02 GEN 2002

Radicali: Adriano Sofri e Marco Pannella: Conversazione al carcere don Bosco di Pisa

[NON DEFINITO] | - 00:00 Durata: 2 ore 46 min
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Continua il dibattito tra Pannella e Sofri sui movimenti antiglobalizzazione, a cui si aggiunge la riflessione sul dopo 11 settembrePisa, 2 gennaio 2002 - Per la terza volta in pochi mesi, Marco Pannella entra nel carcere di Pisa accompagnato dai microfoni e dalle telecamere di Radio Radicale per incontrare Adriano Sofri, e proseguire il dialogo - aperto da un trentennio - sui fatti della vita civile e politica italiana e sullo scenario internazionale.

Ancora una volta i due si sono confrontati sull’interpretazione dei movimenti anti-globalizzazione e sull’atteggiamento dei Radicali nei
loro confronti.

Si aggiunge in questo ultimo incontro la riflessione sui tragici fatti dell’11 settembre.Si parte dal 1968 Per comprendere la realtà dei movimenti di oggi Adriano Sofri ritiene fondamentale affrontare il problema centrale dell’interpretazione della storia recente: ossia il 1968 e quello che ne seguì.

Adriano Sofri, e Marco Pannella, partendo da questo assunto, commentano una raccolta di scritti dei protagonisti di quei momenti, in questi giorni nelle edicole, i quali esprimono anche giudizi sul tempo presente.Adriano Sofri contesta ad esempio a Guido Viale la visione “assolutizzata della globalizzazione”, intesa “come fenomeno esauriente”, che rende “l’intera terra un unico paese”.

La globalizzazione “non è così compiuta, essa può avanzare a coprire tutto, ma il nuovo si accompagna al vecchio” e ai “movimenti delle merci e la loro indubbia iniquità oltre al movimento degli armamenti”, si accompagna la facilità “di movimenti umani ridicolmente infami, come il turismo sessuale”, mentre si rafforzano enormemente gli “intralci al nomadismo povero”.L’azione liberale e la storiografiaRelativamente alla storiografia e al 1968, Marco Pannella osserva che “erano pochissimi in quei giorni a giocare le carte liberali”.

Eppure resta qualcosa “che è palpabile, il divorzio l’aborto la lotta sulla droga, tutto si è concretizzato in quegli anni”, pare però “che quegli anni non siano stati connotati dalla azione liberale nostra, almeno per gli storici”.

Sofri riconosce dal canto suo che quelle battaglie “vengono attribuite per lo più a un movimento che invece le usava come pretesti se non come accessori della propria mobilitazione rivoluzionaria”.Nel contesto attuale il movimento no global si situa per Sofri non come elemento organico della globalizzazione ma anche come possibile linea di rottura della nuova realtà economica internazionale.

Per Sofri, quindi varrebbe la pena di riprendere “Tristi tropici”, di Claude Lévi-Strauss, specialmente dove l’antropologo francese prende in esame il rapporto che esiste tra chi studia i fatti sociali e la propria società di appartenenza.

Un rapporto profondamente critico con i propri valori di appartenenza consente di leggere con flessibilità anche quelli dell’altro.

In questa ottica di consapevolezza critica potrebbe aprirsi in eventuale dibattito con i nuovi movimenti.I fatti dell'11 settembre 2001Ancora in “Tristi tropici”, Adriano Sofri trova l’ispirazione per riflettere sull’11 settembre e sulle motivazioni dei terroristi.

In quel testo infatti si trova un’interpretazione dell’Islam che nelle sue aberrazioni conterebbe anche una “volontà di distruzione delle altre religioni”.Se da una parte quindi l’estremismo islamico sembra aver incarnato questo aspetto deteriore della propria cultura, dall’altra, in Occidente si registra, secondo l’ex leader di Lotta Continua “l’abolizione della verità, la sua soppressione a vantaggio della speculazione sui linguaggi”.

In occasione “dell’11 settembre, si è visto in atto il tentativo di riportare anche quell’evento enorme, epocale, quei pochi minuti che segnano un passaggio d’epoca, ad un carattere mediatico e al suo travestimento, come emulazione della fiction, in un eccesso di realtà”.

Marco Pannella nota però come nella “società americana, all’opposto di Ciampi, le cose vengono mostrate anche nel loro aspetto tremendo, e si mostra una concezione del male come assenza del bene”.

I Radicali reagiscono a ciò come loro abitudine: “siamo dei coltivatori diretti degli obiettivi politici prefissati, e così andiamo avanti”.

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