20 MAR 2002

Uccisione Marco Biagi: La reazione del Parlamento

[NON DEFINITO] | - 00:00 Durata: 2 ore 15 min

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Pressocché unanime richiamo all'unità, ma senza alterare il gioco democratico.

Fuori dal coro Bertinotti e DilibertoRoma, 20 marzo 2002 - "La subcultura terroristica" vuole seminare "panico ed angoscia per soffocare ogni dibattito pacifico ed ogni confronto di idee, per cancellare il dialogo e la ragione, per creare una profonda frattura nella società italiana".

Questa la denuncia giunta oggi in Parlamento, dal ministro dell'Interno, Claudio Scajola nel corso dell'informativa urgente sull'omicidio del consulente del ministero del lavoro, Marco Biagi, avvenuto ieri a Bologna.

Contro questo
tentativo, Scajola ha garantito una reazione intransigente da parte delle istituzioni: «Chi ha immaginato tutto questo - ha detto il minsitro - sappia subito che la Repubblica ed i suoi cittadini hanno la forza, i sentimenti, la volontà e la determinazione di reagire con fermezza, senza lasciarsi intimidire" L'unità in difesa della democrazia Tutti gli interventi delle forze parlamentari si sono allineati alla posizione di dura condanna e di intransigente difesa dei valori democratici espressa dal ministro, così come da quasi tutte le parti si è registrato il richiamo all'unità delle forze politiche e dei partiti e l'appello ad abbassare i toni dello scontro.

Emblematico di gran parte del dibattito, anche per i  consensi unanimi riscossi nell'emiciclo, è stato l'intervento di Enrico Boselli, amico ed ex compagno di partito del professore assassinato: «Non esistono nemici da eliminare ma solo avversari con i quali confrontarsi, anche aspramente ma civilmente:  non c'è posto per la demonizzazione, per la demolizione morale dell'avversario e per gli scontri di civiltà».

«La morte di Biagi - ha proseguito Boselli - non deve servire ad oscurare, sminuire e sottovalutare i gravissimi contrasti esistenti tra Governo e opposizione persino su delicate questioni di libertà, ma deve spingerci tutti a trovare insieme valori comuni da difendere».

L'impegno a ««ricostruire l'unità di tutti i cittadini, di tutti i sindacati e di tutte le forze politiche», è giunto anche da Luciano Violante,  per il quale tale obiettivo è reso difficoltoso da «una certa fragilità del sistema politico italiano» che contraddistingue la situazione attuale.

«Dobbiamo fare uno sforzo - ha detto Violante - per fare in modo che vi siano elementi di congiunzione su alcuni valori di fondo, che non schiacciano il conflitto, sale della democrazia, ma che non permettano che in esso si inseriscano il terrorismo e la violenza, da chiunque manipolati o strumentalizzati».

Appello «all'unità politica intorno alle istituzioni» è giunto anche da Marco Follini del Ccd, il quale ha sottolineato che «la politica è passione, è controversia, è conflitto, che si nutre di differenze aspre, forti», ma essa è "anche, e soprattutto, l'organizzazione di una convivenza, la capacità di riportare le differenze di opinione sotto il cielo di una comune visione della civiltà democratica».

Anche Alfonso Pecoraro Scanio, ha espresso la necessità  di «una grande unità d'azione del paese contro il terrorismo e contro tutte le violenze» ed analoghe considerazioni sono giunte da Bobo Craxi, per il quale nel paese deve essere riaperto «un dialogo politico fecondo nel rispetto delle posizioni democratiche e delle differenze» e dunque è necessario individuare »la strada più idonea delle riforme senza riacutizzare uno scontro sociale che ci piegherebbe all'indietro».  Bertinotti rifiuta l'«union sacré» e vuole risposta liberale Di tenore differente, l'intervento di Fausto Bertinotti,  che ha rifiutato con forza «ogni propensione all'union sacré», e chiedendo che il terrorismo non limiti «il pieno esercizio del dissenso e del conflitto» nelle istituzioni.

«La risposta che la comunità politica e istituzionale deve dare - lo dico io che sono comunista - è una risposta liberale, che tenda a non lasciare che le istituzioni vengano inquinate dal veleno del terrorismo e a lasciare che, dunque, vedano esprimersi al loro interno il pieno esercizio del dissenso e del conflitto».

Per Bertinotti non esiste "alcun rapporto causale tra il conflitto sociale e il terrorismo, come non vi è tra lo scontro politico e il terrorismo.

È il terrorismo che può strumentalizzare gli uni o gli altri.

Al terrorismo - ha concluso il segretario del Prc - c'è una sola risposta possibile: quella della democrazia.

Nella democrazia ognuno deve fare la sua parte.

La nostra parte è quella di combattere per i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori».

Diliberto: l'art.

18 è violenza Unico intervento dai toni particolarmente duri è giunto da Oliviero Diliberto per il quale l'omicidio di Biagi "è un colpo inferto innanzitutto proprio al movimento dei lavoratori, ai sindacati".

Il segretario dei Comunisti Italiani ha aspramente criticato le dichiarazioni di Berlusconi e D'Amato che hanno parlato di clima l'odio "come a voler collegare le lotte e lo scontro aspro politico e sociale, ma pacifico e democratico, a questo orrendo omicidio: è un'operazione che va contrastata con ogni mezzo e da parte di tutti in quest'aula» ha detto Diliberto.

"Lo scontro, quello che sia il Presidente del Consiglio sia il presidente di Confindustria chiamano odio  non è stato scelto dai sindacati" ha detto Diliberto rivolgendosi al Governo, "ma è stato scelto da voi, è stato scelto da Confindustria".

Diliberto ha sottolineato che "non c'è alcuna violenza giustificabile" e che "ogni forma di violenza va contrastata con la massima fermezza.

Ma allora - ha concluso - qualcuno dovrà spiegare ai membri del Governo che anche un licenziamento indiscriminato è una forma intollerabile di violenza ed io intendo combatterla".

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