08 OTT 2002

Giustizia: Radio Carcere intervista Roberto Castelli

[NON DEFINITO] | - 00:00 Durata: 1 ora 26 min
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La situazione nei penitenziari non è grave, è gravissima - conviene il ministro.

La clemenza tuttavia è esclusa.

In nome di una fondamentale «esigenza di sicurezza», per la quale chi è condannato deve essere detenutoRoma, 8 ottobre 2002 - Nessuna amnistia, né indulto.

Il ministro della Giustizia, Roberto Castelli, lo afferma a chiare lettere nel corso di un'intervista a Radio Carcere, il programma che Radio Radicale ogni settimana dedica ai 57.000 detenuti nei penitenziari italiani.

«Credo che lo Stato non possa addivenire al varo di un'amnistia con la motivazione che non sa più dove
mettere i detenuti» - osserva l'esponente della Lega.

«Posso capire un'amnistia che venga approvata al fine di chiudere un'epoca, qualunque essa sia.

Noi abbiamo delle problematiche aperte che ancora non si riescono a chiudere.

Pensiamo alle questioni politiche del terrorismo, pensiamo a Tangentopoli stessa».Alla proposta avanzata dai radicali e da autorevoli deputati e senatori di diversa estrazione politica, il responsabile di Via Arenula replica con un paradosso.

«Delle tematiche aperte ci sono, se il Parlamento si misura su queste credo che sia un'azione molto più nobile del dire che, siccome lo Stato non è stato capace di rispondere all'esigenza di sicurezza per la quale chi è condannato deve essere detenuto, allora rinunciamo a questa funzione fondamentale dello Stato».Nessuna chance in Parlamento Del resto, secondo Castelli, la posizione del Parlamento sulla questione non lascia aperta nessuna possibilità.

«Violante ha detto che non ci sono i presupposti per un'amnistia, la Lega sicuramente non è favorevole, come non lo è An.

A quel punto qualcuno deve dirmi dove sono i due terzi richiesti dalla Costituzione».57.000 detenuti reali più 70.000 virtuali Ciò non significa che il ministro non sia perfettamente a conoscenza della situazione carceraria.

«C'è un dato, e lo dico per la prima volta, che mi hanno fornito i magistrati di sorveglianza» - dichiara Castelli.

«Ci sono settantamila condannati a pene detentive assolutamente a piede libero e che sono in attesa delle decisioni del magistrato di sorveglianza.

La situazione potenziale è quindi enormemente più grave».Comunque troppo pochi Piuttosto che al sovraffollamento, la preoccupazione del governo è tuttavia rivolta alla sicurezza.

«Abbiamo una percentuale di detenuti bassa rispetto a quelli che dovrebbero essere veramente detenuti» - rileva il Guardasigilli.

«Il livello di sicurezza quindi non è assolutamente elevato.

Negli Usa ci sono due milioni di detenuti, rispetto a duecento ottanta milioni di abitanti.

In Italia con la stessa percentuale dovrebbero essercene più di trecentomila».Il governo ha la coscienza a posto Poche preoccupazioni, invece, in vista dell'imminente visita del Papa in Parlamento.

«Se - ipotizza Castelli - il 14 novembre prossimo, in occasione della visita in Parlamento, il Papa parlerà dei problemi del carcere troverà un ministro della Giustizia con le orecchie e con il cuore aperto».

La coscienza del governo, insomma, è a posto.

«Ci sono alcuni penitenziari - sostiene il ministro - in cui giustamente le celle sono riscaldate, mentre i corridoi dove gira la polizia penitenziaria, no.

Credo che questo sia un esempio di come noi ci sforziamo di tenere condizioni il più possibile vivibili per i nostri detenuti e troppo spesso ci dimentichiamo delle condizioni molto difficili in cui operano la polizia penitenziaria e tutto il personale».

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