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Amato: la politica estera dei Paesi Ue è ancora radicata nella sovranità nazionale.
Ci vorrà tempo per cambiare.
Il nodo della visione geopolitica per l'Europa e per gli UsaRoma, 20 febbraio 2003 - Gli Stati Uniti e l'Europa sono ai ferri corti sulla crisi irachena: il rapporto transatlantico di fronte ai nuovi scenari internazionali rischia di indebolirsi pericolosamente con conseguenze negative su entrambe le sponde dell'oceano e per la stessa sicurezza globale.In questo scenario e con queste preoccupazioni d'attualità l'Aspen Insitute Italia ha organizzato un dibattito chiamando a … discutere due autorevoli personalità: il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, e il vicepresidente della Convenzione Ue, Giuliano Amato.Il vice presidente della Convenzione Giuliano Amato ha fatto notare che nell'affrontare la crisi irachena i governi Ue non hanno ritenuto di dare applicazione a quell'articolo del trattato di Maastricht che consente di definire gli argomenti nei quali il Consiglio può decidere la necessità di una azione comune.
Nonostante questo, "una posizione comune a Bruxelles ha trovato una sua forma", ma occorre rafforzare i "canali di coordinamento".L'Europa, ha ricordato, non è nata come uno stato federale, ed anche se si è arrivati all'Euro, la politica estera è rimasta "radicata all'interno delle sovranità nazionali" e i singoli paesi "tendono a sottrarsi" dai meccanismi che favoriscono una posizione comune."Mentre l'Europa faceva faticosamente passi in avanti, le politiche estere rimanevano radicate all'interno delle politiche nazionali.
Quindi aspettarsi che le cose cambino dalla sera alla mattina è irrealistico".
Né il lavoro della Convenzione, ha obiettato, può cambiare le carte in tavola.
"Noi abbiamo il compito di delineare i caratteri della futura Costituzione europea non di dare all'Europa una politica estera comune.
Quella verrà in futuro quando le istituzioni saranno cosa fatta".Il nodo però, per Amato, è quello del rapporto con gli Stai Uniti.
Gli europei devono "fare i conti con loro stessi" e valutare, ha spiegato, se la loro visione geopolitica è analoga a quella degli Stati Uniti: "E' possibile, che ci si trovi in disaccordo sui mezzi, ma i problemi da affrontare sono gli stessi".
Finché Europa e Stati Uniti non condivideranno gli stessi obiettivi geopolitici il loro legame resterà in balia delle contingenze.
Inoltre, "c'è una distanza incolmabile in termini di potenza militare e di armamenti tra Europa e Usa", che neppure una politica di difesa comune dell'Unione potrà ripianare.
Tuttavia, l'antiamericanismo, ha sottolineato, "è una caratteristica di una sinistra vecchia e impenitente non solo italiana, impegnata a combattere gli Usa come emblema del capitalismo.
In questi anni il teatro è cambiato, ma non è cambiato il nemico.
Quella sinistra è sempre alla ricerca di un'occasione per dire non tanto 'yankee go home' quanto 'yankee hai torto, ti stai sbagliando".Il ministro degli Esteri Franco Frattini ha sottolineato invece il fatto che se non si siano raggiunte "prove concrete" del legame fra Al Qaeda e l'Iraq, ciò non significa che la comunità internazionale non si debba preoccupare se l'Iraq non ha ancora risposto a domande cruciali sui suoi arsenali di armi di distruzione di massa e dell'eventualità che Saddam Hussein possa fornire ai terroristi le sue armi.
Ci vorrà tempo per cambiare.
Il nodo della visione geopolitica per l'Europa e per gli UsaRoma, 20 febbraio 2003 - Gli Stati Uniti e l'Europa sono ai ferri corti sulla crisi irachena: il rapporto transatlantico di fronte ai nuovi scenari internazionali rischia di indebolirsi pericolosamente con conseguenze negative su entrambe le sponde dell'oceano e per la stessa sicurezza globale.In questo scenario e con queste preoccupazioni d'attualità l'Aspen Insitute Italia ha organizzato un dibattito chiamando a … discutere due autorevoli personalità: il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, e il vicepresidente della Convenzione Ue, Giuliano Amato.Il vice presidente della Convenzione Giuliano Amato ha fatto notare che nell'affrontare la crisi irachena i governi Ue non hanno ritenuto di dare applicazione a quell'articolo del trattato di Maastricht che consente di definire gli argomenti nei quali il Consiglio può decidere la necessità di una azione comune.
Nonostante questo, "una posizione comune a Bruxelles ha trovato una sua forma", ma occorre rafforzare i "canali di coordinamento".L'Europa, ha ricordato, non è nata come uno stato federale, ed anche se si è arrivati all'Euro, la politica estera è rimasta "radicata all'interno delle sovranità nazionali" e i singoli paesi "tendono a sottrarsi" dai meccanismi che favoriscono una posizione comune."Mentre l'Europa faceva faticosamente passi in avanti, le politiche estere rimanevano radicate all'interno delle politiche nazionali.
Quindi aspettarsi che le cose cambino dalla sera alla mattina è irrealistico".
Né il lavoro della Convenzione, ha obiettato, può cambiare le carte in tavola.
"Noi abbiamo il compito di delineare i caratteri della futura Costituzione europea non di dare all'Europa una politica estera comune.
Quella verrà in futuro quando le istituzioni saranno cosa fatta".Il nodo però, per Amato, è quello del rapporto con gli Stai Uniti.
Gli europei devono "fare i conti con loro stessi" e valutare, ha spiegato, se la loro visione geopolitica è analoga a quella degli Stati Uniti: "E' possibile, che ci si trovi in disaccordo sui mezzi, ma i problemi da affrontare sono gli stessi".
Finché Europa e Stati Uniti non condivideranno gli stessi obiettivi geopolitici il loro legame resterà in balia delle contingenze.
Inoltre, "c'è una distanza incolmabile in termini di potenza militare e di armamenti tra Europa e Usa", che neppure una politica di difesa comune dell'Unione potrà ripianare.
Tuttavia, l'antiamericanismo, ha sottolineato, "è una caratteristica di una sinistra vecchia e impenitente non solo italiana, impegnata a combattere gli Usa come emblema del capitalismo.
In questi anni il teatro è cambiato, ma non è cambiato il nemico.
Quella sinistra è sempre alla ricerca di un'occasione per dire non tanto 'yankee go home' quanto 'yankee hai torto, ti stai sbagliando".Il ministro degli Esteri Franco Frattini ha sottolineato invece il fatto che se non si siano raggiunte "prove concrete" del legame fra Al Qaeda e l'Iraq, ciò non significa che la comunità internazionale non si debba preoccupare se l'Iraq non ha ancora risposto a domande cruciali sui suoi arsenali di armi di distruzione di massa e dell'eventualità che Saddam Hussein possa fornire ai terroristi le sue armi.
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