Livorno, Festa dell'Unità, 17 luglio 2001 - Contrariamente a quanto scritto dai quotidiani, Massimo D'Alema non sarà a Genova per il G8, perché "sarebbe di cattivo gusto" per lui che poteva parteciparvi da ministro degli esteri in caso di vittoria elettorale dell'Ulivo.
Al contempo, però, il presidente dei Ds ha approvato e dato il proprio sostegno alle ragioni della decisione della direzione diessina di partecipare alla manifestazione di sabato prossimo.
Questo uno dei molti spunti offerti dal presidente dei Ds, intervistato, nell'ambito della Festa dell'Unità di Livorno, da Piero … Sansonetti, giornalista dell'Unità.
L'ex presidente del consiglio spazia, in poco più di novanta minuti, dal G8 all'analisi della vittoria della destra nelle elezioni del 13 maggio, dalla crisi dei Ds - ancora alla ricerca di una candidatura per il ruolo di segretario, che riesca a raccogliere un vasto consenso - al ruolo della Margherita nella coalizione di centrosinistra, senza peraltro dimenticare il nemico-amico Fausto Bertinotti, e il tema recente proposto dalla presentazione del Dpef.
"Non sarò a Genova" I primi minuti dell'intervista vengono dedicati da D'Alema alla polemica sulla presenza a Genova dei dirigenti e militanti diessini.
Dopo aver chiarito i motivi della propria assenza ed aver ricordato come oggi sarebbe potuto essere seduto al tavolo degli incontri per la proposta di Rutelli, fatta in campagna elettorale, di una poltrona come Ministro degli Esteri, il presidente dei Ds ha voluto spiegare quali motivazioni avessero indotto la dirigenza del partito a decidere per una presenza nel capoluogo ligure nelle fila dei manifestanti anti-global.
"Sono molto vicino a quei ragazzi - ha esordito - credo si tratti di un movimento che esprime una critica radicale del modo in cui la globalizzazione sta producendo i suoi effetti".
Non quindi contro il G8, al tavolo del quale sederanno alcuni "compagni" europei, che non vorrebbe mai "si sentissero contestati, ma incoraggiati", nella convinzione che "si batteranno per il rispetto del protocollo di Kyoto e la lotta contro la povertà".
Piuttosto le critiche vanno rivolte al globalizzazione stessa, che "produce un deficit di democrazia", "cavalcata dalla destra europea e mondiale", mentre la sinistra dovrebbe avere come unico obiettivo quello di "governare la globalizzazione" e non di assecondarla.
"Fassino è un uomo di garanzie" Sulla crisi e sull'acceso scontro all'interno del più grande partito d'opposizione in Italia, D'Alema ha osservato come ci sia "il rischio di un processo lungo, logorante", apparentemente privo di logica nel momento in cui a sinistra si vive "la stessa fase che hanno vissuto dieci anni fa i laburisti inglesi".
Ancor più ingiustificata la resistenza alla candidatura a segretario di Piero Fassino, verso il quale D'Alema ha rinnovato la propria fiducia ed il proprio sostegno, trovando "naturale che l'uomo messo a fianco di Rutelli per la guida del paese possa ora guidare il partito".
L'ex primo ministro italiano ha altresì rifiutato che possa esistere "il cosiddetto correntone anti-dalemiano", confidando si tratti solo di "una facezia giornalistica".
Sulla questione statutaria l'ex segretario dei Ds ha escluso ogni possibilità di modifica, perché "non si possono cambiare le regole durante un congresso, non sarebbe serio per un partito che vive un momento travagliato e complesso".
"Il populismo è la cultura che permette al centrodestra di governare" La presentazione poche ore prima del Dpef da parte del governo offre lo spunto per analizzare il ruolo della destra in Italia e per fare il punto sulla sconfitta elettorale dell'Ulivo nelle più recenti scadenze elettorali.
Partendo dal giudizio sul Ministro Giulio Tremonti, definito personaggio emblematico della disinvoltura e della mancanza di senso dello Stato di questa nuova classe dirigente, D'Alema ha dipinto un'Italia nella quale regna "un'opinione di destra", abilmente sfruttata da chi fa "un uso indegno dei mezzi di comunicazione, facendo comprendere come ci si trovi di fronte ad un governo televisivo, che manipola sistematicamente l'informazione".
"La vittoria di Berlusconi viene da lontano - ha poi precisato - non credo che il governo possa cadere dopo sette mesi.
Sconfiggere questa destra richiede una battaglia sociale e culturale, perché, nonostante sette anni di governo di centrosinistra, noi non siamo riusciti ad erodere la spinta verso destra del paese".
Destra che "vince nella parte più dinamica e attiva del paese", contro la quale "l'accordo con Bertinotti appare sempre più una necessità".
Al contempo, però, il presidente dei Ds ha approvato e dato il proprio sostegno alle ragioni della decisione della direzione diessina di partecipare alla manifestazione di sabato prossimo.
Questo uno dei molti spunti offerti dal presidente dei Ds, intervistato, nell'ambito della Festa dell'Unità di Livorno, da Piero … Sansonetti, giornalista dell'Unità.
L'ex presidente del consiglio spazia, in poco più di novanta minuti, dal G8 all'analisi della vittoria della destra nelle elezioni del 13 maggio, dalla crisi dei Ds - ancora alla ricerca di una candidatura per il ruolo di segretario, che riesca a raccogliere un vasto consenso - al ruolo della Margherita nella coalizione di centrosinistra, senza peraltro dimenticare il nemico-amico Fausto Bertinotti, e il tema recente proposto dalla presentazione del Dpef.
"Non sarò a Genova" I primi minuti dell'intervista vengono dedicati da D'Alema alla polemica sulla presenza a Genova dei dirigenti e militanti diessini.
Dopo aver chiarito i motivi della propria assenza ed aver ricordato come oggi sarebbe potuto essere seduto al tavolo degli incontri per la proposta di Rutelli, fatta in campagna elettorale, di una poltrona come Ministro degli Esteri, il presidente dei Ds ha voluto spiegare quali motivazioni avessero indotto la dirigenza del partito a decidere per una presenza nel capoluogo ligure nelle fila dei manifestanti anti-global.
"Sono molto vicino a quei ragazzi - ha esordito - credo si tratti di un movimento che esprime una critica radicale del modo in cui la globalizzazione sta producendo i suoi effetti".
Non quindi contro il G8, al tavolo del quale sederanno alcuni "compagni" europei, che non vorrebbe mai "si sentissero contestati, ma incoraggiati", nella convinzione che "si batteranno per il rispetto del protocollo di Kyoto e la lotta contro la povertà".
Piuttosto le critiche vanno rivolte al globalizzazione stessa, che "produce un deficit di democrazia", "cavalcata dalla destra europea e mondiale", mentre la sinistra dovrebbe avere come unico obiettivo quello di "governare la globalizzazione" e non di assecondarla.
"Fassino è un uomo di garanzie" Sulla crisi e sull'acceso scontro all'interno del più grande partito d'opposizione in Italia, D'Alema ha osservato come ci sia "il rischio di un processo lungo, logorante", apparentemente privo di logica nel momento in cui a sinistra si vive "la stessa fase che hanno vissuto dieci anni fa i laburisti inglesi".
Ancor più ingiustificata la resistenza alla candidatura a segretario di Piero Fassino, verso il quale D'Alema ha rinnovato la propria fiducia ed il proprio sostegno, trovando "naturale che l'uomo messo a fianco di Rutelli per la guida del paese possa ora guidare il partito".
L'ex primo ministro italiano ha altresì rifiutato che possa esistere "il cosiddetto correntone anti-dalemiano", confidando si tratti solo di "una facezia giornalistica".
Sulla questione statutaria l'ex segretario dei Ds ha escluso ogni possibilità di modifica, perché "non si possono cambiare le regole durante un congresso, non sarebbe serio per un partito che vive un momento travagliato e complesso".
"Il populismo è la cultura che permette al centrodestra di governare" La presentazione poche ore prima del Dpef da parte del governo offre lo spunto per analizzare il ruolo della destra in Italia e per fare il punto sulla sconfitta elettorale dell'Ulivo nelle più recenti scadenze elettorali.
Partendo dal giudizio sul Ministro Giulio Tremonti, definito personaggio emblematico della disinvoltura e della mancanza di senso dello Stato di questa nuova classe dirigente, D'Alema ha dipinto un'Italia nella quale regna "un'opinione di destra", abilmente sfruttata da chi fa "un uso indegno dei mezzi di comunicazione, facendo comprendere come ci si trovi di fronte ad un governo televisivo, che manipola sistematicamente l'informazione".
"La vittoria di Berlusconi viene da lontano - ha poi precisato - non credo che il governo possa cadere dopo sette mesi.
Sconfiggere questa destra richiede una battaglia sociale e culturale, perché, nonostante sette anni di governo di centrosinistra, noi non siamo riusciti ad erodere la spinta verso destra del paese".
Destra che "vince nella parte più dinamica e attiva del paese", contro la quale "l'accordo con Bertinotti appare sempre più una necessità".
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