07 AGO 2002

Caso Surace: Radicali, «Una vicenda vergognosa»

[NON DEFINITO] | - 00:00 Durata: 14 min 7 sec
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Registrazione audio di "Caso Surace: Radicali, «Una vicenda vergognosa»", registrato mercoledì 7 agosto 2002 alle 00:00.

Tra gli argomenti discussi: Giustizia.

La registrazione audio ha una durata di 14 minuti.
  • <p><strong>Il dibattito sul forum di Radicali Italiani</strong> Il caso Surace<p><strong>Link</strong> «Libertà per Stefano Surace» di Massimo Lensi, Da L'Opinione<strong>La notizia sulla stampa on-line</strong> Il Manifesto Il Corriere della Sera La Gazzetta del Sud Il Tempo Quotidiano Nazionale
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  • Vittorio Trupiano, avvocato di Stefano Surace

    <p><strong>Intervista</strong>
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  • Le dichiarazioni di Daniele Capezzone e Rita Bernardini

    <p><strong>Condannato nel '63 e nel '67 a due anni e sei mesi di reclusione, l'ex direttore de «Le Ore» rischia di morire in carcere. Capezzone e Bernardini in sciopero della fame: «Aiutiamo Castelli ad esprimere un parere sulla grazia»</strong><p>Roma, 7 agosto 2002 - Condannato per diffamazione a mezzo stampa aggravata e per pubblicazione di atti osceni mentre si trovava in Francia, torna in Italia dopo quarant'anni e viene incarcerato.<p>Oggi Stefano Surace, ex direttore del periodico <em>Le Ore</em>, settantenne ed ammalato, si trova a dover scontare due anni, sei mesi e dodici giorni di reclusione con la paura di non farcela.<p>«Il caso Surace è un caso di giustizia assassina» - dichiara il segretario di Radicali Italiani, Daniele Capezzone, che insieme alla presidente di Ri Rita Bernardini, inizierà a mezzanotte uno sciopero della fame per «aiutare il ministro di Giustizia ad esprimere un parere» sulla grazia per Stefano Surace. <p>Una richiesta di grazia, infatti, è giunta a Via Arenula. «Risulta che il Presidente Ciampi non è contrario alla necessità di un provvedimento di grazia, ma manca il parere del ministro Castelli» - afferma Capezzone. Contro la «melina burocratica» messa in atto al Ministero della Giustizia, lotta anche il movimento di Franco Corbelli, Diritti Civili. A detta di Corbelli, persino il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, sarebbe intervenuto lo scorso 18 luglio invitando il ministro Roberto Castelli ad agire con la «massima celerità».<p>«Mi aspetto poco di buono» - confessa a Radio Radicale il difensore di Surace, Vittorio Trupiano. «Il presidente della Repubblica - sottolinea l'avvocato - è anche capo della magistratura e dunque avrebbe potuto risolvere la questione da tempo». <p><strong>«Un caso di giustizia assassina»</strong><p>Oggi Capezzone e Bernardini, accompagnati dal consigliere regionale lombardo Luigi Farioli, hanno visitato Surace nel carcere di Opera. Qui il giornalista è stato trasferito dopo essere stato nel carcere di «alta sicurezza» di Ariano Irpino ed in quello di Poggioreale a Napoli.<p>«La vicenda di Surace - osserva Capezzone - ora si arricchisce di un’altra pagina inaudita, quella del suo ennesimo trasferimento, avvenuto, peraltro, in tempi e modi assai poco chiari». Ed aggiunge: «Con un accanimento burocratico feroce, per non dire altro, si sta cercando di “risolvere” il caso in maniera definitiva e brutale».<p>Concorda l'avvocato Trupiano: «Opera è qualche cosa di orripilante e si contraddistingue per una certa severità. Trasferirlo lì significa: sei curabile in carcere, sei compatibile con la detenzione entramuraria».<p><strong>Il giornalismo di Surace</strong><p>Tra i paradossi di questa vicenda, c'è il fatto che la realtà carceraria non è affatto nuova per Surace. Negli anni ’70, quando per un giornalista era impensabile entrare in un carcere, si fece arrestare più volte per realizzare un'inchiesta sullo stato dei penitenziari italiani.<p>Surace organizzò persino in modo nonviolento i detenuti nelle loro proteste. «Famosa - racconta un altro esponente radicale, Massimo Lensi - la rivolta <em>bianca</em> nel carcere di San Vittore, uno sciopero della fame a singhiozzo della durata di una settimana, portato avanti alternativamente da milleduecento detenuti, divisi in due turni».<p>Fondò l’AIDED (Associazione italiana di cittadini detenuti, ex detenuti e loro familiari) che il quotidiano La Nazione definì il primo sindacato per i detenuti. Denunciò la corruzione sulle forniture alimentari e i medicinali nelle carceri. Si fece incarcerare volontariamente, con il reato di pubblicazione oscena, a San Vittore, Poggioreale, Monza, Firenze, Arezzo, Legnano, Voghera, Cicciano e Desio. Poi si trasferì in Francia, a Parigi, dove divenne maestro di Ju Jitsu. <p>In merito ai fatti per cui è recluso, in una lettera inviata al quotidiano «Libero», Surace scrive: «L’ho fatto e lo rifarei perché sono convinto che i giornalisti, in un Paese democratico, abbiano un compito essenziale che giustifica, appunto, la libertà di stampa: quello di informare il pubblico sui comportamenti 'anche deviati' di chi copre incarichi pubblici».
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