22 NOV 2001

Media, martiri e lutti: Antonio Russo e Maria Grazia Cutuli

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Rory Carroll, un giornalista inglese, nota le differenze tra la reazione del sistema dei media italiani in due occasioni diverse: l'assassinio di Antonio Russo in Georgia e quello di Maria Grazia Cutuli in Afghanistan.22 novembre 2001A 25 km da Tiblisi, il 16 ottobre del 2000 moriva in tragiche circostanze, Antonio Russo, l'inviato di Radio Radicale, testimone della guerra in Cecenia.

L'edizione serale del Tg1 del medesimo giorno in 15 secondi e 16 parole "comunicava" agli italiani la tragica notizia: «Ucciso Antonio Russo, è stato trovato morto nella capitale georgiana il giornalista
italiano di Radio Radicale».

L'indomani altri 15 secondi per annunciare che l'autopsia aveva confermato la morte violenta.

Poi il silenzio, nel tg della rete "ammiraglia" della televisione di stato italiana calava definitivamente sulla vicenda.Da tre giorni, invece, media e televisioni sono pieni di notizie sulla morte di Maria Grazia Cutuli, giornalista del Corriere della Sera uccisa insieme ad altri tre reporter sulla strada che porta a Kabul.Tre giorni fa era una largamente sconosciuta collaboratrice del Corriere della Sera: poi l'imboscata nella quale ha perso la vita le ha conferito il titolo di «martire», che il giornalismo ufficiale ha contribuito a conferire ed allo stesso tempo a beneficiarsene.Ad accorgersi che qualcosa non tornava è stato un giornale estero, l'inglese Guardian ed in particolare un giornalista d'oltremanica, Rory Carroll.

Certo, in Italia, Pierluigi Battista su La Stampa, ha parlato di «retorica del martirio».

Una prassi - ha scritto l'autorevole giornalista - che «impone la credenza che senza la predisposizione al martirio, il giornalismo sia soltanto miserabile e grigia routine».

Un articolo prezioso, il suo, che osserva da un punto di vista diverso rispetto a quello, pressocché unico, espresso da tutta la stampa italiana; e che tuttavia non dice tutto.

L'altra parte della riflessione la svolge appunto Rory Carroll, il giornalista del Guardian tra i pochi al mondo ad essersi interessato alla vicenda tragica di Antonio Russo.Carroll dunque spiega ciò che Battista non argomenta: il perchè la predisposizione al martirio di alcuni, faccia più notizia di quella di altri, oppure il motivo per il quale tutta l'Italia è stata chiamata dal sistema dei media a piangere la morte dell'inviata di guerra del Corriere, mentre a pochissimi fu riservata la possibilità di poter esprimere il proprio cordoglio per la morte di Antonio Russo.

«Lo scorso anno, - scrive Carroll - assassini mai identificati hanno ucciso un altro giornalista italiano, il quarantenne Antonio Russo, nella ex Repubblica Sovietica di Georgia.

Anche lui era stato coraggioso ed esposto alle atrocità della vicina Cecenia, il suo corpo fu gettato al lato di una strada.

Ma lui lavorava per Radio Radicale, organo del piccolo Partito Radicale, ed i media hanno pochi interessi a paragonare se stessi ad un collega del genere».Quindi la amara constatazione: se tutta l'Italia si è vestita a lutto per la povera Maria Grazia Cutuli, gli amici e i parenti di Antonio Russo, hanno pianto il loro caro da soli.Quasi a confermare che le parole di Carroll non sono infondate, oggi, ad un anno di distanza la Federazione Nazionale della Stampa Italiana, il sindacato cui Antonio Russo non aveva mai aderito, si è sentita in dovere di fargli visita, postuma, nel suo sepolcro nel cimitero di Francavilla a Mare.

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