12 FEB 2003

Questioni Regionali: Audizione Tognana nell'indagine sul ruolo delle autonomie territoriali per la promozione dello sviluppo, la coesione e la rimozione degli squilibri economici e sociali del Paese

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Indagine conoscitiva, ai sensi dell'articolo 48 del Regolamento, concernente il ruolo delle autonomie territoriali per la promozione dello sviluppo, la coesione e la rimozione degli squilibri economici e sociali del Paese.

Audizione del Vice Presidente di Confindustria Nicola Tognana .

Registrazione audio di "Questioni Regionali: Audizione Tognana nell'indagine sul ruolo delle autonomie territoriali per la promozione dello sviluppo, la coesione e la rimozione degli squilibri economici e sociali del Paese", registrato mercoledì 12 febbraio 2003 alle 00:00.

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  • Introduzione del Presidente

    <br>Indice degli interventi<br>L'audizione comincia alle 14h10<br>Presidenza del Presidente <strong>Carlo Vizzini</strong><br>
    0:00 Durata: 3 min 4 sec
  • Relazione introduttiva di Nicola Tognana, Vice-Presidente di Confindustria

    Il Vice Presidente di Confindustria esordisce affermando che il tema oggetto dell'indagine conoscitiva è connesso all'attuazione della riforma del Titolo V della Costituzione, sia per quanto concerne alcuni aspetti generali della nuova impostazione dei rapporti tra Stato, Regioni, Comuni e le altre autonomie locali sia per quanto concerne l'azione stessa di questi soggetti istituzionali. <br>Premesso che, naturalmente, esporrà il punto di vista delle imprese, rileva come Confindustria consideri la riforma federale una grande occasione per dare più efficienza al sistema pubblico nel suo complesso, rendere i vari livelli di governo realmente e maggiormente rispettosi delle diverse preferenze delle domande locali di quanti e quali servizi pubblici, realizzare un'effettiva e sostanziale riduzione della pressione fiscale riducendo al tempo stesso il deficit pubblico complessivo, diminuire l'eccesso di normazione e regolamentazione, in definitiva riequilibrare i rapporti tra settore pubblico e società civile, tra la sfera del potere politico e quella dell'autonomia sociale. <br>Questi obiettivi, che il federalismo può permettere di raggiungere, sono fondamentali proprio ai fini della «promozione dello sviluppo e della rimozione degli squilibri economico-sociali». Ritiene infatti che le carenze ed i ritardi sopra ricordati rappresentino cause essenziali dello svantaggio competitivo italiano, che frena le potenzialità di crescita e la creazione di reddito e benessere nel Paese, che rende il territorio poco attrattivo per gli operatori di altri Paesi. <br>La riforma federalista deve costituire l'occasione per rendere il nostro territorio più competitivo. Quello che prima era un compito quasi esclusivamente affidato alla politica economica dello Stato, ora diventa responsabilità anche degli altri livelli di governo ed è assai importante che - data soprattutto la nuova dimensione della concorrenza tra regioni europee che deriva dall'allargamento dell'Unione - la competitività dei territori diventi parte strutturale della «funzione obiettivo» delle autonomie territoriali.<br>Rileva che, al contrario di quel che bisognerebbe fare, in varie Regioni vi sono iniziative - soprattutto in materia fiscale - il cui risultato non sarà di incentivare l'insediamento di nuovi progetti produttivi, ma la fuga delle imprese.<br>Per ottenere i vantaggi del federalismo - prosegue il dottor Tognana - occorrono comportamenti e linee di azione coerenti da parte di tutti i soggetti pubblici interessati ai diversi livelli istituzionali. Ciò di cui il Paese ha bisogno è un «buon federalismo» che non solo migliori l'efficienza dell'ordinamento, ma serva anche a rafforzare la coesione della società italiana.<br>Sono evidenti i rischi da evitare o almeno minimizzare: confusione e complicazione del quadro di riferimento normativo, sovrapposizione di ruoli e competenze e conseguenti paralizzanti conflitti tra istituzioni, proliferazione di centri di spesa, complicazione degli adempimenti a carico di cittadini ed imprese, aumento della pressione fiscale, peggioramento dei servizi e aumento del loro costo. <br>Il necessario punto di partenza su cui agire sono lo scioglimento dei nodi del nuovo Titolo V, partendo dal nuovo testo costituzionale e muovendosi lungo tre direttrici: attuarlo, adeguando l'ordinamento alla nuova normativa nonché affrontando i problemi di carattere organizzativo, di trasferimento delle risorse e di dislocazione degli uffici e del personale; migliorarlo, correggendo quegli aspetti che minacciano di rendere confusa la transizione al federalismo e poco chiaro il quadro normativo, fonte di continui conflitti tra diversi livelli istituzionali; completarlo, istituendo la Camera delle autonomie, elemento costitutivo di un ordinamento federale propriamente detto e riconoscendo ai vari livelli di governo una precisa sfera di autonomia e responsabilità finanziaria e fiscale.<br>L'attuazione del nuovo testo costituzionale deve essere graduale ed ordinata. Per assicurare certezza agli operatori economici, va salvaguardata la continuità del quadro legislativo e vanno evitati vuoti e confusioni nell'individuazione dei nuovi interlocutori istituzionali. Mancano ancora le necessarie norme transitorie.<br>Occorre che siano fin d'ora ben delineati il disegno complessivo del nuovo ordinamento e il suo processo di attuazione, prevedendo un cogente calendario di scadenze e adempimenti. In tale periodo transitorio sarebbe altresì opportuno limitare nuovi interventi legislativi riguardanti le materie di cui sono in corso di ridefinizione le competenze: se non una moratoria, occorre una transizione accuratamente programmata.<br>Per una efficace operatività delle autonomie territoriali in materia di politica economica, è di fondamentale importanza la buona definizione dei campi di azione e un aspetto essenziale è la più chiara identificazione possibile di «chi fa cosa».<br>A questo riguardo - prosegue il Vice Presidente di Confindustria - pare eccessivo il numero delle materie rimesse alla «competenza concorrente» dello Stato e delle Regioni. Sarebbe invece auspicabile operare una migliore ripartizione delle competenze esclusive, aumentando il numero di materie attribuite o allo Stato o alle Regioni. Le soluzioni legislative potrebbero essere un ampliamento del disegno di legge costituzionale sulla devolution e un progetto di restyling di tutto l'attuale Titolo V.<br>Altrettanto importante è chiarire meglio il funzionamento della potestà legislativa concorrente. Sembrerebbe opportuno prevedere che, quando è in questione la necessità di garantire condizioni di vita omogenee nel territorio nazionale o la tutela dell'unità giuridica ed economica dello Stato, la competenza legislativa regionale sia esercitabile a condizione che il Parlamento non faccia valere ragioni di interesse nazionale.<br>Inoltre, varie materie concorrenti non sono ben definite. Nel testo costituzionale in vari casi ricorrono espressioni generiche, le quali non permettono di distinguere tra una materia in senso stretto e una policy che l'abbia a suo oggetto. Peraltro, quando più livelli di governo hanno competenza, sia pure integrata e coordinata, su una stessa materia, in generale diventa assai difficile tenere ferme le precise responsabilità finanziarie di ciascuno e si indebolisce il rispetto dei vincoli di bilancio.<br>Per affrontare questi aspetti, è dunque opportuno e necessario provvedere ad enucleare i «principi fondamentali» cui, in ordine appunto alle competenze concorrenti, dovrà corrispondere la legislazione regionale, nonché specificare meglio l'ambito delle materie, utilizzando gli strumenti legislativi previsti dal disegno di legge presentato dal Governo, di cui è auspicabile una rapida approvazione. In questo ambito sarà possibile sia ricavare dall'ordinamento esistente i principi generali in cui incardinare l'attività legislativa concorrente sia specificare meglio l'attribuzione esclusiva ai vari livelli di governo di singoli segmenti di materie e obiettivi di politica economica e sociale.<br>Peraltro, anche le più puntuali ripartizioni di attribuzioni e le più accurate elencazioni di principi generali contengono un inevitabile elemento di rigidità, laddove con il tempo i problemi mutano nella forma e nella sostanza. Occorre pertanto inserire elementi di flessibilità istituzionale, prevedendo che lo Stato possa, in determinate condizioni, avocare specifiche decisioni in nome di un superiore interesse nazionale e, al contempo, istituendo una sede di bilanciamento e decompressione dei rapporti tra lo Stato e le Regioni. Per questo ritiene opportuno arrivare ad una Camera delle autonomie, composta esclusivamente da rappresentanti delle Regioni e delle altre autonomie locali, che come seconda Camera sostituisca quello che è oggi il Senato ed abbia un ruolo di diretta compartecipazione alle decisioni parlamentari. Nel frattempo la Commissione per le questioni regionali va, come previsto, integrata con i rappresentanti delle Regioni e delle autonomie. Tale organismo potrà essere, in questa legislatura, la stanza di compensazione delle istanze dei diversi livelli istituzionali.<br>Per qualunque efficace ed efficiente azione di governo - prosegue il dottor Tognana - è poi essenziale stabilire chi e quanto paga. Per un buon federalismo è dunque di basilare importanza disegnare in modo appropriato i rapporti fiscali tra lo Stato, le Regioni e gli altri enti territoriali, al fine di responsabilizzare i vari livelli di spesa. Un secondo aspetto cruciale del federalismo fiscale consiste nel realizzare la più stretta corrispondenza possibile tra il livello di governo che decide sulle spese e sui modi di finanziarle, da una parte, e, dall'altra, la comunità territoriale che ne beneficia. La responsabilizzazione finanziaria richiede infatti che agli elettori sia chiaramente visibile la connessione tra costi e benefici delle scelte politiche riguardanti la tassazione e la spesa. È quindi importante che le fonti di finanziamento dei vari enti territoriali di governo non dipendano soltanto dalla compartecipazione ai tributi erariali, ma che non sia secondario il ruolo dei tributi propri. Riguardo a questi ultimi, al fine di garantire un efficace collegamento tra voto elettorale e scelte politiche di tassazione e di spesa, va superata l'anomalia costituita dall'essere il principale tributo a disposizione delle regioni - l'Irap - un prelievo sulle imprese. Non sembra però questa la via intrapresa. Anche per ragioni di bilancio, la riduzione finora operata dell'Irap a carico delle imprese è stata assai modesta e si registra purtroppo che numerose Regioni stanno pensando di risolvere i propri problemi di bilancio istituendo nuove tasse a carico del sistema produttivo.<br>Il nuovo sistema di rapporti fiscali tra i vari enti di governo deve essere improntato alla semplicità, evitando di duplicare o sovrapporre i livelli impositivi e di gravare i contribuenti con nuovi, complicati adempimenti e oneri. Un problema a questo riguardo è dato dall'attuazione, nelle modalità generali stabilite dalla norma inserita nella legge finanziaria 2003 - ritiene senza una adeguata riflessione - del principio della compartecipazione di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni al gettito dei tributi erariali riferibile al loro territorio.<br>Nel caso dell'imposizione sul reddito delle imprese - ritiene il rappresentante di Confindustria - il legame tra il reddito prodotto e il territorio regionale non è infatti immediato. Non è facile segmentare il reddito di un'impresa che opera in tutto il Paese, attribuendolo alle diverse unità produttive e commerciali regionali: infatti, una simile suddivisione non rispetta la realtà della moderna funzione di produzione, né rispecchia una corrispondenza tra pagamento dell'imposta e servizi resti dall'ente locale.<br>Sotto un profilo pratico, quindi, includendo anche le imposte sui redditi da impresa tra quelli da riferire al territorio, si rischia di addossare alle imprese gravosi obblighi di contabilità separata, senza peraltro arrivare a risultati coerenti. Auspica che tale scelta possa essere modificata o che, almeno, nella sede tecnica che dovrà stabilire i criteri operativi da applicare, prevalga l'orientamento di adottare parametri convenzionali, certamente imperfetti, ma che non addossino alle imprese nuovi, complicati e costosi obblighi contabili e amministrativi. Le nuove disposizioni non dovranno inoltre comportare di per sé un aumento dell'imposta da versare. <br>Un problema assai complesso è quello della perequazione. Le differenze di reddito, e quindi di capacità fiscale, tra le varie Regioni non devono pregiudicare i livelli essenziali di prestazione e soprattutto le politiche economiche regionali dirette a superare le differenze nella capacità dei vari territori di produrre reddito. Un certo grado di perequazione delle entrate fiscali è opportuno e necessario e va finalizzato a obiettivi di sviluppo. Va altresì data concreta applicazione a quella parte del nuovo dettato costituzionale che prevede interventi speciali e risorse aggiuntive a favore di determinati territori, con l'obiettivo di promuoverne lo sviluppo economico e la coesione sociale. <br>Insieme a competenze e risorse finanziarie - prosegue il dottor Tognana - particolare attenzione va riservata agli Statuti regionali, che nel nuovo assetto hanno il valore di una vera e propria legge fondamentale per l'ordinamento regionale. Ad oltre quattro anni dalla legge costituzionale n. 1 del 1999, nessuna Regione ha ancora approvato il nuovo Statuto mentre sono poche quelle che hanno almeno predisposto schemi di articolato. Occorre superare i nodi politici e gli ostacoli che rallentano l'approvazione degli Statuti e pervenire, in tempi brevi, al loro varo definitivo: è un adempimento istituzionale che non si può più continuamente rinviare.<br>Da una lettura dei progetti di Statuti finora elaborati emerge che, in generale, vengono appena accennati i principi necessari ad orientale l'azione pubblica nell'economia, quali la libertà d'impresa, la valorizzazione ed il rafforzamento della base produttiva, la competitività del sistema produttivo, la promozione della ricerca e dell'innovazione tecnologica, la liberalizzazione dei mercati, il rispetto delle regole di concorrenza. In alcuni progetti traspare invece un'impostazione di senso contrario - che non condivide - di un ruolo attivo del pubblico nella gestione delle attività economiche, con la previsione della costituzione di aziende speciali e della partecipazione al capitale di società costituite secondo il diritto civile. La riproposizione a livello regionale di un'esperienza superata a livello nazionale sembra un errore da evitare.<br>Le maggiori competenze e responsabilità delle autonomie locali devono anche accompagnarsi ad un rafforzamento della politica di semplificazione. La grande quantità e la cattiva qualità delle norme rappresentano fattori che pesano fortemente sul posizionamento competitivo del sistema produttivo incidendo sull'operatività, sui costi e sulle scelte delle imprese. Varie indagini internazionali sui fattori di competitività rilevano che la scarsa efficienza dell'amministrazione pubblica è uno dei principali fattori del ritardo competitivo in Italia. Il decentramento di funzioni legislative ed amministrative deve costituire occasione per accelerare e estendere la politica di semplificazione e deregolamentazione, così da offrire anche alle Regioni ed agli Enti locali un quadro semplificato di regole, che potranno essere più facilmente gestite e migliorate.<br>Occorre - sostiene il Vice Presidente di Confindustria - porsi l'obiettivo della tendenziale unicità, per una data materia, degli interlocutori amministrativi a cui imprese e cittadini debbono far capo. È una richiesta essenziale, a cui il tentativo effettuato con i cosiddetti «sportelli unici» ha finora dato una risposta parziale e insufficiente. Il processo di semplificazione deve accompagnarsi ad un disegno di trasformazione dell'azione amministrativa verso l'efficienza, la trasparenza, la razionalità organizzativa, che presuppone necessariamente un rafforzamento del processo di formazione del personale e di informatizzazione dei servizi offerti anche da parte delle autonomie locali. Emerge chiaramente che Confindustria privilegia una impostazione orizzontale, per fattori della politica economica e industriale. È un'impostazione che presuppone una unitarietà di concezione, che va poi adattata e gestita nella specificità dei territori e anche dei settori. In questa accezione la necessità del ruolo attivo delle autonomie territoriali è del tutto evidente, e si tratta della prosecuzione e del rafforzamento di esperienze di gestione delle politiche di sviluppo - come i distretti industriali - che hanno una tradizione e un'importanza di assoluto rilievo.<br>Vi sono tuttavia degli ambiti delle politiche di sviluppo per i quali sarà essenziale non perdere una forte visione unitaria e un deciso impulso nazionale. Si riferisce alle questioni riguardanti i grandi assi di comunicazione, nord-sud e est-ovest, da risolvere a livello europeo, in cui vanno sostenuti e soddisfatti gli interessi nazionali, che hanno pari importanza sia per la maggiore integrazione con il nucleo dell'economia europea delle attività produttive insediate nelle nostre regioni più periferiche e meno avvantaggiate sia per superare i diaframmi che ostacolano i flussi di traffico e interscambio da e per il centro nord.<br>Assume per l'Italia un ruolo assolutamente determinante il cosiddetto corridoio V (Trieste - Lubiana - Budapest - Kiev), per le sue implicazioni di cerniera est-ovest e perché rappresenta l'asse portante delle reti nazionali di comunicazione, interne e internazionali. Se tali reti nazionali non saranno realizzate, vi è il rischio di un relativo isolamento dell'Italia da un sistema europeo sempre più incentrato sulle penisole iberica e balcanica, con la Germania come area centrale di connessione della rete europea.<br>Una forte impostazione unitaria è necessaria anche per affrontare i problemi connessi con l'allargamento a est dell'Unione europea e il negoziato che a medio termine si aprirà sulla riforma dei Fondi strutturali. Lo scenario entro cui si muove il processo di allargamento a est dell'Unione europea - prosegue il dottor Tognana - non pone, almeno fino al 2006, rilevanti problemi di concorrenza tra le nostre Regioni e quelle, meno sviluppate, dei paesi entranti. Tale processo deve però rappresentare l'opportunità per qualificare meglio le nostre strategie di sviluppo regionale, spostando l'accento da criteri prevalentemente fondati sull'intensità di lavoro ad altri maggiormente premianti l'intensità di capitale, l'adozione e lo sviluppo di tecnologie, i servizi.<br>L'impatto dell'allargamento provocherà altresì una riduzione, più o meno ampia, del sostegno finanziario attualmente erogato dall'Unione all'Italia. Ciò richiederà una proporzionata nuova nazionalizzazione delle nostre politiche di sviluppo regionale, in un quadro di sviluppo competitivo del territorio, dando priorità all'infrastrutturazione e alla creazione di vantaggi localizzativi per gli investimenti esteri a più elevato contenuto qualitativo.<br>Una parte rilevante di tali vantaggi non può che essere data da misure di differenziazione della fiscalità su base territoriale. La prima e principale imposta regionale a carico delle imprese su cui intervenire è senza dubbio l'Irap. Tale impostazione è coerente con i principi comunitari, purché si tratti di misure strutturali di politica fiscale, modulate secondo profili idonei ad escludere un ostacolo alla concorrenza intra-comunitaria. Di qui l'importanza dell'autonoma iniziativa delle Regioni in materia. <br>In realtà - prosegue il dottor Tognana - le Regioni si stanno muovendo in senso diametralmente opposto. L'esempio della Regione Sicilia, che recentemente ha proposto di istituire una tassa ambientale sulle raffinerie e le centrali termoelettriche, e che l'anno scorso aveva introdotto un'imposta sui gasdotti che transitano sul territorio regionale (poi dichiarata non applicabile dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas e per la quale pende il giudizio di legittimità davanti alla Corte di Giustizia europea), non è che l'ultimo dei casi di Regioni che cercano di risolvere i problemi aumentando e non diminuendo il livello di tassazione, favorendo soltanto un indesiderabile processo di distorsione delle scelte economiche, alla fine del quale certamente non vi sono incentivi allo sviluppo, bensì la fuga delle imprese. La tassa ambientale siciliana impatterebbe in modo sensibile sulla competitività di tutti i settori produttivi e, in particolare, su quelli a forte intensità di consumi energetici diretti e indiretti, come i trasporti e il turismo. <br>L'obiettivo del federalismo - conclude il Vice Presidente di Confindustria - deve essere non solo il decentramento, ma anche il disegno di uno Stato più leggero, meno pervasivo, meno costoso, con amministrazioni pubbliche più agili, con un ridotto perimetro di attività. Non a caso, durante gli ultimi anni, in stretta connessione con il dibattito sul federalismo, è stato riscoperto e valorizzato il principio di sussidiarietà. Alla sussidiarietà verticale si deve accompagnare la cosiddetta accezione orizzontale di essa, che consiste essenzialmente nel criterio secondo cui il potere pubblico è legittimato a intervenire solo sulle questioni che i soggetti privati, individuali e collettivi, non sono in grado di affrontare adeguatamente con la propria capacità di iniziativa.<br>Nella legge finanziaria 2002 venivano dettati i principi per gestire questo cambiamento, principi che sono stati ripresi nel Documento di programmazione economico-finanziaria 2003-2006. Ritiene sia necessario dare concretezza a tali indicazioni e che scelte analoghe vadano verso una più decisa azione di liberalizzazione e privatizzazione dei servizi pubblici locali, campo in cui resta molto da fare per introdurre criteri gestionali di mercato. Proprio per la possibilità di ridefinire in termini migliori i confini tra la sfera pubblica e la sfera privata, Confindustria vede nel federalismo una grande occasione di rinnovamento che si augura non vada sprecata. <br>
    0:03 Durata: 26 min 42 sec
  • Presidente

    Il presidente Vizzini ringrazia il dottor Tognana che, a nome di Confindustria, ha tracciato un quadro chiaro e completo sugli effetti della riforma del Titolo V della Costituzione, e del complessivo processo di decentramento che è in corso, sul tessuto economico del Paese, con particolare riferimento al necessario quadro di certezze normative di cui il sistema delle imprese ha bisogno per un rilancio degli investimenti in tutto il territorio e soprattutto nel Mezzogiorno. <br>In particolare, si riferisce alla parte della relazione del rappresentante di Confindustria dedicata ad una iniziativa della Regione siciliana volta all'eventuale istituzione di una tassa ambientale sull'attività di raffinazione del greggio e sui gasdotti collocati sul territorio siciliano. Ha seguito nei particolari tale questione, anche come parlamentare della Sicilia. Il Presidente di quella Regione non ha assunto una sua iniziativa al riguardo; d'altra parte il problema dell'impatto ambientale degli impianti industriali in Sicilia, come altrove, oggettivamente si pone. Concordando con le valutazioni esposte dai rappresentanti di Confindustria, ritiene che, rispetto alla via del prelievo fiscale territoriale con i conseguenti effetti distorsivi nell'attività delle imprese, sia preferibile la scelta degli investimenti sul territorio in un quadro concordato anche con il Governo. Prospetta, pertanto, l'opportunità di contatti, finalizzati ad un programma di investimenti nella Regione, fra la Giunta regionale siciliana e la stessa Confindustria. <br>Osservazioni e quesiti dei Commissari
    0:29 Durata: 5 min 34 sec
  • Walter Vitali (DS-U)

    Il senatore Vitali riconosce al rappresentante di Confindustria il merito di aver svolto una relazione connotata dalla chiara opzione in favore delle riforme di stampo federalista. <br>Chiede di conoscere il suo punto di vista sulle modalità di attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, attraverso scelte legislative capaci di assicurare in modo equilibrato e solidale l'autonomia finanziaria di entrata e di spesa delle diverse sedi istituzionali; in ordine al tema della istituenda sede parlamentare delle Autonomie, chiede di conoscere il punto di vista di Confindustria in ordine ai modelli già sperimentati in Europa, nonché al modello del Senato degli Stati Uniti d'America, dove è assicurato un saldo raccordo fra i componenti di quella Assemblea ed i cittadini del territorio che li elegge. Infine, chiede se il rappresentante di Confindustria condivida il giudizio negativo dei Gruppi parlamentari di opposizione sul disegno di legge costituzionale recante modifiche all'articolo 117 della Costituzione e recentemente approvato in prima lettura dal Senato, che rappresenta un serio pericolo per un'equilibrata gestione della fase di transizione aperta dall'inizio della riforma federalista del 2001. <br>
    0:35 Durata: 5 min 45 sec
  • Antonio Potenza (Misto-UDEUR)

    L'onorevole Potenza rileva come non sia facile individuare, nella linea seguita dalla Confindustria per lo sviluppo economico e la crescita dell'occupazione nel Mezzogiorno, un impegno coerente e di lungo respiro, tanto più necessario quanto più cresce la spinta verso un assetto istituzionale di stampo federalista, accompagnato da scelte di politica economica tendenti a riconoscere e garantire autonomia finanziaria alle varie sedi delle Autonomie. <br>Critica alcune scelte di Confindustria che gli appaiono dettate più dall'attenzione verso singole occasioni di sviluppo e di investimento che da un impegno unitario e coerente in favore delle Regioni meridionali. <br>
    0:41 Durata: 3 min 38 sec
  • Replica di Nicola Tognana

    Ai Commissari intervenuti il Vice Presidente di Confindustria dottor Tognana fornisce elementi di risposta, svolgendo ulteriori considerazioni. Fra queste, sottolinea il costante e coerente impegno di Confindustria, che corrisponde allo stesso interesse delle imprese, a favorire la crescita economica e dei livelli occupazionali nel Mezzogiorno, anche suggerendo al Governo ed al Parlamento le scelte di politica economica più opportune in questa direzione. <p>Il presidente Vizzini ringrazia i rappresentanti di Confindustria per il contributo offerto alla Commissione e dichiara chiusa l'audizione. <br>La seduta termina alle ore 15h10. <p>
    0:44 Durata: 16 min 21 sec