Critica e militanti

Buongiorno dalla critica militanti ho già parlato in questa rubrica di quello che ritengo uno dei maggiori poeti anzi dei maggiori scrittori contemporanei al di là dei generi
Paolo Febbraro Romano nato nel mille novecentosessantacinque che all'attivo antologie e saggi critici sui poeti Fociani su Primo levi Suchet Moschini
Traduzioni importanti dall'inglese raccolte poetiche e anche raccolte di apologhi in prosa
Nell'autunno dell'anno scorso l'editore Riotta pubblicato il suo ultimo libro organico Diversi dopo il secondo fine il bene materiale
E fuori per l'inverno si intitola la danza della pioggia e dall'impressione che tappa dopo tappa Febbraro espande approfondisca le qualità
I temi le prospettive presenti da sempre nella sua opera che non è poesia narrativa in senso proprio e non è neppure cifrata e men che meno neo Ortica
è piuttosto una poesia architettonica drammatica
Ricca dei più diversi contributi moderni e pure fiduciosa in una possibilità di tornare ingenua per usare la vecchia dicotomia di Shiller
Di tornare ingenuo accerto solo dopo alle Scilla realmente assorbito e scontato tutto il distacco sentimentale
Della nostra cultura posso romantica e ingenua anche nel rapporto diretto con i classici
Sembrarono si confronta con i problemi primi e ultimi dà voce a personaggi leggendari indaga con una certa suspense i miti dell'infanzia
Si diverte a mettere a punto allegorie tremende ma stilisticamente leggere e scrive uno stupendo Canzoniere amoroso tra l'altro un canzoniere forse così efficace proprio perché è un autore molto pudico
E gioca sempre con tutte le risorse melodiche e armoniche di una lingua densa sostenuta ma credibile il tono della canzonetta e quello dell'ultimatum la dolcezza trattenuta e l'incedere marziale
Sono in Luís millimetrica mente calibrati ma mi fermo qui troppe parole di commento e specie poi in queste settimane
Stanno avviluppa Nando e strumentalizzando qualunque ambito dell'esperienza voglio invece leggere che è meglio tre polizie dalla danza della pioggia perché chi ascolta possa farsi un'idea di cosa questo libro e e anche nella speranza che voglia
Acquistarlo e sfogliarlo ogni tanto grato come lo sono io che versi del genere siano venuti al mondo
Prima poesia intitolata il poeta
Nel teschio ricorda al guizzo della lingua il sacco lacrimale la frangetta il raffreddore che brucia le narici
Guarda il teschio così perfettamente da sostituirlo sa che è sbagliato ma lo è meno che mettergli un bello una cornice o un altro nome
Il teschio non lo guarda il solo rivolto verso di lui è quanto basta
è come la porta della legge in Kafka il teschio e Liber Luís in esclusiva anche se tutti dovrebbero vederlo magari soltanto nel cuneo dello sguardo
Gli dicono naturalmente che il teschio è il simbolo della morte ma Luís non vede perché la morte dovrebbe lasciare teschi e soprattutto tollerare simboli risponde senza mostrare i denti
Dal teschio io mi proteggo perché non lo comprendo
Se me ne andassi svanire e allora finalmente ne sareste
Invasi guardate che di prego da quel momento
Seconda poesia
Il corpo di mia moglie non mi va soltanto di abbracciarlo ci metto dentro tanto seme da farne una statua bianca arriva su una piazza e popolare
Stato che quando parlo e dico mi senta appena appena bisbigliare così da farmi ripetere non credere e rispiegare
Che come L'infinito di Leopardi io possa fingere la senza pensare talmente fragile bella universale da non poter fare una gita neanche per andare in Paradiso
Dallo scegliere fra Dio e la vita per la paura ti scordar né il viso una statua d'Irlanda e di mare
Adesso basta che il corpo di mia moglie io non lo posso davvero mostrare
E l'ultima poesia che letta oggi fa certo un Effetto che non poteva fare l'ottobre scorso quando è uscito il libro di Febbraro si intitola violenza di Dio
Un giorno un Dio disse voglio fare violenza a qualcosa essere Energia brutale dominante sentirmi nell'abrasione del vincolo malvagio del fatto
Ma non riusciva a scegliere contro cosa incarnarsi pensò un tifone ma immagino se stesso vanno e rotatorio
Il terremoto lo convinse quasi non fosse per le polveri restanti
Una belva le zanne lui in un cerbiatto
Avrebbe dovuto avere fame prima un uomo allora un vicolo una donna violenza Panicale ripugnante ma perché essere umano dunque lo spreco di piramidi e Gioconda
Il dio indù Java gonfio di inesistenza come un mare che lambisce il deserto
Quale la violenza di un dio sin quando si si si sparpagliati lui la forma inconsapevole d'un virus
Quindi il consiglio di oggi è Paolo Febbraro la danza della pioggia editore negli occhi a risentirci venerdì prossimo