06 OTT 2005

Tfr: le interviste ad A. Musi e G. Cazzola

[NON DEFINITO] | - 00:00 Durata: 14 min 16 sec
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Roma 6 ottobre 2005- Il ministro del Welfare Roberto Maroni parla di discussione "accesa", ma è poco per descrivere lo scontro andato in scena sul Tfr al Consiglio dei Ministri di ieri.

Talmente duro che il titolare del Welfare ha posto un ultimatum secco agli alleati: "Se entro 30 giorni non ci sarà il via libera del Cdm al decreto attuativo della riforma della previdenza complementare, ci saranno problemi politici rilevanti".

Una durezza resasi necessaria per l'isolamento in cui si è trovata la Lega nella riunione di ieri.

Il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha lasciato la sala
del Consiglio, per evitare il conflitto di interessi.

Ma anche il ministro dell'Economia Giulio Tremonti ha lasciato solo Maroni, abbandonando la sala della riunione - riferiscono fonti di governo - appena iniziata la discussione sul Tfr e non avrebbe partecipato nemmeno al voto.

Un comportamento che - dicono al ministero del Welfare - ha "profondamente amareggiato" il ministro Maroni.

Fonti vicine al ministro dell'Economia spiegano però che Tremonti ha dovuto lasciare il Cdm "per un impegno inderogabile", e che da parte del ministro c'è "assoluto sostegno alla riforma della previdenza complementare".

Il ministro leghista si è comunque trovato praticamente solo - spalleggiato solo dai colleghi di partito - a fronteggiare i contrari al provvedimento.

I più accesi oppositori - raccontano diverse fonti - sono stati Giorgio La Malfa e Gianni Alemanno, che si sarebbe spinto a chiedere il rinvio "sine die" della riforma.

Per ora c'è il rinvio di trenta giorni, alla scadenza dei quali ci sarà il redde rationem.

Che peso hanno avuto le lobbies in questo confronto? E cosa nasconde il duro confronto nel Consiglio dei ministri di ieri? Lo abbiamo chiesto ad Adriano Musi, segretario federale della Uil e all'economista Giuliano Cazzola.

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