17 SET 2002

Festa dell'Unità: Roberto Cotroneo intervista Umberto Eco

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È la volta di Umberto Eco alla Festa de l'Unità, che in una lunga intervista parla di Berlusconi, di intellettuali e di girotondiModena, 17, settembre 2002 - Intervista di Roberto Cotroneo dell'Espresso a Umberto Eco in occasione della Festa de l'Unità.

Il noto docente universitario si unisce al coro degli interpreti dell'ultima grande manifestazione dei girotondisti e ne propone una lettura dal suo particolare punto di vista.Proposta e non protesta"Se questo movimento porterà idee nuove alla sinistra e diventerà 'proposta' avrà successo, mentre se riposerà sulla rendita di posizione
della protesta, allora saremo tutti alla frutta".

Umberto Eco invita i girotondisti e la platea della festa de l'Unità a fare attenzione a non scivolare in quella che chiama la "Bertinottite", ossia "l'eterna malattia della sinistra, la quale appena si mette assieme si frantuma", perde di vista la necessità di proporsi come forza di governo e pensa a fondare partiti: e "se fosse uno solo, insomma...

Il pericolo è che ne nascano cinque".Berlusconi "fratello bizzarro"Quanto a Berlusconi, di lui "si ha vergogna quando si è fuori di Italia come se avessimo Menem, e come se fossimo argentini".

Anche lui "ha dato il potere al figlio".

All'estero tra l'altro "ti danno la gomitata e ti dicono: poverini, come fate", e comunque ci si sente un po' come se si avesse "un fratello bizzarro in famiglia che va a fare le scene nei bar".Berlusconi però "è effetto di un mutamento fondamentale in atto non solo in Italia ma anche in altri paesi".

E in ogni caso "noi abbiamo Berlusconi, ma negli Usa hanno Bush, rispetto al quale il nostro presidente del consiglio è un intellettuale di solida cultura", mentre "Bush ha l'intelligenza media di un bambino di nove anni, come ha detto anche Gore Vidal".

"Ma quale conflitto d'interessi? - aggiunge Eco, proseguendo ad analizzare la condizione del presidente del consiglio - Tra gli interessi di Berlusconi e la sua carica politica non c'è conflitto, c'è identità assoluta".L'immenso vuoto dopo il 1989Del resto "in questo immenso vuoto" creatosi dopo "il crollo delle ideologie", una "qualsiasi persona abile con carisma avrebbe avuto successo".

"Il problema - prosegue Eco - non è Berlusconi ma è il 50 % degli italiani", i quali dimostrano una totale "disaffezione per la politica", e cedono facilmente davanti a "promesse di benessere generico, come succede anche in Usa, Francia e Germania".In questo contesto si fa strada "il fenomeno dei voltagabbana e del voltagabbanismo", che trova affermazione proprio perché "non ci sono grossi ideali da difendere, così come in Usa un candidato sceglie di essere pro o contro la pena di morte in base ai sondaggi", tutto ciò dimostrando "una estrema fluidità degli spostamenti".Il ruolo della piazza Tuttavia "una grossa mobilitazione dell'opinione pubblica è una spia che questo stato di cose non è accettabile".

Il cittadino "torna nella piazza anche dopo che il presidente del Senato l'aveva trattata come se fosse una accozzaglia di lebbrosi e rivoluzionari", mentre "la piazza è il sale della democrazia in cui il cittadino va continuamente a monitorare le attività del potere" e dimostra che "la acquiescenza non è totale".È un fatto però "che i girotondi non toccano neanche di un millimetro l'elettorato di destra".

Inoltre "abbiamo una televisione, io ho provato a guardare - racconta Umberto Eco - e non ne parla.

Uno che non legge Repubblica l'Unità e Corsera, che ormai sono di estrema sinistra, ignora quello che succede".La gente e gli interessiAlla sinistra Umberto Eco rimprovera il fatto che "si è creduto di poter fare opposizione criticando sempre e solo Berlusconi, dicendo tra l'altro cose giuste: ha conflitto d'interessi, ha processi, ha i media in mano, ma alla gente non glie ne frega niente", la gente si aspetta solo che "non rubi e che faccia gli interessi della sua parte".Eco ricorda che "chi è ricco di solito fa i suoi interessi", e "far politica significa prendere coscienza di quelli che sono i fatti", in particolare di quei fatti che "toccano la gente da vicino".

Ad esempio: "è vero o no che le zucchine costano il 20% in più? E´ vero o no che sbarcano più extracomunitari? E´ vero o no che ci sono più inondazioni? E´ vero o no che da quando c'è questo governo tre mamme hanno ammazzato i loro figli?"A ciò si potrebbe replicare: "ma gli infanticidi cosa c'entrano con Berlusconi? È vero, è un colpo basso, ma quando lui era all'opposizione i suoi giornali mettevano in prima pagina ogni omicidio e ogni rapina.

La politica si fa anche così".I soliti intellettualiIl ruolo degli intellettuali svolto contro Berlusconi evidenzia la loro "solita assoluta mancanza di incidenza".

"A volte mi dà sui nervi - ammette Eco - il vederli sempre troppo impegnati a firmar manifesti".

In questi frangenti si può anche riflettere sul fatto che "spesso mitizziamo Pasolini, ma che incidenza aveva? Non più di te e me", afferma, rivolgendosi a Cotroneo.Intellettuali che appaiono sempre "dispersi o delusi ed eccellono nell'indignazione e nella protesta, mai nella proposta", anche se "quelli che fanno un lavoro creativo non devono fare politica.

Un sociologo non deve fare politica, i filosofi che si sono messi a governare hanno fatto di solito casini immondi da Platone a Gentile".Quindi intellettuali del tutto assenti e ininfluenti, o che si fanno solo sentire per "trattare male quei poveretti che sono andati al governo e hanno fatto un po’ di cazzate come Lenin e Stalin, ma se governi qualcosa devi pur fare"Inutile accanirsi su SantoroSe le televisioni di questi tempi stanno operando una "strana polarizzazione politica sul caso Franzoni", sul caso Santoro e Biagi, "a rischio di scandalizzare", Eco afferma che "il fatto che un nuovo direttore decide che non gli piace Santoro è normale".

Ed "Io non firmo il: Riprendete Santoro".

"Il Problema è che il presidente del consiglio dà un ordine e questo viene eseguito", ma ad esempio il "fatto che il direttore dell'Espresso decida di licenziare Cotroneo non è strano, lo può fare, è anomalia se glielo ordina il generale dei Carabinieri".

Se a suoi tempi “lo avesse detto Togliatti sarebbe stata un'anomalia anche all'Espresso", anche se è innegabile che ci furono anche "allora delle ‘persuasioni’”.

“Oggi però – conclude Eco - colpisce la improntitudine con cui l'ordine è dato".

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