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In otto mesi di governo del centrodestra il Paese non è cambiato.
Ora Confindustria chiede all'esecutivo «un salto di qualità» capace di dare impulso alle riformeParma, 12 aprile 2002 - «Nel marzo 2001 a Parma, Confindustria ha lanciato una proposta complessiva, articolata nei tempi e negli obiettivi, per fare dell'Italia un paese più dinamico e più moderno, più unito e più giusto».
Parole del presidente di Confindustria, Antonio D'Amato, che aprono la relazione che presenta le ricerche su «La competitività dell'Italia» realizzate dal Centro Studi.
L'anno scorso, qui a Parma, il … candidato premier Silvio Berlusconi aveva aperto il suo intervento sottolineando la stretta coincidenza tra il programma di governo del suo partito e i progetti di Confindustria (Vai al servizio).
«Da allora, - si legge oggi nella realzione di D'Amato - pochi passi sono stati compiuti e non sempre nella direzione giusta».
La ricerca del Centro Studi di ConfindustriaLe parole del presidente trovano conferma nell'analisi che apre l'assise del Palafiera.
Giampaolo Galli, chief economist di Confindustria, illustra i dati che evidenziano i bassi livelli di competitività del paese, le poche risorse destinate alla ricerca, la carenza di flessibilità nell'intero sistema.«Su molti punti che avevamo sollevato l'anno scorso a Parma il governo ha fatto delle proposte.
Alcune di queste proposte, poche, sono già leggi.
Pochissime sono già operative.
Il paese non poteva cambiare in pochi mesi e non è cambiato».La replica del GovernoCiononostante, non viene meno l'apertura di credito degli industriali verso il Governo.
Fini, Tremonti, Maroni e Moratti sono applauditi più volte dalla platea.
Spiegano che occorre tempo per fare le riforme.
«Anche la Thatcher - rileva il ministro dell'Economia e delle Finanze Giulio Tremonti - nel suo primo mandato non fece un tubo.
Faremo le riforme ma non ci potete giudicare dopo solo otto mesi».«In 9 mesi - aggiunge il vicepresidente del Consiglio Gianfranco Fini - non si può giudicare in base al criterio adottato dagli imprenditori, ossia il fatturato, ma piuttosto verificare se la linea corrisponde agli impegni o presi oppure se si è andati su altre strade.
E' vero o no che in questi mesi sono state presentate le tre deleghe?».
Fini ricorda anche altre riforme importanti come la legge-obiettivo e la scuola, e, replicando all'ex ministro Pierluigi Bersani che poneva la priorità della questione del conflitto d'interessi, assicura che «questa volta le riforme si fanno davvero o non si fanno più».Gli obiettivi degli industrialiTre comunque restano gli obiettivi centrali di Confindustria: aumentare il tasso di occupazione (dieci punti sotto la media Ue), ridurre drasticamente il divario tra il Sud ed il resto del Paese, dimezzare l'economia sommersa.
Guidi sottolinea che occorre cambiare una cultura, «perché le imprese non vanno considerate come soggetti con una forte propensione a delinquere».
Le imprese, invece, «hanno bisogno di un ambiente favorevole».«C'è ora bisogno di un salto di qualità capace di dare impulso al processo riformatore», scrive D'Amato, per il quale «le riforme sono necessarie perché nell'economia globalizzata la competitività non dipende solo dalle imprese e dalla loro efficienza.
La competitività dipende anche, sempre più, dal funzionamento del sistema paese rispetto ai paesi concorrenti».
Ora Confindustria chiede all'esecutivo «un salto di qualità» capace di dare impulso alle riformeParma, 12 aprile 2002 - «Nel marzo 2001 a Parma, Confindustria ha lanciato una proposta complessiva, articolata nei tempi e negli obiettivi, per fare dell'Italia un paese più dinamico e più moderno, più unito e più giusto».
Parole del presidente di Confindustria, Antonio D'Amato, che aprono la relazione che presenta le ricerche su «La competitività dell'Italia» realizzate dal Centro Studi.
L'anno scorso, qui a Parma, il … candidato premier Silvio Berlusconi aveva aperto il suo intervento sottolineando la stretta coincidenza tra il programma di governo del suo partito e i progetti di Confindustria (Vai al servizio).
«Da allora, - si legge oggi nella realzione di D'Amato - pochi passi sono stati compiuti e non sempre nella direzione giusta».
La ricerca del Centro Studi di ConfindustriaLe parole del presidente trovano conferma nell'analisi che apre l'assise del Palafiera.
Giampaolo Galli, chief economist di Confindustria, illustra i dati che evidenziano i bassi livelli di competitività del paese, le poche risorse destinate alla ricerca, la carenza di flessibilità nell'intero sistema.«Su molti punti che avevamo sollevato l'anno scorso a Parma il governo ha fatto delle proposte.
Alcune di queste proposte, poche, sono già leggi.
Pochissime sono già operative.
Il paese non poteva cambiare in pochi mesi e non è cambiato».La replica del GovernoCiononostante, non viene meno l'apertura di credito degli industriali verso il Governo.
Fini, Tremonti, Maroni e Moratti sono applauditi più volte dalla platea.
Spiegano che occorre tempo per fare le riforme.
«Anche la Thatcher - rileva il ministro dell'Economia e delle Finanze Giulio Tremonti - nel suo primo mandato non fece un tubo.
Faremo le riforme ma non ci potete giudicare dopo solo otto mesi».«In 9 mesi - aggiunge il vicepresidente del Consiglio Gianfranco Fini - non si può giudicare in base al criterio adottato dagli imprenditori, ossia il fatturato, ma piuttosto verificare se la linea corrisponde agli impegni o presi oppure se si è andati su altre strade.
E' vero o no che in questi mesi sono state presentate le tre deleghe?».
Fini ricorda anche altre riforme importanti come la legge-obiettivo e la scuola, e, replicando all'ex ministro Pierluigi Bersani che poneva la priorità della questione del conflitto d'interessi, assicura che «questa volta le riforme si fanno davvero o non si fanno più».Gli obiettivi degli industrialiTre comunque restano gli obiettivi centrali di Confindustria: aumentare il tasso di occupazione (dieci punti sotto la media Ue), ridurre drasticamente il divario tra il Sud ed il resto del Paese, dimezzare l'economia sommersa.
Guidi sottolinea che occorre cambiare una cultura, «perché le imprese non vanno considerate come soggetti con una forte propensione a delinquere».
Le imprese, invece, «hanno bisogno di un ambiente favorevole».«C'è ora bisogno di un salto di qualità capace di dare impulso al processo riformatore», scrive D'Amato, per il quale «le riforme sono necessarie perché nell'economia globalizzata la competitività non dipende solo dalle imprese e dalla loro efficienza.
La competitività dipende anche, sempre più, dal funzionamento del sistema paese rispetto ai paesi concorrenti».
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