16 MAG 2002

Ceas: Nuove forme di terrorismo ed intelligence nel XXI secolo (II giornata, I sessione)

[NON DEFINITO] | - 00:00 Durata: 3 ore 5 min

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Per capire il terrorismo di oggi Gianni De Michelis propone di ripartire dall’analisi della storia recente.

E quella italiana sembra offrire gli spunti di maggior interessePriverno (Latina), 16 maggio 2002 – Prima sessione della seconda giornata del convegno dal titolo: “Nuove forme di terrorismo ed intelligence nel XXI secolo ”, organizzato dal Ceas (Centro Alti Studi per la lotta al terrorismo e alla violenza politica).

Tema della sessione: “L'uomo macchina.

Il terrorismo nel nome dell’Islam - Gli scenari”.

Sono intervenuti tra gli altri, Gianni De Michelis, già ministro degli
esteri, Seyed Kazem Sajjadpour, direttore generale, Istituto per gli studi politici ed internazionali, Teheran, Anoush Ehteshami, Università di Durham.Il 'termostato' Cia e Kgb“Ricordare le vicende italiane degli anni del terrorismo può servire per capire come occorre trattare il disordine odierno”.

A dirlo è Gianni De Michelis, nel suo intervento introduttivo, in cui ricorda come “il terrorismo in Italia è sempre rimasto nell’ambito di un ‘termostato’, un insieme di limiti determinati dalla Cia e del Kgb, e dal ruolo svolto all’interno della Dc da Paolo Emilio Taviani, e dall’altra parte da alcuni settori del Pci”.

Tale termostato “faceva sì che ‘sotto il tavolo della legalità’ potevano sfogarsi forti tensioni, ma sempre entro limiti che impedivano che si uscisse dal controllo”.“Né dopo l’attentato a Togliatti e né con le Br, e nemmeno con i tentativi di colpi di stato, questo termostato ha smesso di agire”.

Quando poi “dopo il 1989 saltò di colpo uno dei due ‘sensori’ (la Dc) e smise di svolgere la sua funzione, l’altro sensore fece un po’ di guasti su scala locale”.La logica di YaltaSecondo De Michelis, a Yalta, dopo la Seconda Guerra Mondiale, si studiarono “in modo esplicito e anche formalizzato le regole che avrebbero dovuto essere valide ‘sotto il tavolo della legalità’ in Italia”.

In particolare “fu consentito al Pci, che era parte del blocco Urss, di rimanere legittimo, mentre in Germania venne messo fuori legge, e gli fu permesso di operare con statuto speciale per compiere anche operazioni al di fuori della legge”.

Di tutto ciò “chi governava sapeva benissimo e ha sempre chiuso un occhio, cosa che hanno fatto anche i giudici”.Tale sistema “che non era in vigore solo in Italia, ebbe come conseguenza quella di esprimere una democrazia imperfetta, con due partiti che ebbero funzioni di esecutori e garanti di patti non scritti”.“Il terrorismo in quegli anni – prosegue De Michelis - era funzionale, diretto e controllato da quest’ordine, nell’ambito di una logica superiore”.

Oggi la “situazione è esattamente opposta.

Non c’è più quest’ordine.

Gli Usa tra l’altro non si sognano nemmeno di cercare un ordine unipolare.

Il mondo è troppo perfino per loro.

E non avrebbero le risorse militari necessarie”.1989: Il nuovo ordine che non c’èNei dieci anni dopo il 1989 “buttati via, nell’incapacità di ricreare un nuovo ordine mondiale”, nella “situazione fluida che si è creata, da più parti si è pensato che nella generale disattenzione fosse possibile far scattare schemi diversi”.

In questo senso va letta la strategia di “Al Qaeda che non basandosi su stato nazionale, nell’era della globalizzazione, si pone come organizzazione capace di fare da catalizzatore delle tensioni secondo una logica nuova di contrapposizioni culturali religiose”.

“Il califfo virtuale”Catalizzazione che, per De Michelis, può aggregarsi intorno all’immagine del “Califfo virtuale”.

Nel suo primo messaggio infatti “bin Laden parla di 80 anni di dolori e disagi per la nazione islamica, si riferisce perciò al 1922, cioè alla fine del califfato”.È evidente tuttavia “che l’operazione propagandistica religiosa è l’altra faccia di un disegno laico di Al Qaeda, relativo alla questione concerta della posta in gioco per lo sfruttamento delle fonti energetiche e del petrolio”.Quindi De Michelis avverte: “Se diventa reale, il califfo ha vinto”.

È necessario allora “non fare il gioco del califfo virtuale”.

E invece “Oriana Fallaci sembra una specie di agente del califfo virtuale, sembra che si dia da fare per farlo diventare reale.

Non si rendono conto che alcune mosse sono risultati che l’avversario si aspetta”.Disarticolazione del mondo araboIn questa ottica è vitale “mantenere una situazione articolata all’interno di mondo arabo e anche nella realtà palestinese.

Se ammettiamo che tutta la realtà palestinese passi dalla parte opposta, allora giochiamo la partita del califfo”.Israele deve “creare una logica del negoziato anche in presenza di azioni terroristiche”.

Così come “durante la Guerra del Golfo, in una notte molto pesante (c’ero da ministro), gli Usa convinsero il governo Shamir ad accettare che Israele se ne stesse tranquilla mentre cadevano gli Scud, perché se fosse partita la rappresaglia sarebbe stato molto più difficile vincere”.

E oggi – conclude De Michelis – c’è la stessa necessità”.

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riduci

  • Gianni De Michelis, Segretario Nazionale del Partito Socialista, La sfida del califfo virtuale e il nuovo ordine mondiale

    Indice
    0:00 Durata: 48 min
  • Seyed Kazem Sajjadpour, direttore generale, Istituto per gli studi politici ed internazionali, Teheran

    0:48 Durata: 35 min 44 sec
  • Anoush Ehteshami, Università di Durham, Le mutevoli dinamiche della geopolitica in Asia occidentale

    1:23 Durata: 22 min 38 sec
  • Valeria Fiorani Piacentini, Università Cattolica, Milano,

    Pausa
    1:51 Durata: 34 min 46 sec
  • Gianni De Michelis

    Dibattito e domande dal pubblico
    2:26 Durata: 20 min 38 sec
  • Seyed Kazem Sajjadpour

    <strong>Link</strong> Il sito del Ceas
    2:46 Durata: 23 min 52 sec