Roma, 20 agosto 2001 - Dopo le dichiarazioni del governatore della Banca d'Italia, Fazio, dibattito tramesso dagli studi di Radio Radicale con Daniele Capezzone, segretario di Radicali Italiani, Franco Debenedetti, senatore dei Ds, Marco Biagi, docente di diritto del lavoro all'Università di Modena, Savino Pezzotta, segretario della Cisl, e Giuliano Cazzola, esperto di diritto del lavoro."Le polemiche scatenate in queste ore a difesa del feticcio dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori - ha sostenuto Daniele Capezzone - sono tre volte ipocrite".
"Sono ipocrite - ha spiegato Capezzone - … in primo luogo perché cancellare l'articolo 18 significherebbe puramente e semplicemente abolire una norma che esiste, in questi termini, soltanto in Italia, nel novero dei paesi occidentali.
In secondo luogo, perché anche rispetto all'Italia, si tratterebbe solo di estendere anche alle imprese maggiori il regime che già esiste per quelle con meno di 15 dipendenti, per le quali non è previsto alcun obbligo di reintegro, ma l'alternativa tra la riassunzione e la corresponsione di un indennizzo che può giungere fino a 14 volte il valore della retribuzione mensile lorda del lavoratore".Infine, spiega il leader radicale, "perché coloro che più strillano e si sbracciano a difesa del totem, hanno già provveduto ad abbatterlo per se stessi".
Con la legge 108 del '90, infatti, sottolinea Capezzone, "partiti e sindacati hanno già abolito l'obbligo di reintegro per i propri dipendenti.
Per essere chiari, Cofferati e Bertinotti possono licenziare la loro segretaria o il loro centralinista senza che né l'uno né l'altra possano invocare alcun diritto alla reintegrazione".
"Sono ipocrite - ha spiegato Capezzone - … in primo luogo perché cancellare l'articolo 18 significherebbe puramente e semplicemente abolire una norma che esiste, in questi termini, soltanto in Italia, nel novero dei paesi occidentali.
In secondo luogo, perché anche rispetto all'Italia, si tratterebbe solo di estendere anche alle imprese maggiori il regime che già esiste per quelle con meno di 15 dipendenti, per le quali non è previsto alcun obbligo di reintegro, ma l'alternativa tra la riassunzione e la corresponsione di un indennizzo che può giungere fino a 14 volte il valore della retribuzione mensile lorda del lavoratore".Infine, spiega il leader radicale, "perché coloro che più strillano e si sbracciano a difesa del totem, hanno già provveduto ad abbatterlo per se stessi".
Con la legge 108 del '90, infatti, sottolinea Capezzone, "partiti e sindacati hanno già abolito l'obbligo di reintegro per i propri dipendenti.
Per essere chiari, Cofferati e Bertinotti possono licenziare la loro segretaria o il loro centralinista senza che né l'uno né l'altra possano invocare alcun diritto alla reintegrazione".
leggi tutto
riduci