25 SET 2002

Carceri: Conferenza stampa di Radicali Italiani (con Taormina, Pisapia, Biondi, Siniscalchi ed altri)

[NON DEFINITO] | - 00:00 Durata: 2 ore 50 min
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Indulto, non indulgenza.

Lo chiedono i radicali e parlamentari di diverse forze politiche.

Perché è l'extrema ratio per 58.000 persone che subiscono la certezza della pena e perché il carcere è una problema che riguarda chi sta fuori, come chi sta dentroRoma, 25 settembre 2002 - Daniele Capezzone lo premette: questa iniziativa non è determinata dall'«emergenza di fronte alla quale bisogna essere uniti».

«Si tratta, invece, - spiega il segretario di Radicali italiani - di una situazione grave, rispetto alla quale non c'è da fare il gioco delle sponde politiche, ma da fare sponda con i
diritti umani e civili dei detenuti italiani».

Nasce da queste considerazioni l'idea di un tavolo comune di discussione tra maggioranza e opposizione sulle proposte di clemenza depositate in Parlamento da più parti.

Alcuni dei promotori si sono riuniti oggi a Torre Argentina per una conferenza stampa.Una delle proposte risale alla scorsa legislatura e porta la firma di un ex senatore della Lista Pannella, Pietro Milio.

Che racconta: «Si portò in Commissione tutto quello che era stato prodotto in sede parlamentare, a un certo momento arrivò un input per operare una moratoria nell'approvazione dell'indulto, quindi cominciò la strumentalizzazione forsennata delle forze politiche di destra e di sinistra, compreso il centro».

Della questione nel 1994 si occupò anche Alfredo Biondi, da Ministro della Giustizia.

«Nel cassetto del ministro Castelli, se lo cerca, se se lo fa cercare da qualche esperto, può essere trovato il disegno di legge del ministro Biondi che non passò perché com'è noto nella maggioranza ci sono sensibilità diverse».Indulto «condizionato» o sospensione della pena Sia chiaro che la misura di clemenza in discussione non è l'amnistia, ma l'indulto.

Anzi, una sua particolare forma che condizionerebbe il beneficio della mitigazione della pena all'assenza di recidiva.

Lo spiega meglio l'ex sottosegretario all'Interno, Carlo Taormina: «Se entro un determinato periodo di tempo, ad esempio 5 anni, dovesse essere consumato un altro reato della stessa specie, poi preciseremo meglio, da parte di chi ha fruito del condono, sconterà quella pena che gli era stata tolta oltre alla pena che gli spetterà per il reato che dovesse aver commesso».L'idea riscontra il favore di autorevoli esponenti del centrodestra e dell'opposizione anche perché applica una parte dell'art.79 della Costituzione, quella che prevede l'indulto, troppo a lungo ignorata.

Tanto che Giuliano Pisapia, presidente Comitato parlamentare di monitoraggio sulle carceri, si dichiara disposto a ritirare la sua proposta di amnistia, qualora si riuscisse a trovare un accordo sull'indulto.

Ma le possibilità sono molteplici.

«Se non passasse l'indulto, - osserva lo stesso Pisapia, in riferimento all'ampia maggioranza richiesta dall'art.79 - c'è la proposta del senatore Buemi (dello Sdi) di una sospensione della pena per cinque anni, e se il condannato non commette altri reati, allora il reato si estingue».

L'iniziativa ha ragioni da vendereQualunque sia la scelta finale, è necessario procedere sin da subito alla raccolta di consensi all'interno del Parlamento.

Cosa non facile, anche considerati solo i precedenti di Milio e Biondi.

A proposito, il presidente della Giunta per le autorizzazioni a procedere, Vincenzo Siniscalchi, assicura che «è già in corso una discussione nelle commissioni giustizia per potere raccogliere il maggior numero di firme intorno a questa proposta naturalmente emendabile».

L'iniziativa ha ragioni da vendere.

Chi le carceri le conosce bene come Sergio D'Elia, spiega che si tratta di «una situazione ormai insostenibile, un'emergenza umanitaria».

«Attualmente - specifica il presidente di Nessuno tocchi Caino - abbiamo 56.000 detenuti in strutture che potrebbero contenerne 40-45.000».

Ma il problema non riguarda solo chi sta dentro.

Basti pensare, come sottolinea Pisapia che, calcolando per difetto, «con le scarcerazioni previste, lo Stato risparmierebbe oltre 1.900 miliardi di lire l'anno, somme da poter utilizzare per le strutture alternative al carcere».

Tra l'altro, come ripete Taormina, il provvedimento deve avere «una funzione anticriminogena».

E' per questo che si è pensato all'indulto condizionato.

«Abbiamo ritenuto - aggiunge il noto penalista - di coniugare l'intervento di eliminazione parziale della pena con garanzie per la collettività».

Sul fatto che indulto non significhi indulgenza, concorda anche Vincenzo Siniscalchi.

E' una questione di «par condicio, correttezza nel rapporto tra legislazione e detenuti».

Per il deputato Ds, «è assurdo pensare che il principio di certezza della pena abbia questa strana distinzione quasi da bingo: chi è fortunato in carcere non ci va».

Le misure di clemenza intendono invece «riconoscere il contributo che lo Stato dà alla mitigazione dell'esecuzione pena nei confronti di coloro i quali giustamente subiscono il principio di certezza della pena sul piano effettivo».

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