza, si tratterebbe di un vulnus, che in ultima analisi rappresenta il vero motivo di preoccupazione che, in modi diversi, l'opposizione e l'opinione pubblica stanno esprimendo. <br>Ritiene che le ripetute modifiche introdotte all'ordinamento giuridico - queste, sì, sospette - non giovino nemmeno all'onorevole Berlusconi ed alla sua maggioranza, nella quale peraltro emergono segnali di inquietudine e di nervosismo, come dimostrano le recenti dichiarazioni del sottosegretario Mantovano e di altri. Da ultimo, questa mattina il ministro Castelli, nella linea di una serie di segnali gravi provenienti da esponenti del Governo e della maggioranza, ha rilasciato sconsiderate dichiarazioni sulla situazione delle carceri, che contraddicono la situazione reale e sono legate ad una inaccettabile contestazione delle prerogative dei parlamentari. <br>In taluni interventi è stato richiamato il contesto economico-sociale nel quale ci troviamo ed è stato fatto riferimento alla circostanza che il nostro paese è sotto esame da parte dell'Europa. L'opinione pubblica europea incide, sia pure in modo non immediato, sulle scelte dei singoli governi e sul loro destino, come dimostrano, ad esempio, le vicende dell'Austria, sulle quali hanno influito i fatti dei due anni precedenti e le preoccupazioni espresse a livello europeo. È quindi fondamentale che anche le scelte che si effettuano nel nostro paese siano lineari e non si prestino a sospetti o a critiche di carattere personale nei confronti di nostri uomini politici. La maggioranza deve comprendere che si tratta di un problema di credibilità complessiva del nostro paese. <br>L'opposizione è disponibile a discutere un piano di adeguamento complessivo dell'ordinamento giurisdizionale e giudiziario. In questo quadro rileva come la maggioranza continui a rimanere chiusa a riccio. Invita quindi al ritiro della proposta di legge Cirami ed a proporre un quadro generale di riforme della giustizia. In questo caso l'opposizione non si sottrarrà ad un confronto serio e di merito, tenendo conto che il tema della giustizia è troppo importante per essere risolto con leggi-provvedimento che suscitano il dubbio fondato di gravi favoritismi. Del resto, è questa la richiesta proveniente dal mondo dei giudici e degli avvocati, un mondo che non serve a nessuno dividere o contrapporre, ma che deve rimanere unito per la difesa dell'ordinamento costituzionale del paese. <br>
    5:09 Durata: 14 min 54 sec
  • Rossella Ottone (DS-U)

    Rosella Ottone (DS-U) rileva che il disegno di legge Cirami, insieme alle altre proposte avanzate dalla maggioranza, ci riporta ad un'epoca in cui il privilegio dei pochi diventa legge dello Stato, in violazione dei principi fondanti del nostro ordinamento, ossia quelli della legalità, dell'imparzialità e di uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Si tratta di una vera e propria offensiva antiprocesso da parte dell'attuale maggioranza, che approderà nella proposta di legge presentata dal deputato di Forza Italia Nitto Palma sull'immunità parlamentare, da cui deriverà la sospensione dei processi per i parlamentari e membri del Governo durante il periodo di legislatura. Tutta questa frenetica attività parlamentare da parte della maggioranza è finalizzata solo ad impedire i processi che vedono coinvolti il Presidente del Consiglio ed i suoi più stretti collaboratori come l'onorevole Cesare Previti.<br>Del resto, il disegno di legge Cirami nasce da un'eccezione di incostituzionalità sollevata dal presidente della Commissione giustizia, onorevole Gaetano Pecorella, in veste di avvocato di fiducia del Presidente del Consiglio nel corso del dibattimento penale. Certamente vi è stato un salto di qualità da parte dei deputati-avvocati del Presidente Berlusconi. Infatti, all'inizio della legislatura, ad ogni eccezione respinta dal Tribunale di Milano gli avvocati-deputati presentavano un'interpellanza o interrogazione al ministro della giustizia Castelli, adesso - senza attendere alcuna risposta, - che comporterebbe troppo tempo ai fini delle prescrizione dei reati, fanno in modo che si presentino disegni di legge su misura per il Capo del Governo, approvandoli, come è già avvenuto in Senato, in spregio ai regolamenti e alla Costituzione. È chiara, quindi, la volontà della maggioranza e del Governo, che fanno della giustizia un uso privato per risolvere i guai giudiziari che vedono coinvolto il premier e suoi sodali. Ma questa volta l'opinione pubblica, anche quella che ha votato il centrodestra, ha capito che ci troviamo di fronte all'ennesima legge vergogna, che nulla ha a che vedere con i reali problemi della giustizia nel nostro paese. <br>Suonano come una beffa le parole contenute nel DPEF presentato al Parlamento nella parte in cui il Governo e la sua maggioranza si propongono di «riformare, semplificare e ammodernare l'ordinamento, l'organizzazione e la gestione dell'amministrazione giudiziaria, penitenziaria e della giustizia minorile al fine di assicurare maggiore certezza, qualità, efficacia, efficienza ed economicità al funzionamento dei servizi alla giustizia». Quali provvedimenti questa maggioranza e questo Governo hanno finora adottato per rendere la giustizia più certa ed efficace? Certamente non la legge sul falso in bilancio, che è stata un vero e proprio colpo di spugna e che è servita per far si che si prescrivesse il reato a carico di sette imputati nel processo per «i fondi neri» al Milan; né la legge sulle rogatorie internazionali, che fortunatamente i tribunali italiani non applicano poiché prevalgono alla legislazione nazionale le leggi comunitarie. Non si troveranno, dall'inizio dell'attuale legislatura ad oggi, leggi o proposte di legge della maggioranza sulla giustizia che tutelino un interesse generale. Con questi provvedimenti si rende, invece, il codice di procedura penale ancora più disorganico e si creano situazioni di disparità di trattamento e di violazione di uguaglianza. <br>Che ci si trovasse di fronte ad una maggioranza e ad un Governo dediti solo agli interessi particolari e con una scarsa capacità di governo era ben evidente sin dalla presentazione del passato DPEF nel luglio del 200l, ove il ministro Castelli indicò tra i suoi impegni programmatici quelli di istituire il giudice di primo grado e di introdurre la competenza penale del giudice di pace. Peccato che queste due riforme erano già state approvate nella passata legislatura! Con la proposta di legge Cirami maggioranza e Governo hanno dimostrato anche una scarsa <br>sensibilità costituzionale. Con l'approvazione a tappe forzate in Senato del disegno di legge in un solo colpo la maggioranza ha calpestato il Parlamento e umiliato la Corte costituzionale. Pesano come macigni le parole pronunciate dal senatore Schifani immediatamente dopo il voto. <br>Questa volta la fretta è stata foriera di cattivi consigli. Così è stato quando la maggioranza in Senato, presa dalla fretta di garantire l'impunità al Capo del Governo e all'onorevole Cesare Previti, ha approvato il terzo comma dell'articolo 1, che prevede l'immediata sospensione del processo in attesa che si pronunci la Corte di cassazione. Forse i colleghi senatori-avvocati della Casa delle libertà avevano dimenticato l'esistenza di una sentenza della Corte costituzionale del 1996, la n. 353, che dichiarò incostituzionale l'articolo 47 del codice di procedura penale che prevedeva la sospensione automatica del processo una volta proposta l'istanza di rimessione. La Corte la cancellò dal nostro ordinamento sulla base del principio costituzionale dell'efficienza del processo penale; la Cirami invece la ripropone. <br>Con riferimento a chi sostiene che la legge Cirami punta a ripristinare la legittima suspicione, secondo le indicazioni contenute nella legge-delega e disattese dal Parlamento, fa presente che non è esattamente così. Considerata ormai troppo generica e discrezionale dalla maggior parte dei giuristi, la norma è stata opportunamente superata e corretta dal legislatore proprio per fissare limiti certi e ben definiti alla richiesta di rimessione del processo, cioè di trasferimento a un altro giudice. Si tratta di incertezze che il progetto di legge Cirami reintroduce. <br>Quanto alla retroattività della proposta Cirami, che è previsto si applichi ai processi in corso, anche in questo caso la maggioranza e i deputati-avvocati del Presidente del Consiglio tendono ad accreditare la tesi che si deve applicare il principio del favor rei, cioè di una norma successiva più favorevole all'imputato. Tale tesi non corrisponde al vero, ma sembra più che altro una forzatura interpretativa. Infatti, oggi si discute di una legge di competenza, come tale irretroattiva per definizione. Inoltre, la Costituzione stabilisce la «precostituzione per legge del giudice», ossia la sua individuazione prima che sia commesso il reato e quindi la sua immutabilità. Di conseguenza, la nuova norma non potrebbe essere applicata ai processi in corso, prossimi ormai alla sentenza come quello di Milano a carico di Berlusconi e Previti, senza violare la regola costituzionale. <br>
    5:24 Durata: 8 min 44 sec
  • Giuseppe Geraci (AN)

    Giuseppe Geraci (AN) rileva preliminarmente che il dibattito si è svolto in un clima non sereno a causa dell'atteggiamento assunto dall'opposizione, che non ha consentito un approfondimento tecnico-giuridico ma ha dato vita ad una discussione di carattere politico in senso improprio, con riferimenti quasi esclusivamente di natura personale al Presidente del Consiglio e ad altri soggetti che sarebbero gli unici destinatari dei benefici derivanti dall'approvazione della proposta di legge. Richiamate le puntuali osservazioni dei relatori, che hanno messo in rilievo la necessità di un intervento legislativo finalizzato a colmare le lacune riscontrabili nella formulazione dell'articolo 45, si sofferma sulle considerazioni svolte dal professor Frigo nel corso delle audizioni informali alle quali hanno proceduto le Commissioni nei giorni scorsi. Il professor Frigo, nel lamentare le omissioni del legislatore delegato, ha definito il legittimo sospetto come rischio di perdita dell'imparzialità del giudice, rilevando come molteplici possano essere gli elementi influenti sull'imparzialità. Ha inoltre citato un passo del manuale di procedura penale del professor Cordero, dal quale si evince che, ai fini dell'imparzialità, «non sarebbe pericolo minore un fermento collettivo di idee e di umori che, pur non manifestandosi in forme violente, saturasse l'intera compagine sociale dalla quale il giudice, che non è un'essenza angelica, riesce difficilmente ad estraniarsi». Lo stesso professor Cordero, in un commento successivo, svolge invece una vera e propria requisitoria nei confronti del Presidente del Consiglio e di altri: è quindi riscontrabile una profonda contraddizione con la posizione precedentemente espressa. <br>Precisato che Alleanza nazionale e la Casa delle libertà non sono contro la magistratura, per la quale nutrono anzi un profondo rispetto, non può non considerare come negli ultimi tempi molte dichiarazioni ed atteggiamenti di magistrati abbiano alimentato seri dubbi. Nessun dubbio può essere invece nutrito sull'obbligo di intervenire in materia di rimessione, come fa la proposta di legge Cirami, anche per riprendere una volontà costantemente manifestata dal Parlamento italiano che, a partire dal 1974, ha voluto chiaramente, con le leggi delega, ricomprendere tra le cause di rimessione del processo anche il legittimo sospetto. Né si può affermare che questo istituto non avrebbe più senso perché siamo nell'era della globalizzazione, come pure ha sostenuto un autorevole esponente della sinistra. <br>Numerosi intervenuti hanno evocato l'articolo 25 della Costituzione in tema di giudice naturale, quasi si trattasse di un dogma dal quale non si può prescindere. In realtà, se si trattasse realmente di un dogma, non potrebbero essere configurate neppure altre cause di rimessione che pure il nostro ordinamento prevede. <br>Conclude dichiarando che Alleanza nazionale conferma il proprio assenso alla proposta di legge Cirami, condividendo pienamente le ragioni illustrate dai deputati Anedda e Bertolini nelle relazioni introduttive. <br>
    5:33 Durata: 11 min 17 sec
  • Ugo Intini (Misto-SDI)

    Ugo Intini (Misto-SDI) rileva come i giuristi tradizionali abbiano sempre indicato l'esigenza che i tre poteri dello Stato - legislativo, esecutivo e giudiziario - fossero tenuti separati, per garantire la tutela della libertà e dello Stato di diritto; i moderni costituzionalisti sostengono che i tre poteri veri sono quello politico, quello economico e quello massmediatico: anche in questo caso si sostiene tuttavia l'esigenza di una separazione. Nel nostro paese, purtroppo, non vi è separazione tra i poteri, né tra quelli sostanziali, per i quali potrebbe essere sostenuta una colpa degli elettori, né tra quelli formali per i quali, invece, si configura una responsabilità del Governo, con riferimento al fatto che oggi il potere legislativo tenta di occupare lo spazio del potere giudiziario.<br>Non si può negare al cittadino il diritto di avanzare un legittimo sospetto sul giudice: non è questo l'oggetto del contrasto che non riguarda il principio. Il problema è che la proposta di legge, nell'attuale formulazione, trasforma il tribunale in una sorta di albero di Bertoldo ed il fatto grave è che il Parlamento non può influenzare un processo in corso. Il Parlamento non può farlo benché rappresenti cinquantacinque milioni di italiani. Altrettanto non può fare una piazza. In sostanza, né il Parlamento né la piazza possono far filtrare messaggi illiberali: qualora la piazza dovesse invece lanciare questo tipo di messaggio, la sua parte politica non vorrebbe avere nulla a che fare con essa. <br>Nella fase attuale si registra una prevaricazione della politica sulla magistratura: questa prevaricazione deve essere contrastata con forza e la forza nasce dalla credibilità: non sono credibili quelli che hanno applaudito ed applaudono alla prevaricazione della magistratura sulla politica cadendo nell'eccesso opposto. Di qui la diffidenza della sua parte politica verso la piazza dei girotondi. <br>In questo momento, mentre in tutti i parlamenti del mondo l'argomento che appassiona è quello della pace e della guerra, in quello italiano si discute invece dalla proposta di legge Cirami: è immaginabile il livello di credibilità con il quale il capo del Governo si muoverà in tale contesto nell'arena internazionale. Il Governo ha la colpa di aver indicato una priorità assolutamente sbagliata, assumendo un atteggiamento di irresponsabilità che rasenta il ridicolo. Vi è tuttavia una grande colpa anche dei parlamentari eletti nella legislatura 1992-1994. <br>A quell'epoca fu frettolosamente varato un sistema elettorale maggioritario senza prevederne le tipiche garanzie: di questo si paga oggi un prezzo in settori quali la RAI, la giustizia ed il modo stesso di agire del Parlamento. L'intento era di configurare un sistema elettorale che avvicinasse il nostro paese alla Gran Bretagna, mentre oggi il rischio è di avvicinarsi al modello del Sud America. Si assiste quindi ad uno scontro molto forte, in una logica nella quale si collocano anche le liste di proscrizione contro i sindacalisti. In entrambi gli schieramenti esistono opposti estremismi ed opposti pragmatismi che si rafforzano a vicenda. Ritiene che si debbano rafforzare gli opposti pragmatismi e le opposte aree di consenso e di tolleranza. <br>Invita la sinistra a ricordare la lezione di Harlan Stone, il famoso giudice della Corte suprema americana, il quale sosteneva che il magistrato non difende cause ma giudica cause, nonché quella di Fran oise Guizot, il quale, descrivendo la Francia della prima metà dell'ottocento, osservava che «avendo la politica cessato di essere vera e buona, vale a dire giusta, anche la giustizia svierà e diventerà politica. Poiché il potere giudiziario si trova in rapporti stretti ed intimi più che ogni altro con la società e poiché tutto mette capo o può mettere capo a processi, sarà per l'appunto il potere giudiziario ad essere chiamato ad uscire dalla sua sfera legittima, per esercitarsi in quella dove il Governo non né potuto bastare». Questa descrizione ricorda l'Italia degli anni novanta e rappresenta una situazione dalla quale occorre prendere la distanze. È necessario tornare alla normalità e cancellare il sospetto di voler seguire una linea non politica ma giudiziaria per la conquista del potere. La sinistra deve far comprendere che il suo concetto di libertà è legato alla libertà dei molti, mentre quello della destra è spesso riferito ai pochi. Le elezioni si vincono quando la sinistra di governo guida e la sinistra della protesta segue, non quando si verifica il contrario, come rischia di avvenire in questi giorni. <br>La destra deve rinunciare alla sua arroganza e ripristinare lo Stato di diritto. <br>L'investitura ricevuta da Berlusconi non comporta che egli sia legibus solutus. Il rischio però è che l'arroganza della destra si spinga a tal punto da far vincere non la sinistra del pragmatismo e della tolleranza ma quella dell'estremismo. <br> Va evitata l'offerta di compromessi o di pasticci unanimistici: l'opposizione sarà ferma ed intransigente, ma dovrà offrire un patto per la ricerca di una strada indicata continuamente dal Capo dello Stato, per la ricerca di un bene comune: un'opposizione ed una maggioranza che si legittimino a vicenda. <br>La proposta di legge Cirami e l'arroganza del Governo in materia di giustizia rischiano di riprodurre il clima della guerra civile all'italiana del 1993, con i fantasmi del giustizialismo che ricompaiono e ritrovano un ruolo. La maggioranza deve ritirare la proposta di legge Cirami: il tema della giustizia è una ferita aperta ed uno scontro su questo tema fra gli opposti estremismi sarebbe il più devastante dei danni per le nostre istituzioni. <br>
    5:44 Durata: 8 min 37 sec
  • Lorenzo Acquarone (MARGH-U)

    Lorenzo Acquarone (MARGH-U) osserva che, sebbene uno degli argomenti ricorrenti dei sostenitori del provvedimento in esame sia che, per quanto esso possa effettivamente servire per qualche deputato eccellente, andrebbe comunque a vantaggio della generalità dei cittadini, le norme in esame sono da ritenersi inutili, sbagliate e per larga parte incostituzionali. <br>Rilevato come la lettura degli atti preparatori del nuovo codice di procedura penale indichi una chiara volontà di modificare l'articolo 55 del codice Rocco a causa dell'indeterminatezza del concetto di legittimo sospetto, sottolinea come lo stesso lasciasse un eccessivo spazio di discrezionalità al giudice, contrastando con il principio del giudice naturale sancito all'articolo 25 della Costituzione. Evidenzia inoltre come l'articolo 55 del codice Rocco sia sfuggito alla censura di incostituzionalità soltanto in quanto ne era stato fatto un uso estremamente rigoroso. Peraltro, sebbene vi fossero stati soltanto limitati casi di rimessione, gli studiosi e gli operatori del diritto desideravano giungere ad una maggiore puntualizzazione dell'istituto per limitare la discrezionalità della Corte di cassazione in ordine ai casi di legittimo sospetto. È così scaturita l'attuale formulazione dell'articolo 45, che limita i casi di rimessione, peraltro non come frutto di un errore nell'interpretazione della direttiva n. 17 della legge delega, ma per una volontà di interpretare in modo corretto lo spirito della delega. <br>Esprime peraltro dubbi relativamente all'ordinanza della Corte di cassazione che ha investito della questione di legittimità dell'articolo 45 del codice di procedura penale la Corte costituzionale, ritenendo che volontà del legislatore delegante sia stata rispettata dal legislatore delegato. Giudica comunque ragionevole attendere l'esito della pronuncia della Corte costituzionale in materia, qualora s'intenda davvero intervenire sul piano legislativo solo per porre rimedio ad un difetto della norma delegata in rapporto con la norma delegante. <br>Se tuttavia la norma non fosse inutile, essa sarebbe comunque sbagliata dal punto di vista giuridico e processuale: la possibilità per l'imputato di ripetere la stessa richiesta con motivazioni diverse consente infatti un allungamento abnorme nei tempi dei processi. La norma è d'altronde sostanzialmente sbagliata per gli stessi motivi per cui è stata sottoposta più volte al giudizio della Corte costituzionale, essendo il concetto di legittimo sospetto troppo indeterminato. <br>Ritiene infine la norma incostituzionale in linea generale e sotto un più specifico aspetto. Ha infatti l'impressione che i dubbi di costituzionalità sul vigente articolo 45 del codice di procedura penale, dopo la modifica dell'articolo 111 della Costituzione che ha introdotto il principio del giusto processo, anche relativamente alla sua durata, siano rafforzarti, permanendo comunque un conflitto con il principio del giudice naturale sancito all'articolo 25 della Costituzione. La censura più specifica riguarda l'articolo 47 del testo in esame, in base al quale, in seguito alla presentazione della richiesta di rimessione, il giudice deve comunque sospendere il processo prima dello svolgimento delle conclusioni e della discussione. La Corte costituzionale, con sentenza 22 ottobre 1996, n. 353, aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 47, con una motivazione che riguardava soltanto l'impossibilità per il giudice di pronunciare la sentenza, dichiarando che vi sono principi costituzionali che devono essere contemperati. Secondo la Corte costituzionale, tuttavia, non si è tenuto conto dei possibili abusi derivanti dalla riproposizione della richiesta, in quanto il legislatore non può in ogni caso scegliere un percorso che comporti, sia pure in casi estremi, la paralisi dell'attività processuale. <br>Ribaditi pertanto i profili di incostituzionalità delle norme in esame, con particolare riferimento agli articoli 3, 25 e 111 della Costituzione, osserva che, sebbene la maggioranza abbia la forza dei numeri, rischia di commettere un grave errore che potrebbe turbare l'opinione pubblica in un settore in cui invece vi è bisogno di certezze e non di dubbi. <p>Gaetano Pecorella, presidente, richiama la questione, di carattere scientifico, del valore dell'ordinanza n. 5 del 9 gennaio 1997 della Corte costituzionale. <br>
    5:53 Durata: 30 min 57 sec
  • Antonio Rugghia (DS-U)

    Antonio Rugghia (DS-U) rileva come, sebbene il centrodestra sostenga che il provvedimento in esame appartenga al proprio programma elettorale e sia sostenuto pertanto dal consenso elettorale, ciò non corrisponda alla realtà, in quanto nelle dichiarazioni programmatiche del Presidente del Consiglio e nel cosiddetto contratto con gli italiani soltanto pochi passaggi erano dedicati al tema della giustizia. La maggioranza avrebbe invece dovuto chiarire che considerava come priorità la depenalizzazione del falso in bilancio, la legge sulle rogatorie, la possibilità di impedire per legge che potesse essere contestata al Presidente del Consiglio qualsiasi ipotesi di conflitto di interessi; doveva altresì chiarire l'intenzione di schierarsi contro i giudici a supporto dei collegi di difesa di deputati eccellenti. Infatti, dato che per fermare il corso della giustizia non è stato sufficiente l'ostruzionismo nei tribunali, la maggioranza parlamentare provvede ora calpestando gli stessi regolamenti parlamentari e facendo valere la forza dei numeri. <br>Benché i cittadini abbiano a che fare con i problemi del costo della vita, dell'occupazione, della crisi internazionale, la maggioranza impone al Parlamento di discutere una proposta di legge finalizzata a spianare la strada alle richieste di avvocati, che sono anche deputati, finalizzate a bloccare processi ormai giunti all'ultimo atto. Il provvedimento in esame è peraltro palesemente incostituzionale in quanto consente agli imputati di reiterare all'infinito le richieste di rimessione del processo sino alla prescrizione dei reati. Si rischia così di demolire principi basilari quali l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, l'indipendenza del giudice, la separazione dei poteri. Il paese ha il diritto di sapere, attraverso una sentenza pronunciata da un giudice, se gli esponenti politici imputati siano stati effettivamente i protagonisti della più grande corruzione di giudici nella storia di Italia. <br>L'opposizione non ha condiviso la scelta dell'onorevole Pecorella di continuare a presiedere la Commissione giustizia, essendo egli direttamente coinvolto nella sua qualità di avvocato in processi interessati dalle norme in discussione, ma se tale comportamento fosse invece irrinunciabile per tutelare lo Stato di diritto, l'uguaglianza dei cittadini, l'autonomia del potere giudiziario, nell'attuale situazione politica del paese, l'avvocato Pecorella è la persona giusta per presiedere la Commissione giustizia. <p>Gaetano Pecorella, presidente, osserva che la legge verrà votata dal Parlamento e che egli, come presidente della Commissione giustizia, si asterrà dalle votazioni; rileva inoltre che, se la legge sarà approvata, darà alla Corte di cassazione la possibilità di decidere se vi siano o meno le condizioni che garantiscono l'imparzialità di un giudice. <p>Antonio Rugghia (DS-U) obietta che il risultato concreto sarà il blocco dei processi e che sarebbe stato preferibile attendere il pronunciamento della Corte costituzionale. <p>Gaetano Pecorella, presidente, rileva che il pronunciamento della Corte costituzionale riguarda i rapporti tra norma delegata e legge delega, che è questione diversa da quella di cui si sta discutendo. <br>
    6:24 Durata: 13 min 38 sec
  • Alba Sasso (DS-U)

    Alba Sasso (DS-U), richiamata l'affermazione di Aron, autorevole esponente del pensiero liberale, per il quale l'essenza della politica è che le decisioni vengano prese non dalla collettività ma per la collettività, nonché il pensiero gramsciano, per cui da ogni atto si deve risalire al principio corrispondente e che costituzioni, leggi e regolamenti indicano la reale struttura politica e giuridica di uno Stato, si chiede se il provvedimento in esame serva effettivamente alla collettività ed inoltre quale struttura giuridica e politica del paese si stia disegnando con le leggi sulla giustizia approvate dall'inizio della legislatura. La maggioranza sostiene che intende realizzare un ordinamento giuridico più garantista, ma non vanno in tale direzione le nuove norme sul falso in bilancio, sulle rogatorie internazionali, o quelle ora in discussione, che non sono finalizzate a tutelare gli interessi della generalità dei cittadini, come peraltro viene riconosciuto anche da esponenti della maggioranza. <br>Il monopolio dell'informazione consente, però, di dare una lettura di parte delle vicende giudiziarie, sostenendo che il sistema della giustizia è governato dalla faziosità delle cosiddette toghe rosse e che occorre tutelare i cittadini dal potere della magistratura. Si alimenta così la cultura del sospetto nei confronti delle istituzioni, si favorisce una mentalità antistato e antidiritto, si suggerisce l'idea che chi è forte vince e che non vi sono regole e leggi che possano essere sottratte all'arbitrio della maggioranza. Se davvero si intende riformare il sistema della giustizia, occorre intervenire con un'ottica complessiva per rendere efficienti e celeri i processi. La maggioranza, invece, anziché affrontare le vere emergenze che avvertono i cittadini, il lavoro, la sanità, la scuola, assegna la massima urgenza ad un provvedimento che riguarda direttamente le vicende giudiziarie di autorevoli esponenti della medesima maggioranza. È di conseguenza inevitabile che i consensi elettorali raccolti dall'attuale maggioranza vadano riducendosi, come verrà dimostrato già nella manifestazione indetta per domani a Roma per testimoniare che la democrazia viene prima di tutto e che l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e la capacità e la volontà di prendere decisioni per la collettività ne sono condizioni essenziali. <p>Gaetano Pecorella, presidente, avverte che è a disposizione dei colleghi una raccolta delle decisioni della Corte di cassazione in materia di rimessione, che consente di valutare le relative motivazioni: in base ad essa, è possibile, per esempio, verificare che nel caso Matteotti, più volte citato, la rimessione fu disposta in base a motivazioni di sicurezza pubblica e non di legittimo sospetto. <br>
    6:37 Durata: 8 min 31 sec
  • Erminia Mazzoni (UDC)

    Erminia Mazzoni (UDC) rileva come non sia facile elaborare un convincimento scevro da condizionamenti a causa del polverone sollevato da chi ha voluto sostenere una strettissima ed indissolubile connessione fra il testo in esame e note vicende processuali in corso. Si chiede se proprio tale situazione non sia, già di per sé, sufficiente a determinare la fattispecie, di cui al vigente articolo 45 del codice di procedura penale, relativa al pregiudizio per la libertà di determinazione della persone che partecipano al processo ai fini della sua rimessione. Non condivide la proposta di sospendere la discussione parlamentare in attesa del pronunciamento della Corte costituzionale, in quanto si rischierebbe così di turbare la distinzione e la reciproca autonomia dei poteri dello Stato: in quel caso, ve ne sarebbe infatti uno al di sopra degli altri, in grado di condizionare addirittura quello legislativo. Il centrosinistra si è peraltro finora caratterizzato per il vuoto di proposte: benché l'opposizione affermi che i deputati della maggioranza sono asserviti agli interessi del proprio leader, il tono monocorde degli interventi dei deputati dell'opposizione indica come non vi siano idee e convincimenti personali. <br>Osserva come in questa aula si stia facendo un odioso processo non solo e non tanto al Presidente del Consiglio - in questo caso, sì, violando il principio costituzionale che attribuisce a ciascuno il giudice naturale, quanto ai cittadini «colpevoli» di aver votato per la Casa delle libertà nelle ultime elezioni, ai quali si commina come pena una sorta di «seduta psicoterapeutica» ininterrotta, con la quale si fa un continuo lavaggio del cervello. <br>Marco Boato (Misto-Verdi-U) giudica irrispettose ed offensive le ultime parole pronunciate dal deputato Mazzoni. <br>Erminia Mazzoni (UDC) precisa che non era questa la sua intenzione. <br>Richiamando, quindi, l'opinione espressa dal dottor Di Pietro sul dibattito in corso, sostiene l'opportunità che le opposizioni avanzino proposte concrete, se esistenti. Rivolge un appello alla relatrice, che, pur manifestando uno stato d'animo comprensibile, ha affermato che la maggioranza potrebbe «approvarsi da sola» la proposta di legge C. 3102, esprimendo l'auspicio di una collaborazione con le forze di opposizione per apportare eventuali miglioramenti al testo del provvedimento. <br>
    6:46 Durata: 17 min 37 sec
  • Donato Mosella (MARGH-U)

    Donato Renato Mosella (MARGH-U), sottolinea, preliminarmente, il grande senso di responsabilità dei deputati dell'opposizione che, nonostante le forzature regolamentari imposte alla discussione del provvedimento presso i due rami del Parlamento, stanno facendo fino in fondo il proprio dovere di parlamentari. <br>Nel richiamare l'enorme arretrato di processi pendenti, che hanno comportato numerose condanne all'Italia da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo, ritiene che il Parlamento abbia l'obbligo di lavorare per sanare le cause di tale situazione. Al riguardo, ricorda il fattivo e proficuo lavoro svolto nella precedente legislatura dalle Camere, che ha portato alla approvazione di provvedimenti per l'istituzione del giudice unico di primo grado, per l'inserimento dei principi del giusto processo nell'articolo 111 della Costituzione ed all'approvazione della legge n. 468 del 1999 che, tra l'altro, ha attribuito competenze penali al giudice di pace. Rispetto a tale impostazione, considera inaccettabile includere, come viene fatto dalla maggioranza e dal Governo in carica, la scarsa imparzialità dei giudici ed una deficitaria fiducia dei cittadini nei loro confronti, tra i problemi della giustizia italiana. Dalla lettura di alcuni sondaggi di opinione, emerge in tutta evidenza che i cittadini italiani hanno fiducia nella magistratura e che auspicano unicamente la certezza che il giudizio nei processi si concluda in tempi ragionevoli. Nel rilevare che la proposta di legge C. 3102 va esattamente nella direzione opposta alle aspirazioni espresse dai cittadini, sottolinea il fatto che la reintroduzione della norma sulla sospensione del processo già dichiarata incostituzionale dalla Suprema corte con la sentenza n. 353 del 1996 potrà causare la paralisi del processo penale, poiché, nel momento in cui la Cassazione respingerà una richiesta di trasferimento ad altra sede del processo per legittimo sospetto, l'imputato potrà reiterare all'infinito la richiesta di rimessione, con motivazioni sempre diverse. <br>Alla luce di tali considerazioni, risulta evidente che la proposta di legge C. 3102 offrirà valide scappatoie procedurali a chi intenderà attuare tattiche dilatorie dei processi e comporterà il rischio di erodere la fiducia dei cittadini sull'imparzialità dei giudici, favorendo, tra l'altro, anche la criminalità organizzata. Ricorda, per altro, che la questione del legittimo sospetto non risultava affatto tra le priorità fondanti del paese e del suo sistema giudiziario, indicate nel programma elettorale della Casa delle libertà e neppure tra gli interventi del ministro Castelli, che sottolineava invece la necessità di sfrondare il numero delle leggi e di semplificare le procedure, nonché l'esigenza di rispettare i contenuti dell'articolo 111 della Costituzione, laddove fa riferimento alla ragionevole durata del processo. <br>Rispetto alle preoccupazioni espresse dall'ispettore speciale delle Nazioni Unite sulle conseguenze che il provvedimento potrebbe avere per il sistema giudiziario italiano, sottolinea invece la forzatura che si sta operando con l'approvazione della «urgentissima» proposta di legge C. 3102, che non passerà inosservata dagli italiani. <br>
    7:03 Durata: 14 min 25 sec
  • Roberto Sciacca (DS-U)

    Roberto Sciacca (DS-U) osserva preliminarmente che le considerazioni espresse dal deputato Mazzoni evidenziano l'esistenza di un certo nervosismo tra le file della maggioranza e non possono, a suo avviso, essere rivolte alle forze di opposizione che, in modo molto coerente e approfondito, hanno argomentato sul piano tecnico e politico le ragioni che le hanno spinte a definire la proposta di legge sbagliata, dannosa e rivolta esclusivamente agli interessi di poche persone. <br>Nel rilevare che la proposta di legge in esame ha provocato l'indignazione dei cittadini italiani, richiama l'importante manifestazione che avrà luogo domani a Roma per protestare contro i vergognosi provvedimenti governativi in materia di giustizia. Ritiene che, chi fa attività politica, dovrebbe avere qualche attenzione rispetto alle opinioni espresse dalle associazioni e dalle realtà sociali che parteciperanno a quell'avvenimento. <br>Nel richiamare il frettoloso iter del provvedimento che ha caratterizzato il dibattito sul provvedimento presso i due rami del Parlamento, sottolinea come il Parlamento sia stato piegato, con arroganza, all'interesse esclusivo del Presidente del Consiglio. A conferma di ciò, richiama i contenuti dell'intervento svolto dal deputato Cicchitto, che ha riconosciuto, con estrema lucidità e serenità, che la proposta di legge C. 3102 ha la finalità di evitare la condanna di Berlusconi e Previti. Si tratta, quindi, di una legge ad personam, che ha spinto le forze di opposizione a protestare e a scendere in piazza e a ritenere ormai esaurita ogni residua speranza di confronto su tale tematica. Nel sottolineare il fatto che non vi è alcuna necessità di tale provvedimento, precisa che le forze di opposizione riterrebbero più opportuno svolgere una discussione sull'intero «pacchetto giustizia», sul quale si potrebbe, invece, attivare un confronto politico fra gli opposti schieramenti. Nel considerare la proposta di legge in esame anticostituzionale, ritiene che essa sia a favore dei più ricchi e dei più potenti e che non abbia nulla a che vedere con la necessaria riforma della giustizia. In conclusione, giudica surreale il dibattito in corso che si svolge in due Commissioni, presiedute, rispettivamente, dall'onorevole Pecorella, che è l'avvocato di Berlusconi, e dall'onorevole Bruno, che è collega dell'avvocato onorevole Previti; nonché alla presenza di un rappresentante del Governo, l'avvocato Santelli, che ha fatto pratica presso lo studio di Previti. <p>Donato Bruno, presidente, precisa che, svolgendo la professione di avvocato, è collega anche del professor Acquarone. <p>Roberto Sciacca (DS-U) precisa che intendeva soltanto evidenziare la singolarità della situazione richiamata per una istituzione democratica e parlamentare. Sottolinea lo stato di paralisi dei lavori parlamentari, che vede le due Camere impegnate esclusivamente ad affrontare delle «priorità» che coincidono sempre con l'esame di provvedimenti di legge costruiti su misura per Berlusconi e i suoi soci. Giudica vergognoso questo modo di procedere e si chiede quanto potrà durare il sostegno a questo Governo da parte di chi ha sensibilità istituzionale e crede nelle regole democratiche. <br>Nell'esprimere l'auspicio di una reazione positiva da parte di coloro i quali, nelle file della maggioranza, credono nelle istituzioni, annuncia un'opposizione generalizzata, in Parlamento e nel paese, delle forze politiche di centrosinistra. <br>
    7:18 Durata: 11 min 23 sec
  • Marco Rizzo (Misto-Com.it)

    Marco Rizzo (Misto-Com.it) sottolinea, preliminarmente, il carattere eccezionale dell'istituto della rimessione del processo che, insieme all'astensione ed alla ricusazione, mira a garantire l'imparzialità e l'indipendenza dei giudici, nonché l'inviolabilità dei diritti della difesa. Rileva quindi che la principale innovazione proposta dal provvedimento in esame riguarda l'articolo 45 del codice di procedura penale, reintroducendo in maniera esplicita il legittimo sospetto tra le cause di rimessione del processo. Nel giudicare assolutamente generica la formulazione prospettata, ritiene che essa rappresenti un vero e proprio passo indietro, in aperto contrasto con la Costituzione, perché lascia un ampio margine di discrezionalità alla Corte di cassazione, al limite della violazione del dettato degli articoli 25 e 111 della Costituzione stessa. <br>Dopo aver richiamato i numerosi elementi di incostituzionalità dei commi dell'articolo unico della proposta di legge C. 3102, si sofferma sulla nuova formulazione prevista dell'articolo 47 del codice di procedura penale, in base alla quale vengono previsti due tipi di sospensione del processo: in primo luogo, una sospensione facoltativa da parte del giudice di merito di fronte alla presentazione di una istanza di rimessione; in secondo luogo, una sospensione obbligatoria ordinata dal giudice prima dello svolgimento delle conclusioni e della discussione finale. <br>Appare evidente che in tal modo si inibisce il giudice rispetto alla possibilità di pronunciare sia il decreto che dispone il giudizio, in sede di udienza preliminare, sia la sentenza prima dell'ordinanza di inammissibilità o rigetto dell'istanza di rimessione, prevista anche dal testo vigente. <br>Rileva, quindi, che la proposta di legge C. 3102 prevede anche che la sospensione del processo sospenda anche il decorso della prescrizione della pena, senza per altro stabilire quando questo debba riprendere, lasciando dunque spazio a dubbi interpretativi. Giudica estremamente pericolosa la nuova formulazione dell'articolo 47 del codice di procedura penale nei casi di imputati detenuti, come nei maxiprocessi, che a turno potranno presentare le istanze con il pericolo che la presentazione di istanze di rimessione a catena farà scarcerare numerosi detenuti per mafia. <br>Sottolinea inoltre la gravità del testo del comma 6 dell'articolo unico della proposta di legge in esame, con il quale si prevede l'applicabilità della presente legge ai processi in corso: tale norma è a suo avviso in aperto contrasto con l'articolo 25 della Costituzione, che fa riferimento al giudice naturale precostituito per legge, principio oggi rafforzato anche dall'articolo 111 della stessa Costituzione. <br>Ritiene che, con l'approvazione della proposta di legge in esame, si stia compiendo un errore grave nei confronti della giustizia italiana; si tratta, infatti, di una proposta che si inserisce in un contesto che vede un sistema carcerario che versa in situazione di difficoltà e numerose pressioni esercitate dalla criminalità organizzata per l'attenuazione delle pene, a partire dall'articolo 41-bis. <br>Dal punto di vista politico, giudica inaccettabile il fatto che, ogniqualvolta si presenta un problema per il Presidente del Consiglio e per alcune persone a lui legate, si ricorra ad una legge per risolverlo, come nei casi del falso in bilancio e delle rogatorie internazionali. Nella stessa direzione, si inserisce, a suo avviso, la proposta di legge in esame, che reintroduce il legittimo sospetto tra le cause di rimessione del processo, evitando in tal modo la sua prosecuzione.<br>Alla luce di tali considerazioni, ribadisce la più ferma ed intransigente opposizione del suo gruppo alla proposta di legge in esame, che porterà alla distruzione del «sistema giustizia» italiano e che metterà in discussione il principio fondamentale dell'uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge ed il diritto del cittadino di essere sottoposto al giudizio del giudice naturale precostituito per legge. <br>Sottolinea conclusivamente la rilevanza della manifestazione che avrà luogo nella giornata di domani, con la quale si esprimerà tutta l'indignazione popolare rispetto all'uso politico della legislazione, per modificare la giustizia nel nostro paese, da parte del Governo Berlusconi. <br>
    7:29 Durata: 11 min 37 sec
  • Franca Bimbi (MARGH-U)

    Franca Bimbi (MARGH-U) come cittadina e parlamentare, esprime il proprio disagio rispetto al significato politico della proposta di legge C. 3102, alle forzature delle procedure regolamentari per la sua discussione, nonché alle conseguenze negative che la sua approvazione e la sua applicazione potranno comportare per la fiducia dei cittadini nelle istituzioni. <br>Ritiene che tra le priorità di un Governo vi dovrebbe essere in particolare quella di garantire la qualità della vita dei propri cittadini. In tale ottica, ritiene che il Governo dovrebbe sentire l'obbligo morale di definire un'agenda politica seria in materia di giustizia che assicuri la lotta alla criminalità organizzata, l'accesso al giudice naturale in condizioni di pari opportunità per tutti, una ragionevole durata dei procedimenti, la certezza della pena e il rispetto dei diritti di coloro i quali sono sottoposti alle pene, secondo l'obiettivo del recupero dei detenuti alla vita civile. In luogo di tali priorità, il Governo avanza, a suon di proclami pubblicitari, una serie di provvedimenti che non migliorano la vita dei cittadini e restano semplici annunci. <br>Entrando nel merito della proposta di legge C. 3102, rileva prioritariamente che essa servirà soltanto a qualche imputato eccellente, come le leggi sulle rogatorie e sul falso in bilancio. Nel rilevare inoltre l'estrema genericità della definizione di legittimo sospetto, osserva che essa garantirà la possibilità concreta di manipolare il normale corso dei processi di fronte al giudice naturale da parte di imputati «forti», dal punto di vista economico e politico, a discapito di quelli «deboli», vale a dire dei comuni cittadini. Ritiene che nelle democrazie si dovrebbe poter misurare l'effettività del principio di uguaglianza dalla capacità di fornire al principio dell'imparzialità contenuti coerenti, con la definizione dei diritti umani inerenti al giusto processo e con l'efficacia della giustizia rispetto alla vittima di un reato. <br>Ricorda l'ampia letteratura sugli esiti differenziati dei processi a seconda del genere dei comparenti, del colore della pelle, dello status sociale, e il dibattito delle scienze sociali sulla criminalità dei «colletti bianchi», da cui risulta che chi definisce ed applica le regole è normalmente più indulgente con le trasgressioni del proprio ambiente sociale. La parzialità verso i reati dei «colletti bianchi» è quella che produce più tolleranza verso la corruzione del senso civico anche nei ceti che hanno responsabilità sociali elevate; non a caso, l'ethos tradizionale di questi stessi ceti produce fenomeni di giustizialismo, che, pur costituendo reazioni di supplenza politica e morale, tuttavia non solo contengono reali pericoli per l'imparzialità, ma soprattutto non retroagiscono da soli sulla ricostituzione del senso civico e dei rapporti istituzionali corretti tra politica, magistratura e opinione pubblica. <br>Osserva poi che con il ritorno ad una generico legittimo sospetto e con la possibilità di rimessioni a catena non sarà possibile colmare il vuoto che si è determinato. Non è un caso che il legislatore delegato, a suo tempo, abbia evitato l'espressione legittimo sospetto a favore di un riferimento più circostanziato ai rischi per la libertà di determinazione, evitando anche il rinvio a criteri analoghi a quello della ragionevole probabilità della pregiudizio. <br>Considera interessante, anche se di difficile applicazione, quest'ultimo criterio perché riconosce la parzialità che può derivare da stereotipi sociali diffusi versus gruppi sociali deboli. Ritiene tuttavia più opportuna la scelta operata dall'attuale legislazione che fa riferimento ad una pregiudizio di tipo effettivo, quanto più possibile delimitato a priori, costituito dai rischi reali di limitazione della libertà di determinazione: questa resta la via maestra per mettere il giudice al riparo da pressioni indebite e su questa strada ritiene si possa trovare un dialogo tra maggioranza ed opposizione. a, riscontra nell'attuale maggioranza la mancanza della consapevolezza del vulnus che la proposta di legge Cirami verrebbe a creare nel rapporto fra cittadini e istituzioni, con il ritorno ad una definizione tanto generica di legittimo sospetto. L'idea diffusa che ne deriverebbe, di un giudizio più discrezionale e più a rischio di parzialità, finirebbe per creare nei cittadini un sospetto strutturale verso la legge ed il giudice, come se tutta la giustizia fosse realmente ad personam o dipendente dallo status dell'imputato. In conclusione, reputa che la maggioranza attuale dovrebbe rendersi conto che sul piatto della bilancia c'è una norma ad hoc che rischia di far precipitare la fiducia dei cittadini nell'imparzialità della legge, mentre sull'altro vi è un conflitto con la Corte costituzionale, la delegittimazione di una dialettica sostanziale tra maggioranza e opposizione, il turbamento dell'opinione pubblica più consapevole. <br>
    7:41 Durata: 15 min 50 sec
  • Francesco Tolotti (DS-U)

    Francesco Tolotti (DS-U) invita a riflettere sull'affermazione, ripresa anche dalla relatrice Bertolini, secondo la quale l'obiettivo della proposta di legge Cirami sarebbe quello di colmare un vuoto normativo per quanto riguarda l'articolo 45 del codice di procedura penale che non avrebbe tenuto conto di una precisa direttiva della legge delega che contemplava il legittimo sospetto tra le cause di rimessione; per questo l'articolo 45 potrebbe essere passibile di incostituzionalità. Osserva poi che la questione sollevata dalle sezioni riunite della Cassazione è tutt'affatto scontata, posto che si è in attesa del pronunciamento della Consulta. <br>Riconosce che l'articolo 45 del codice di procedura penale non contiene la formulazione di legittimo sospetto, ma ritiene non si possa sostenere che la fattispecie sia stata trascurata e omessa, posto che essa è stata tradotta nell'ipotesi che la libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo sia pregiudicata da gravi situazioni locali tali da turbare lo svolgimento del processo stesso. <br>Ritiene pertanto si sia in presenza non di una incostituzionale omissione, ma piuttosto di una specificazione del presupposto che la delega enunciava, così da renderlo più oggettivo e verificabile. Evidenzia, in proposito, come il problema dell'oggettività e della verificabilità risulti anche dalla citata ordinanza n. 50 del 1963 della Corte costituzionale, laddove si sottolinea che lo spostamento della competenza per territorio dipende necessariamente dall'accertamento obbiettivo dei fatti ipotizzati. Pertanto, osserva che potrebbero essere in gioco non l'incostituzionalità del dispositivo dell'articolo 45, ma semmai un'attuazione circoscritta e restrittiva della delega, ciò che attiene alla responsabilità politica del Governo nei confronti del Parlamento. E il circoscrivere e rendere più oggettive e verificabili le fattispecie di rimessione non può essere considerato solo come l'esercizio di una cautela politicamente orientata, posto che risponde invece ad una esigenza costituzionalmente fondata, quella cioè di considerare il trasferimento del processo ad altra sede come un rimedio eccezionale, in quanto deroga al principio costituzionale secondo cui nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge. <br>Ritiene pertanto susciti perplessità ed obiezioni più rilevanti dal punto di vista costituzionale la norma che con la proposta di legge Cirami, peraltro stravolta durante l'esame al Senato, si vuole introdurre e non l'attuale formulazione dell'articolo 45. Ricorda, in proposito, l'iter del provvedimento al Senato, caratterizzato da forzature ed accelerazioni per le quali è arduo trovare giustificazione e fondatezza; i colpi di mano emendativi hanno invelenito il clima aumentando le contrapposizioni che hanno trovato vasta eco anche nelle iniziative spontanee di protesta che si sono verificate nel paese. <br>Considera più equilibrata, rispetto a quella assunta dal presidente del Senato nella gestione della vicenda, la scelta del Presidente Casini, con la volontà, più volte ribadita, di far riferimento alla politica piuttosto che alla forza dei numeri, con ciò contribuendo ad impostare diversamente l'iter di discussione del provvedimento alla Camera. Dà anche atto ad alcuni esponenti della maggioranza di aver lasciato intuire una qualche disponibilità a modificare gli aspetti della proposta di legge che l'opposizione considera più negativi, soprattutto alla luce del fatto che sembrano essere scritti a vantaggio di situazioni ben individuabili. Ricorda altresì le sollecitazioni, in un ottica di moral suasion, da parte della massima Autorità dello Stato e le proposte sospensive e di mediazione da parte del professor Conso.<br>Ritiene tuttavia che le modalità adottate dai presidenti delle Commissioni per quanto riguarda le convocazioni e i tempi di intervento rischino di reintrodurre dalla finestra quella procedura d'urgenza che era stata fatta uscire dalla porta con la decisione del Presidente della Camera. <br>Lamenta il fatto che sembrino prevalere le posizioni di coloro che considerano la proposta di legge Cirami come l'occasione per mortificare l'opposizione e l'intero Parlamento, auspicando una conclusione rapida per un procedimento blindato, con l'intenzione di porre la Consulta di fronte al fatto compiuto e di interferire pesantemente con i procedimenti in corso a Milano. <br>Sottolinea che il vero sospetto è quello sulle reali intenzioni della maggioranza relativamente all'urgenza e alla priorità che essa assegna a questo provvedimento, sospetto che si rafforza in considerazione delle reali priorità che il paese deve affrontare. Ritiene difficile evitare il sospetto che la proposta di legge Cirami si inserisca in una azione concertata mirante a stravolgere totalmente il sistema della giustizia penale. <br>Considera difficile credere che si tratti di un provvedimento non centrato sui singoli ma erga omnes, a fronte degli importanti ruoli istituzionali svolti dai difensori di alcuni imputati eccellenti, autorevoli esponenti del Parlamento. Evidenzia in proposito come la figura dell'»avvocato politico» abbia riflessi negativi su molti versanti, dovendosi invece tenere distinti l'ambito dell'impegno politico e l'ambito dell'impegno professionale. <br>Intende dunque sottolineare che, in una fase delicatissima dal punto di vista economico, sociale e politico, il paese avrebbe bisogno non di una sorta di guerriglia tra i diversi poteri dello Stato, ma piuttosto della riconquista di un adeguato livello di normalità giuridico-istituzionale. <br>Ritiene infine opportuno che su una materia tanto delicata la maggioranza allarghi gli esili spiragli di disponibilità ad un confronto di merito, che non può prescindere dalle questioni relative alla sospensione dei processi e all'applicazione della legge ai procedimenti in corso. Considera questo un modo concreto per dimostrare che la proposta di legge non è strumento per la soluzione dei problemi giudiziari di Berlusconi, ma si propone di garantire realmente il diritto di tutti i cittadini ad essere giudicati da un giudice imparziale. In conclusione, dichiara che, in assenza di concreti segnali di apertura ad un confronto serio, pacato ed approfondito, il centrosinistra contrasterà radicalmente la proposta di legge Cirami, che scredita l'Italia agli occhi dell'Europa. Auspica che la sensibilità istituzionale e l'attenzione per il bene comune facciano breccia nell'oltranzismo dell'attuale maggioranza. <br>
    7:57 Durata: 16 min 20 sec
  • Roberta Pinotti (DS-U)

    Roberta PINOTTI (DS-U), premesso che sulla proposta di legge Cirami si sarebbe potuto procedere senza prove di forza, civilmente e senza forzare i tempi, sottolinea che l'opposizione al legittimo sospetto non è data dal fatto che il centrosinistra vuole condannare a tutti i costi il Presidente Berlusconi; semmai, il legittimo sospetto è che la maggioranza non voglia far giudicare Berlusconi e Previti. Evidenzia come finora il tema della giustizia abbia colpito pochi addetti e pochi indignati, ma non le masse, posto che era sfumato per i non addetti ai lavori il nesso fra provvedimenti ed utilità particolari degli stessi; osserva tuttavia che con i tre articoli della proposta di legge Cirami la maggioranza è riuscita a fare della giustizia un tema di grandi passioni civili. <br>A chi sostiene che con le attuali manifestazioni la sinistra si autoesclude dal Governo per i prossimi 15 anni, risponde che la sinistra non è estremista, ma è ferma su alcuni valori basilari. Posto che il ruolo del Parlamento è quello di approvare le leggi, riconosce anche la necessità per ciascuna parte politica di portare avanti il programma elettorale: tuttavia, non ricorda che nel programma della Casa delle libertà vi fosse il bisogno di «correre» sul problema del legittimo sospetto. Ritiene che la maggioranza non possa governare perdendo credibilità e fiducia di fronte ad una larga parte di cittadini. Chi vince le elezioni e va a governare lo fa per lo sviluppo del paese nel suo complesso. <br>Posto che la maggioranza ritiene di dover colmare un vuoto normativo con la proposta di legge Cirami, non comprende come mai non accetti la proposta del professor Conso di sospendere l'iter della legge in attesa della pronuncia della Corte costituzionale: ritiene che in nessun paese civile, in pendenza di un giudizio della Suprema corte, si possa tentare di legiferare frettolosamente per controbilanciare un eventuale pronunciamento negativo, per di più con una norma anticostituzionale e in esplicito contrasto con la sentenza del 1996. <br>Ricorda che le priorità della giustizia riguardano la lentezza dei processi e la drammatica situazione delle carceri, mentre le priorità della maggioranza portano ad uno stravolgimento delle funzioni della giustizia come presupposto della condizione di libertà dei cittadini. <br>Considera il concetto di legittimo sospetto proposto dal provvedimento Cirami assai generico, poiché affida alla discrezionalità della Corte di cassazione l'indicazione del giudice competente, mentre l'attuale codice contiene una formulazione più chiara che rende controllabile il presupposto. Che questa traduzione sia corretta è un dubbio espresso dai legali di Berlusconi e Previti e che le sezioni riunite della Cassazione hanno sottoposto alla Corte costituzionale, che si pronuncerà il 22 ottobre prossimo: ritiene pertanto che l'urgenza sia dettata dal tentativo di evitare il rischio che la Suprema corte si pronunci in senso sfavorevole agli imputati, escludendo l'incostituzionalità denunciata. Considera pertanto valido il sospetto di una ennesima manovra per impedire la celebrazione dei dibattimenti di Milano, trasformando in legge le eccezioni dei difensori respinte dai tribunali. <br>Ritiene altresì inutili ulteriori argomentazioni a fronte di una scelta politica e non tecnica già operata. L'opposizione avrebbe voluto un dialogo serio e approfondito sulle motivazioni che spingono la maggioranza ad approvare la proposta di legge prima che si chiuda il processo e che si pronunci la Corte costituzionale. <br>In conclusione, denuncia l'atto di arroganza dedito ad interessi particolari di Berlusconi e Previti, che nulla hanno a che vedere con gli interessi della generalità dei cittadini. Ritiene impossibile trovare mediazioni sul testo in esame sul quale esprime, anche a nome di tanti altri colleghi, la totale contrarietà. <br>
    8:13 Durata: 12 min 28 sec
  • Katia Zanotti (DS-U)

    Katia Zanotti (DS-U) ricorda preliminarmente di aver recentemente partecipato ad una visita al carcere di Bologna in occasione della protesta nazionale dei detenuti, volta a denunciare il degrado delle carceri, in presenza di un'intollerabile e diffusa disattenzione sulla situazione penitenziaria. Giudica quindi in termini di sciagurata irresponsabilità le affermazioni del ministro Castelli in ordine al presunto incitamento alla rivolta nelle carceri che verrebbe dall'opposizione. Rileva che, attraversando i corridoi di un carcere si avverte il senso della concezione classista della giustizia che ha la maggioranza, che rende ancora più incongruo il dispendio di energie profuso per giungere all'approvazione del provvedimento in esame, che dovrebbe essere ritirato. <br>Ritiene non si possa affermare che tutto ciò che un Governo ed una maggioranza decidono legittimamente, cioè secondo le regole, sia di per sé legale, in quanto la democrazia e la giustizia, oltre che brutalmente soppresse dall'esterno, possono essere limitate, snaturate ed in pratica rese inoperanti anche mediante metodi democratici. Infatti la maggioranza di centrodestra ha frequentemente utilizzato meccanismi democratici per un'azione che potrebbe tecnicamente definirsi eversiva dell'ordinamento giuridico esistente, facendo sì che le leggi, da generali ed astratte, valide per tutta la comunità, diventassero particolari e specifiche, tese a garantire o punire singoli o gruppi. <br>Sembra peraltro che la maggioranza abbia intenzione di proseguire sul cammino della demolizione del quadro costituzionale.<br>Si sofferma quindi sui molteplici motivi di ordine giuridico che impongono la non approvazione del disegno di legge in esame, tra i quali in particolare la necessità di attendere il pronunciamento della Corte costituzionale dopo che la Corte di cassazione ha sollevato un dubbio sulla legittimità dell'articolo 45 del codice di procedura penale, che non prevede espressamente il legittimo sospetto come causa di trasferimento del processo altra sede. Molti autorevoli giuristi hanno sostenuto la correttezza costituzionale di tale articolo, ritenendo la soluzione adottata la più adeguata a conciliare da un lato l'esigenza di precostituzione legale del giudice e dall'altro quella ad essere giudicati in non contesto territoriale nel quale la funzione giurisdizionale penale si possa svolgere senza condizionamenti negativi. Del resto, in un mondo globalizzato nel quale i mezzi di comunicazione di massa giungono ai luoghi più remoti del paese, in un contesto territoriale dove esiste una fortissima ragnatela di relazioni tra le città, l'istituto costituisce una garanzia del tutto residuale di una corretta amministrazione della giustizia, se non con riferimento a possibili episodi che incidono sulla sicurezza e sulla libertà dei protagonisti del processo. La garanzia di imparzialità del giudice attiene infatti in primo luogo pressoché esclusivamente al giudice come persona fisica e non a caso su questo terreno sono intervenuti in questi anni il legislatore, ma anche la Corte costituzionale, per allargare i casi di incompatibilità e di ricusazione. <br>Pertanto reintrodurre la vecchia, generica ed indeterminata formulazione del legittimo sospetto per giustificare lo spostamento di un processo ad altra sede si presenta come una soluzione irragionevole, smaccatamente strumentale ed in questo senso sospetta essa stessa di incostituzionalità.<br>Rileva che, se venisse revocato in giudizio il principio dell'imparzialità dei giudici, sortirebbe un effetto dirompente catena, potendosi revocare in giudizio da parte di chiunque qualsiasi principio di imparzialità istituzionale, da quella del Presidente della Repubblica fino a quella di qualunque categoria di cittadini. Si stupisce che a favore di questa estrema ed abnorme personalizzazione e soggettivizzazione del diritto si schierino, non solo i componenti di un certo partito-azienda, ma anche gli esponenti di una tradizione politico-culturale che ha sempre privilegiato l'autorità e la dignità dello Stato e quelli di un'esperienza politico-culturale di stampo liberale democratico che ha le sue radici nella Costituzione. <br>Proprio per difendere l'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e per non tornare ad epoche nelle quali l'unica legge conosciuta era quella del più forte, domani tanti cittadini scenderanno in piazza per fermare il pericoloso processo disfacimento della democrazia che la maggioranza sta mettendo in atto. <br>
    8:25 Durata: 10 min 55 sec
  • Giuseppe Lumia (DS-U)

    Giuseppe Lumia (DS-U), evidenziati i limiti dei sistemi politici, che alimentano logiche e vizi autoreferenziali dei ceti politici che governano i sistemi stessi, osserva che le democrazie hanno sempre cercato di contemperare ed anche di superare tali limiti, essendo in grado di immettere nei sistemi politici una dimensione aperta: divisione dei poteri, autonomia della società civile e libera stampa. <br>Evidenziato che in Italia la democrazia non ha saputo utilizzare al meglio il ruolo dei partiti, che sono entrati in crisi posto che la politica non ha saputo dare il meglio di sé, osserva che attualmente si è di fronte ad un ceto politico che, piuttosto che migliorare i meccanismi della democrazia ed esercitare le virtù da essa elaborate, tenta di ripercorrere le vecchie strade. E ritiene che con la proposta di legge in esame si vadano svelando i limiti del ceto politico italiano che considera prioritaria non la riforma dell'ordinamento giudiziario, sulla quale sarebbe opportuno aprire una riflessione con l'opposizione, ma una serie di provvedimenti volti esclusivamente ad annullare i processi di Milano. <br>Lamenta poi il fatto che la maggioranza stia riproducendo un ceto politico che rischia di legittimarsi non per la capacità progettuale di rappresentare valori ed interessi del centrodestra, ma per la capacità di proteggere quel ceto politico fatto dal Presidente del Consiglio e da alcuni esponenti politici che ruotano storicamente attorno a lui.<br>Posto che in Sicilia la maggioranza ha ottenuto il consenso attorno ad obiettivi molto ambiziosi, rileva che oggi il premio offerto al ceto politico siciliano non è quello di saper individuare le soluzioni di Governo alle aspettative create, ma è quello di concorrere a trovare la soluzione non per riformare l'ordinamento della giustizia ma per tener fuori l'antico sistema delle garanzie dalla possibilità di avviare e concludere i processi di Milano. <br>Ritiene che l'opinione pubblica, che ha espresso consenso nei confronti dell'attuale Governo, cominci ad avvertire che la maggioranza sta proponendo un sistema scarso nell'economia, debole nelle istituzioni, incapace di affrontare le questioni in campo internazionale, ma in grado di trovare unità solo sui temi che ad essa interessano. <br>In merito ai limiti del sistema giudiziario, rileva l'incapacità della maggioranza di sfruttare l'opportunità fornita dal centrosinistra dell'ampliamento degli organici che, sulla base delle dichiarazioni del ministro Castelli, slitterà al 2003. <br>Respinge poi l'accusa mossa all'opposizione di fomentare le carceri, ricordando che il centrosinistra si è fatto carico di un principio della legalità che crea spesso incomprensioni e fa perdere anche consenso. Fa presente che attualmente è la maggioranza ad essere valutata dai detenuti per le promesse fatte e non mantenute e la stessa proposta di legge in esame non fa altro che aumentare le disillusioni. Ritiene pertanto doveroso da parte del Governo dimostrare al paese di governare legittimamente per servire il bene comune. <br>Nel rilevare come all'interno del centrodestra il nodo strutturale intorno al quale ruotano tutte le questioni sia rappresentato dall'esigenza di concludere celermente l'iter del provvedimento per consentire l'interruzione del processo in corso a Milano, considera false e retoriche le questioni poste dalla maggioranza, dal momento che i punti di contatto che si vanno ricercando non possono sacrificare i principi fondamentali della democrazia, secondo i quali una legge deve essere generale ed astratta, non può cambiare le regole mentre il gioco è in corso, non può ledere l'autonomia e l'indipendenza della magistratura. <br>Osserva che il legittimo sospetto non presenta differenze sostanziali rispetto alla legittima suspicione, trattandosi della volontà dell'imputato di sottrarsi al giudice naturale, predeterminato e definito per legge. Si sofferma, in proposito, sulle vicende processuali relative a tre gravissimi fatti di mafia, conclusesi con sentenze che incisero sulla storia dell'organizzazione mafiosa: la strage del 1947 a Portella della Ginestra (il primo grande processo spostato per legittima suspicione dalla sede naturale ad un'altra), lo scoppio di una bomba a Ciaculli, un quartiere di Palermo, nel giugno 1963, che provocò otto morti, l'assoluzione, nel giugno 1969, di Luciano Liggio e di altri imputati dalle accuse di associazione a delinquere ed omicidio. Le tre vicende giudiziarie ricordate si conclusero con l'assoluzione degli imputati in quanto le corti chiamate a giudicare, distanti dal contesto storico ed ambientale nel quale i fatti si erano verificati, non colsero la dinamica reale dell'agire mafioso. <br>Nel sottolineare come oggi ci si debba confrontare sul tema della presenza della mafia e dei suoi obiettivi, osserva che mentre gli esponenti mafiosi che agiscono fuori delle carceri godono di ottima salute e possono ritenersi favoriti dall'applicazione di leggi come quelle sul falso in bilancio o sulle rogatorie internazionali, i mafiosi che si trovano in carcere chiedono altro, intendono scrollarsi di dosso le condanne, quindi hanno il problema dell'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario e della revisione del processo: le disposizioni sul legittimo sospetto potrebbero creare un collante tra le due mafie. In definitiva, si sta creando una sorta di doppio binario rovesciato, mentre occorrerebbe invece riflettere su un sistema di doppio binario coerente, in grado di individuare mafia, terrorismo e corruzione come alcuni tra i problemi più gravi della nostra democrazia. <br>
    8:36 Durata: 29 min 32 sec
  • Pietro Tidei (DS-U)

    Pietro Tidei (DS-U) esprime innanzitutto sconcerto per alcune affermazioni del deputato Mazzoni, le quali, sia per l'assurdità concettuale sia per l'eccessiva sicurezza, non sembrano aver reso un buon servizio né alla corretta informazione né, soprattutto, al buon funzionamento delle istituzioni. Nel richiamare dunque tali affermazioni, secondo cui l'opposizione vorrebbe trasformare il Parlamento in un tribunale per processare il Presidente del Consiglio, del quale sarebbe stata già scritta la sentenza di condanna, osserva che la verità è esattamente opposta, in quanto è proprio la maggioranza che con la proposta di legge in esame non intende far celebrare il processo nel quale il Presidente Berlusconi è imputato e a seguito del quale la stessa maggioranza teme una probabile condanna. Il tentativo quindi è quello di sottrarre l'imputato eccellente dal suo giudice naturale. L'opposizione, da molto tempo, difende la certezza del diritto, l'imparzialità ed il corretto funzionamento della giustizia, l'autonomia della magistratura e, soprattutto, difende le istituzioni democratiche dall'arrembaggio e dall'arroganza della maggioranza. Ne è palese dimostrazione il metodo seguito dalla maggioranza, che ha imposto tappe forzate per l'esame del provvedimento, accendendo così un clima di forte scontro. <br>Aggiunge che chi presiede i lavori delle Commissioni riunite si è assunto la grave responsabilità di questa «dichiarazione di guerra» condotta a tappe forzate, la cui arbitrarietà è tanto più esplicita proprio perché si era convenuto che la proposta di legge Cirami non venisse sottoposta alla procedura d'urgenza. Di fronte a questa violazione del regolamento e dei diritti e delle prerogative della minoranza, annuncia un'opposizione più intransigente in Parlamento e nel paese, a cominciare dalla manifestazione prevista per la giornata di domani. <br>Quanto ai contenuti della proposta di legge Cirami, nel richiamarsi alle considerazioni già espresse dal deputato Violante, osserva che il vero nodo dello scontro è rappresentato dalla prevista sospensione automatica dei processi in corso, in particolare quelli in cui sono implicati il Presidente del Consiglio e alcuni suoi fedeli servitori. Allo scopo di conseguire tale obiettivo, che nulla ha a che vedere con un sistema giuridico sano, si tenta di umiliare il Parlamento utilizzandolo per fini processuali individuali. <br>Manifesta pertanto ferma contrarietà a quella che è stata definita una legge fotografia, ritagliata su misura per sottrarre dal processo in atto il Presidente del Consiglio, il quale per primo avrebbe dovuto chiedere la sospensione dell'iter o comunque significative modifiche del provvedimento. Sottolinea altresì come la proposta di legge Cirami vada esattamente nella direzione opposta rispetto alle esigenze, più volte prospettate dal ministro Castelli e da altri esponenti della Casa delle libertà, di riformare il sistema giudiziario e di rispettare l'impegno elettorale. Considera profondamente iniquo sovvertire le regole vigenti per avvantaggiare un leader politico e si chiede quanti altri imputati di reati gravissimi potranno avvalersi del varco così inaspettatamente aperto. <br>Mentre l'articolo 45 vigente del codice di procedura penale, lungi dal cancellare il legittimo sospetto, si limita a definirlo secondo il dettato dell'articolo 45 della Costituzione, la proposta di legge Cirami si propone di smantellare questa architettura costituzionalmente corretta, lasciando nella legge un territorio fluido di competenze variabili, arrivando alla possibilità di sospendere o trasferire i processi solo sulla base di presunte turbative. Ci si trova dunque in presenza di un attacco al corretto funzionamento delle istituzioni democratiche, alla Costituzione, alla giustizia, al principio di eguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge. <br>Con riferimento alle osservazioni di chi sostiene che il processo di Milano è inquinato da pregiudizi e preclusioni verso gli imputati e gestito dalle «toghe rosse» (espressioni con cui si tenta di screditare i giudici e di inficiare la correttezza processuale), osserva che se così fosse non vi sarebbe bisogno di reintrodurre il principio della rimessione del processo per legittimo sospetto, quando per liberarsi di un giudice considerato «compromesso» da ragioni ambientali basterebbe ricorrere all'istituto della ricusazione. I fatti dimostrano tuttavia che la ricusazione esperita in più circostanze è stata costantemente respinta. <br>Dopo aver richiamato taluni difficili processi del dopoguerra, quali quelli relativi alla strage del Vajont, alle schedature Fiat, alla strage di piazza Fontana, tutti trasferiti da una sede ad un'altra, osserva come il nostro paese sia attualmente impegnato nella costruzione di Europol e Eurojust, cioè nell'omogeneizzazione dei sistemi giudiziari europei, e soprattutto nella creazione di un'unica polizia internazionale; si chiede pertanto con quale credibilità il nostro paese possa assolvere a tale impegno nel momento in cui il suo Parlamento tenta di sottrarre al giudice naturale il Capo del Governo. <br>Conclude, osservando come non possa essere accettato l'uso privatistico della funzione legislativa e come debba essere ricondotta alla sola maggioranza la responsabilità di aver spaccato il paese. <br>
    9:06 Durata: 14 min 7 sec
  • Silvana Pisa (DS-U)

    Silvana Pisa (DS-U), nell'esprimere forti riserve sulle modalità di svolgimento dei lavori che hanno costretto a estenuanti sedute senza che il provvedimento in esame rientrasse nelle urgenze e nelle priorità del paese, osserva tuttavia che ciò ha consentito a molti deputati dell'opposizione che non appartengono alle Commissioni affari costituzionali e giustizia di intervenire nel merito della proposta di legge Cirami, esprimendo la propria contrarietà e indignazione in concomitanza con la grande manifestazione prevista per la giornata di domani a Roma. <br>Nel corso dei molteplici interventi, il cui contenuto è stato puntuale e nel merito, è stato evidenziato in particolare il sospetto che la normativa proposta porti ad una sorta di «giudice su misura», ledendo il principio fondamentale dell'uguaglianza e quello del giudice naturale. <br>Sarebbe stato opportuno non estendere la normativa in esame ai processi in corso, ma comprende che in tal caso la normativa non sarebbe servita allo scopo politico per cui è stata prevista: salvaguardare gli interessi del deputato Previti e del Presidente del Consiglio. <br>Nutre un senso di profonda umiliazione, prima ancora che come deputato al Parlamento, come cittadina di un paese che ha di fronte a sé ben altre urgenze, come l'intervento degli Stati Uniti in Iraq, il deficit economico, i problemi del mondo del lavoro, della sanità, della scuola e del Mezzogiorno. Anche nel settore della giustizia sarebbe opportuno intervenire, ma affrontando problemi di portata generale come quello riguardante l'esigenza di garantire tempi brevi e certi per rendere effettivo il giusto processo, mentre, al di là delle assicurazioni del sottosegretario Mantovano, già si profila all'orizzonte la proposta di legge Pittelli, la cui portata di interesse generale è difficilmente dimostrabile. <br>In tema di legittimo sospetto, ritiene non sia a lungo rinviabile la regolamentazione della collocazione in aspettativa dei parlamentari avvocati, proprio per evitare il sospetto che qualcuno possa essere coinvolto nelle vicende di cui si discute in Parlamento. <br>Di fronte a proposte di legge come quella Cirami, ritiene necessario invocare i principi fondamentali dell'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e del rispetto dello Stato di diritto. È infatti evidente che per la gran parte degli imputati non sarà agevole richiedere la rimessione del processo per legittimo sospetto. Per altro verso, il giudizio imparziale è già garantito dall'articolo 37 del codice di procedura penale, che prevede la possibilità di ricusare un giudice qualora sia dimostrato il pregiudizio verso l'accusato, nonché dalla formulazione dell'articolo 45 del nuovo codice di procedura penale, che prevede la possibilità di spostare il processo ad altra sede quando sia pregiudicata la sicurezza, l'incolumità pubblica o la libertà di determinazione delle persone. <br>Ritiene poi non corretto che il Parlamento legiferi su una materia ogni qualvolta sullo stesso argomento sia stata investita la Corte costituzionale, senza aspettare la pronuncia dell'organo stesso e le ragioni delle motivazioni. L'affermazione secondo cui il Parlamento è il massimo organo sovrano mina a suo avviso la base dell'ordinamento fondato sulla Costituzione e sulla divisione dei poteri. <br>Con riferimento alla formulazione del terzo comma dell'articolo 47 del codice di procedura penale contenuta nella proposta di legge Cirami, si chiede se la proposizione dell'istanza di rimessione da parte di uno degli imputati - nel caso in cui si tratti di una pluralità di soggetti come accade, per esempio, nei processi di mafia - sospenda i termini della carcerazione cautelare solamente per l'imputato che presenta l'istanza. Da ciò deriverebbe, infatti, che durante la sospensione del processo il termine continuerebbe a decorrere per tutti gli altri imputati con il grave rischio che molti verrebbero rimessi in libertà per decorrenza dei termini. Inoltre, la possibilità di reiterare l'istanza non accolta all'interno del medesimo giudizio consentirebbe a molti criminali di «impantanare» i processi in assoluta violazione del disposto dell'articolo 111 della Costituzione sulla ragionevole durata del processo. <br>Invita conclusivamente la maggioranza a ritirare la proposta di legge Cirami in quanto improntata ad una visione privatistica della giustizia, preannunciando in caso contrario un'opposizione intransigente con l'obiettivo di rafforzare nel paese la consapevolezza del reale significato del provvedimento in esame. <br>
    9:20 Durata: 10 min 17 sec
  • Piero Ruzzante (DS-U)

    Piero Ruzzante (DS-U) ritiene che i colleghi dell'opposizione, pur se nell'ambito di un contingentamento di fatto dei tempi di discussione, abbiano dimostrato, con la qualità dei loro interventi, capacità e disponibilità all'interlocuzione, senza ricorrere ad alcun atteggiamento ostruzionistico. <br>Non appare dunque comprensibile l'accelerazione dell'iter imposta al Senato e in parte riproposta nelle Commissioni riunite della Camera. Peraltro, della non volontà di ricorrere a pratiche ostruzionistiche fa fede la sua determinazione di non rilevare formalmente, a termini di regolamento, la momentanea assenza dall'aula delle Commissioni del rappresentante del Governo.<br>Ritiene che i punti fondamentali sui quali soffermarsi siano rappresentati dalla questione dell'incostituzionalità (si propone di fatto la reintroduzione di un principio incostituzionale ed in contrasto con l'articolo 25 della Costituzione), dal principio della reiterabilità (la richiesta di rimessione del processo può essere avanzata all'infinito), dal carattere di genericità (il concetto di legittimo sospetto è talmente vago da poter mettere a rischio processi contro la mafia e la criminalità organizzata), dal regime transitorio (la nuova legge potrà essere applicata anche ai processi in corso, con effetti sulla prescrizione dei reati). <br>Auspicato che nel corso della seduta di domani sia fornita una risposta chiara alle questioni sollevate dal deputato Violante, si domanda come l'idea di garantismo della maggioranza si possa sposare con le dichiarazioni rese oggi dal ministro Castelli. Ha l'impressione di assistere ad un'idea di garantismo a corrente alternata, cioè ad una idea della giustizia forte con i più deboli e debole con i potenti. Rileva infatti come quello assunto dal ministro della giustizia sia l'atteggiamento di chi si richiama ai principi del garantismo solo quando ha di fronte soggetti di più elevato livello, mentre di fronte alla massa della popolazione carceraria il garantismo scompare, fino a mettere in discussione addirittura il principio costituzionale della pena intesa come rieducazione e reinserimento. <br>Considera pertanto opportuno che il ministro della giustizia venga in Parlamento e fornisca chiarimenti in merito alle sue dichiarazioni, offensive nei confronti della sinistra e dei detenuti. Nell'evidenziare il gravissimo problema del sovraffollamento delle carceri, richiama in particolare il caso di una detenuta dell'Ecuador che si trova nel carcere di Rebibbia e che ha iniziato lo sciopero della fame in quanto non le viene consentito di allattare il figlio, per altro nato prematuro. <br>Con riferimento alle battute ed all'ironia dei rappresentati del centrodestra nei confronti delle associazioni e dei movimenti che domani prenderanno parte alla manifestazione di Roma, ritiene che un rappresentante del popolo debba saper ascoltare il popolo stesso sia quando quest'ultimo è a lui favorevole sia quando è contrario, senza porsi in una posizione di chiusura rispetto alle domande provenienti dai cittadini. <br>Osserva che la maggioranza ha di fatto deciso di dare la priorità alla proposta di legge in esame per risolvere i problemi di pochi; considera pertanto il provvedimento inaccettabile, perché al di là delle considerazioni di carattere tecnico, impegna le istituzioni in uno scontro lacerante, ponendo così in secondo piano i gravi problemi del paese, non ultimo il rischio di una partecipazione ad un eventuale conflitto in Iraq. A questo proposito ricorda che tra poche ore il Presidente del Consiglio si recherà dal Presidente Bush per illustrare la posizione del nostro paese sulla possibile guerra in Iraq senza che i rappresentanti del popolo italiano abbiano avuto modo di esprimere il proprio parere in merito. <br>Auspica che l'intervento del deputato Mancuso, autorevole esponente della maggioranza, pur non essendo per gran parte condivisibile, riceva una risposta adeguata. Rileva inoltre di aver colto negli interventi dei rappresentanti della maggioranza differenze di toni e punti di vista diversi, che fanno ben sperare sulla fase di esame degli emendamenti che avrà inizio la settimana prossima; a tale riguardo richiama, in particolare, gli interventi dei deputati Tabacci e Mazzoni. <br>Dopo aver auspicato che nel prosieguo dei lavori delle Commissioni per la prossima settimana la maggioranza sappia tenere conto del dibattito svoltosi e non assuma alcun atteggiamento blindato su un provvedimento che è stato criticato anche da parte della maggioranza stessa, rileva conclusivamente che il modo in cui si articolerà il successivo svolgimento dell'iter del provvedimento condizionerà l'attuale legislatura, dal momento che ad essere in discussione non è solo la proposta di legge Cirami ma sono anche i rapporti tra maggioranza ed opposizione. <p>Gaetano Pecorella, presidente della II Commissione, evidenzia come lo spirito e l'animo sereno con cui il deputato Ruzzante ha rappresentato posizioni anche di forte dissenso all'interno della Commissione possano dimostrare che è stato svolto un buon lavoro. Assicura che, sulle questioni cui il deputato Ruzzante ha fatto riferimento, la presidenza solleciterà una risposta da parte del Governo, in quanto la preoccupazione per la situazione delle carceri è condivisa. Lo invita infine ad indicargli il nome della detenuta cui ha accennato nel suo intervento, affinché si possa valutare un utile intervento in favore suo e soprattutto del suo bambino.<p>Donato Bruno, presidente, rinvia il seguito dell'esame del provvedimento alla seduta di domani, sabato 14 settembre 2002, alle 10, precisando che la votazione per l'adozione del testo base per la discussione avrà luogo a partire dalle 12. <br>Avverte, per quanto riguarda l'articolazione dei lavori delle Commissioni riunite nella prossima settimana, che essa sarà definita nella riunione dell'ufficio di presidenza che si svolgerà martedì 17 settembre 2002, alle 14.30. I lavori delle Commissioni riprenderanno al termine della seduta pomeridiana dell'Assemblea e proseguiranno nelle giornate di mercoledì e giovedì. Nell'ambito dell'ufficio di presidenza di martedì 17 settembre, si valuterà, anche sulla base del numero degli emendamenti presentati, l'opportunità di prevedere sedute delle Commissioni riunite in orari notturni e nei giorni successivi della settimana. <p>La seduta termina alle 19h35. <br>
    9:30 Durata: 26 min 40 sec