01 OTT 2002

Adriano Sofri: Intervista presso il carcere don Bosco di Pisa per Radio Carcere

[NON DEFINITO] | - 00:00 Durata: 47 min 40 sec
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Sofri racconta la sua esperienza di recluso e commenta le iniziative di lotta dei detenuti per l’indultoPisa, 1 ottobre 2002 - "Il carcere è una specie di giardino zoologico peggiorato, unilaterale, perché non c'è l'innocenza degli animali".

In carcere "non c'è niente che sia un diritto, tutto viene negato e tutto viene concesso, quasi sempre in maniera del tutto arbitraria".

Ancora: "il carcere è una parodia della vita, in cui però si verifica un annientamento davvero drastico della personalità corporale, psicologica, morale e intellettuale delle persone".

Queste alcune delle
definizioni che Adriano Sofri, rinchiuso nel carcere don Bosco di Pisa, usa per raccontare la sua esperienza di recluso, intervistato da Riccardo Arena, per Radio Carcere, programma di Radio Radicale.

"Le persone quando immaginano il carcere pensano in genere a cose sbagliate", da una parte conservano "l'incubo di un carcere che impone soggezione estrema", mentre dall'altra "per converso alcuni pensano a un luogo buono e generoso".

Ma entrambe "le visioni sono sbagliate".

In realtà "ogni carcere è un luogo abominevole", spiega Sofri, anche se "Pisa è meno abominevole, e questo perché è un Carcere medio-piccolo".

Si tratta di una struttura "considerata aperta, ma si sta chiusi a cinque mandate in cella per 17 - 18 ore al giorno".

Sono previste "due uscite all'aria più un'altra uscita per un totale di 6 ore".

Quanto alla popolazione carceraria, si registra una presenza ormai per metà di "extracomunitari, che vuol dire stranieri poveri".

Poveri da non potersi "permettere avvocati, e vengono dentro spesso per reati minimi di iniziazione.

Non hanno condizioni per ottenere benefici, non hanno qualcuno che garantisca per loro".

Tutto ciò ricorda "il doppio regime carcerario" che si registra "per i neri in Usa".

"Micidiale per loro" la nuova legge sull'immigrazione che li identifica solo come "stranieri da rispedire a casa".

Ne deriva "uno straniero irregolare che capita in galera per il quale non fai nemmeno il minimo investimento, lo straniero giacente in galera diventa un pacco malvisto che deve essere rispedito".

La galera così è "pura perdita e discarica in senso definitivo".

Questa legge quindi ha come effetto il fatto di escludere "metà dei detenuti da qualsiasi attenzione o trattamento di impegno umano nei loro confronti".

Cosi facendo "si fa un ammasso di persone per contentare i pregiudizi e la cattiveria della gente".

Adriano Sofri passa poi a commentare le iniziative di lotta dei detenuti italiani, che vogliono essere una "voce ragionevole che vuole arrivare al parlamento", dove si può "decidere qualcosa che risarcisca un poco della sofferenza e ingiustizia in più" che si patisce oggi nelle carceri.

Una cosa particolarmente "forte è stata l'astenersi dal guardare la televisione, che è diventata una protesi ormai più che necessaria del corpo umano o viceversa: i corpi umani sono diventati protesi degli apparecchi televisivi, e in galera ogni pervadenza della televisione è straordinaria".

In occasione di questa iniziativa "tutti hanno messo via la tv in un'altra stanza, e li hanno tolti dalla cella.

Le persone erano orgogliose del fatto facevano un sacrificio, e al tempo stesso erano testimoni di una crisi di astinenza peggiore di quella dello sciopero della fame".

"Il clou della lotta - prosegue Sofri - è chiaro che è l'aspettativa di un indulto generale di tre anni, su cui si sono pronunciati già alcuni in modo preventivo".

E la data 14 novembre con la visita del Papa alle Camere lancia la possibilità per i detenuti "di identificare come interlocutore ritrovato e da ritrovare la Chiesa".

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