08 LUG 2003

Infanzia e minori: Audizione Tony e Nesticò nell'indagine sull'assistenza ai minori in stato di abbandono

[NON DEFINITO] | - 00:00 Durata: 1 ora 5 min
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Seguito dell'indagine conoscitiva sull'assistenza prestata ai minori in stato di abbandono da parte di istituti pubblici e privati e di comunità di tipo familiare: audizione del presidente del Tribunale dei minori di Firenze, dottor Piero Tony e del procuratore della Repubblica presso lo stesso Tribunale, dottor Aldo Nesticò.

Registrazione audio di "Infanzia e minori: Audizione Tony e Nesticò nell'indagine sull'assistenza ai minori in stato di abbandono", registrato martedì 8 luglio 2003 alle 00:00.

La registrazione audio ha una durata di 1 ora e 5 minuti.
  • Relazione di Piero Tony, presidente del Tribunale dei minori di Firenze

    Il dottor Tony fa presente che il disagio minorile viene affrontato dall'ormai tradizionale sistema che prevede l'adozione legittimante da una parte (per i più gravi casi di abbandono materiale e morale) e, dall'altra parte, l'affidamento eterofamiliare o inserimento in comunità di tipo familiare ed in istituto, sempre temporanei ex articolo 4 del codice civile nonché ex articoli 4 e 7, della legge n. 184 del 1983 (nei casi di temporanea inidoneità dell'ambiente familiare, ex articolo 2 della legge n. 184/83).<br>Modifiche significative a tale sistema potrebbero derivare sia con la prevista cessazione degli istituti, sia con il rimodellamento additivo di una "piccola adozione" nell'alveo dell'articolo 44 lett. d) della legge n. 184/83, sia infine con l'eliminazione del vincolo della "temporaneità" nel caso di affidamento eterofamiliare e dell'inserimento in comunità di tipo familiare. Esprime a tale proposito l'avviso che il vincolo della temporaneità rallenti, riduca e spesso ostacoli - nonostante che la legge n. 184 abbia ormai più di 20 anni - un pieno decollo dello strumento dell'affidamento eterofamiliare, che resta troppo spesso mortificato dallo stato di ansia che vivono i soggetti coinvolti a causa della provvisorietà ed incertezza del procedimento. <br>L'attuale sistema sembra non tener conto del fatto che, quando i Tribunali per i minorenni dispongono l'affidamento eterofamiliare di un minore, non sempre - anzi raramente - prefigurano ragionevolmente il rientro nella famiglia biologica.<br>Riferisce poi che l'età media dei fanciulli affidati preadottivamente dal Tribunale per i minorenni di Firenze è di anni 3, mesi 8; nello stesso tempo numerosi italiani di età tra i 7 e i 13 anni dichiarati adottabili dallo stesso Tribunale, con provvedimento divenuto definitivo, non riescono a trovare in Italia una famiglia che li adotti, proprio e soprattutto a causa di quella età. E' assolutamente insignificante il numero di minori di fascia d'età medio alta che sono affidati preadottivamente (e con effetti positivi) a coppie scelte comparativamente con i meccanismi di cui all'articolo 22, comma 5, della legge n. 184/83. Le carenze sociofamiliari di codesta fascia d'età medio alta vengono affrontate usualmente, oggi, con affidamenti nominalmente temporanei ma che tali non sono nelle previsioni, e dunque nell'accennato clima di profonda precarietà, tensione, insicurezza, clima privo di qualsiasi progettualità e, in quanto tale, altamente pregiudizievole per il minore, per i genitori, per gli affidatari e per tutta la rete dei loro rapporti. Esprime quindi l'auspicio che il legislatore prima e la collettività poi si attivino per promuovere anche una cultura dell'affidamento non temporanea e s'attrezzino per formare soggetti affidatari disposti e capaci, ove necessario, ad accoglierli in un rassicurante clima di definitività. Tutti i Tribunali per i minorenni si trovano a dover gestire così un numero più o meno alto di affidamenti giudiziari che non possono evolversi in adozione legittimante nè appaiono progredire verso il rientro in famiglia. Essi provengono da segnalazioni tardive, o da diagnosi o prognosi fallaci o fallite o da decreti emessi ex articolo 4, comma 4, della legge n. 184/83 ed appaiono destinati a proseguire fino alla maggiore età, in un clima di profonda precarietà sia per il minore che per gli affidatari ed i genitori. Codesti affidamenti non raramente derivano anche da situazioni che, non potendo essere affrontate realisticamente con l'adozione legittimante, fino dall'inizio sono state gestite sulla base dell'articolo 4 con la consapevolezza della loro temporaneità e dunque surrettiziamente. Per via della prevista temporaneità, i progetti di affidamento eterofamiliare che i servizi elaborano sono sempre finalizzati ad un più o meno prossimo rientro in famiglia; non solo, i Centri Affido ricercano ed organizzano soluzioni affidatarie che siano animate da uno spirito di servizio e caratterizzate da una capacità di accoglienza coerenti a quella temporaneità; scoraggiano i meccanismi di appropriazione e di inglobamento e si preoccupano per qualsiasi segnale di genitorialità. Pertanto non esiste la cultura di un affidamento forte ovvero a lungo termine; ed è comprensibile visto che, non essendo previsto dalla normativa, il solo parlarne sa di irriverenza e di iconoclastia. Sottolinea pertanto il fatto che appare improcrastinabile la necessità che la collettività si attrezzi per preparare famiglie idonee e disponibili a concludere, secondo i casi, ogni possibilità di intervento, dall'affidamento temporaneo a quello "forte" e, infine all'adozione.<br>Il dottor Tony rende poi noto che il numero degli affidamenti giudiziari in Toscana è nettamente prevalente sul numero di quelli consensuali (637 contro 420 nel 2000, 761 contro 398 nel 2001) e tale prevalenza pare sia ancora più marcata nell'Italia settentrionale. E' un affidamento che sta diventando sempre più "forte". In Toscana il 73 per cento degli affidamenti giudiziari in corso - ed analoga percentuale può azzardarsi per gli inserimenti in comunità di tipo familiare - dura da più di 3 anni e procede verso la maggior età (e spesso assistenzialmente fino ai 21 anni) con un'ipotesi di rientro sempre più lontana. Pare che la situazione non sia molto diversa altrove. In Toscana gli "istituti" non operano più da almeno 15 anni, probabilmente anche per merito di una particolare idiosincrasia culturale - nei confronti di codesto tipo di struttura - sorta a seguito dello scandalo dei Celestini di Prato del 1968. Vi operano, invece, qualcosa come 100 comunità di tipo familiare per minori. Accolgono circa 600 minori, con una leggera prevalenza di italiani (nel 2001 , 310 italiani e 296 stranieri, mancano dati precisi per il 2002 e per il 2003). Sono ultraquindicenni il 52 per cento nelle comunità, il 76 per cento nei centri di accoglimento. Il 23 per cento ha meno di 4 anni (sono dati in via di raccolta e non ancora completi). <br>Avviandosi alla conclusione della propria esposizione, il dottor Tony osserva che gli istituti hanno svolto per secoli un'utilissima funzione di accoglienza minimale, con cure minimali ovvero prevalentemente limitate alla somministrazione di vitto, alloggio e scolarizzazione o addestramento professionale. Oggi che la qualità di protezione minorile si è finalmente attestata - anche in linea con le ratificate Convenzioni internazionali nello specifico - su standards più elevati (connotati da una maggiore sensibilità nei confronti del diritto di ogni minore di vivere nella propria famiglia se possibile, in altra famiglia in subordine o quantomeno in strutture assimilabili alla tipologia familiare) appare condivisibile la cessazione di quelle istituzioni totali che bene o male gli istituti rappresentano: marcata emarginazione, separatezza dal contesto sociale, tendenziale impersonalità ed autoritarietà dei rapporti, con risposte tendenzialmente remissive e rassegnate oppure marcatamente oppositive. Esprime però l'avviso che sia impensabile che si possa dare completa attuazione al disposto di cui all'articolo 2 della legge n. 184 del 1983 così come novellato (scadenza al 31.12.2006) senza prima avere la certezza del fatto che quegli istituti si siano in qualche modo riconvertiti (o siano stati sostituiti) in comunità di tipo familiare quantomeno di uguale complessiva capienza.<br>Quanto all'ipotesi di riconversione in Centri di Pronto Accoglimento per minori stranieri non accompagnati, esprime la personale convinzione che tale evenienza potrebbe rivelarsi pericolosa perché codesti Centri si potrebbero trasformare - gli attuali tempi medi di permanenza in comunità e le difficoltà allo stato insuperabili di loro reinserimento giustificano tale assunto - in luoghi di ulteriore ghettizzazione, in quanto tali perniciosi per i minori e per la collettività. E' forse preferibile utilizzare, anche per i minori extracomunitari, gli strumenti comuni, eventualmente arricchiti con l'organizzazione di quelle "reti di famiglie" già sperimentate con successo in Francia ed in Germania. Gli istituti non riconvertibili in comunità potrebbero, al limite, essere organizzati per le accoglienze di assoluta emergenza. <br>Peraltro, va preso atto che non possono non essere ampliati i confini dell'affidamento eterofamiliare - perché lo impone la realtà dei fatti - con la ulteriore previsione che esso possa essere anche non temporaneo laddove l'inidoneità dell'ambiente familiare sia giudicata non acuta e transitoria ma strutturale e cronica, cioè laddove sia remota o addirittura irragionevole l'ipotesi di un rientro in famiglia.<br>D'altronde, il solo affidamento eterofamiliare non basta, nemmeno qualora dovesse essere ripensato senza il limite della temporaneità. In molti casi le comunità sono insostitutibili: l'esperienza insegna che non sempre le carenze familiari possono essere affrontate con l'affidamento eterofamiliare in luogo del collocamento in comunità di tipo familiare: perché se per un verso l'affidamento eterofamiliare é soluzione prioritaria ed ottimale per il fanciullo di tenera età, per l'altro verso é dato di comunissima esperienza che il minore preadolescente ed ancor più l'adolescente difficilmente si adatta e si inserisce in una nuova famiglia (proprio per la stessa contenitività e perentorietà delle dinamiche di quel "sistema" in relazione alle pulsioni anche di natura sessuale che il giovane investe nella relazione di coppia affidataria) mentre più agevolmente si integra in una comunità di tipo familiare. <br>Nè d'altra parte si possono enfatizzare le stesse comunità di tipo familiare: a suo avviso, non é giustificato nè ragionevole ritenere che esse, per quanto possano essere raffinate e sperimentate, riescano ad assicurare al minore cure ed attenzioni materiali e morali uguali a quelle che egli riceverebbe nella propria famiglia o in affidamento eterofamiliare. Resta sempre infatti un fondo di professionale distacco, di artificiosità, vaghezza e fungibilità dei rapporti che, pur con tutta la buona volontà, almeno allo stato tiene lontano anche codeste comunità dalla concentrata e naturale affettività familiare che si vuole imitare. E' questa un'altra ragione per rivitalizzare l'istituto dell'affidamento eterofamiliare, con una previsione normativa di sua non temporaneità e di prioritarietà per tutti i casi in cui non si ravvisino le accennate controindicazioni.<br>Il dottor Tony conclude quindi con l'auspicio che si prenda atto che le situazioni di abbandono di oggi sono molto diverse da quelle - clamorosamente omissive - sulle quali si ritrovò ad incidere con eccezionali benefici la legge sull'adozione speciale n. 431 del 1967 che la risposta dei Tribunali per i minorenni alle situazioni di abbandono commissivo tenda a virare verso un "affidamento forte" che possa alleviare il danno, contemperare i bisogni del minore, ridurre il lutto della separazione dai genitori e la sensazione di ulteriore abbandono causata dalle frustranti e quasi sempre inutili attese di affidamento preadottivo come accennato. Auspica, altresì, che il legislatore arricchisca la tipologia degli interventi di protezione e di sostegno del mutevole e polimorfo disagio giovanile, vuoi ampliando la previsione di cui all'indicato articolo 44 lett. d), vuoi ridefinendo un affidamento di tipo forte e comunque non necessariamente temporaneo, nonché forme conclusive di "piccola adozione" (da rimandare eventualmente al compimento della maggiore età), si chiamino esse "adozione integrativa", "adozione affiliativa" o in altro modo; auspica da ultimo che si attui la prevista riconversione degli istituti, nei limiti e nei termini esposti. <br>Indice degli interventi<br>L'audizione comincia alle 13h35<br>Presidenza del Presidente <strong>Ettore Bucciero</strong>
    0:00 Durata: 14 min 5 sec
  • Relazione di Aldo Nesticò, procuratore della Repubblica presso il Tribunale dei minori di Firenze

    Il dottor Nesticò, associandosi alle considerazioni testé svolte dal dottor Tony, desidera sottolineare che chi opera nella realtà concreta sente la necessità di una ulteriore fattispecie rispetto a quelle già previste dalla legge, una terza via cioè che potrebbe essere definita "adozione a progetto o per l'integrazione sociale", che garantisca quindi la realizzazione delle finalità istituzionali. Desidera anche sottolineare che la recente innovazione legislativa, affidando alla Procura della Repubblica le competenze in ordine alle segnalazioni delle situazioni di disagio, ha purtroppo creato una sorta di imbuto che ha fatto esplodere i problemi preesistenti della carenza degli organici e delle difficoltà strutturali. Inoltre la Procura ha il compito di effettuare le ispezioni presso gli istituti di assistenza pubblici e privati (ma non presso le comunità di tipo familiare): sottolinea a tale proposito le difficoltà di applicazione concreta dello strumento dell'ispezione, ciò che ha portato a prefigurare diverse ipotesi per lo svolgimento dei compiti ispettivi (attribuzione dei compiti agli organi di polizia giudiziaria, oppure ai servizi sociali o, infine, ai servizi ispettivi del Ministero della giustizia). Rende poi noto che a Firenze un problema particolarmente sentito riguarda i minori di 15 - 18 anni che entrano clandestinamente in Italia e si trattengono nella città o nella provincia, per i più svariati motivi. E' interessante il fatto che la maggior parte di essi sanno già a quali strutture o persone rivolgersi per l'assistenza e parte di essi desiderano sinceramente integrarsi nella comunità: per questi minori - che in realtà minori non sono dal punto di vista dell'esperienza vissuta- è necessario costruire un progetto per favorire tale integrazione sociale; una parte invece è destinata ad entrare nelle attività criminose. Altro fenomeno rilevante è quello dei bambini di 7 - 10 anni dediti all'accattonaggio, perché strumentalizzati dagli adulti: di qui il problema di definire strumenti efficaci per arginare questa triste realtà. Per quanto riguarda Firenze, è nata, grazie all'Assessorato alle politiche sociali del Comune in accordo con le forze di polizia, la struttura "Centro Sicuro", operativa ventiquattro ore al giorno. La novità è costituita dal fatto che viene identificato l'adulto che affianca il minore e che deve dimostrare il legame di parentela: in tal modo, l'identificazione fa scattare anche un meccanismo di responsabilizzazione nei confronti dell'adulto, il quale viene avvisato delle conseguenze della sua condotta. <br>Il dottor Nesticò fa poi presente che un'altra realtà di difficile gestione riguarda le comunità cinesi, dove i bambini sono abituati a lavorare senza che vi sia la percezione dello sfruttamento. Per altre comunità di diversa etnia si registrano invece segnali positivi ai fini dell'integrazione nel tessuto sociale. <br>
    0:14 Durata: 17 min 41 sec
  • Presidente

    Il presidente Bucciero ringrazia il dottor Nesticò per gli ulteriori approfondimenti, e prima di dare la parola ai Commissari, chiede agli auditi di soffermarsi sulla questione della temporaneità dell'affidamento, che come è stato detto, nella maggior parte dei casi è fittizia. Chiede anche se si conoscono le cause che inducono le famiglie a preferire, per gli affidamenti, solo i minori al di sotto dei sette anni e se l'interesse per l'affidamento abbia anche ragioni di carattere economico, in considerazione dei contributi regionali previsti. Chiede infine precisazioni con riferimento ai centri di pronta accoglienza. <br>Osservazioni e quesiti dei Commissari
    0:31 Durata: 6 min 23 sec
  • Vittoria Franco (DS-U)

    La senatrice Vittoria Franco, dopo aver ringraziato gli auditi per le preziose informazioni rese che hanno ampliato il quadro di conoscenze acquisito con le precedenti audizioni, esprime apprezzamento per il fatto che la realtà toscana non conosce più i grandi istituti di assistenza e il dato fa ben sperare circa l'operatività degli enti locali e dei servizi sociali. Sottolinea quindi la necessità di approfondire la problematica emersa in sede di esame del disegno di legge n. 791, e cioè la preoccupazione che all'indomani della chiusura degli istituti di assistenza possa crearsi una grave situazione di mancanza di tutela soprattutto per i minori stranieri non accompagnati. <br>
    0:38 Durata: 3 min 3 sec
  • Replica di Aldo Nesticò

    Il dottor Nesticò risponde brevemente ad una richiesta di chiarimenti del senatore Semeraro, confermando che in Toscana non esistono più gli istituti di assistenza di grandi dimensioni, essendosi compiuto il processo di riconversione in strutture di minori dimensioni di tipo familiare e che, anche nella regione Puglia, è fortemente sentita dagli operatori del settore la necessità di un analogo processo di sviluppo. <br>
    0:41 Durata: 1 min 31 sec
  • Piero Pellicini (AN)

    Il senatore Pellicini, esprimendo ampio apprezzamento per le relazioni svolte dagli auditi, richiama l'attenzione sul meccanismo particolarmente interessante di procedere all'identificazione dell'adulto, in modo da poterlo responsabilizzare. Chiede a tale proposito se esista un indirizzo generale per tutte le procure o se invece tale metodo costituisce un'iniziativa autonoma e isolata che però andrebbe estesa su tutto il territorio. <br>
    0:42 Durata: 1 min 41 sec
  • Replica di Aldo Nesticò

    Il dottor Nesticò precisa a tale ultimo proposito che esiste la normativa applicabile per i minori vittime di sfruttamento o di abbandono e la stessa prevede anche il meccanismo delle prescrizioni educative, disposto dal presidente del Tribunale dei minori; in caso di comportamenti recidivi degli adulti è prevista la decadenza della potestà genitoriale, che però ha un effetto punitivo ma non educativo e di tutela nei confronti dei minori; infine la procura può attivare la procedura per lo stato di adottabilità del minore. Tale quadro normativo è, tuttavia, di carattere virtuale poiché va rapportato alla concreta situazione di un minore con un contesto familiare originario caratterizzato da una cultura diametralmente opposta a quella della famiglia potenzialmente affidataria. Sottolinea quindi l'importanza dello stimolo svolto dal "Centro Sicuro" nei confronti degli adulti a integrarsi nel territorio rispettando i doveri della genitorialità, in violazione dei quali l'alternativa è lasciare il territorio stesso: tuttavia, questo sistema può funzionare solo laddove esistano strutture locali e risorse sociali efficaci che in talune realtà italiane sono invece assolutamente mancanti. <br>
    0:44 Durata: 4 min 1 sec
  • Presidente

    Il presidente Bucciero richiama l'attenzione sul fatto che proprio le carenze di organico dei servizi sociali e della magistratura minorile determinano forti ritardi nella presentazione delle relazioni sugli affidi, pregiudicando in tal modo la possibilità di seguire l'evoluzione dell'affidamento stesso. <br>
    0:48 Durata: 2 min 19 sec
  • Replica di Piero Tony

    Il dottor Tony, rispondendo ai quesiti posti, fa presente che l'affidamento introdotto nella legislazione del 1983 presenta sotto il profilo sociale dei costi molto alti e per lungo tempo l'affidamento alle famiglie è stato considerato un utile mezzo per trasferire sui privati tutti gli oneri. Soltanto di recente è stato messo in evidenza che obiettivo dell'affidamento è la realizzazione di un preciso progetto di sviluppo della personalità del minore che quindi va costantemente monitorato. <br>Ribadisce poi, con riferimento alla temporaneità dell'affidamento, che è sempre più labile la linea di confine con l'adozione legittimante: l'articolo 27 della legge n. 184, già citata, è stata oggetto di pronunce della Corte Costituzionale che hanno notevolmente edulcorato la normativa, mentre l'articolo 28 della stessa legge è stato novellato, con il risultato che l'istituto dell'adozione legittimante si è profondamente snaturato. Sottolinea inoltre che occorre prendere atto del fatto che il minore che ha stabilito con la famiglia affidataria dei solidi rapporti affettivi subirebbe un trauma incontrando o rientrando nella famiglia biologica: va quindi salvaguardato il miglioramento delle condizioni del minore con strumenti adeguati, che oggi mancano. Riferisce poi di non avere esperienza di speculazioni messe in atto da famiglie affidatarie, con riferimento ai contributi regionali. Fa poi presente alla senatrice Franco che gli istituti di grandi dimensioni in Toscana hanno lasciato il posto già da diversi anni a strutture di dimensioni molto ridotte, calibrate sulle esigenze dei minori e anche gli istituti non riconvertibili in comunità famiglie forniscono assistenza al massimo a dieci minori. <br>
    0:50 Durata: 7 min 47 sec
  • Replica di Aldo Nesticò

    Il dottor Nesticò sottolinea a sua volta che la ratio vera dell'affidamento risiede nella capacità delle famiglie affidatarie di coinvolgere nel progetto educativo la famiglia di origine del minore stimolandola alla presa di coscienza della responsabilità genitoriale. <br>Precisa poi che le comunità di pronta accoglienza sono strutture convenzionate con i Comuni per soddisfare esigenze urgenti dei minori, ma che comunque non sono esenti da un progetto che indirizzi il minore stesso. <br>Il presidente Bucciero ringrazia quindi il dottor Tony e il dottor Nesticò per il prezioso contributo apportato ai lavori della Commissione e, dichiarando conclusa l'audizione, li congeda.<br>Il seguito dell'indagine conoscitiva è quindi rinviato.<br>La seduta termina alle 14h50. <br>
    0:58 Durata: 6 min 56 sec