13 SET 2002

Festa dell'Unità: "Unire le opposizioni" (Con Bertinotti e Di Pietro)

[NON DEFINITO] | - 00:00 Durata: 2 ore 2 min
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Prove di unità tra le forze del centrosinistra.

Uniti contro Berlusconi e contro la guerra, ma divisi sul restoModena, 12 settembre 2002 - Alla festa dell'Unità esponenti delle diverse anime del centrosinistra, Vannino Chiti, coordinatore nazionale della segreteria Ds, Fausto Bertinotti, segretario di Rifondazione comunista e Antonio Di Pietro, leader dell'Italia dei Valori, coordinati dalla giornalista Rai Bianca Berlinguer, si sono interrogati sul tema dell'Unità tra le forze del centrosinistra.Le tre condizioni che per Bertinotti favoriscono l'unitàSecondo Bertinotti, "l'unità è un
bene prezioso, ma anche una conquista.

Le cose banali dette ci allontanano, a volte bisogna passare su delle rotture.Nel '96 - ha ricordato - con la convergenza ds-rifondazione vincemmo e ci siamo divisi perché abbiamo pensato soluzioni diverse: la scelta per noi - ha spiegato - fu indispensabile, il governo stava consumando le riserve fiducia della gente.

E negli altri paesi europei i governi di sinistra - secondo la lettura del segretario di Rifondazione - hanno perso perché le masse popolari si aspettavano di più".Oggi Bertinotti vede tre condizioni che potrebbero favorire l'unità tra le forze del centrosinistra: "La nascita di un movimento di lotta nel mondo, una generazione di giovani che chiedono una modernizzazione alternativa", "le cresciute lotte sociali, prima la Fiom poi la Cgil hanno scelto la via della lotta", e il fatto che "le destre sono più aggressive, tentano di colpire i diritti dei lavoratori, i diritti civili, la giustizia, gli immigrati".Dunque oggi "sono possibili convergenze per rendere più forti le opposizioni", ma solo avendo uno stretto rapporto con i movimenti.Di Pietro, ma che ho fatto di male?Per Antonio Di Pietro occorre avere una "casa comune più grande dello schieramento ideologico.

Non si può chiedere a me di candidare e sostenere persone condannate.

Io e Bertinotti siamo divisi da un percorso ideologico, ma sui temi concreti ci possiamo ritrovare d'accordo, sulla difesa dei lavoratori e delle fasce deboli, sul 'no' alla guerra"."Chiediamo solo - ha aggiunto - due precondizioni, anche se - ha assicurato - nel 2006 preferiamo perdere insieme che da soli: la questione morale, no ai condannati candidati e ai rinviati a giudizio per reati contro la P.A.

incarichi di governo, e un programma comune da subito".Di Pietro ha anche denunciato il comportamento di Parisi e Boselli che vogliono escluderlo dalla coalizione: "Ma che ho fatto di male?", si è chiesto.Chiti, partire da un argine comune contro questa destraAnche per Vannino Chiti "l'unità è un bene prezioso e va costruita.

La crisi del governo Prodi - ha però ricordato - è stata negativa per la sinistra: non che il governo abbia fatto tutto bene, anche se ha ereditato un paese fragile, ma ha realizzato cose come l'ingresso nell'euro e avevamo davanti tre anni in cui poteva essere fatta un'azione riformatrice"."Se al senato - ha aggiunto venendo alla sconfitta nelle ultime elezioni - avessimo fatto accordi di desistenza non avremmo avuto una maggioranza di destra e Berlusconi non sarebbe presidente del consiglio".Poi Chiti è passato ad argomentare la necessità di fare argine comune" contro "una destra neoliberista, con componenti razziste, antiliberali.

Si rischia con l'Iraq una svolta storica di una guerra preventiva unilaterale, sull'informazione è stato colpito il giornalismo, spostato Biagi, cacciato Santoro, ci rimane il tg3, gli altri tg sono senza politica, sono di costume, sulla giustizia si cerca la garanzia dai processi"."Con questa destra - ha ribadito - dobbiamo cercare di avere un minimo comune denominatore come opposizioni, e partendo da qui cercare un percorso per un programma comune".I perché del 'no' alla guerra in IraqAltro tema al centro del dibattito, l'ipotesi contro un intervento militare contro l'Iraq di Saddam Hussein.

Per Bertinotti si tratta di una "guerra frutto della globalizzazione capitalistica", allo scopo di stabilire "un'oligarchia di 7, 8 paesi che comandano sul mondo".

Chiti ha spiegato il suo 'no' alla guerra perché "un errore e un atto unilaterale".

Di Pietro anche si è detto "contrario alla guerra", proponendo invece contro il terrorismo "azioni di polizia".

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