07 OTT 2012
dibattiti

Le sfide per il Partito Radicale Nonviolento: dall'Europa al Medio Oriente per una politica transnazionale dei diritti -- (Scheda con sintesi)

DIBATTITO | - Milano - 16:48 Durata: 1 ora 34 min
A cura di SI
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Promosso nell'ambito dell'iniziativa Radical Party in corso a Milano dal 28 settembre al 9 ottobre 2012.

Registrazione audio del dibattito dal titolo "Le sfide per il Partito Radicale Nonviolento: dall'Europa al Medio Oriente per una politica transnazionale dei diritti -- (Scheda con sintesi)", registrato a Milano domenica 7 ottobre 2012 alle 16:48.

Dibattito organizzato da Associazione Radicale "Radicali senza fissa dimora" di Milano.

Sono intervenuti: Emiliano Silvestri (tesoriere dell'Associazione Radicali Senza Fissa Dimora di Milano), Matteo Cazzulani (giornalista e scrittore), Marco
Perduca (senatore, Candidati radicali nel Partito Democratico), Daniele Nahum (portavoce della Comunità Ebraica di Milano).

Tra gli argomenti discussi: Bielorussia, Cecenia, Democrazia, Diritti Civili, Diritti Umani, Diritto Internazionale, Elezioni, Esteri, Europa, Georgia, Gheddafi, Governo, Libia, Mali, Medio Oriente, Monti, Partito Radicale Nonviolento, Politica, Politkovskaja, Putin, Russia, Totalitarismo, Ucraina, Unione Europea.

La registrazione audio di questo dibatto ha una durata di 1 ora e 34 minuti.

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  • Introduzione

    Emiliano Silvestri

    tesoriere dell'Associazione Radicali Senza Fissa Dimora di Milano

    Matteo Cazzulani

    giornalista e scrittore

    16:48 Durata: 6 min
  • Perduca sugli “scricchiolii di determinati tipi di certezze” nel regime russo, la vicinanza tra Berlusconi e Putin e l'atteggiamento del Governo tecnico: “Questo Governo, che non ha perché non può avere una politica estera decisa e chiara, cerca di non praticare nessun tipo di discontinuità nel passato, perché la presenza dei poteri forti nel Governo Monti è tale che nessuno si azzarderebbe ad andare contro l’Eni, ma anche contro l’Enel e tutto ciò che è il pianeta Finmeccanica che è ancora attivo in Russia”.

    Marco Perduca

    senatore (PD - Radicali)

    Perduca sugli “scricchiolii di determinati tipi di certezze” nel regime russo, la vicinanza tra Berlusconi e Putin e l'atteggiamento del Governo tecnico: “Questo Governo, che non ha perché non può avere una politica estera decisa e chiara, cerca di non praticare nessun tipo di discontinuità nel passato, perché la presenza dei poteri forti nel Governo Monti è tale che nessuno si azzarderebbe ad andare contro l’Eni, ma anche contro l’Enel e tutto ciò che è il pianeta Finmeccanica che è ancora attivo in Russia”. Marco Perduca, senatore radicale, esordisce criticando il gemellaggio tra Milano e San Pietroburgo, città che ha messo al bando per 100 anni ogni manifestazione per i diritti degli omosessuali. “Marco Cappato per primo ha lanciato una petizione, che credo diventerà anche una mozione, per chiedere che venga sospeso questo tipo di gemellaggio perché è vero che in Russia si va indietro rispetto agli anni della Glasnost e della Perestroika, ma è altrettanto vero che fuori dalla Russia nessuno più”, - “neanche gli Stati Uniti che forse ancora con Bill Clinton cercavano di prendere una situazione chiara, ricordo ad esempio negli anni 90 sulla guerra cecena, non ovviamente da parte di chi combatteva ma se non altro del rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani” - si oppone a questa tendenza. “Si fa un ragionamento di convenienza uguale e contrario al ragionamento di politica liberticida e di imposizione di una serie di decisioni che fanno tornare la Russia molto più vicina all’Unione sovietica”. Le consultazioni elettorali in alcune repubbliche ex sovietiche e l’omicidio di Anna Politkovskaja legato anche alla questione cecena. La politica di Putin e “la lotta tra le due mafie all’interno del suo partito che si alternano, anche se non sappiamo ancora se si potranno davvero alternare perché la fazione di Putin resta predominante”. “Se potessimo andare ad analizzare, e bene sarebbe poterlo fare, le fonti russe, e capire cosa accade alla periferia della Russia e in certi gangli del regime moscovita, non mi viene da dire che il regime di Putin abbia i giorni contati ma ritengo ci siano degli scricchiolii di determinati tipi di certezze. Questo è legato al fatto che da una parte sicuramente c’è stata grande visibilità negli ultimi due o tre anni di questo movimento di dissidenza variopinta, litigiosa, magari anche finanziata dall’estero e che in Kasparov ha visto la persona più nota”. La sfida alle dure leggi per la repressione delle manifestazioni. Il caso del gruppo rock-punk Pussy Riot. “L’altro elemento che rimane abbastanza presente nella stampa internazionale è il sistematico arresto di tutti i mafiosi ricchi, perché anche loro hanno fatto soldi grazie alle connessioni con la mafia ex vincente ed oggi perdente, da Mikhail Khodorkovsky in poi, lanciando un messaggio drammatico nei confronti dell’esterno. Ovvero: quello è un Paese che vive soltanto grazie alla presenza di gas e di petrolio che c’è lì dentro, ed oleodotti e gasdotti restano fondamentali; anche le potenze emergenti devono continuare a fare i conti con questo. Ma quando si va a investire o co-investire in Russia si sa che lì non esiste la certezza del diritto. E se anche dovesse esistere, la prepotenza del regime è talmente pervasiva che ha un’influenza incredibile sulle corti competenti in materia”. Così “il partner economico spesso diventa nemico”. “A questo si risponde o con un atteggiamento come quello che iniziano a mostrare gli americani, di grande attenzione dopo che alcuni dei loro connazionali hanno avuto brutte esperienze. Più volte – e il deputato radicale Matteo Mecacci ha presentato anche iniziative parlamentari su questo - ci sono stati degli americani che hanno fatto affari con dei russi, che nel giro di pochi giorni hanno visto arrivare prima la finanza nei loro uffici, poi la polizia e poi una serie di torture che hanno tolto dalla competizione quel tipo di azienda relegando in carcere il responsabile e arrivando a farlo morire di stenti. Gli americani, che hanno un sistema molto più efficace del nostro, possono adottare delle sanzioni individuali, per cui coloro i quali sono ritenuti responsabili di una serie di diritti umani non possono più viaggiare negli Stati Uniti, e qualora avessero degli interessi economici negli Stati Uniti questi verrebbero congelati. Quello è un modello che inizia a essere utilizzato, ed essendo i russi molto sensibili al Dio denaro, iniziano a preoccuparsi. L’altro problema è che purtroppo continuano a esistere grosse multinazionali – una ce l’abbiamo in Italia, l’Eni – che piuttosto che porsi il problema dell’incertezza del diritto, grazie alle amicizie politiche del regime italiano col regime russo, continuano a fare affari”. Gli incidenti di Eni con la giustizia kazaka e la crescente impossibilità per i gruppi occidentali di minacciare la fuoriuscita dal Paese, essendo sempre pronti a subentrare – per esempio – dei colossi cinesi. “L’Italia, malgrado il cambiamento di Governo, che aveva nella persona di Berlusconi in modo particolare il più vicino leader occidentale al Cremlino di Putin, e ahinoi persino al regime bielorusso di Lukashenko, fino a quando c’era Berlusconi non ha mosso un dito a nessun livello. Ci si meravigliò anzi della celerità con la quale fu concesso lo status di rifugiato a Umar Khanbiev (dissidente ceceno, dirigente dei Radicali, ndr) che era appunto già ministro della Sanità ceceno del governo legalmente eletto nel 1997 sotto il monitoraggio dell’Osce; quello però era un caso particolare, il Partito radicale lo presentava come suo iscritto storico e questo sicuramente ha aiutato. Ma Berlusconi non ha mai voluto antagonizzare, né nelle relazioni bilaterali, né all’interno dell’Unione europea o delle Nazioni Unite, ciò che avveniva in Russia. Questo Governo, che non ha perché non può avere una politica estera decisa e chiara, cerca di non praticare nessun tipo di discontinuità nel passato, perché la presenza dei poteri forti nel Governo Monti è tale che nessuno si azzarderebbe ad andare contro l’Eni, ma anche contro l’Enel e tutto ciò che è il pianeta Finmeccanica che è ancora attivo in Russia. Al contrario, però, sia per quanto riguarda la questione Politkovskaja, sia per quanto riguarda il modo in cui spesso i giornalisti vengono trattati in Russia, la Camera e il Senato hanno approvato mozioni di denuncia molto chiare e precise, con il voto favorevole anche dell’ex maggioranza e del Pdl in particolare”. “Comunque l’atteggiamento è di denuncia a parole, nei fatti meno”.
    16:54 Durata: 12 min 42 sec
  • Perduca ricostruisce le campagne del Partito radicale transnazionale contro le violazioni dei diritti umani in Russia e in particolare il tentativo (respinto) del Governo russo, nel 2000, di far espellere il Prt dall'Onu per il solo fatto che il Partito aveva concesso il proprio tempo di parola ad alcuni dissidenti democratici ceceni.

    Marco Perduca

    senatore (PD - Radicali)

    “Concludo con quello che il Partito radicale ha fatto e che ancora potrebbe fare. Nel 2000, per cinque mesi, alle Nazioni Unite, il Consiglio economico e sociale è stato quasi paralizzato da un dibattito sulla richiesta della Federazione russa di espellere il Partito radicale transnazionale dall’Onu in virtù dell’aver lasciato parlare per ben due volte davanti alla Commissione diritti umani di Ginevra un parlamentare ceceno, il presidente dell’allora Commissione Affari esteri del Parlamento ceceno, Akhiad Idigov, in un momento in cui iniziava la fase finale dell’attacco contro gli insorgenti che si erano organizzati in una sorte di Governo sulle montagne, e in un momento in cui Mary Robinson, l’allora Commissaria per i Diritti umani, aveva chiesto di poter visitare la Cecenia. Non solo non le lasciarono visitare la Cecenia, ma non le fecero vedere né il ministro degli Esteri né il ministro degli Interni e fu ricevuta da un Sottosegretario a Mosca dove fu tenuta per due giorni. Tornò infuriata a Ginevra e disse: bene, non mi avete fatto andare, adesso chi c’è qui che mi può raccontare come vanno le cose in Cecenia? Noi alzammo la mano e demmo la parola a Idigov che raccontò nei 5 minuti a disposizione la storia. La Russia non gradì e avviò questa procedura. E il 18 di ottobre sono ormai 12 anni che si tenne quel voto che respinse la richiesta russa. Oggi occorrerebbe tornare a parlare di Russia, forse non utilizzando l’argomento della Russia, iniziandosi a porre il problema non soltanto del ruolo che la Russia ha nei confronti delle Repubbliche ex sovietiche. Infatti Lukashenko in Bielorussia sicuramente non ci riserverà sorprese. E Questo nuovo leader giorgiano, Ivanishvili, sicuramente più vicino alla Russia di quanto non fosse Saakashvili che gli ha fatto la guerra quattro anni fa, va seguito da vicino e non mancheremo di farlo. Ma si tratta di inquadrare il problema russo in tutto ciò che ha a che fare con il Medio Oriente, inteso come Siria ed Iran, Paesi che hanno goduto finora – Siria in maniera diretta, Iran in maniera indiretta - del sostegno russo anche all’Onu, bloccando ogni iniziativa politica e non militare per far emergere il dibattito in tutte le sue sfaccettature”. La “grossa crisi economica e finanziaria, in parte anche di recupero totale della sua legalità statutaria”, del Partito radicale e l’impegno sul fronte russo. L’atteggiamento fin troppo cauto dei partiti italiani.
    17:06 Durata: 4 min 51 sec
  • Daniele Nahum

    portavoce della Comunità Ebraica di Milano

    17:11 Durata: 5 min 54 sec
  • Perduca sulla situazione dell'attuale segretario generale del Partito radicale transnazionale, Demba Traore: “Noi abbiamo avviato un’opera di dialogo con Demba nel tentativo di porre alla sua attenzione che cosa implichi per un Partito che per 10 anni non ha avuto un Segretario e che finalmente lo ha rieletto avere questo Segretario che prende la decisione politica di non fare il Segretario del Partito radicale”. “Spero si riesca a far capire a Demba Traore quale è il danno che lui arreca anche a se stesso con questa decisione di fare uno dei 30 ministri maliani invece di trasferirsi a Roma e forse riuscire, rafforzando il Partito radicale, a rafforzare il Mali”.

    Marco Perduca

    senatore (PD - Radicali)

    Marco Perduca sull’attività di Demba Traore, segretario del Partito radicale nonviolento, transnazionale e transpartito: “E’ stato eletto un avvocato maliano, già parlamentare, a segretario generale del Partito. Poco dopo le elezioni è venuto in Italia per capire come in effetti avremmo dovuto riorganizzare e il Partito e la presenza di qualcuno che non parla l’italiano in un Paese in cui invece per avere relazioni politiche importanti bisogna parlarlo. Al suo rientro in Mali, purtroppo, la situazione di salute del padre si è aggravata moltissimo e, nel giorno in cui il padre è stato ricoverato, c’è stato il colpo di Stato. Per una settimana questo ha creato un caos generale, poi ha portato alla sospensione della legalità costituzionale, alla sospensione più o meno del Parlamento, all’espulsione del Presidente e alla sua sostituzione prima con una sorta di presenza militare vera e propria, poi con una nomina dell’ex Presidente dell’Assemblea nazionale per una presidenza ad interim per una applicazione piena – dicevano i militari – della legalità costituzionale. Successivamente si è tornati a una presenza civile, c’è stata una ulteriore manipolazione dell’opinione pubblica da parte dei golpisti, ci sono state marce che hanno attaccato l’abitazione del Presidente della Repubblica che è dovuto scappare in Francia sia per non essere ucciso sia perché lo avevano abbastanza violentemente colpito, e si è tornati in una situazione in cui solo la presenza mal tollerata ma attiva dei Paesi della regione ha fatto sì che non si tornasse a un regime militare installato a Bamako, oltre che a una vera guerra civile tra il Nord che nel frattempo ha visto saldarsi una balzana alleanza tra i Tuareg e questi gruppi che si ritiene essere parte della presenza di Al Qaeda nel Sahel e il Sud che invece è la parte maggiormente popolata”. Il coinvolgimento degli Stati vicini e la pressione sui militari. “Siamo arrivati allo scorso agosto e due giorni prima dell’avvio di una missione che Partito radicale e Nessuno Tocchi Caino avevano organizzato in Zimbabwe, e alla quale doveva partecipare anche Demba Traore, questi è stato nominato ministro per la Decentralizzazione, in un Paese in cui è in corso una guerra di secessione, con l’ulteriore compito di organizzare le prossime elezioni di deciso rientro nella legalità costituzionale per l’anno prossimo. Sono incarichi molto importanti, in un Paese che non può essere considerato tra i più organizzati strutturalmente, che deve recuperare credibilità anche davanti al proprio popolo e che non è ricchissimo di materie prime”. “Noi abbiamo avviato un’opera di dialogo con Demba nel tentativo di porre alla sua attenzione che cosa implichi per un Partito che per 10 anni non ha avuto un Segretario e che finalmente lo ha rieletto avere questo Segretario che prende la decisione politica di non fare il Segretario del Partito radicale”. “Per quanto Traore ci conosca da una decina d’anni, non credo che abbia compreso bene cosa rappresenti, magari ancora a livello potenziale, il Partito radicale nonviolento, e al momento ha deciso di rimanere a Bamako”. “Peril Mali e per il mondo è un membro del governo del Mali. Avrebbe potuto essere, lo ricorda sempre Pannella, il primo segretario musulmano e praticante di un’organizzazione che fa della laicità degli Stati in tutto il mondo uno dei suoi punti fondamentali”. “Spero si riesca a far capire a Demba Traore quale è il danno che lui arreca anche a se stesso con questa decisione di fare uno dei 30 ministri maliani invece di trasferirsi a Roma e forse riuscire, rafforzando il Partito radicale, a rafforzare il Mali”.
    17:17 Durata: 9 min 6 sec
  • Sulla nomina dell'ex Presidente del Consiglio, Romano Prodi, come inviato Onu in Mali.

    Marco Perduca

    senatore (PD - Radicali)

    Sulla nomina di Romano Prodi come inviato Onu in Mali: “La nomina è avvenuta 48 ore fa, e in passato Prodi si era già esercitato sui conflitti dell’Africa orientale. Se dovessi giudicare il successo di quell’interessamento, non sarei particolarmente ottimista per il Sahel”. Comunque l’interlocuzione con l’ex Presidente del Consiglio è aperta.
    17:26 Durata: 2 min 51 sec
  • Perduca: “Se è vero che il Partito radicale è noto essere il Partito della protezione e della promozione dei diritti umani, è anche il Partito che ha cercato di far evolvere le campagne storiche di quando non esisteva in quanto tale ed erano chiamate campagne di 'federalismo europeo'”. Il legame ideale e politico tra Manifesto di Ventotene e battaglia per l'Organizzazione mondiale della e delle democrazie.

    Marco Perduca

    senatore (PD - Radicali)

    Sulla guerra: “Se è vero che il Partito radicale è noto essere il Partito della protezione e della promozione dei diritti umani, è anche il Partito che ha cercato di far evolvere le campagne storiche di quando non esisteva in quanto tale ed erano chiamate campagne di 'federalismo europeo'. Noi abbiamo riconosciuto nei principi fondamentali del Manifesto di Ventotene, che è stato scritto durante il Secondo conflitto mondiale e concepito già prima forse, finalizzato durante la prigionia di Spinelli, Rossi e Colorni nell’Isola di Ventotene nel 1943-44, il problema della sovranità assoluta degli Stati nazionali, ritenendo che in nome e per conto della bandiera, della moneta, dell’inno, delle traduzioni fatte male e male interpretate, si portassero avanti le sistematiche violazioni all’epoca della vita umana e che dagli anni 40 in poi sarebbero diventate violazioni del diritto internazionale”. “La nostra campagna che partì una dozzina d’anni fa per l’Organizzazione o la Comunità della e delle democrazie, in questo senso andava: diceva, non vogliamo imporre o esportare un modello di organizzazione statuale a nessuno, vogliamo che questi diritti universali vengano applicati in tutto il mondo indipendentemente dalla nazionalità, dalla religione, dal sesso o dalla provenienza etnica”.
    17:29 Durata: 2 min 31 sec
  • Perduca sulle “primavere arabe”: “E’ chiaro che un contesto politico come quello di questi Paesi fino al 2010-2011, che con il silenzio-assenso dei Paesi occidentali non prendeva in considerazione l’esistenza di una variegata offerta di opposizioni, che erano fondamentaliste sicuramente, ma che erano anche comuniste, liberali, laiche e socialiste, ha fatto sì che chi aveva un ulteriore motivo o possibilità in più di organizzarsi sul territorio – cioè la moschea, che comunque era tollerata, per quanto militarmente tenuta sotto osservazione”, fosse avvantaggiato.

    Marco Perduca

    senatore (PD - Radicali)

    Le Primavere arabe e la storica ritrosia della maggioranza dei politici italiani – eccezion fatta per i Radicali - a prendere le distanze dai dittatori dell’area del Mediterraneo. “Cosa si può fare oggi? Noi abbiamo, in preparazione del nostro Consiglio generale che abbiamo tenuto a Tunisi, insistito moltissimo perché tanto dall’Italia quanto dall’Europa partissero immediatamente gli aiuti al Governo transitorio tunisino, proprio perché non si dovesse immediatamente arrivare a un retro-pensiero del tipo ‘si stava meglio quando si stava peggio’”. “E’ chiaro che un contesto politico come quello di questi Paesi fino al 2010-2011, che con il silenzio-assenso dei Paesi occidentali non prendeva in considerazione l’esistenza di una variegata offerta di opposizioni, che erano fondamentaliste sicuramente, ma che erano anche comuniste, liberali, laiche e socialiste, ha fatto sì che chi aveva un ulteriore motivo o possibilità in più di organizzarsi sul territorio – cioè la moschea, che comunque era tollerata, per quanto militarmente tenuta sotto osservazione”, fosse avvantaggiato. “Sapendo anche che, come vediamo in Siria, ci sono Paesi che della promozione delle parti più conservatrici dell’Islam hanno fatto uno dei punti fondamentali della propria politica estera; il collante para-religioso, perché non credo possa essere definito ‘religioso’ per rispetto della religione, alla fine è stato quello che è diventata una caratteristica politica di estrema conservazione di una forma arcaica di organizzazione societaria. E che quindi vede le donne relegate a un ruolo subalterno, e vede l’impossibilità per il giovane di ‘rottamare’ il vecchio – se posso usare un pessimo neologismo – perché c’è la tradizione, c’è la gerarchia e non bisogna mai mettere in dubbio l’autorità”. Le differenze che restano tra i vari contesti mediorientali e anche all’interno dei gruppi più estremistici. “E’ più facile che ad essere ascoltati siano quelli che sono organizzati da sempre, piuttosto che quelli che quando parlano propongono una piattaforma liberale, laica o secolarista, non necessariamente sostenuta dall’esercito”. Il retaggio della laicità quasi sempre associata all’uso dell’esercito. La consultazione elettorale e il rispetto della legalità come criteri indivisibili per valutare il carattere democratico di un regime.
    17:32 Durata: 7 min 22 sec
  • Matteo Cazzulani

    giornalista e scrittore

    17:39 Durata: 6 min 30 sec
  • Perduca sulla necessità di una strategia energetica europea: “Non esistono organizzazioni internazionali dell’energia, purtroppo, ma non esiste neanche nessun tipo di meccanismo di pressione politica nazionale per dire a quello che ha le mani sul rubinetto: ‘Aspetta, noi non vogliamo inimicarci Tizio o Caio. E soprattutto nel lungo periodo arrecherebbe un danno enorme se dovessimo interrompere, nel caso della Russia, le forniture verso Francia e Germania’. Andrebbe incluso nel problema della diversificazione anche il problema della qualità politica dell’interlocutore che tu hai”.

    Marco Perduca

    senatore (PD - Radicali)

    Sulla strategia energetica dell’Italia e sulla difficoltà di procedere allo sviluppo di grandi opere. “Tutte le volte che l’Italia è candidata a fare una qualsiasi grandi opera, bisognerebbe porsi il problema di reale possibilità di portarla a termine”. “Il Partito radicale per chi lo segue da qualche anno è anche il partito che da sempre chiede, lo legammo già 25 anni fa al referendum sul nucleare, un Piano energetico nazionale. Lo chiedevamo 30 anni fa, oggi dovrebbe essere un Piano energetico dell’Unione europea, meglio ancora del Consiglio d’Europa, e quindi arriveresti a Vladivostok”. I conflitti d’interesse, le convenienze private e i casi di Gerhard Schröder e Tony Blair. I problemi della rete di distribuzione. La priorità del risparmio energetico per l’Italia. “Un aspetto fondamentale della diversificazione dell’approvvigionamento oggi è detto dal fatto che chi ti vende quella materia prima, siccome non deve rendere conto di niente a nessuno, dalla mattina alla sera dice: ‘Io ti quadruplico il prezzo, se di ‘no’ ti chiudo il rubinetto’. La Russia con l’Ucraina si è comportata per anni in questo modo. Allora non esistono organizzazioni internazionali dell’energia, purtroppo, ma non esiste neanche nessun tipo di meccanismo di pressione politica nazionale per dire a quello che ha le mani sul rubinetto: ‘Aspetta, noi non vogliamo inimicarci Tizio o Caio. E soprattutto nel lungo periodo arrecherebbe un danno enorme se dovessimo interrompere, nel caso della Russia, le forniture verso Francia e Germania’. Andrebbe incluso nel problema della diversificazione anche il problema della qualità politica dell’interlocutore che tu hai”. “Uno dei motivi per cui l’Iran si sta ponendo il problema del nucleare, è da una parte le sanzioni, dall’altra la qualità peculiare del suo petrolio che deve passare attraverso una raffinazione che costa molti più soldi di quanti se ne facciano vendendo nel breve-medio periodo, ti fa capire che anche nel consumo interno non ce la fanno a soddisfare la domanda”. “A proposito, ricominciano delle manifestazioni di piazza in Iran”. “Insistere sul rispetto della legalità internazionale, quando si ha a che fare con un partner politico economico, probabilmente può avere delle ripercussioni anche in altri campi. Se all’interno dell’Unione europea esistesse una politica comune e questi 27 Stati, invece di farsi concorrenza l’uno con l’altro, si riunissero insieme senza mettere anche a Bruxelles il loro interesse nazionale come primo punto dell’agenda – perché questo è il ragionamento che fanno la Germania, la Francia e il Regno Unito più di tutti gli altri - molto probabilmente si avrebbe un risultato di tipo diverso”.
    17:45 Durata: 11 min 32 sec
  • Daniele Nahum

    portavoce della Comunità Ebraica di Milano

    17:57 Durata: 2 min 51 sec
  • Le radici storiche e le tappe fondamentali della campagna per la messa al bando da parte dell'Onu delle mutilazioni genitali femminili: “E’ una battaglia fondamentale, sia per non violare milioni di bambine, sia per recuperare tutto ciò che è un po’ sparito dall’agenda della politica internazionale con questo nome, seppur recuperato dagli Obiettivi del Millennio che comunque giravano attorno alle donne, che è l’emancipazione di metà della popolazione mondiale”.

    Marco Perduca

    senatore (PD - Radicali)

    La campagna per la messa al bando delle mutilazioni genitali femminili, “inventata da Maurizio Turco già alla fine degli anni 90 nel Parlamento europeo – ricorda Perduca – è diventata poi la campagna principale da affiancare a quella contro la pena di morte nei nostri rapporti con l’Africa, ma anche con le comunità d’immigrazione più o meno recente in Italia. Tanto è vero che nel 2005 si arrivò all’adozione di una legge, senza avere un parlamentare radicale in Italia, che chiaramente rendesse l’infibulazione, o comunque la si voglia chiamare, un reato. Per motivi non religiosi ma tradizionali è ancora presente in alcune comunità”. “Grazie al lavoro quotidiano affiancato alle milioni di cose che fa, Emma Bonino è riuscita, e molto probabilmente questo sarà l’anno buono, a mettere d’accordo tutti i Paesi africani, prima con un Protocollo aggiunto alla Convenzione africana dei diritti umani e dei popoli approvato a Maputo, e adesso con una risoluzione che verrà votata a dicembre alle Nazioni Unite, la possibilità di avere qualcosa di simile alla moratoria, anche se in questo caso è un vero e proprio bando. Se votato, questo bando darà un chiaro messaggio politico a livello globale, che dovrà poi essere applicato a livello nazionale, quindi ci sarà molto da seguire come ogni governo nazionale applicherà queste declamazioni. E’ una battaglia fondamentale, sia per non violare milioni di bambine, sia per recuperare tutto ciò che è un po’ sparito dall’agenda della politica internazionale con questo nome, seppur recuperato dagli Obiettivi del Millennio che comunque giravano attorno alle donne, che è l’emancipazione di metà della popolazione mondiale”.
    18:00 Durata: 3 min 44 sec
  • Un giudizio sul Governo Monti: “Non si è vista una riforma radicale che fosse una: né quella del mercato del lavoro, né quella del finanziamento pubblico ai partiti, né tutte le liberalizzazioni che erano state declamate”. La situazione delle carceri e della giustizia, il ruolo del Presidente della Repubblica.

    Marco Perduca

    senatore (PD - Radicali)

    La situazione politica italiana e il governo dei tecnici come “incidente della partitocrazia” secondo il giudizio di Marco Pannella. La non democraticità delle elezioni italiane. Il ruolo del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, “le sue dichiarazioni quotidiane su ogni cosa, non a norma di Costituzione”. “Non si è vista una riforma radicale che fosse una: né quella del mercato del lavoro, né quella del finanziamento pubblico ai partiti, né tutte le liberalizzazioni che erano state declamate”. La situazione delle carceri e della giustizia. Sul “giochino” delle primarie, non un vero “esercizio di democrazia interna ai partiti”. La questione dell’informazione. Il ruolo del “partito unico della spesa pubblica” nel portarci a questa situazione di crisi. Il tradimento del referendum radicale del 1993 che abrogava il finanziamento pubblico ai partiti.
    18:03 Durata: 13 min 42 sec
  • Daniele Nahum

    portavoce della Comunità Ebraica di Milano

    18:17 Durata: 1 min 13 sec
  • Perduca interpreta il difficilmente comprensibile e diverso andamento dei consensi per Beppe Grillo e per i Radicali.

    Marco Perduca

    senatore (PD - Radicali)

    Sul difficilmente comprensibile e diverso andamento dei consensi per Beppe Grillo e per i Radicali. “I titoli dei temi stanno andando molto forte, quando poi si va ad articolare il tema si vede che noi abbiamo scritto un testo e gli altri hanno usato il titolo e basta. Perché noi diciamo ‘no al finanziamento pubblico dei partiti’, che oggi viene chiamato 'rimborso elettorale', ma sì al rimborso elettorale sulla base della documentazione delle spese sostenute, e sì alla formazione di servizi alla politica, non necessariamente ai soli partiti. Perché esiste un servizio d’informazione pubblico che tutto fa tranne che informare. Queste cose quelli che sono contro il finanziamento pubblico ai partiti da populisti di destra e di sinistra non le dicono perché sono tutte le sere a queste diamine di trasmissioni a urlare il titolo del tema ma senza articolare il tema!”. Il filo rosso che unisce tutte le esperienze populistiche italiane, dall'Uomo qualunque all'Idv di Antonio Di Pietro, passando per Beppe Grillo: il buon trattamento da parte dei media. Ma “chi parla dell'abolizione dell'Ordine dei giornalisti? Chi parla dell'abolizione di tutte le professioni? Chi parla dell'abolizione della Golden share o dell'abolizione del sostituto d'imposta?”. Risposta sottintesa: soltanto i Radicali, che però non entrano nel dibattito mediatico mainstream.
    18:18 Durata: 3 min 56 sec