22 GIU 2008
rubriche

Conversazione settimanale con Marco Pannella

RUBRICA | di Massimo Bordin - RADIO - 17:13 Durata: 1 ora 50 min
A cura di Guido Mesiti e Pantheon
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Puntata di "Conversazione settimanale con Marco Pannella" di domenica 22 giugno 2008 condotta da Massimo Bordin con gli interventi di Marco Pannella (parlamentare europeo, Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l'Europa), Massimo Bordin (direttore di Radio Radicale).

Sono stati discussi i seguenti argomenti: Politica.

La registrazione audio di questa puntata ha una durata di 1 ora e 50 minuti.
  • Introduzione

    Massimo Bordin

    direttore di Radio Radicale

    L’attività parlamentare e la questione della giustizia. L’assemblea costituente del Partito Democratico. La condanna di Rita Bernardini ed altri militanti radicali per disobbedienza civile. L’intervento di Marco Pannella su Notizie Radicali ed il Satyagraha mondiale per la Pace.
    17:13 Durata: 1 min 3 sec
  • Satyagraha mondiale per la pace. "E’ ora di far coincidere la lotta per una alternativa al degrado morale e civile, sociale e politico del nostro paese e dell'Europa con quella contro il disastroso tradimento della verità del presidente Bush e del suo giuramento di fedeltà al proprio paese e alle sue leggi".

    Marco Pannella

    parlamentare europeo (ALDE)

    Il testo di un intervento di Marco Pannella su Notizie Radicali. “E’ ora di far coincidere la lotta per una alternativa al degrado morale e civile, sociale e politico del nostro paese con quella contro il disastroso tradimento della verità del presidente Bush e del suo giuramento di fedeltà al proprio paese e alle sue leggi. Il Partito radicale chiederà di essere ascoltato dal congresso statunitense, e in tal modo darà sviluppo adeguato al suo annuncio: 2008, anno del primo Satyagraha mondiale per la pace, la democrazia, la libertà”. “E’ ormai illusoria qualsiasi alternativa al degrado territoriale e popolare, economico e sociale, morale e civile del nostro paese che non sia anche – come ad esempio “il Manifesto di Ventotene” – alternativa al processo di declino e di corruzione della realtà europea, alla esplosività della situazione medio-orientale e Mediterranea, alla politica di vero e proprio tradimento ideale, istituzionale, morale, contro la vita del Diritto e il Diritto alla vita ormai indubbiamente perpetrato e rappresentato dalla “politica” del Presidente Bush. Tradimento del suo giuramento di fedeltà alla sua Patria e i suoi valori. Se non bastano gli americani per cittadinanza a difendere la verità, la democrazia, la legge, noi americani da sempre, da mezzo secolo almeno, e sempre più decisi ad esserlo, dobbiamo impegnarci per accorrere in loro aiuto, come essi hanno fatto a due riprese, salvando l’Europa con la loro forza, il loro sangue. Dopo le conclusioni del Comitato Rockefeller del Senato, martedì prossimo, con la Commissione Giustizia del Congresso, si affrontano le documentate menzogne e irresponsabilità del Presidente per poter imporre non già la caduta di Saddam e la democrazia per l’Irak, ma la 'sua' guerra contro la verità e le leggi del proprio Paese, degli Usa”. Un primo commento al testo: “Credo non sia insultante solo perché si tratta di accuse precise di cui mi assumo le responsabilità e la gestione”. La posizione radicale dopo l'11 settembre. “Noi non abbiamo avuto bisogno dell’11 settembre come alibi. La nostra campagna iniziò con il padre di Bush e non smettemmo perché dicemmo che c’era solidarietà con questi regimi anche da parte della politica americana e quindi sostenevamo che la minaccia militare – non l’uso della forza militare – fosse, anche questa, una politica doverosa. Perché la minaccia sul Kuwait divenne, per volontà dell'ONU, impresa militare. Noi abbiamo sempre sostenuto che come nonviolenti – e mi permetto di dire come Gandhi, che a tre riprese so schierò nei tre conflitti che si trovò a dover vivere - abbiamo sempre preso posizione, ed una delle cose che riteniamo più gravi della storia del Novecento è stata l’atteggiamento neutralista tra aggressori ed aggrediti. Con l’11 settembre ci siamo trovati a riscontrare che forse si rendevano conto, concretamente, di che cosa fosse in gioco”. Il rapporto tra la prima operazione contro Saddam e l’azione di Bush nel 2003; la presidenza di Clinton nel mezzo e l'accusa al Presidente democratico di aver sottovalutato il problema. “E' abbastanza esatto, anche se certo non era Carter. Clinton cominciò a giocare però un’altra carta, dopo la Corte penale internazionale, nonostante la marea di riserve USA, Clinton finì per consentire la conferenza di Roma e dunque la sua nascita. Poi diede qualche valore, anche istituzionale, alla Organizzazione Mondiale delle democrazie”. L’invasione dell’Iraq e l'iniziativa radicale. “Noi oggi diciamo 'Iraq Libero', ma l'intestazione dell'iniziativa era 'Iraq libero come unica alternativa alla guerra'. Lui infatti (Bush, ndr) ha dimostrato che dell'Iraq libero gliene importava poco; gli interessava piuttosto il 'come', la guerra. Guerra che è costata al mondo della democrazia, al mondo occidentale, più di quanto non sia costata qualsiasi altra iniziativa anche ai bei tempi dell''impero sovietico'”. “Come d'altronde sta accadendo per l’Europa. Quest'ultima era il grande mito: l'Europa – cioè l'Occidente, la democrazia, la libertà - erano l'arma di attrazione di massa. Nel momento in cui continua ad essere rappresentata male, da Bush in prima persona, il risultato è che il 'terrorismo' – e sono contro la sua demonizzazione, che altrimenti gli si dà una forza, una funzione - è la conseguenza di un vuoto e di un pieno di scelte non sensibili effettivamente ai problemi di democrazia e libertà in Medio Oriente e in ogni parte del mondo”. “Abbiamo una situazione esplosiva nella quale gli alleati scelti, come l’alleato pakistano, e quindi purtroppo anche la situazione in Afghanistan” creano qualche problema. “Così come, rapidissimamente, in pochissimi anni, l'Europa, dal mito e dall’accelerazione del processo del passaggio alla democrazia di tutta l’Europa orientale, vede il suo prestigio ridotto ai minimi termini”.
    17:14 Durata: 11 min 15 sec
  • La ricostruzione dell'iniziativa radicale “Iraq Libero”. “Noi a questo punto possiamo dimostrare che in quei mesi abbiamo avuto, per sei-otto settimane, un governo della situazione”, alternativo alla posizione pacifista di fatto filo-Saddam e a quella di Bush con i suoi calcoli di guerra.

    Marco Pannella

    parlamentare europeo (ALDE)

    La riunione della Commissione Giustizia del Congresso USA. Cosa faranno i radicali? “Ora c'è un gruppo di compagni che, in mezzo a mille altre cose da fare, ha ricostruito un dossier molto ricco di quella iniziativa (Iraq Libero, ndr) e dei suoi seguiti. L’ultima manifestazione – ancorché a livello nominalistico – quella del comitato Rockfeller, continua a ribadire come ‘mai documentate' le tesi di difesa e giustificazione della guerra del Presidente Bush. Che siano quelle dell'attribuzione del possesso di armi di distruzioni di massa, che siano le alleanze di Saddam. E poi la battuta, ricordata da altri a Bruxelles, nella famosa conversazione con Aznar; al Premier spagnolo che gli diceva: 'Ma quello vuole l'esilio', il Presidente Bush avrebbe risposto: 'Sì, ma vuole un miliardo di dollari. E' un delinquente e la cosa si risolve in un altro modo'. E' una risposta inaudita. Noi a questo punto possiamo dimostrare che in quei mesi abbiamo avuto, per sei-otto settimane, un governo della situazione; siamo arrivati perfino ad individuare – questo sarà il dibattito - la possibilità dell’unità dell’Europa nella battaglia contro la dittatura e a favore di una costruzione democratica in Iraq. Quando, partendo dalla proposta di de Villepin – che diceva 'inviamo 700 osservatori d’urgenza in Iraq per verificare e nel frattempo non ci si muova' - noi chiedemmo immediatamente al governo italiano e all’Europa che in quel modo si poteva trattare. E a questo punto si sarebbe ritardato: perché pure 200 osservatori, quando Saddam ne rifiutava cinque di controllori ONU...E lì resta anche la questione, ancora da accertare, che dichiarammo già allora: che Blair affannosamente, addirittura senza usare il telefono, si recava fisicamente a parlare da Bush. E adesso si spiega: io ho sempre pensato che la conversione di Blair, in senso di pentimento, fosse possibile. Ora forse è possibile pure quella di Bush”. Rispetto al ritorno dello spirito di Monaco, i radicali dicevano: “L’alternativa alla guerra è un’altra, è la democrazia e la libertà. Lo strumento che individuiamo è la constatazione, da parte di Saddam, della convenienza di quello che gli si sta proponendo”. L'idea di una fase di due-tre anni di gestione ONU affidata – ad esempio - a Michel Rocard od Amartya Sen. “Entrambi molto attenti ai problemi della democrazia ed inoltre con consapevolezza dei problemi economico-sociali”. Amartya Sen e la svolta dell’UNDP che mise al centro “l'attuazione e la difesa di quello che noi come europei abbiamo sempre trovato nell’articolo 2 dei trattati di aiuti, che afferma: ‘tutto questo è subordinato alle riforme democratiche’. Non era più l'ONU in astratto ma un'ONU, in quel momento, nella quale sii era fatta strada questa consapevolezza”. “Satyagragha vuol dire ‘amore della verità’ e 'forza della verità'. La verità su questa storia, tra le tre posizioni individuabili: quella pacifista, alla quale era sensibile il Vaticano, quella di Bush, di calcolo da parte di chi voleva la guerra ed il tentativo nostro di offrire una uscita che fosse di governo democratico di quella situazione. Speriamo che a questo punto non le testimonianze in senso morale, ma le testimonianze che possiamo fornire dei giorni in cui ad esempio abbiamo ottenuto che il Cagre a Bruxelles fosse investito delle decisioni del Parlamento italiano, individuando anche delle date”. “Sarà importante presentare un resoconto dei 70 giorni nei quali sono frequentissimi gli interventi, o i mancati interventi, di Bush e di Blair. E anche come noi, che eravamo sicurissimamente contro la posizione francese e corrispondente a quella pacifista di difesa di Saddam, cogliemmo l’occasione per dire: ‘Oggi si può riformare l’unità di Europa in modo determinate’. Se avremo tempo ed energie, ecco il dopo-Chianciano. Noi non vogliamo serbare il monopolio del merito di questa storia, che non c'è stato tra l'altro, essendo l'iniziativa appoggiata da parlamentari di sinistra come di destra”. “Si tratterà ora di vedere quanta forza abbiamo di parlare con de Villepin, Chirac...Ecco la forza radicale. Noi non abbiamo né Italianieuropei (la fondazione animata da Massimo D'Alema, ndr), né tutto il potere parastatale tipico di ex partito comunista e dintorni, per andare a prendere le testimonianze che sappiamo possono essere date perché avevamo reso pubbliche – senza smentita - quali fossero le forze che si erano mosse per arrivare a quella situazione; quella in cui Bush, pur sbagliando, è stato sincero, rispondendo alla domanda di Aznar sull'idea di esilio per Saddam”. Occorre “trovare modo e tempo per dare soddisfazione, a posteriori, anche a de Villepin, perché è indubbio che in lui vi era questa volontà di dire qualcosa che potesse essere difesa in Europa, non apparendo come la ripetizione della politica di Daladier”.
    17:25 Durata: 14 min 29 sec
  • Le analogie con l'attuale questione iraniana. “Il contributo che noi diamo è quello di colpire la prospettiva inutile e dannosa della guerra di Bush, facendo verità su Bush stesso”. Coincide, l'iniziativa radicale, “con il fronte mediorientale e quello cinese”. “Il problema cinese c’è, nel senso che se non ci fosse il Dalai Lama ed il Tibet”, si dimenticherebbe che “questo è un paese nel quale la democrazia non fa passi avanti”.

    Marco Pannella

    parlamentare europeo (ALDE)

    I punti di contatto con l'attuale vicenda iraniana. “Il contributo che noi diamo è quello di colpire la prospettiva inutile e dannosa della guerra di Bush, facendo verità su Bush stesso”. Le contraddizioni saudite. “L’arma è difendere la democrazia”. “Io ritengo che il fronte più pericoloso continui a restare quello che va dalla Siria fino all’Egitto, con la realtà del Libano, con la situazione palestinese-israeliana. L’Iran può contare e conta molto su questo, sull’opera in Libano ed il sostegno alle forze anti-israeliane all’interno e all’esterno della realtà palestinese”. Sulla situazione iraniana “devo dire che avrei bisogno di conoscere meglio le carte. Ci siamo mossi su Iraq libero dopo che siamo stati sicuri che non si trattasse di un’idea astratta, ma quando siamo stati convinti; allora ne abbiamo fatto iniziativa politico-istituzionale. Mi mancano un po’ di 'carte' sulla situazione iraniana”. “Coincide, questa nostra iniziativa, con il fronte mediorientale e quello cinese”. La ripresa d'iniziativa dell'UNPO e l'attenzione costante dei radicali; l'esempio di Marco Perduca, senatore radicale, che porta anche in Senato il simbolo uiguro. “Il problema cinese c’è, nel senso che se non ci fosse il Dalai Lama ed il Tibet, siccome questo paese è grande – anche economicamente -”, si tende a dimenticare che “questo è un paese nel quale la democrazia non fa passi avanti. E se in un paese di oltre un miliardo di persone la democrazia non fa passi avanti, c’è un 'problema cinese'. Non si deve lasciare solo sulle spalle dell’India il problema di una strategia per tutta quell’area enorme, altrimenti l’India sarà costretta – anche ragionevolmente - ad avere una strategia non detta, ad avere di fatto, in una congiuntura dopo l'altra, posizioni che risentono della sua solitudine rispetto alla Cina”. Lo spot della Fiat sul Tibet e le critiche delle autorità cinesi.
    17:40 Durata: 12 min 39 sec
  • “Mi pare evidente che in Italia una cosa sia pregiudizialmente necessaria, che finalmente nasca un’organizzazione, un soggetto rappresentativo espressione del 90% delle imprese italiane, che sono nano-imprese”. Con sistema istituzionale anglosassone, non ci sarebbe “c’è la possibilità che sia la Confindustria a governare la realtà”, con il suo “centralismo”.

    Marco Pannella

    parlamentare europeo (ALDE)

    “Sto seguendo con interesse il dibattito nel sindacato e del sindacato, nel governo e del governo (che c'è anche quello). Le posizioni del Partito Democratico. Mi pare evidente che in Italia una cosa sia pregiudizialmente necessaria, che finalmente un’organizzazione, un soggetto rappresentativo espressione del 90% delle imprese italiane, che sono nano-imprese, ormai urge. L’unica cosa che non si capisce è 'l’unità sindacale' del fronte imprenditoriale, quella di Confindustria”. “Uno degli elementi più importanti, che non viene espresso, io l’esprimo. Dopodiché, il fatto che lì ci siano anche gli evasori e tutto il resto. Io mi riferisco ad un dato di fondo: c'è il mondo di un’impresa altra rispetto alle grandi imprese”. Le critiche all'IRI. “Le grandi industrie sono ormai per loro natura multinazionali. Mi pare improprio parlare – come si fa oggi nel linguaggio comune - di fallimento dell’iper-capitalismo; da tempo non si tratta più del produttore industriale ma di grandi forze di natura soprattutto transnazionale che operano si un livello finanziario ed incontrollabile. Per cui ridurre a consumatore anche il morto di fame, è un'operazione nuova e ‘super-capitalismo’ non è la migliore definizione. E' piuttosto l'immenso potere di carattere finanziario e speculativo che connota anche le sigle confindustriali, eredi di quelli hanno costituito la grande industria italiana”. “Un’oncia di protezione al sorgere delle nano-imprese, che poi con dei gran lavoratori od imprenditori, ad un certo punto hanno portato al successo di queste imprese”. Con questa realtà industriale ha più rapporto il centro-destra o il centro-sinistra? “Per il momento, a livello di consapevolezza e di coscienza, nessuno dei due. Dicevo prima, tout se tient. Il passaggio al sistema anglosassone, e soprattutto americano, l’uninominale secca, è una operazione – Bossi la capì un po’ quando per un anno sostenne questa nostra proposta – in cui abbiamo certo il Procuratore, le giurie, ma anche – se c'è questo sistema - non c’è la possibilità che sia la Confindustria che governi la realtà”. Non è possibile “il centralismo” confindustriale; “sicurissimamente l’impresa locale, la piccola e media impresa, con questa visione, sarebbe molto più sana e presente. Non vi sarebbe centralizzazione”. L’iniziativa a Pescara e la premiazione di Pannella da parte dell’UGL e di Renata Polverini.
    17:53 Durata: 15 min 28 sec
  • Lo stato del PD: “E' venuto fuori questo partito che si è voluto considerare costretto ogni giorno ad avere una regola diversa, non sapendo poi seguirla”. La riflessione e le presenze del dopo-Chianciano.

    Marco Pannella

    parlamentare europeo (ALDE)

    Il dibattito torna al punto focale della libertà di associazione come fondamento della costituzione dei sindacati, dei partiti. “Il Partito Democratico lo ha dimostrato. E' venuto fuori questo partito che si è voluto considerare costretto ogni giorno ad avere una regola diversa, non sapendo poi seguirla”. Le critiche della Bindi sono scemate, “mentre è indubbio che non si è stancato di voler denunciare questa situazione Parisi che adesso ha avuto una sortita normale. Dice: 'Sono tre mesi che tutti criticano la politica (del PD, ndr) perché non viene cambiata; se non è possibile cambiarla con questa leadership, allora si cambia la leadership'”. Prosegue la riflessione post-.Chianciano. “Domenica scorsa parlammo di un altro dato di riforma della politica, quello della libertà di associazione come fondamento della costituzione dei sindacati, dei partiti, anche come mezzo che non consenta poi una gestione chiericale, burocratica od altro, dei momenti di lotta”. “Nel progredire del lavoro di dialogo, aumentano coloro che sembrano esser interessati anche alla fase di preparazione della terza assemblea post-Chianciano del 12 e 13 luglio”. Il lavoro di “Mauro Del Bue e Pasqualina Napoletano con i compiti di convocatori, che questa volta devono decidere gli inviti, la loro quantità, il luogo in cui si tiene l'incontro”. L'iniziativa per la pace, la rappresentanza sindacale ed imprenditoriale, temi sui quali una certa sinistra potrebbe rivedere le sue posizioni classiche? “Una 'certa sinistra'? Noi rivendichiamo pure di essere eredi della destra storica”. “Le presenze di Sacconi e Rotondi a Chianciano non sono estranee, mentre le altre 'interne'. Lo decideranno poi loro. Ma anche nei momenti in cui quelli dello SDI si erano illusi di aver trovato il tesoro, io dicevo che rimaneva il problema dei socialisti, laici e liberali nell'altro schieramento. Loro dicevano 'mai un partito socialista è stato a destra'. Come?! Per 20 anni il socialismo si è salvato, pur essendo additato come la peggiore delle destre, peggio di quella fascista”. Il ‘governo SS’, Scelba-Saragat. La posizione della CGIL, della Cisl e della Uil; “quelli che sanno meglio che quella rappresentanza, farla lì vuol dire farla a vita, sono loro. Mentre il vero problema è che la funzione di rappresentanza non sia istituzionale. E' fondamentale. Occorre – lo dicono nell'UGL - vivere la condizione che ti fa meglio sentire e scorgere quei minimi aspetti della vita industriale che si può difendere bene se si vive nei fatti”.
    18:08 Durata: 11 min 21 sec
  • L'assemblea del PD: “Credo di conoscere il Loft: questi non ci pensavano neanche al problema del numero legale”. “Io ho delle critiche politiche da fare, come se fossero interne, come quelle che muovo nei nostri dibattiti. Ma come vi è venuto in mente di impedire una RnP in vostro favore? Come vi è venuto in mente di dare il monopolio dell'immagine dell'opposizione a Di Pietro?”.

    Marco Pannella

    parlamentare europeo (ALDE)

    L’assemblea nazionale del PD e la mancanza del numero legale nel corso dell'assemblea costituente. “Questi non ci pensavano neanche al problema del numero legale”. Il trasloco della dirigenza del PD dal 'Loft' al Nazareno, ex sede della Margherita. “Sono tornati, per continuare con Gentiloni e Veltroni, quello che De Lucia denuncia come 'il baratto', così devono fare – Veltroni, Confalonieri e gli altri - solo 10 metri”. Lo stato dei rapporti tra radicali e PD all'interno del gruppo parlamentare: “Quello che è imbarazzante è che io ho delle critiche politiche da fare, come se fossero interne, come quelle che muovo nei nostri dibattiti. Ma come vi è venuto in mente di impedire – come invece era stato fatto nel 2006 – una Rosa nel Pugno in tuo favore? Come vi è venuto in mente di dare il monopolio a Tonino di Pietro - anche televisivo, essendo tu comproprietario di Mediaset e RaiTv – dell'immagine dell'opposizione? Io continuo a dire che, secondo loro, 'tutto è meglio dei radicali'”. “Altra questione: si continua a discutere della questione se noi abbiamo o meno portato dei voti. Io ritengo che l'80% del popolo tradizionale del centro-sinistra guardi a noi come 'gente di casa'. Magari fanno fatica a riconoscere come qualcuno di casa loro Francesco Rutelli”. L'intervista a Daniele Capezzone sul Giornale. “Ho appreso da Giancarlo Perna, che ha fatto una intervista un po’ inginocchiato – e glielo dico, così non sarà contento - che ad un certo punto però dà una notizia: che Daniele è socio, oltre che del Velino. E il Velino ha sicuramente bilanci molto importanti”. In 60.000 euro, secondo il direttore Bordin, consisterebbe l'investimento di cui si parla. “Poi mi dicono che è socio a metà, cosa che non sapevo. Siccome dubito, per quanto accorto si sia rivelato, che abbia potuto farlo nelle sue condizioni economiche normali, ci deve essere qualcuno che lo abbia aiutato a divenire socio. Queste sono cose in cui si deve parlare in questo modo. La delicatezza è parlarne e parlarne in questo modo”. “L’inciso lo volevo fare perché mi pare giusto che chi ci ascolta sappia che io continuo a seguire e trovo delle conferme in quella che – non ho mai smesso di dirlo – è persona di valore. Che cosa poi faccia del suo valore, c’è ad esempio l’anagrafe dei parlamentari – che stiamo rilanciando molto seriamente - a dimostrarlo”. I libri sulla 'casta', dal lavoro di Salvi e Villone a quello di Stella e Rizzo ed anche di Antonello Caporale. “Possiamo trovare tre o quattro cose che fanno scandalo. Ma personalmente questo mi interessa molto poco, perché poi che cambia? Quello che cambia è se comincia a prendere corpo il nuovo ed i nuovi possibili. Ad esempio insisto nel dire che il Satyagraha, con la consapevolezza radicale del cammino dall’idea all’istituzione, è quello che può liberarsi oggi ed avere una sua attualità. Dire cosa è accaduto veramente sull’Iraq e l’esilio di Saddam, vorrebbe dire passare dalla maldicenza ed altro alla forza della verità. Altro aspetto del Satyagraha: sicuramente ci troveremo a chiedere di costituire un Comitato di garanti che ottenga il riconoscimento di Pechino di quali sono le posizioni, da 30 anni, del Dalai Lama. A fronte delle accuse di aver fomentato la violenza e l’indipendentismo, questo avrebbe un grande valore”. “Credo sarebbe importante, forse, che esistesse una riflessione politica del dopo-Chianciano che riorganizzasse questa roba, come l'Organizzazione mondiale della e delle democrazie, tutte cose su cui ci si può unire in un lavoro che è compatibilissimo con il lavoro contemporaneo delle diverse famiglie politiche cui continueremo ad appartenere”.
    18:19 Durata: 16 min 39 sec
  • La questione giustizia e Berlusconi. “Nella realtà disastrosa con la quale ci confrontiamo, Berlusconi c’entra per il 10%. Ma quello che è insostenibile è una realtà che Berlusconi ha solo avuto la responsabilità di ereditare. Gli autori del disastro sono quelli che per 40 anni hanno difeso questo sistema post-fascista che non ha più nessun legame con l'antifascismo della libertà”.

    Marco Pannella

    parlamentare europeo (ALDE)

    La questione giustizia e le posizioni di Berlusconi. “Lui sostiene di lavorare per un problema generale e vorrei vederlo. Poi ci vuole una faccia come la sua, e come la mia, solida, per sostenerlo”. Nel frattempo Di Pietro, Flores, invitano a mobilitazione immediata contro l'emergenza democratica che si starebbe determinando. Come si collocano i radicali? “Noi siamo sempre stati altrove, piuttosto che in mezzo. Intanto la cosa non è nuova; mi rompe un po’ che sia scomparsa l’analisi che abbiamo portato avanti, che il problema in Italia è quello di un monopartitismo imperfetto che tende a creare non-democrazia. Ora tutti a parlare di bipolarismo, bipartitismo...Credo ne parleremo nel dopo Chianciano: nella realtà con la quale ci confrontiamo, disastrosa, Berlusconi c’entra per il 10%”. “Ma quello che è insostenibile è una realtà che Berlusconi ha solo avuto la responsabilità di aver accettato come erede. Gli autori del disastro sono quelli che per 30-40 anni hanno difeso questo sistema post-fascista, ma che ha cessato – come pure dicono le analisi di Giuliano Amato ed altri - di avere rapporti con l’antifascismo della libertà, per continuare a essere sempre di più una situazione di fasci e corporazioni. Berlusconi è un alibi. È vero che gli impegni del ’94 e del ’95 (di Berlusconi, ndr) non esistono più, e nemmeno quelli del ’96 o del 2001”. “Dobbiamo renderci conto che 'la riforma' è la riforma di una realtà che vede Berlusconi come uno dei suoi ultimi gestori. Ma lui non è, rispetto alla situazione precedente, né un riformatore né un contro-riformatore. Altrimenti non capiamo quello che dobbiamo fare. Nel senso che le battaglie nostre, quelle degli anni '70...Si è cambiata la storia di Italia con le decisioni golpiste della Corte Costituzionale di allora; quelle sono le responsabilità, non quelle di Berlusconi. E su questo il dibattito va aperto. Se non siamo d’accordo su qual'è il malato e qual'è la malattia...come dice Crivellini, quelli che si pongono il problema della ‘sanità’ difficilmente creano ‘salute’”. Il dibattito, sui giornali, sulla figura di Montanelli. “Forse il più legittimamente 'montanelliano' – e non bisogna dimenticare gli ultimi due anni di Montanelli ed il suo voto lucido per il centro-sinistra - è Federico Orlando”. “Ma se una personalità come quella di Montanelli, con la ricchezza delle sue contraddizioni, forse è bene dire che non ci sono eredi; però in quel dibattito viene fuori che in Montanelli alcuni punti di riferimento gli erano chiarissimi, ed erano liberali. E a lui si deve la lettura più bella, più di sinistra, dei fatti d’Ungheria. Lui diceva: 'è a nome del loro comunismo che si sono rivoltati'. Mentre stava ancora lì scriveva questo”. I tanti auto-dichiarati eredi di Montanelli: da Travaglio a Suttora, a Feltri. “Per rispetto a Feltri e agli altri, e per rispetto a Indro, dico che per me non c’entrano nulla, nel loro giornalismo, nella loro cultura. Stiamo assistendo all’ennesima prova che quando uno decide di fare il ‘clericale’, decide di puntare su una carta non democratica, lo fa – anche se persona finissima – in maniera rozza”. La pagina dell'Avvenire su Bernanos e la polemica dello stesso giornale con i Paolini di Famiglia Cristiana. “Una cosa è certa: non c’è giorno che l’Avvenire non ci onori della sua attenzione. Una delle cose più frequenti nella storia del Corriere della Sera, della Stampa, di Repubblica, dell'Unità fino all'arrivo di Furio (Colombo, ndr) era il non-parlarne, il non-menzionare. Ogni tanto ci sono delle cose che mi fanno piangere – ma succede a tutti di essere causa di pianto – ma per altro verso c’è una continuità d’attenzione. Comunque lo leggo perché nell’Avvenire c’è una trattazione evidente dei problemi che noi avvertiamo. Risposte opposte, domande comuni”.
    18:36 Durata: 16 min 50 sec
  • Conclusioni. Il Satyagraha, i candidati alle presidenziali USA e la figura di Sharon, appartenente ad “una grande generazione”.

    Marco Pannella

    parlamentare europeo (ALDE)

    Ancora sul Satyagraha. “L’ambizione è di fare ancora una volta qualcosa di sproporzionato alle nostre forze. Quello di accorrere in aiuto dell’America e degli Americani, della loro storia, della loro funzione e visione, non credo sarà roba da mosca cocchiera. E' piuttosto un ambizione grandissima. Non c’è sospetto ora di elezioni, Bush non si ricandida, ma è bene che la gente sappia valutare l’atteggiamento di ciascun candidato rispetto a quella politica di Bush. Obama mi pare sia stato l'unico ad essere da sempre contrario a quella guerra; McCain, che mi sta molto simpatico, vorrei valutarlo anche al di là della sua immagine - di reduce dal Vietnam, di coraggioso, inviso alle Roccella di là - lo vorrei giudicare politicamente”. Il collegamento con la questione mediorientale. “Io avevo simpatia per Sharon che qualche mese prima delle sue iniziative di pace ed apertura, se ne uscì dicendo una cosa del genere: 'Ma insomma, che cosa vogliamo, mantenere per generazioni i palestinesi nelle condizioni in cui si trovano oggi?' Ed era un grido dell'intelligenza e del cuore”. “Continuo a pensare che Sharon appartenesse ad una grande generazione”. Il porre il problema dei palestinesi, “è una cosa che forse avrei sentito da parte di un amico laico che se n’è andato la settimana scorsa”. L'incontro tra Peres e Sharon per la fondazione di Kadima. “Voglio bene a Shimon Peres, ma Sharon era più importante. Quel grido lì era un suo sviluppo. Di Shimon Peres ricordo che, dieci giorni prima dei suoi 80 anni, vedendomi mi disse, sapendo che gli avrei parlato di nuovo dell'adesione di Israele all'UE: ‘Beh, certo, l’anno scorso se qualcuno ci avesse detto che noi Israeliani avremmo confinato con l’America…’. Mi ricordo questa battuta. Quindi, intendeva, ‘bisogna rivedere tutto. Capisco ora che il problema non è quello della NATO ma quello dell’Europa'”. L’ultimo libro di Benny Morris sull’ipotesi “due popoli, due stati”. I documenti di Andrea Caffi pubblicati su Notizie Radicali.
    18:53 Durata: 11 min