09 FEB 2015
intervista

Gli effetti collaterali delle attività di estrazione idrocarburi in Basilicata. Il permesso di ricerca Monte Caruso e il Pozzo San Fele 1

SERVIZIO | di Maurizio Bolognetti - SAN FELE - 00:00 Durata: 12 min 32 sec
A cura di Valentina Pietrosanti
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Arrivati a San Fele, paesino del Vulture dove vivono poco più di tremila anime, capisci subito che ti trovi in un posto speciale, quasi magico.

Cento kmq di estensione territoriale, un centro storico tra i più belli e suggestivi della Basilicata, panorami mozzafiato, San Fele si svela ai visitatori annunciando, attraverso un manifesto posto in una bacheca ubicata all'ingresso del paese, di essere terra di "Santi, Sorgenti e Briganti".

In questo meraviglioso angolo di Basilicata, dove sgorgano cascate che attraggono ogni anno migliaia di visitatori, nel 1993 la Texaco, titolare del permesso di
ricerca "Monte Caruso", trivellò un pozzo, "San Fele 1", poi rivelatosi sterile.

Venti anni dopo abbiamo voluto effettuare una ricognizione dell'area interessata dalle attività di ricerca idrocarburi per verificare lo stato dei luoghi.

L'occhio della telecamera ha colto una situazione di evidente degrado, che richiederebbe un intervento di messa in sicurezza e, con ogni probabilità, di bonifica.

Tanti i lati oscuri e mai chiariti collegati alle attività svolte dalla Texaco in quel di San Fele.

Non a caso, amministratori e allevatori parlano a mezza bocca di sorgenti contaminate e sollevano dubbi sullo smaltimento dei fanghi di trivellazione.

Di certo l'accesso all'area pozzo, nonostante le situazioni di potenziale pericolo, è libero e il sito è assurto addirittura ad area pascolo.

Un viaggio, il nostro, nell'archeologia estrattiva lucana, per far rivivere non-luoghi dei quali qualcuno vorrebbe farci dimenticare l'esistenza.

Un viaggio nella Basilicata dei "buchi per terra".

Oggi, San Fele, terra di sorgenti, appunto, oltre che di santi e briganti, rischia di essere letteralmente colonizzato dalle compagnie petrolifere.

Sono tre, infatti, le istanze di ricerca che coinvolgono direttamente il territorio di un angolo di paradiso, la cui vocazione agricola, naturalistica e paesaggistica è incompatibile con attività che hanno un innegabile impatto sulle matrici ambientali e che sono ancor più pericolose quando vengono svolte in aree ricche di acqua.

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