07 SET 2002

Festa dell'Unità: Gad Lerner intervista Massimo D'Alema

[NON DEFINITO] | - 00:00 Durata: 2 ore 12 min

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Il presidente dei Ds presenta il suo ultimo libro in cui discute del dopo 11/9, dei rapporti con il mondo arabo, e degli attacchi personali da destra e da sinistra Modena, 7 settembre 2002 - La Festa de l'Unità ospita la presentazione ufficiale del libro "Oltre la paura.

La sinistra, l'Europa, il futuro", di Massimo D'Alema, nel corso della quale Gad Lerner intervista l'autore.

Barche e giornali "Non ferisce una campagna condotta da una famiglia in cui ognuno ha un giornale e una barca, ed è normale che giornali di questa destra becera utilizzino campagne scandalistiche sul piano personale
contro gli avversari politici", così esordisce il presidente dei Democratici di Sinistra, che invece si dice colpito dal fatto che "Pari pari, la campagna bugiarda rimbalza su un grande settimanale che vorrebbe essere della sinistra".

Le armi dei gappisti "Mio nonno - precisa D'Alema - è stato un fondatore del Pci e per questo fu cacciato dalle ferrovie, si arrangiò facendo il falegname.

A casa di mia madre al Celio si nascondevano le armi dei gappisti".

"Gli attacchi da destra vanno bene, è battaglia - aggiunge - ma dall'altra parte feriscono perché sono ingiusti".

A sinistra esiste "un residuo di una cultura antica per la quale ancora si fatica a non avere la stessa opinione e nello stesso tempo ad essere e sentirsi lo stesso compagni".

Eredità dello stalinismo Si tratta di una cultura "che ha prodotto tragedie ed è connessa all'eredità dello stalinismo".

Non di meno D'Alema assicura: "non proverò mai vergogna della mia storia personale", che è legata a doppio filo con il "diritto ad essere rispettati di alcuni milioni di italiani".

11/9 e dopo Avere delle "radici non significa negare la propria storia, ma consente di guardare verso il futuro".

In questo senso il libro rappresenta "un contributo personale per allargare l'orizzonte", su quello che è successo dopo l'11/9, con la oramai manifesta "fragilità degli equilibri internazionali del dopo Guerra Fredda".

"Bonificare i giacimenti dell'odio è un problema politico culturale ed economico".

E "salvare la civiltà occidentale nei suoi aspetti universali di democrazia e libertà" non vuol dire "militarizzare il rapporto nord e sud del mondo".

D'Alema suggerisce quindi di "disinnescare l'odio, attraverso un rapporto diverso".

Anche perché "se non capiamo le ragioni degli altri non ne verremo a capo".

Si rischia tra l'altro "di presentare solo il volto di arroganza e potenza senza avere neppure salvaguardato il bene supremo della sicurezza individuale e collettiva".

Integralismo e globalizzazione Il problema principale in questo senso è rappresentato dal dilagare di "un movimento di reazione antioccidentale", il quale fa leva su una particolare forma di integralismo che è "fenomeno moderno e nasce nell'epoca globale".

Nel momento attuale "diventa fortissimo il bisogno di affermare la propria identità", e anche "nella civilissima Ue nascono nazionalismi, che sono poi risposte alle sfide della globalizzazione" Si tratta quindi di un "problema più vasto", e tra l'altro "l'integralismo islamico è stato spesso rivolto contro il nazionalismo progressista e ciò è stato fatto anche non di rado con l'appoggio dell'occidente".

Arafat, Gheddafi e Osama Un esempio dei rapporti tra integralismo e occidente - aggiunge D'Alema - lo raccontò "Arafat che come vice presidente della Conferenza Islamica tentò di fare da mediatore per la pace in Afhganistan, al fine di trovare un accordo tra filosovietici e talebani.

Questi ultimi combattevano con l'appoggio degli Usa, e il tentativo di Arafat fu sabotato da Osama bin Laden".

"Anche Gheddafi - prosegue l'ex presidente del consiglio - mi raccontò che Osama bin Laden era un criminale, e lo fece quando nessuno lo diceva".

Gheddafi stesso "spiccò mandato di cattura internazionale contro bin Laden e fu preso in giro da tutti, anche dagli Usa".

Partire dal Medio Oriente Andare verso la militarizzazione "Significa assumere una prospettiva disastrosa alla quale ci sono alternative".

In questo senso "nel rapporto con il mondo arabo ottenere la pace in Medio Oriente rappresenterebbe un fatto positivo".

Analogamente "La guerra all'Iraq è da giudicarsi sbagliata", non essendoci dubbi sul fatto che "la politica verso l'Iraq sia stata sbagliata".

Le "sanzioni hanno prodotto sofferenza enorme", una nuova guerra produrrebbe "come risultato solamente la destabilizzazione dell'intero mondo arabo generando altro odio, destinato a durare nei decenni".

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