Orvieto, 10 giugno 2001, h10:50 - «L'obbligatorietà dell'azione penale è una necessaria ipocrisia costituzionale».
Il vicepresidente del Csm, Giovanni Verde, ha così commentato la questione che, con un nuovo esecutivo che promette di rivedere l'art.112 della Costituzione, ha assunto centralità nel dibattito politico.Il tema è stato al centro del dibattito organizzato nell'ambito dell'assise Unicost, dal titolo «La giurisdizione tra efficienza e garanzie.
Il ruolo delle Authority» cui hanno partecipato il presidente Unicost, Abbate, il presidente Anm Gennaro, il senatore di FI Centaro, … l'ex sottosegretario agli interni dei Ds, Massimo Brutti, il presidente dell'Authority sulla privacy, Rodotà, il presidente del Consiglio Nazionale Forense, Nicola Buccico.
«Il controllo e la scelta delle priorità, la valutazione dell'offensività, non possono spettare al potere esecutivo nè ad una maggioranza parlamentare».
Secondo il senatore dei Democratici di Sinistra, Massimo Brutti, nel nostro ordinamento già sussiste una sufficiente elasticità, che, diversamente dalle proposte presenti nel programma della Cdl, non esclude un accurato sistema di garanzie.
«Quando si parla di obbligatorietà si stabilisce che l'azione penale debba essere esercitata sulla base di criteri predeterminati e che vi siano anche casi di esclusione della procedibilità, ma controllati da un giudice terzo» dichiara il sottosegretario uscente.
La replica di Roberto Centaro, senatore di Forza Italia, arriva poco dopo.
«Nella valutazione dell'offensività del fatto cade il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale», dice l'ex magistrato, che, pur tendendo «un ramoscello d'ulivo» allo schieramento opposto, spiega di non poter convenire su questo punto.
La determinazione dell'offensività/inoffensività del fatto, secondo Centaro, è infatti già implicita nella formulazione dell'articolo 112, quindi non può costituire oggetto di pretese da parte della Cdl.
Leit motiv del dibattito è stata la pressocchè unanime presa d'atto del dissesto in cui versa la giustizia italiana.
Affrontando il tema centrale della tavola rotonda, il dibattito ha rivelato dubbi notevoli anche sulle nuove autorità di garanzia.
Lo stesso Stefano Rodotà, presidente Autorità Garante per la Riservatezza dei Dati Personali, ha criticato la distorsione italiana di queste istituzioni, ma che ne sottolinea con forza anche la necessità: «L'autorità che io presiedo è stata la condizione perchè noi entrassimo nell'accordo di Schengen», rileva Rodotà.
A questa affermazione Centaro obietta che, se questo è vero, bisogna tener conto anche che «l'authority non può dare le garanzie di una magistratura ordinaria, perchè resta espressione di un potere politico».
Fondamentale anche la questione della responsabilità dei magistrati nelle irragionevoli lunghezze della giustizia, oggetto tra l'altro di un emendamento proposto dallo stesso Roberto Centaro alla discussa legge 'Pinto'.
L'emendamento in questione ha introdotto la trasmissione obbligatoria del provvedimento che sancisce l'equa riparazione in caso di lesione del diritto del cittadino alla ragionevole durata del processo al procuratore generale della Corte dei Conti e al titolare (o ai titolari) delle azioni disciplinari.
Sul punto si esprime chiaramente Giuseppe Gennaro, presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati: «Il trasferimento della responsabilità dallo Stato per omessa predisposizione degli strumenti al magistrato ha un vago sapore di pressione». .
Il vicepresidente del Csm, Giovanni Verde, ha così commentato la questione che, con un nuovo esecutivo che promette di rivedere l'art.112 della Costituzione, ha assunto centralità nel dibattito politico.Il tema è stato al centro del dibattito organizzato nell'ambito dell'assise Unicost, dal titolo «La giurisdizione tra efficienza e garanzie.
Il ruolo delle Authority» cui hanno partecipato il presidente Unicost, Abbate, il presidente Anm Gennaro, il senatore di FI Centaro, … l'ex sottosegretario agli interni dei Ds, Massimo Brutti, il presidente dell'Authority sulla privacy, Rodotà, il presidente del Consiglio Nazionale Forense, Nicola Buccico.
«Il controllo e la scelta delle priorità, la valutazione dell'offensività, non possono spettare al potere esecutivo nè ad una maggioranza parlamentare».
Secondo il senatore dei Democratici di Sinistra, Massimo Brutti, nel nostro ordinamento già sussiste una sufficiente elasticità, che, diversamente dalle proposte presenti nel programma della Cdl, non esclude un accurato sistema di garanzie.
«Quando si parla di obbligatorietà si stabilisce che l'azione penale debba essere esercitata sulla base di criteri predeterminati e che vi siano anche casi di esclusione della procedibilità, ma controllati da un giudice terzo» dichiara il sottosegretario uscente.
La replica di Roberto Centaro, senatore di Forza Italia, arriva poco dopo.
«Nella valutazione dell'offensività del fatto cade il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale», dice l'ex magistrato, che, pur tendendo «un ramoscello d'ulivo» allo schieramento opposto, spiega di non poter convenire su questo punto.
La determinazione dell'offensività/inoffensività del fatto, secondo Centaro, è infatti già implicita nella formulazione dell'articolo 112, quindi non può costituire oggetto di pretese da parte della Cdl.
Leit motiv del dibattito è stata la pressocchè unanime presa d'atto del dissesto in cui versa la giustizia italiana.
Affrontando il tema centrale della tavola rotonda, il dibattito ha rivelato dubbi notevoli anche sulle nuove autorità di garanzia.
Lo stesso Stefano Rodotà, presidente Autorità Garante per la Riservatezza dei Dati Personali, ha criticato la distorsione italiana di queste istituzioni, ma che ne sottolinea con forza anche la necessità: «L'autorità che io presiedo è stata la condizione perchè noi entrassimo nell'accordo di Schengen», rileva Rodotà.
A questa affermazione Centaro obietta che, se questo è vero, bisogna tener conto anche che «l'authority non può dare le garanzie di una magistratura ordinaria, perchè resta espressione di un potere politico».
Fondamentale anche la questione della responsabilità dei magistrati nelle irragionevoli lunghezze della giustizia, oggetto tra l'altro di un emendamento proposto dallo stesso Roberto Centaro alla discussa legge 'Pinto'.
L'emendamento in questione ha introdotto la trasmissione obbligatoria del provvedimento che sancisce l'equa riparazione in caso di lesione del diritto del cittadino alla ragionevole durata del processo al procuratore generale della Corte dei Conti e al titolare (o ai titolari) delle azioni disciplinari.
Sul punto si esprime chiaramente Giuseppe Gennaro, presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati: «Il trasferimento della responsabilità dallo Stato per omessa predisposizione degli strumenti al magistrato ha un vago sapore di pressione». .
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