11 OTT 2009
rubriche

Conversazione settimanale con Marco Pannella. Ospite in studio Massimo Salvadori

RUBRICA | di Massimo Bordin - RADIO - 17:02 Durata: 1 ora 48 min
A cura di Enrica Izzo e Pantheon
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Ospite della puntata: Massimo Salvadori.

Puntata di "Conversazione settimanale con Marco Pannella. Ospite in studio Massimo Salvadori" di domenica 11 ottobre 2009 , condotta da Massimo Bordin che in questa puntata ha ospitato Massimo Bordin (direttore di Radio Radicale), Massimo Salvadori (professore), Marco Pannella (presidente del Senato del Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito, Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito).

Tra gli argomenti discussi: Politica, Radicali Italiani.

La registrazione video di questa puntata ha una durata di 1 ora e 48
minuti.

La rubrica e' disponibile anche in versione audio.

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  • Introduzione

    Massimo Bordin

    direttore di Radio Radicale

    Ospite in studio, assieme a Marco Pannella e Massimo Bordin, c’è il professore Massimo L. Salvadori, autore di "Democrazie senza democrazia" (ed. Laterza) e docente di "Storia delle dottrine politiche" all'Università di Torino
    17:02 Durata: 1 min 54 sec
  • Salvadori: Parlare di democrazia significa parlare insieme di un ideale, di un progetto, e poi della realtà della democrazia. Il problema è quello di riuscire a capire in quale misura l’ideale viene concretamente incarnato come strumento per organizzare la vita degli uomini.Oggi la democrazia è persino sacralizzata, ma dobbiamo arrivare alla questione centrale: la vita adulta della mente e della pratica, è la capacità di vedere ciò che sta dietro l’apparenza

    Marco Pannella

    presidente del Senato del Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito (PRNTT)

    Massimo Salvadori

    professore

    Massimo Bordin: Soprattutto da parte liberal-democratica si sente spesso dire che aggettivare la democrazia può essere pericoloso. Salvadori: Parlare di democrazia significa parlare insieme di un ideale, di un progetto, e poi della realtà della democrazia. Il problema è quello di riuscire a capire in quale misura l’ideale viene concretamente incarnato come strumento per organizzare la vita degli uomini. La democrazia ha bisogno di essere qualificata, aggettivata, perché come lei ricordava la democrazia ha avuto nella sua storia tanti aggettivi: democrazia diretta, rappresentativa, liberale, democrazia popolare, etc. Quindi occorre che siano gli aggettivi a chiarire di cosa si tratta. Noi ci misuriamo con istituzioni democratiche di matrice liberale; la democrazia diretta degli antichi non è assolutamente riproducibile nella realtà complessa del mondo moderno e dei grandi Stati. Il discorso di Pericle, riportato da Tucidide, per celebrare i morti ateniesi della guerra del Peleponneso. Questo memorabile discorso di un grande leader politico come Pericle, trasmesso da uno dei massimi storici della storia umana, Tucidide, è molto importante, perché pur Pericle riferendosi alla realtà della piccola Atene, e quindi alla realtà della democrazia diretta, aveva fissato alcuni concetti che davvero costituiscono un’eredità per qualsiasi modo di concepire la democrazia. Pericle dice che essa è essenzialmente quel sistema di governo che è diretto contro il potere delle oligarchie e che poggia su due presupposti: la partecipazione attiva dei cittadini alla cosa pubblica e, quando i cittadini sentono di poter entrare con la loro partecipazione continua nel circolo della vita pubblica, la possibilità di controllare in maniera diretta il potere. Partecipazione attiva e controllo di chi è chiamato a esercitare il potere, questi sono due presupposti permanenti di qualsiasi concezione della democrazia. La democrazia moderna è una democrazia rappresentativa, perché nei grandi Stati non possiamo pensare di esercitare la democrazia in maniera diretta. Anche il grande Rousseau, che nel ‘700 aveva fatto rinascere l’ideale della democrazia diretta come modello di democrazia, è lo stesso che poi ha spiegato che la democrazia diretta poteva essere esercitata soltanto in uno Stato di piccole dimensioni. Qui ecco che inizia un problema: se la democrazia è rappresentativa, se il cittadino comune esercita la sua principale funzione politica eleggendo dei deputati, non si rischia di assistere ad un processo di depotenziamento delle democrazia? Pannella: E di oligarchizzazione. Salvadori: Certo, d’altro canto un altro grande pensatore, giurista, Hans Kelsen, aveva spiegato molto bene che certamente la forma integrale di democrazia non poteva che essere la democrazia diretta, ma anche lui aveva chiarito molto bene che in un grande Stato la democrazia non poteva essere quella diretta. E che la partecipazione del cittadino avveniva attraverso il momento elettorale, ma anche attraverso un altro strumento fondamentale che era il partito politico moderno, e quindi Kelsen definì la democrazia rappresentativa come una democrazia dei partiti. E qui mi fermo, su un punto che è stato chiaramente indicato da chi ha introdotto la discussione: a che punto siamo con la democrazia? Questo l’interrogativo che mi sono posto nel mio volumetto ‘Democrazie senza democrazia’. In che misura l’ideale incontra la realtà? Oppure, in che misura l’ideale sta divorziando dalla realtà dei fatti? Sicuramente siamo - in Italia, in Europa, negli Stati Uniti, in Giappone, in India - in sistemi che si autoproclamano ‘democratici’ e che anzi si legittimano sulla democrazia. La democrazia è persino sacralizzata, ma dobbiamo arrivare alla questione centrale: la vita adulta della mente e della pratica, è la capacità di vedere ciò che sta dietro l’apparenza
    17:04 Durata: 12 min 56 sec
  • Pannella: La nostra tesi, da lungo tempo, senza massimalismi ma in uno sforzo di ragionevolezza democratica, è che in Italia non c’è Stato di diritto e non c’è democrazia. E qui viene il nostro destino 'kelseniano': in Italia abbiamo avuto il termine ‘partitocrazia’, quando viene usato nel ’48-‘49, ha una sua attualità scientifica straordinaria. Quindi il problema che poni - la sacralizzazione trionfalistica della democrazia, per la quale tutti sono democratici

    Marco Pannella

    presidente del Senato del Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito (PRNTT)

    Massimo Salvadori

    professore

    Pannella: Massimo Salvadori, più di ogni altro, in questo periodo, studia - come un tempo abbiamo studiato il ‘socialismo reale’ - la ‘democrazia reale’. Il leader radicale rivendica origini ‘salvadorianissime’, da Max Salvadori che è sicuramente tra i miei fratelli maggiori che ho più amato. Max Salvadori è un cugino di Massimo Salvadori mancato negli anni Novanta, cognato di Emilio Lussu. Max, liberale di rilievo certo, è stato in modo singolare presente anche nella lotta; ad un certo punto c’è stata - lo ricordi nel tuo libro - la tendenza a storicizzare la storia degli ultimi due secoli come storia delle democrazie contro le non-democrazie; poi te sottolinei quanto questo abbia dei limiti patenti. Uno che tu indichi è il fatto che la guerra contro il nazismo è stata fatta anche con l’Unione Sovietica; lì il ‘max salvadoriano’ che sono io, tende a dire che era però quell’Unione Sovietica che aveva fatto l’accordo fra Molotov e Ribbentrop. La nostra tesi, da lungo tempo, senza massimalismi ma in uno sforzo di ragionevolezza democratica, è che in Italia non c’è Stato di diritto e non c’è democrazia. E qui viene il destino kelseniano; in Italia abbiamo avuto il termine ‘partitocrazia’, quando viene usato nel ’48-‘49, ha una sua attualità scientifica straordinaria. Quindi il problema che poni - la sacralizzazione trionfalistica della democrazia, per la quale tutti sono democratici. L’altrettanto inflazionato ‘riformismo’. Noi dobbiamo constatare che la Prima Repubblica, quella che oggi sembrerebbe innocente rispetto alla roba di oggi, rispetto a Berlusconi e via dicendo, è stata veramente un regime che si è venuto formando rapidamente e che ha distrutto in modo violento la Costituzione repubblicana, con una complicità anche intellettuale e storica che ci sembra straordinaria, sì che ho fatto ricorso spesso in questo periodo ad Hannah Arendt e alle sue riflessioni sulla ‘metamorfosi del male’. I differenti atteggiamenti delle opposizioni nei confronti del premier, Silvio Berlusconi: Da parte nostra l’analisi è che vi è questa forma di regime, da 60 anni, nella quale dobbiamo parlare di una destra e di una sinistra ‘di regime’, e poi di chi ritiene che la speranza democratica possa continuare a riproporsi come soluzione storica. C’è una cosa che mi sembra non essere citata nel tuo libro ma che sicuramente hai presentissima: da una parte per esempio che nella democrazia greca abbiamo la nonviolenza, laica, Socrate, il disobbedire per mutare le leggi. Il dire ‘sono colpevole’, per mutare l’opinione sull’interpretazione della legge o la legge stessa. L’attualità, dunque, di Gandhi e M. L. King. Pannella ricorda poi alcuni nomi presi come riferimento dai radicali anche in recenti iniziative politiche transnazionali: non solo Popper, ma anche Kant. Il manifesto di Ventotene - con la sua idea di federalismo - è uno dei nostri testi politici di base, che proponiamo al Dalai Lama e facciamo circolare con la sua straordinaria attualità. In cui si dice che lo Stato nazionale non può più proporre benessere, perché non c’è più corrispondenza tra potere democratico ed altri luoghi di potere, come quelli tipici della globalizzazione
    17:17 Durata: 14 min 32 sec
  • Salvadori: In Italia, noi siamo o non siamo in democrazia? Io nel mio libro ho espresso la convinzione che in Italia la democrazia si presenti così usurata da rendere quantomeno legittimo l’interrogativo e mi sono detto che i governi che escono attualmente dal processo elettorale, come quello conosciuto nell’aprile 2008, dovrebbero essere definiti ‘governi a legittimazione popolare passiva’. Berlusconi ha accumulato una quantità di potere economico, politico e dell’informazione, che sta creando uno squilibrio fondamentale nell’equilibrio dei poteri che garantiscono una società democratica

    Marco Pannella

    presidente del Senato del Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito (PRNTT)

    Massimo Salvadori

    professore

    Salvadori: Intanto direi che occorre fare una riflessione sullo stato delle cose attualmente in Italia. Noi siamo o non siamo in democrazia? Io nel mio libro ho espresso la convinzione che in Italia la democrazia si presenti così usurata da rendere quantomeno legittimo l’interrogativo se siamo in un sistema politico e istituzionale che si presenti come sostanzialmente democratico. Ho espresso tutto il mio turbamento e, alla ricerca di una formula, mi sono detto che i governi che escono attualmente dal processo elettorale, come quello conosciuto nell’aprile 2008, dovrebbero essere definiti ‘governi a legittimazione popolare passiva’. ‘A legittimazione’, nel senso che la funzione rituale delle elezioni è proprio rivolta a dare legittimità alla formazione del Parlamento e del Governo; ‘passiva’, perché il ruolo che il corpo elettorale ha In Italia addirittura abbiamo visto che delle oligarchie di partito hanno confezionato le liste elettorali in modo tale da fare sì che si entri nelle cabine elettorali come si entra al supermercato e ci si trova a scegliere tra quattro tipi di salame che sono messi sul banco. Così, quando si va a votare in un sistema come il nostro, si va a votare non solo con delle liste predefinite, ma addirittura con dei candidati alle elezioni che sono imposti. L’unica scelta che mi rimane è quella di non comprare nessuno dei quattro tipi di salame. Ma c’è qualche cos’altro. L’altro ieri sul Corriere della Sera c’era un articolo di Pierluigi Battista, intitolato ‘Il regime che non c’è’. A parte il fatto che oggi è in vigore un linguaggio all’ingrosso e c’è questo uso del termine per cui ‘regime’ diventa sinonimo di ‘dittatura’. Mentre il termine ‘regime’ è un termine neutro. Però Battista, intendendo per ‘regime’ un regime autoritario, dice: in Italia non si può dire che ci sia un ‘regime’, inteso come regime autoritario, perché c’è il pluralismo, ci sono tanti giornali, ci sono vari canali televisivi, vari partiti. Questo è un discorso che va approfondito. Intanto il mondo politico si evolve e il problema della degenerazione autoritaria di quelle che chiamiamo ‘democrazie’ non è contenuto nel momento in cui si entra in un regime di tipo autoritario, ma nel momento in cui la forma democratica entra in una situazione di degenerazione. Tanto è vero questo, che proprio i grandi pensatori liberali che analizzarono la democrazia moderna al suo nascere - come Toqueville, come Constant, ma prima ancora i padri fondatori americani - parlarono di questo pericolo, che ci fosse la cosiddetta tirannia della maggioranza. Che nasceva proprio all’interno di una distorsione della democrazia. E dove sta il pericolo della paventata degenerazione?Pannella: La passività, dicevi. Salvadori: Ma non solo. C’è un problema più radicale: abbiamo detto sin dall’inizio che noi stiamo parlando di ‘liberal-democrazie’; la democrazia di matrice liberale deve al liberalismo alcuni pilastri che poi sono diventati tout court i pilastri della democrazia moderna. In primo luogo il fatto che un potere, per non divenire autoritario, deve poggiare su degli equilibri. Nella sua celeberrima opera ‘Lo Spirito delle leggi’, Montesquieu ad un certo punto dice una frase memorabile, una delle più grandi sentenze politiche mai pronunciate in 2000 anni di pensiero politico: ‘Occorre che il potere freni il potere’. Quando Berlusconi scese in campo e iniziò a governare, scrissi un articolo, uno dei primi in cui si parlava di ‘emergenza democratica’. Proprio Battista, su La Stampa, mi rispose dicendo che era una esagerazione. Ma cosa si sta verificando? Ci sono delle pagine di Weber e Mill nelle quali, badate bene, questi argomenti erano utilizzati per paventare il socialismo che dicevano: guardate che se si crea una concentrazione di potere per cui nelle stesse mani si accumulano potere economico, potere politico e potere di condizionare l’opinione pubblica In Italia, dove sta la sostanza del pericolo berlusconiano? Sta nel fatto che quest’uomo certo non è il padrone di tutta l’economia italiana, di tutta la politica italiana, di tutta l’informazione italiana, ma lui ha accumulato una quantità di potere economico, politico e dell’informazione, che sta creando uno squilibrio fondamentale nell’equilibrio dei poteri che garantiscono una società democratica. Quindi qua c’è un forte pericolo autoritario, che non è una minaccia ma una realtà in atto
    17:32 Durata: 15 min 19 sec
  • Salvadori sulla evoluzione della partitocrazia in Italia: I partiti della Prima repubblica erano grandi partiti popolari. I grandi partiti di massa sono diretti da piccoli gruppi di professionisti della politica, ma questi partiti mobilitavano grandi masse, le facevano partecipare alla discussione politica. Oggi invece in Italia i partiti di massa non ci sono più, la formazione politica è condotta attraverso i dibattiti televisivi che sono dei discorsi al balcone. Prima c’erano le oligarchie e le masse, oggi ci sono solo le oligarchie

    Marco Pannella

    presidente del Senato del Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito (PRNTT)

    Massimo Salvadori

    professore

    Salvadori poi commenta un punto sollevato da Pannella, ovvero il ruolo della Prima Repubblica: E’ vero che i problemi della democrazia italiana hanno delle radici che risalgono alla nascita della Prima Repubblica. Sappiamo bene che fin dalla seconda metà degli anni Quaranta ci fu chi parlò di partitocrazia, come Maranini. Però vorrei fare un’osservazione: è vero che i partiti acquistarono un enorme potere, però c’è una differenza tra la partitocrazia attuale e quella della prima Repubblica. I partiti della Prima Repubblica erano grandi partiti popolari. Pannella: Anche i partiti degli anni ’30. Salvadori: Non occorre scomodare la ‘Sociologia del partito politico’ di Robert Michels che, sulla scorta del pensiero di Mosca e Weber, aveva sentenziato che dire ‘organizzazione’ vuol dire ‘oligarchia’. Però lo stesso Michels aveva fatto una osservazione: sì, i grandi partiti di massa sono diretti da piccoli gruppi di professionisti della politica, ma questi partiti mobilitavano grandi masse, le facevano partecipare alla discussione politica. Prendiamo un partito come il Partito Comunista Italiano, il cui gruppo dirigente era un classico esempio di gruppo fortemente unito, elitario e oligarchico. Però le molte centinaia di migliaia di iscritti del Pci vivevano nelle sezioni in molti casi giornalmente, partecipavano alla preparazione dei congressi, avevano la mente piena della propaganda spesso fondata sull’ignoranza della realtà dei partiti socialisti, ma era una partecipazione attiva che su problemi concreti - un esempio lo ha dato il comunismo emiliano - creava buoni amministratori, etc. Cioè erano ancora dei partiti che svolgevano una funzione di partecipazione. Pannella: Democratica? Salvadori: In parte. Oggi invece in Italia i partiti di massa non ci sono più, la formazione politica è condotta attraverso i dibattiti televisivi che sono dei discorsi al balcone. Prima c’erano le oligarchie e le masse, oggi ci sono solo le oligarchie, o delle masse mobilitate occasionalmente: possono essere le primarie del Pd, le manifestazioni di Di Pietro o del PdL. Poi la Prima Repubblica nel nostro Paese era fondata su un sistema politico bloccato che, data la presenza del Pci, dato il suo legame con l’Unione Sovietica, era bloccato appunto. In un mio saggio del ’94, ‘Storia d’Italia e crisi di regime’, affermavo che il sistema bloccato della Prima Repubblica seguiva un sistema rigidamente bloccato come quello fascista, il quale a sua volta seguiva un altro regime bloccato che era quello liberale. Pannella: Ma quello liberale-gentiloniano. Salvadori: E allora ci avviciniamo a un elemento grave del secolare deterioramento del tessuto civile e politico italiano. Un paese che è stato basato sul succedersi di sistemi politici bloccati, è un Paese cui manca l’elemento fondamentale di un sistema vivo politicamente, in cui una parte può sfidare l’altra, in cui il popolo si divide, cambia opinione e determina un ricambio delle classi politiche. I regimi politi bloccati hanno visto classi politiche sempre eguali, cambiare solo in virtù di parziali processi trasformistici. Adesso il berlusconismo rischia, anche per incapacità dell’opposizione, di creare un nuovo sistema politico bloccato che non ha di fronte a sé energie che possano assicurare un ricambio
    17:47 Durata: 11 min 3 sec
  • Secondo Pannella, è già la Prima Repubblica a tradire in maniera patente la Costituzione italiana: Prendiamo i parametri internazionali. Ma sarebbe ammesso nella Unione Europea un Paese che secondo Costituzione ha quattro schede elettorali, delle quali tre non vengono fatte usare?

    Marco Pannella

    presidente del Senato del Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito (PRNTT)

    Massimo Salvadori

    professore

    Pannella: Io credo di evocare una serie di fatti che hanno una natura così patente da essere accecanti e infatti credono abbiano accecato la storiografia e la politica italiana. Terracini mi pare firmi la Costituzione il 2 gennaio del 1948. In quella Costituzione si prevedevano - per la ricreata democrazia italiana - quattro schede per gli elettori italiani, in modo tale che nella Costituzione era indicata la necessità di fare leggi attuative urgenti. Una è la scheda referendaria. Per 25 anni, più di una generazione, questa scheda è negata, senza grande tragedia perché sappiamo che tutti i grandi partiti non ne avevano grande voglia. C’era una scheda per le Regioni, che dovevano essere costituite con elezioni da fare immediatamente; ci furono 3 o 4 spostamenti finché si sono perse per altri 20 anni. Un’altra generazione. E le Regioni così diventano quelle paventate con grande lucidità da Calamandrei, dal Partito d’Azione, cioè la continuità amministrativa dello Stato anziché aspettare la Lega 30 anni dopo per porre - male - alcuni problema. Poi c’era la scheda per il Senato, che era un Senato americano: non doveva durare tanto quanto la Camera, era un assetto bicamerale ma non quello burocratico che abbiamo conosciuto. Quando, in uno Stato democratico, la Costituzione ti dice: sai cos’è, a questo punto sono necessarie quattro schede, e quindi rivolgersi quattro volte all’elettorato, informarlo. Io ho avuto allora una piccola polemica con Giorgio Galli che parò di bipartitismo imperfetto. Io gli dissi che quello era invece monopartitismo imperfetto, perché il 95 per cento della legislazione italiana, già alla fine degli anni ‘50, era approvato nelle commissioni parlamentari in sede legislativa, quindi all’unanimità, con il voto dell’Msi, del Pci e di tutti quanti. Un regime nel quale il monopartitismo funzionava bene. Ma togliendo al cittadino italiano il diritto, come durante il fascismo, di intervenire strutturalmente. Berlusconi ha fatto qualcosa che somiglia a questo? O che somiglia ai decreti Cossiga che hanno sfasciato i Codici Rocco rendendoli anche peggiori? Allora, questa è la Prima Repubblica. E quindi voglio dire a questo punto: prendiamo i parametri internazionali. Ma sarebbe ammesso nella Unione Europea un Paese che secondo Costituzione ha quattro schede elettorali, delle quali tre non vengono fatte usare? La Turchia ha fatto dei miracoli, si è avvicinata alla democrazia politica e si trovano ancora ragioni per tenerla fuori. Il leader radicale cita poi l’analisi dello storico Benedetto Croce, che dice che siamo in uno strano Paese, l’unico che non avendo conosciuto Riforma, fa la Controriforma. La sorte del welfare in Italia. I referendum radicali nella storia repubblicana. Siamo fuori da uno Stato di diritto. C’è una nozione di fatto: non solo le famiglie sono di fatto, ma tutte le istituzioni sono di fatto
    17:58 Durata: 10 min 25 sec
  • Salvadori: Il sistema politico è rimasto bloccato perché la Dc e i suoi alleati hanno continuato a governare per tutto il periodo della Prima Repubblica. Il ritardo dell’applicazione della Costituzione, il sistema politico bloccato, sono tutti fattori di un deterioramento del tessuto democratico e liberale del nostro Paese che oggi continua. Quello che è importante è sapere che Berlusconi non è che l’ultimo capitolo di una vicenda iniziata tempo fa

    Marco Pannella

    presidente del Senato del Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito (PRNTT)

    Massimo Salvadori

    professore

    Salvadori interviene, da storico, sulla tarda applicazione delle Regioni. Pannella: Dopo una generazione intera, si può dire ‘tarda’? Salvadori: Le regioni erano state inserite nella Costituzione perché corrispondevano ad un filone, lasciato poi cadere, del pensiero della sinistra. Corrispondeva sicuramente alla tradizione cattolica, di Sturzo e della democrazia cristiana. C’era una indubbia presenza del pensiero federalista che poi è stata recepita nella carta costituzionale. Ma dopo che i costituenti avevano inserito l’ordinamento regionale, i partiti politici dominanti ne hanno avuto paura, subito, perché non dobbiamo dimenticare cosa è stato il federalismo siciliano tra il ’44 e il ’47. Il separatismo siciliano, quello di cui era diventato leader Finocchiaro Aprile. Un separatismo che si era dotato di un braccio armato. C’era poi la tradizione del federalismo sardo, che aveva le sue venature separatistiche. C’era poi il problema dell’Alto Adige. Insomma, a torto o a ragione, i grandi partiti politici. Pannella: Vollero la continuità dell’applicazione del regime fascista. Salvadori: Hanno avuto paura. Pannella: Della democrazia. S.: della applicazione dell’ordinamento federale. La spaccatura del Paese, secondo Salvadori, al referendum su monarchia o repubblica. Con la guerra fredda, a quella delle tendenze separatiste si è aggiunta la paura che le Regioni potessero diventare, essendo occupate a macchia di leopardo dalle sinistre e dalla Dc. E questo è stato un ulteriore elemento. Io prima parlavo di sistema politico bloccato nel senso che era interdetto alla sinistra italiana di diventare forza politica di governo perché oltretutto non lo voleva nemmeno diventare nella maniera tipica. Però il sistema politico è rimasto bloccato perché la Dc e i suoi alleati hanno continuato a governare per tutto il periodo della Prima Repubblica. Il ritardo dell’applicazione della Costituzione, il sistema politico bloccato, sono tutti fattori di un deterioramento del tessuto democratico e liberale del nostro Paese che oggi continua. Quello che è importante è sapere che Berlusconi non è che l’ultimo capitolo di una vicenda iniziata tempo fa. Secondo Bordin, le analisi di Pannella e Salvadori possono essere complementari, e comunque portano alla stessa conclusione: Berlusconi non nasce dal nulla. Salvadori: Da un certo punto di vista, è un sistema che si è riprodotto. Perché purtroppo l’unità italiana è nata sulla base di una così grave spaccatura - prima tra Nord e Sud, con il brigantaggio che è stata una enorme guerra civile, cui poi ha fatto seguito un’opposizione al sistema (ufficialmente) liberale che era rappresentata dagli anarchici e poi dai socialisti, che non riconoscevano lo Stato della borghesia, dai repubblicani e dai radicali i quali non riconoscevano l’istituzione monarchica. Lo Stato unitario si è sviluppato con un popolo che ha visto succedersi delle oligarchie e dei monopoli di governo, avendo visto opposizioni sempre impossibilitate a costituire alternative efficaci di governo, e quindi una parte della popolazione si è adeguata in una psicologia anti-sistema, mentre una parte maggioritaria si è adeguata al sistema del potere dominante ed è venuto meno quello spirito di competizione, di pluralismo con delle prospettive di esito politico normale
    18:08 Durata: 11 min 27 sec
  • Pannella: Questo regime sessantennale porta, come tutti i regimi non democratici, alla morte non solo civile ma anche fisica. La distruzione ideologica anti-democratica - cioè ‘non possiamo rispettare le leggi per questo o quell’altro motivo’ - ha portato al dissesto idrogeologico di questo Paese. Abbiamo un regime in cui Santoro e Vespa sono le due facce della stessa medaglia. Servono componenti differenti. E’ un regime che sceglie le opposizioni. Sceglie Tonino Di Pietro, sceglie Fausto Bertinotti. La questione vaticana

    Marco Pannella

    presidente del Senato del Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito (PRNTT)

    Massimo Salvadori

    professore

    Pannella: Ma non si può parlare dell’obiettivo democratico e dello Stato di diritto, in una situazione nella quale la stessa Costituzione materiale di cui parlava Mortati era una costituzione vigente, che nel vigere poteva trovare degli adattamenti, ma non era la Costituzione di fatto come oggi. In più, questo regime sessantennale porta, come tutti i regimi non democratici, alla morte non solo civile ma anche fisica. La distruzione ideologica anti-democratica - cioè ‘non possiamo rispettare le leggi per questo o quell’altro motivo’ - ha portato al dissesto idrogeologico di questo Paese. Abbiamo costantemente, adesso, delle leggi che sono state votate dall’opposizione: l’abolizione delle preferenze, etc. Abbiamo un Paese invece che, quando siamo riusciti a interpellarlo con i referendum, ha causato lo stupore del mondo: l’aborto, il divorzio - con il Vaticano contro -, la riforma dei codici - che non è stata solo grazie alla Corte Costituzionale che chiamo suprema cupola della mafiosità partitocratica. Abbiamo un’amministrazione della giustizia con 11 milioni di processi pendenti, con 2 milioni di prescrizioni negli ultimi 9 anni e con la giustizia europea che ci condanna: non c’è confronto con lo stato dell’amministrazione della giustizia nel periodo fascista. Che era autoritario ma aveva una legalità. Le iniziative transnazionali dei radicali. La maturazione dei credenti italiani. Questo è un popolo che, secondo i sondaggi, da 40 anni è per la legalizzazione dell’eutanasia. Da 40 anni. Il dibattito non c’è. C’è la propaganda anti-eutanasia. E in questo grossomodo abbiamo un regime in cui Santoro e Vespa sono le due facce della stessa medaglia. Servono componenti differenti. E’ un regime che sceglie le opposizioni. Sceglie Tonino Di Pietro, sceglie Fausto Bertinotti. Salvadori: Tutte queste questioni hanno un convitato di pietra, che è il Vaticano e il suo ruolo in Italia. Le radici della questione del dibattito che nel ’47 ci fu in Assemblea sull’articolo 7 della Costituzione. Salvadori: L’unico costituente comunista che votò contro l’inserimento dei Patti lateranensi in Costituzione, cioè contro l’articolo 7, fu Teresa Noce. Concetto Marchesi si assentò. Pannella: Incazzato, se ne andò. Salvadori: Allora qui il problema è che prima il Pci, poi tutte le forze politiche maggioritarie dell’opposizione, non hanno mai avuto il coraggio di affrontare quella che Gramsci aveva chiamato la ‘questione del Vaticano’. Pannella: Sai qual è il guaio? Che abbiamo molto ascoltato Gramsci, e mai Salvemini. Sturzo e l’evoluzione della sua posizione sulla ‘Legge Truffa’
    18:20 Durata: 13 min 51 sec
  • Pannella: Noi serbiamo la convinzione che la democrazia, come diceva Churchill, è un sistema di merda, ma comunque il migliore che conosciamo nel mondo. Però dobbiamo stare attenti alla ‘democrazia reale’. E oggi in Italia, in termini di ‘democrazia reale’, le forze che combattono Berlusconi vanno male perché il popolo non riconosce loro la dignità, sa che sono coautori di tutto questo

    Marco Pannella

    presidente del Senato del Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito (PRNTT)

    Massimo Salvadori

    professore

    Pannella: Noi serbiamo la convinzione che la democrazia, come diceva Churchill, è un sistema di merda, ma comunque il migliore che conosciamo nel mondo. Però dobbiamo stare attenti alla ‘democrazia reale’. E oggi in Italia, in termini di ‘democrazia reale’, le forze che combattono Berlusconi vanno male perché il popolo non riconosce loro la dignità, sa che sono coautori di tutto questo, e non è un caso che mandano in televisione prima Bertinotti e poi Di Pietro, ma la componente radicale no. Perché? Perché alle ultime elezioni europee, dopo una campagna che per noi era una lotta partigiana, l’Istituto Cattaneo ha scoperto che noi abbiamo avuto un apporto maggiore dal centro-destra che dal centro-sinistra. E’ la stessa cosa che era accaduta con la Rosa nel Pugno. Il problema è dunque quello di riuscire a fare l’appello al popolo, quello istituzionale e non quello populista, perché sai quanto siamo attenti alle norme e ai procedimenti. La diffusione della peste italiana oltre i confini nazionali, a partire da Israele. Salvadori: Quando Churchill pronunciò quella frase - la democrazia è un sistema pieno di difetti ma resta il migliore che conosciamo - la diresse, giustamente, contro i sistemi dittatoriali rossi e neri. E aveva il senso di dire: badate bene, la democrazia avrà tutti i suoi difetti, ma guardate bene quello che c’è dall’altra parte. Oggi siamo in una situazione diversa: l’ideologia democratica è sacralizzata e trionfante. Dovremmo quindi riscrivere la frase di Churchill, e dire: guardate che la democrazia è un valore importante, ma se volete difenderla occorre ad un certo punto difenderla dalle sue degenerazioni
    18:34 Durata: 7 min 41 sec
  • Conclusioni. Il sistema americano e l’elezione di Obama. Il rapporto tra capitalismo e democrazia.

    Marco Pannella

    presidente del Senato del Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito (PRNTT)

    Massimo Salvadori

    professore

    Il ruolo degli Stati Uniti, come terreno di confronto di un sistema democratico con il rischio plutocratico. Salvadori: Obama è un punto di svolta. Sicuramente, dopo la duplice elezione di Bush, una svolta più radicale di quella era difficile immaginarla. Quando gli Stati Uniti si scontrano con i problemi della degenerazione della democrazia, hanno sempre il problema della tendenza delle grandi oligarchie - John Rawls ha scritto che sognava alcune riforme nel sistema politico americano, e la più pepata era al porre fine ad una situazione nella quale il denaro compra il potere . E allora torniamo al problema del rapporto tra democrazia e capitalismo. La democrazia liberale vive certamente del mercato. Pannella: Per governare il mercato, altrimenti muore di mercato. Salvadori: L’esperienza del tentativo di coniugare la democrazia con l’abolizione del mercato abbiamo visto a cosa ha portato; è stata un’esperienza fallimentare. Ma i casi sono due: o il mercato, e l’influenza che hanno gli strati alti, vengono essi stessi sottoposti a dei vincoli forti, oppure noi assistiamo a un potere della plutocrazia che è quello che è stato alla base della grande depressione dell’autunno del 2008. Quello tra capitalismo e democrazia è un rapporto che porta alla conclusione per cui il capitalismo deve essere sottoposto a regole di funzionamento e a regole di equità sociale. E quindi occorre che il rilancio della democrazia poggi necessariamente sul fatto che il potere politico democratico tocchi la dimensione sovranazionale dell’economia, e per questo servono delle istituzioni adeguate. Pannella: Nonviolent Radical Party, Transnational and Transparty. Un manifesto, no?
    18:41 Durata: 8 min 53 sec