Puntata di "Rassegna stampa estera del 25 ottobre" di mercoledì 25 ottobre 2006 condotta da David Carretta .
Tra gli argomenti discussi: Esteri, Francia, Iraq, Ungheria, Usa.
La registrazione audio di questa puntata ha una durata di 20 minuti.
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Buongiorno agli ascoltatori di radio radicale mercoledì venticinque ottobre questo l'appuntamento con la rassegna dei quotidiani internazionali a cura di David Carretta in apertura questo oggi ci occuperemo
Dire anche perché la situazione irachena rischia di influenzare le elezioni di metà mandato americane
Elezioni per rinnovare una parte del congresso e secondo alcuni sondaggi il Congresso potrebbe finire in mano ai democratici riproporremo innanzitutto
Un lungo editoriale di ieri del il New York Times cercare di contenere il disastro in Iraq il quotidiano liberal americano pura avverso al presidente Bush propone all'amministrazione americana un vero e proprio Piano piano per uscire dall'Iraq senza lasciarsi alle spalle una guerra civile riproporremo altri articoli che riguardano l'ira che le elezioni di midterm americana in poi affronteremo un altro argomento ci sposteremo in Europa l'Ungheria in Ungheria dove manifestazioni incidenti
Hanno caratterizzato la celebrazione dell'anniversario della rivoluzione del mille novecento cinquantasei leggeremo un editoriale dalle mondi oggi dal titolo
L'Ungheria spaccata e un'analisi dal Financial Times sulla necessità di separare la retorica dalla realtà
Nell'Europa centrale e in chiusura ci occuperemo delle elezioni presidenziali francesi delle primarie nel partito
Socialista ieri c'è stato il secondo dibattito televisivo tra i tre candidati del s'Ségolène Royale Laurent Fabius e Dominique Strauss Kahn ma a fare notizia sempre Ségolène Royale in particolare con la proposta di istituire giurie popolari per giudicare l'operato dei politici riproporremo un editoriale favorevole di Di Venanzio e un altro contrario da lo cediamo
Ma cominciamo dalla situazione in Iraq che può influenzare le elezioni di metà mandato americane voglio partire dal il New York Times che ieri pubblicava un lungo
Editoriale che ritrovate questo oggi sull'International Herald Tribune dal titolo cercare di contenere il disastro in rack
Non importa quel che dice il presidente Bush la questione non è se l'America può vincere in Iraq secondo il quotidiano liberal americano
La sola domande se gli Stati Uniti possono tirarsi fuori senza lasciarsi dietro una guerra civile che diffonderà cause sofferenza attraverso tutto il Medioriente aumentando il rischio di terrorismo in tutto il mondo
La prospettiva di quel che potrebbe accadere dopo un ritiro americano infesta il dibattito sull'Iraq
L'amministrazione per quanto dica pensare nuove strategie scadenze sta ovviamente sperando di passare ad altre altri alcun particolare al successore di Bush il problema iracheno i dibattiti elettorali per il rinnovo del Congresso non sono stati molto utili perché nessuna delle due parti né democratici e repubblicani e pronta a essere onesta sulle terribili conseguenze di un ritiro militare
E sulle poche probabilità di successo se le truppe americane
Rimarranno in Iraq questo giornale scrive il New York Times si opposto un'invasione unilaterale e non necessaria prima ancora che diventare se è chiaro che l'amministrazione Bush era impreparata completare il lavoro in modo appropriato
Poi abbiamo detto che l'America doveva restare cercare di mettere a posto il Casino la confusione che ha creato a condizione però che ci fosse un ragionevole percorso verso il successo
Questo percorso ora sta diventando sempre più confuso e oggi scrive il New York Times vogliamo illustrare una strategia per contenere il disastro
L'opportunità di fare dell'Ira comparisse stabile e democratico che servisse da modello per il resto del Medioriente non c'è più
Gli Stati Uniti possono al massimo cercare di istituire forze di sicurezza irachene
Che siano in grado di contenere i combattimenti e dare all'IRI ai leader del Paese le fondamenta del sistema politico di cui avranno bisogno se vogliono tenere unito l'Iraq e allora vediamo questo piano per limitare i danni
Cominciando dagli stessi Stati Uniti scrive il New York Times perché il presidente Bush non può lasciare l'incarico presidenziale con i soldati americani che stanno ancora morendo in Iraq americani iracheni e al resto del mondo hanno bisogno di seri progressi e subito
Come prima cosa bus policentrica al segretario alla Difesa Donald Rumsfeld non ci sono possibilità di cambiare la strategia americana in Iraq fino a quando sarà Luís ad avere il controllo del Pentagono questo sarebbe anche il segnale
Un segnale per i comandanti americani sul terreno segnale che l'amministrazione Bush pronta ad ascoltare la verità su quello di cui hanno bisogno su quello che è salvabile in Iraq e quello che non lo è
Il Presidente dovrebbe poi dire chiaramente una volta per tutte che gli Stati Uniti non manterranno basi permanenti in Iraq la popolazione irachena e del resto del Medioriente deve sapere che i soldati americani
Non sono lì per spingere per portare avanti un'agenda imperialista americana
Il secondo punto del piano del dal quotidiano Libero a me la richiesta di negoziati di riconciliazione gli Stati Uniti
Devono andare un ultimatum al primo ministro Nouri Al Maliki
Affinché inizia il processo di riconciliazione finora rinviato domani non è troppo presto la fine dell'anno invece potrebbe essere troppo tardi siamo scettici sui progetti di divisione del Paese scrive il New York Times
Ma devono essere gli stessi iracheni a decidere del l'ultimo il destino ultimo dell'Iraq terzo punto del piano stabilizzare Baghdad perché gli iracheni hanno bisogno di una chiara dimostrazione che la sicurezza e la ricostruzione sono possibili fino a quando a capitale e nel caos non ci sarà alcuna ragione di credere in qualcosa di diverso dalle milizie settarie
O dalla giustizia vendicativa il quarto punto del piano è riunire i paesi vicini gli alleati americani nella regione sono furiosi per la pessima gestione della guerra da parte di Washington
Ma anche Iran e Siria hanno molto da perdere se la guerra civile si impone in Iraq spingendo milioni di rifugiati oltre le loro frontiere questi interessi potrebbero essere la base di una discussione tra i paesi vicini dell'Iraq discussione che contribuirebbe a ridurre il sostegno ai ribelli e ai terroristi dentro al paese infine l'ultimo punto per il New York Times e rendersi conto della realtà
Negli Stati Uniti quasi nessuno perfino in più critici dell'amministrazione vuole dire la cruda verità sulle poche opzioni che rimangono sul tavolo in questo momento il miglior luogo dove esprimere l'amarezza per la pessima gestione della vicenda irachena
Che il signor Times definisce la peggior débâcle di politica estera nella storia americana ed il seggio elettorale ma lo scontento per il presidente Bush non è un piano fare il futuro così dunque il New York Times che metto un po'le mani avanti rispetto agli esiti di queste elezioni nei metta mandato che devono rinnovare fra qualche giorno il congresso americano
A questo proposito l'International Herald Tribune di ieri pubblicava un'inchiesta su quanto l'Iraq incida sulle elezioni di mettere ma il titolo nei dibattiti elettorali americani la politica estera sembra lontana cosa scrive verrà altri non citando numerosi casi l'Iraq non sembra essere decisivo per le sorti degli Stati inviti Coop Stati in bilico che potrebbero dare democratici il controllo del Congresso direttori e i candidati a queste elezioni sembrano più interessati alla politica interna cioè alla sicurezza agli scandali etici di carattere sessuale che hanno coinvolto i repubblicani mentre la politica estera dall'Iraq all'Afghanistan al Darfur sono questione poco citate nei dibattiti un po'lontano dal di lontane dagli spiriti
Per gli elettori un altro giornale Washington post la pensa diversamente ieri pubblicava un in apertura del giornale un sondaggio secondo cui gli elettori indipendenti favoriscono i democratici con un rapporto di due a uno
Leggiamo due settimane dal voto secondo questo sondaggio tra Washington post di Abc News
I repubblicani stanno per chiudendo la battaglia sugli elettori indipendenti che sembrano preferire una Camera dei Rappresentanti guidata dai democratici per questi elettori indipendenti i democratici sono accreditati del cinquantanove per cento
Contro il trentuno dei loro avversari repubblicani e scrive il Washington post la difficile situazione irachena è sempre più citata tra le principali ragioni di questa Scelta rimaniamo sul posto perché le lezioni di Immit hanno aperto anche il dibattito sulle prossime elezioni presidenziali quelle che si terranno tra due anni negli Stati Uniti e tra i democratici sta emergendo con forza la candidatura di Barack Obama importante esponente che è emerso nell'ultima convention presidenziale quella che ha portato all'investitura di John Curry
Che si è opposto la guerra in cui tra l'altro il settimanale Times dedicato la copertina indicandolo proprio come un possibile futuro presidente
Il posti ieri pubblicava un'analisi di Richard Cohen dal titolo una domanda perché non Obama Barack Obama annunciato domenica che potrebbe correre come presidente
Io ho brindato quest'annuncio scrive Cohen certo Obama non ha molta esperienza politica ha trascorso solo due anni al Senato sulla scena mondiale sarebbe come un bambino
Ma ho brindato perché ho letto i suoi discorsi e quello che ha pronunciato sul ruolo della Regione religione in politica al discorso più intelligente che abbia mai sentito
E quel tipo di cose che John Fitzgerald Kennedy avrebbe potuto dire
Ho brindato anche per un'altra ragione perché Obama scrive Richard Cohen è un afroamericano padre africano e madre americana il fatto che uno come lui possa essere candidato presidente forse anche presidente la dice lunga su cosa sono gli Stati Uniti
E poi dopo otto anni di Boucher della sua politica estera narcisistica fatta di molti io io noi noi sembrerebbe quasi di sentire Massimo D'Alema aggiungiamo dopo otto anni di pus sarebbe bello avere un presidente che rappresenta un messaggio diverso grazie alla sua stessa storia e che compensi la reputazione americana in particolare nel Terzo Mondo
Ma la ragione per cui vorrei vorrei che Obama corresse alle presidenziali scrive con me perché non ha nessuna eredità rispetto all'Iraq Daloui lo sentiremo alcuna scusa per aver votato in un certo modo a favore della guerra
Perché ingannato dall'Amministrazione Bush sulle armi di distruzione di massa come invece dicono per esempio John Carrie
E Hillary Clinton Obama non solo era contro la guerra quando si è candidato per il Senato ma può anche rivendicare il fatto che
E fosse possibile accertare i fatti e continuare a credere che la guerra non fosse necessario quanto meno fosse stupida se prendiamo il suo curriculum una candidatura di Obama sarebbe semplicemente uno scherzo non ha esperienza di governo e nessuno sa se è in grado di prendere una decisione importante ma se dobbiamo vedere cosa ha detto e fatto cos'hanno detto e fatto gli altri candidati democratici a proposito di racket
E se Obama potesse in qualche modo disimpegnare i risarcimenti dall'Iraq questa candidatura secondo Richard Cohen non sarebbe un insulto al sistema ma un regalo
Così dunque Richard Cohen sul posto ieri check-in però non vuole disperdere
L'idealismo della politica estera irachena del Presidente americano George d'abito Boucher in particolare Lorans Kaplan assegna editor della rivista New Republic sul Financial Times di ieri la dottrina di Bush
Deve sopravvivere alla guerra in Iraq
Non ci soffermeremo a lungo anche per ragioni di tempo però Kaplan dice dice alcune cose interessanti la prima è che chi critica la dottrina Bush confondendo gli obiettivi e risultati il realtà offre come unica alternativa un disarmo virtuale degli Stati Uniti bisogna invece salvaguardare l'idealismo democratico che ha guidato la dottrina Bush in Iraq inoltre il test nucleare nordcoreano suggerisce che la guerra preventiva deve essere un altro elemento da mantenere perché una nazione difensiva
Non può correre in soccorso del Darfur
O del Kosovo
O di qualsiasi altro luogo al mondo che richieda un intervento americano anche se non c'è una provocazione diretta contro gli Stati Uniti così
Loro in scala plant in una tutti i torti ci spostiamo rapidamente in Europa vogliamo parlare di Ungheria
Lanni Versari o dalla rivoluzione del mille novecentocinquantasei è stato segnato da manifestazioni incidenti provocati in particolare dalla dall'opposizione di centrodestra
Le Monde riassume la vicenda commenta nel suo editoriale di oggi dal titolo L'Ungheria spaccata cinquant'anni dopo il ventitré ottobre mille novecentocinquantasei data in cui migliaia di studenti operai impiegati avevano sfidato l'ordine comunista per reclamare invano l'instaurazione della democrazia
L'Ungheria conosce nuovi incidenti lunedì ventitré ottobre mentre una ventina di capi di Stato erano venuti a commemorare la rivoluzione ungherese il centro di Budapest è stato teatro Dean violente manifestazioni per un triste rovesciamento della storia l'Ungheria era stato l'allievo modello della transizione verso la democrazia che aveva perfino anticipato il crollo dell'impero sovietico rompendo con i canoni dell'economia pianificata
è entrata scrive le Monde Cinque settimane in una zona di turbolenza instabilità
Nella nuova Europa lunghi occupava un posto a parte perché quest'anno aveva evitato una nuova alternanza politica frequente nell'Europa centrale
Dove lo scontento Gronda la celebrazione della rivoluzione del cinquantasei è invece nutrito il conflitto in corso tra la sinistra al potere e la destra l'opposizione
La collera degli ungheresi è scoppiata al diciotto settembre quando hanno scoperto che il primo ministro il cui il partito socialista è l'erede dell'ex partito unico
Aveva deliberatamente nascosti sacrifici economici che avrebbe imposto gli ungheresi dall'ora la destra che rifiuta danni di partecipare alle cerimonie commemorative vuole farla finita con i comunisti
Cui dalla fronda il principale partito di destra presieduto da Viktor Orban è stato diverse volte al potere negli ultimi quindici anni reclama con insistenza le dimissioni del primo ministro Orban i suoi amici
Che hanno spesso tendenza a flirtare con l'estrema destra e ad alimentare sentimenti xenofobi avevano deciso di prolungare le manifestazioni antigovernative fino al ventitré ottobre vigilia delle commemorazioni così
La celebrazione di quelle che il presidente della Commissione europea Josè Manuel Barroso ha definito gli eroi del mille novecentocinquantasei quella celebrazione diventato ostaggio della politica interna in Ungheria spaccata
Per violente che siano per violenti che siano gli scontri di oggi a Budapest non hanno però nulla a che vedere con l'insurrezione del mille novecentocinquantasei
Rivelano invece Ungheria fragile nonostante l'Unione Europea sperasse di farne un polo di stabilità è un modello di rinnovamento democratico così le monde nel suo editoriale di oggi
Un ulteriore approfondimento
Con Tonini leggermente diversi e soprattutto ampliato da altri paesi dell'Europa dell'Est in crisi in particolare Polonia Slovacchia dove il Governo coalizioni con al loro interno partiti populisti e xenofobi
Un ulteriore approfondimento lo troviamo sul Financial Times di ieri in un'analisi TdB a una Racman la necessità di separare la retorica dalla realtà nell'Europa centrale il titolo
In sostanza secondo Oracle ma non ci sono minacce dirette alla democrazia in questi Paesi né in Ungheria né in Polonia né in Slovacchia
L'arrivo al potere di personaggi populisti non riflette una vera svolta nell'attitudine l'opinione pubblica in azione dissi populisti hanno conquistato voti sino alla caduta del comunista mo'e ora sono parte di governi anzi di complicate coalizioni di governo in Polonia Slovacchia e questo è un processo politico normale
Alternativo a una radicalizzazione seria della politica in questi Paesi
Per ora la questione dunque più retorica crea le del resto vengono citati alcuni esempi darà marimba Romo sessuali rimangono aperti a Varsavia nonostante le dichiarazioni offensiva dei leader polacchi sull'omosessualità
E nei vertici europei questi leader populisti parlarne negoziano invece di limitarsi a accusare sbraitare contro l'unione europea infine non bisogna dimenticare che il più importante valore europeo che aveva del resto animato la rivoluzione ungherese del mille novecentocinquantasei e l'Outlook l'autodeterminazione dei governi democratici
Prima di mi minacciare sanzioni come fanno alcuni per un po'di retorica occorrerebbe ricordarselo così tra l'altro viene allora ma non sul Financial Times ieri chiudiamo parlando di Francia tre lezioni presidenziali delle primarie interni al partito socialista ieri sera c'è stato il secondo dibattito televisivo tra i tre candidati del pensa
Ségolène Royale Dominique Strauss-Kahn Los Fabius a fare notizia però è sempre Ségolène Royal in particolare con l'ultima proposta quella di istituire giurie popolari per giudicare l'operato dei politici
Liberazione ieri vi dedicava un intero dossier dal titolo Royale
Una linea politica tendenza marketing perché perché sulle diverse questioni la candidata all'investitura socialista si ispira ai sondaggi formula in questo modo le sue proposte sciocca
Quella più sciocca abbiamo detto e l'istituzione di giurie popolari rivela siamo riconoscere un merito in questa proposta nel suo editoriale di ieri
In cui scrive da quando ha parlato di sorveglianza degli eletti da parte di giurie di cittadini è diventata bersaglio di tutti Ségolène Royal al dono di attirarsi le critiche
Gli uomini di Sarkozy l'accusano di mandare al macero le tradizioni democratiche del mille settecentottantanove quelli di Roma Fabius di situarsi nell'antiparlamentarismo più sommario che in francese corrente significa correre dietro l'estrema destra Max Gallo storico accusa Royal di ispirarsi a mano essere accusata con tempo di di maoismo stalinismo fascismo rischia di essere un merito secondo Libération
Perché per quanto Ségolène Royale abbia dei difetti tra cui quello di sacrificarsi troppo e il al giro dei sondaggi non si può negare che ci sia una crisi del sistema rappresentativo in Francia l'astensione elettorale cresce la rappresentazione sembra essere monopolizzata
Tagli marchi chi esce dall'ENA l'alta scuola nell'amministrazione pubblica
E poi si moltiplicano i sintomi di una crisi che Royale si è limitata indicare rispetto alla quale vuole proporre un rimedio che già e applicato altrove in Spagna Germania e Inghilterra e soprattutto a Porto Alegre
Paradiso degli altri mondi a listi dove i cittadini sono consultati sulle priorità di bilancio incaricati di controllare la loro esecuzione insomma
Il modello Porto Alegre modello che indica che criticato da l'effige avevo in un editoriale di ieri dal titolo Ségolène dal Paese dei Soviet
Si potrebbe pensare che Royale sia l'immagine di un socialismo moderno temperato da un certo conservatorismo provinciale ma dietro le sue proposte in salsa Hunter moti mondi a lista
Come la proposta delle giurie popolari
La società che Ségolène Royale disegna non è poi così dolce perché perché vuole una Francia dove si vogliono spaventare i capitalisti in cui l'adesione a un sindacato obbligatori in cui comitati di base devono riflettere la volontà popolare imponendo la loro vigilanza al vertice insomma russo non è morto scritta fidiamo e ne abbiamo concluso da David Carretta una buona giornata l'ascolto di radio radicale
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