13 MAR 2002

Social Forum: "Movimenti, opposizione sociale e difesa della democrazia" (con Agnoletto)

[NON DEFINITO] | - 00:00 Durata: 3 ore 11 min

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Firenze, 11 marzo 2002 - Documento audiovideo dell'incontro tra il Social forum e il Comitato organizzatori della manifestazione del 24 gennaio.

Presenti tra gli altri, il professor Paul Ginsburg e Vittorio Agnoletto.I due movimenti: del 'se non ora quando' e del 'non possiamo continuare così'Nel suo intervento il professor Ginsburg ha definito l'essenza dei due movimenti che si incontrano tramite due 'detti': il primo movimento è quello del "se non ora quando" e si oppone al governo Berlusconi, che "non è un regime fascista, ma piuttosto un regime 'del normale ordine delle cose', non
poliziesco, ma che cerca di convincerci che tutto è normale".Il secondo, quello del "non possiamo continuare così" fa riferimento a questioni che interessano il mondo intero: "I divari che si allargano, nord-sud, ricchezza-povertà, consumi-ambiente, legalità-illegalità, construendo un mondo che va combattuto, contestato".Le nostre ragioni splendideSecondo il professore, il "contributo che può dare l'Università è un contributo d'analisi" e "le nostre ragioni - ha sottolineato - sono intellettualmente splendide, fondate, contro il neoliberismo che invece è sulla difensiva".Infine Ginsburg ha esortato i movimenti a sperimentare "nuove forme politiche per far fiorire la società civile", e ha ricordato le iniziative sulla tobin tax, sul commercio equo-consumo critico, sulla democrazia partecipativa.Battersi per l'egemonia culturaleVittorio Agnoletto ha sviluppato tutto il suo intervento intorno ai rapporti del Social forum sia con gli altri movimenti di contestazione e di protesta, sia con la società civile.

"Il movimento non deve trasformarsi in un partito, ma deve fare politica imponendo temi e soluzioni nel dibattito politico".La sua lettura fa riferimento a una sinistra che si è fatta "disarmare culturalmente, prima che politicamente, dal liberismo, di cui ha rincorso un modello soft, invece che cercare un alternativa".

Ora, ha detto, bisogna puntare "a battersi per l'egemonia culturale".Dialogare, non chiudersi a riccioAgnoletto ha dunque esortato i movimenti a dialogare tra loro "e, per esempio, allo scopo di convincerle, col milione di persone che erano alla manifestazione dell'Ulivo del 2 marzo e che ci saranno il 23 marzo: bisogna - ha detto - entrare in contatto ed evitare la chiusura a riccio del movimento, pur sapendo bene la direzione".

Infine ha rivolto un invito ufficiale al Comitato "per andare con noi verso il Forum sociale europeo"."Il movimento italiano - ha spiegato - è il più forte per la sua capacità di mobilitazione, ma è orfano di un contributo intellettuale, ma finalmente voi - ha riconosciuto al Comitato - avete rotto il silenzio e vi siete posti come interlocutori.

Bisogna fermare - ha affermato - l'operazione dei media che ci fanno apparire in contrasto: bisogna dire cosa ci unisce e che discutiamo, ma non come antagonisti, perché il nostro antagonista è Berlusconi e il suo governo"."Il forum sociale europeo - ha proposto Agnoletto - unisca la radicalità dei movimenti sociali e le capacità di elaborazione di un gruppo intellettuale-culturale, che non si faccia ceto separato, ma che si richiami all'elaborazione gramsciana, perché non abbiamo bisogno di un gruppo organico a un partito, ma di un movimento di massa".Il governo prepara un regimeRiguardo la situazione italiana, Agnoletto non ha parlato di un nuovo fascismo, di un regime, ma di un governo che "facendo passare alcune cose per normali, prepara un regime".No a neoliberismo e guerreIl leader 'No global' ha ripetuto il rifiuto del neoliberismo, "un modello di sviluppo che è terreno di coltura del terrorismo" e delle guerre, ha auspicato il 5 aprile uno sciopero generale e "generalizzato", ha proposto, in linea con la politica di Bertinotti, "l'estensione dello Statuto dei lavoratori a tutte le aziende e il rifiuto del metodo della concertazione".Ha poi definito "gravissimo il conflitto d'interessi", sostenendo che "il pluralismo dell'informazione in Rai non si ottiene cambiando solo il guidatore alla macchina", ribadendo l'importanza dell'indipendenza della magistratura e del "garantismo a partire dai soggetti più deboli".

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