09 MAG 2002

Aldo Moro: Commemorazione all'Università «La Sapienza» di Roma

[NON DEFINITO] | - 00:00 Durata: 2 ore 16 min

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I colleghi dell'Università di Roma ricordano Aldo Moro, che insegnò nella facoltà di Scienze Politiche de "La Sapienza" dal 1963 al 1978.

Dopo 24 anni, sono ancora vivi i ricordi del clima politico di quei "terribili giorni"Roma, 9 maggio 2002 - Negli anni Sessanta tra gli studiosi di molte discipline era in gran voga l'analisi strutturale dei testi.

In particolare sembrava un dato di molto interesse il fatto che una parola ricorresse una, poche o molte volte in un enunciato.

Significando, questo, quanto il parlante (o lo scrivente) tenesse al concetto sotteso alla parola
stessa.

Indipendentemente dalla validità e scientificità di questo metodo di analisi, è sicuramente significativo che a 24 anni dalla uccisione di Aldo Moro ad opera delle Brigate Rosse quelli che sono intervenuti alla cerimonia presso la facoltà di Scienze politiche di Roma, proprio le due parole: "Brigate Rosse", non le hanno pronunciate mai.

La cerimonia di commemorazione ha visto la partecipazione di Giuliano Vassalli, ex presidente della Corte Costituzionale, Pietro Scoppola, ordinario di Storia contemporanea a La Sapienza, Fulco Lanchester, Preside della Facoltà di Scienze politiche, Università degli studi di Roma "La Sapienza", Leopoldo Elia, Giovanni Conso e della vedova Eleonora Moro, alla quale il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi ha inviato un telegramma che è stato letto nel corso dei lavori.

Trattativa e fermezza Giuliano Vassalli prendendo la parola, ritorna sulla posizione del PSI nei "terribili giorni del 1978", quando il paese e la classe politica si spaccarono in chi voleva aprire una trattativa con i sequestratori e chi invece insistette nella "fermezza".

Lo stesso "De Martino non era per la fermezza", ricorda Vassalli che in seguito condanna "il fatto che nel tempo si sia creata la dizione 'partito della trattativa'.

In realtà c'erano solo alcune persone che cercavano di fare qualcosa per salvare la vita di Moro, cercavano di aprire un varco nella rigidità di chi sosteneva la fermezza".

D'Urso e Cirillo liberati Di quei "difficilissimi giorni" Vassalli non dimentica il "sentimento di una sconfitta di un'intera classe politica", e non si spiega come mai "Moro fu ucciso e D'Urso e Cirillo invece furono liberati".

Tralascia però di ricordare che negli ultimi due casi fu determinante l'azione in parlamento del gruppo radicale, e ancor di più lo fu l'iniziativa di Radio Radicale di dare voce alle rivendicazioni delle Br.

Quanto alle reali possibilità di trattare con i sequestratori, Vassalli rammenta che negli scritti dal carcere, che tra l'altro ha sempre "giudicato come autentici e non dettati dai carcerieri", Moro stesso indicava la possibilità "di uno scambio di uno contro uno, e in questo senso, prima vi fu il tentativo per liberare Laura Besuschio che poi fu tralasciato a causa di un altro procedimento nei suoi confronti in corso", e poi il tentativo con Buonoconto, "ma non si fece in tempo".

Liberare l'uomo Moro E se i socialisti si mossero per "una esplorazione delle vie legittime ed in qualche modo efficaci per liberare il prigioniero, davanti si aveva la retorica della fermezza e per questo - conclude Vassalli - la delusione non cesserà mai".

L'uomo Moro doveva essere rispettato anche allora.

"Non era lecito dire che le sue lettere non erano autentiche.

In realtà era sempre stato in possesso delle sue facoltà anche se era in una condizione, come lui stesso scrisse nella prima lettera a Zaccagnini, rispondente allo stato di un uomo in detenzione".

"La persona principio e fine dell'esperienza giuridica" La sua richiesta di essere liberato non rispondeva ad un rinnegare nel momento del bisogno i principi giuridici sempre affermati da libero.

Di fatto - prosegue Vassalli che cita gli scritti giovanili di Aldo Moro - in tutto il suo pensiero domina l'idea del "carattere subordinato dello stato alla realtà dell'uomo.

La persona nella sua singolarità rappresenta il principio e il fine dell'esperienza giuridica".

Moro e la storiografia Pietro Scoppola riflette invece sul fatto che solo oggi "Moro e la sua opera tornano nella storiografia".

Nella sua opera politica "permane un fattore di anticomunismo democratico che troppo spesso viene ignorato anche dagli autori attuali".

Tuttavia da "alcuni documenti del Dipartimento di Stato Usa da poco declassificati emergono resistenze e incomprensioni radicali all'esperienza dell'operazione politica del centro sinistra del 1963".

Tale esperienza preoccupava "molto l'amministrazione Kennedy che temeva il pericolo delle trame internazionali del mondo comunista".

Scoppola insiste "che alla comprensione anche attuale, il tragico evento della fine ancora resiste", esso non "è stato ancora esplorato abbastanza" e va fatta pena luce "sulla pressione degli Usa sul nostro paese".

Rappresentanza e legittimità istituzionale "Moro sembra essere l'unico uomo politico, e ciò forse desta l'attenzione degli Usa, a capire la grave crisi della non coincidenza dell'area della rappresentanza con l'area della legittimità istituzionale, crisi che si apre con la presentazione dei referendum del 1974".

Occorre poi fare chiarezza e distinguere necessariamente tra "compromesso storico e solidarietà nazionale".

Due cose ben diverse.

"Berlinguer voleva il compromesso storico dopo i fatti del Cile nel 1973 e tale idea esclude l'ipotesi dell'alternanza.

Per Moro è diverso.

Egli, cosciente della crisi apertasi con i referendum del 1974, teme l'aprirsi di una società 'orizzontale', del tutto o solo marginalmente controllabile".

L'emergenza Il problema dunque per Moro si pone in questi termini: "l'emergenza è un'urgenza immediata, anche se in un'intervista a Scalfari pubblicata postuma il 14 ottobre del 1978 disse di temere l'emergenza, mentre l'alternanza era prevista come prospettiva culturale".

Per Scoppola è importante inoltre ricordare che "già in un discorso tenuto il 20 giugno del 1977 Moro non esita a definire il sistema di alleanze della Dc esaurito e la via della solidarietà nazionale appare l'unica strada per uscire dal vecchio sistema in disfacimento".

Scoppola infine, "anche se è difficile farlo dopo la tragica fine", chiede di "guardare alla contraddizione trattativa vs fermezza in modo critico".

Occorre ricordare lo "sfregio della stampa" contro l'uomo Aldo Moro sulla questione della veridicità delle lettere.

La fermezza tra l'altro "in casa Dc fu vissuta molto drammaticamente perché si pose alla luce di un aspetto paradossale: essa era il frutto proprio della strategia di Aldo Moro, che voleva nel governo che stava per nascere forza e compattezza nell'asse Dc Pci.

E fu questo a frenare tutto".

"Quanto alla lettera degli amici che disconosceva le sue lettere e affermava che esse non erano moralmente ascrivibili a lui, - ricorda Scoppola - io firmai, ma secondo noi quella era una via per salvarlo.

Me lo confermò lo stesso La Malfa in una telefonata che mi fece".

Altri "tentativi inoltre di intavolare una trattativa furono fatti ma di ciò ancora oggi non si sa nulla ed occorre quindi fare chiarezza, ancora".

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riduci

  • Fulco Lanchester, Preside della Facoltà di Scienze politiche, Università degli studi di Roma "La Sapienza"

    Indice
    0:00 Durata: 10 min 11 sec
  • Giuliano Vassalli, ex presidente della Corte Costituzionale

    0:10 Durata: 23 min 59 sec
  • Pietro Scoppola, ordinario di Storia contemporanea a La Sapienza

    0:34 Durata: 37 min 2 sec
  • Leopoldo Elia, costituzionalista

    1:11 Durata: 27 min 58 sec
  • Giovanni Conso, ex presidente della Corte Costituzionale

    1:39 Durata: 35 min 33 sec
  • Vassalli, conclude

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