10 MAG 2009
rubriche

Conversazione settimanale con Marco Pannella

RUBRICA | di Massimo Bordin - RADIO - 17:32 Durata: 2 ore 2 min
A cura di Enrica Izzo e Pantheon
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Questa settimana, alla conversazione con Marco Pannella, partecipa - in collegamento da Bologna - il politologo e candidato sindaco a Bologna Gianfranco Pasquino.

Puntata di "Conversazione settimanale con Marco Pannella" di domenica 10 maggio 2009 , condotta da Massimo Bordin che in questa puntata ha ospitato Massimo Bordin (direttore di Radio Radicale), Gianfranco Pasquino (docente di Scienza politica presso l'Università degli Studi di Bologna), Marco Pannella (parlamentare europeo, Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l'Europa).

Tra gli argomenti discussi: Politica, Radicali
Italiani.

La registrazione video di questa puntata ha una durata di 2 ore e 2 minuti.

La rubrica e' disponibile anche in versione audio.

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  • Introduzione

    Massimo Bordin

    direttore di Radio Radicale

    Conversazione tra Marco Pannella e Massimo Bordin. In collegamento da Bologna partecipa anche Gianfranco Pasquino, politologo e candidato a sindaco di Bologna
    17:32 Durata: 53 sec
  • La candidatura di Gianfranco Pasquino a sindaco di Bologna e la situazione di quelle che un tempo venivano definite regioni rosse, da decenni senza ricambio di classi dirigenti

    Marco Pannella

    parlamentare europeo (ALDE)

    Gianfranco Pasquino

    docente di Scienza politica presso l'Università degli Studi di Bologna

    Gianfranco Pasquino è candidato sindaco a Bologna. Marco Pannella: Visto che da molti anni già ci ponevamo il problema di direzione del territorio nelle regioni cosiddette rosse, senza ricambio delle classe dirigenti, forse proprio al professor Pasquino potremmo chiedere di inquadrare la situazione bolognese ed emiliana, come qualcosa che riguardi e che in misura una parte dell'Italia, da Livorno a Bologna, da Ancona fino al Nord dell'Emilia, molte città. C’è un’alternativa o ci sono semplicemente delle alternanze che sono soltanto conseguenza di un logoramento di una situazione di potere senza ricambio? Gianfranco Pasquino: La situazione ha un elemento comune a quelle zone che un tempo venivano definite 'rosse'. Cioè vi sono stati a Bologna molti cambiamenti economici, sociali e culturali - anche positivi - e però ci sono stati pochissimi cambiamenti politici, cioè nel partito dominante. Il partito dominante cioè il Pci, in seguito i Ds - ha percepito il pericolo e si è trasformato in Partito Democratico. Ma questa trasformazione è stata solamente la somma di due organizzazioni, che non stavano molto bene di salute, cioè Ds e Margherita. Le due formazioni si sono sommate in maniera perfetta, in maniera tale da salvare tutti i dirigenti, riproducendo quella che era la grande forza del Pci, ovvero una qualche certezza di carriera politica ed amministrativa. Questo però non basta a governare società che cambiano. Ne consegue una certa rassegnazione e delusione. Mentre la delusione può essere trasformata in comportamenti attivi, la rassegnazione scivola lentamente nell’astensione e nell’astensionismo. Ho pensato che bisognasse offrire una qualche alternativa alla città. Un'impresa ambiziosa visto che il partito dominante continua ad essere attorno al 40%. Quindi sono qui, con una lista civica, che spera di produrre idee e che credo abbia già prodotto idee, sperando di andare incontro alla insoddisfazione di una parte dei cittadini bolognesi
    17:32 Durata: 6 min 4 sec
  • Il percorso che ha portato alla candidatura di Pasquino. Pannella: "Mi pare che questa sia la conferma di quanto sta accadendo e che esponenti come Parisi sottolineano: c’è uno statuto scritto, forse, e poi c’è uno statuto materiale per cui non ci si può candidare se non si è candidati del vertice"

    Marco Pannella

    parlamentare europeo (ALDE)

    Gianfranco Pasquino

    docente di Scienza politica presso l'Università degli Studi di Bologna

    Il percorso che ha portato a queste elezioni amministrative. Gianfranco Pasquino: E’ una storia abbastanza lunga, quella ad esempio dell’enorme difficoltà e dell’incapacità del gruppo dirigente dei Ds durante il governo di Guazzaloca di trovare un candidato nei loro ranghi. Alla fine si decide di scegliere, forse chiedere, un candidato paracadutato dalla politica nazionale, come Sergio Cofferati, che forte del suo prestigio nazionale aveva la possibilità di vincere le elezioni. Ma era un candidato affatto rappresentativo del modello 'bolognese', che non conosceva la città e che ha rivelato di non avere nessun interesse per la città, essendo spesso assente e raramente in interlocuzione con i cittadini e le associazioni bolognesi. Alla fine di questo percorso, nel luglio 2008, il sindaco decide di accettare la ricandidatura. Era normale dunque che non si tenessero delle primarie. Ma all’inizio di ottobre, Cofferati dichiara che per ragioni personali - ovvero per stare più vicino al figlio che vive a Genova - sceglie di non ricandidarsi. Applausi per il privato che vince sul politico , con articoli anche abbastanza curiosi, ne ricordo uno della direttrice de l'Unità che esalta questo 'passo avanti'. A quel punto si apre il processo delle primarie. Sindaco che dopo aver detto 'sarei un ciarlatano se accettassi altre cariche', chiederà addirittura di essere candidato alle elezioni europee di quest'anno. Il gruppo che sta attorno a me, che le primarie per la città le chiedeva già nel 1997, preme per organizzarsi ed entrare nelle primarie. Lo abbiamo fatto tardivamente e nel giro di quattro giorni raccogliamo 1400 firme. Ma il regolamento del PD richiedeva o 386 firme di iscritti, o 47 firme dei componenti dell'assemblea cittadini. Noi preferiamo gli iscritti, anche perché i componenti dell'assemblea cittadini non erano certo amici o compagni. Dunque chiediamo accesso al registro degli iscritti del Pd, che ci viene negato con questa motivazione: ‘Se Pasquino non conosce gli iscritti, è chiaro che non può raccogliere gli iscritti’. Ora, Pasquino gli iscritti li conosce pure, ma non posso - guardando una persona in faccia - sapere automaticamente se è iscritto. Vado dunque all’assemblea cittadina del PD e dico che se mi vogliono come candidato alle primarie, 47 di loro mi devono sostenere. Arrivano segnali di insofferenza e indifferenza. Questo avviene il venerdì. Il lunedì pomeriggio giunge la notizia che il candidato Del Bono - il candidato del Partito, del gruppo dirigente - ci concede graziosamente 47 firme dei suoi sostenitori. La cosa a noi è apparsa un regalo avvelenato. Abbiamo dunque rifiutato e rinunciato al gioco delle primarie, pur continuando ad esprimere alcune idee in proposito, come l’idea che si dovessero tenere primarie di coalizione. La scelta di formare una lista civica all’inizio di febbraio. Non l’avremmo mai fatta se avessimo potuto concorrere nelle primarie del Pd o di coalizione. E’ stata una scelta obbligata. Marco Pannella: Mi pare che questa sia la conferma di quanto sta accadendo e che esponenti come Parisi sottolineano: c’è uno statuto scritto, forse, e poi c’è uno statuto materiale per cui non ci si può candidare se non si è candidati del vertice. Il quale poi, molto spesso, non si sa bene chi sia. C’è questo scimmiottamento americano, assunto come simbolo di novità. Dopo che invece le primarie americane avevano, con le loro regole, affascinato il mondo intero. Che è caratteristica di tutti i giochi in cui le regole sono chiare, come il calcio, gli scacchi, etc.
    17:39 Durata: 11 min 17 sec
  • Tre punti distintivi della piattaforma programmatica di Pasquino: affermazione di un'etica politica, partecipazione democratica, "Bologna più europea"

    Gianfranco Pasquino

    docente di Scienza politica presso l'Università degli Studi di Bologna

    I contenuti della piattaforma programmatica di Pasquino. Gianfranco Pasquino: Prima vorrei sottolineare alcuni elementi curiosi, come ad esempio il fatto che potevo essere votato perché ero uno dei soci fondatori, ma non potevo sottoscrivere la mia candidatura perché non iscritto al PD. Dopodiché siamo entrati in campagna elettorale promuovendo una serie di punti programmatici disponibili anche sul mio sito: www.gianfrancopasquino.it Sono una decina di punti, ma quelli su cui siamo distantissimi da tutti gli altri candidati sono almeno tre. Il primo, noi crediamo che questa città abbia bisogno di un’etica politica. Quindi noi vogliamo azzerare le consulenze, evitare qualsiasi conflitto di interessi, evitare il cumulo delle cariche. Per di più le cariche di nomina politica dovranno essere giustificate in maniera trasparente. Inoltre pensiamo che debba esserci un registro vero delle unioni civili e che ci debba essere la possibilità di depositare il proprio testamento biologico. Secondo, riteniamo si debba dire qualcosa di serio sulla partecipazione. Cofferati aveva fatto un lungo giro nei quartieri - che io avevo chiamato una processione - dicendo 'partecipazione, partecipazione, partecipazione', poi però si è isolato a Palazzo D’Accursio. Noi vogliamo cambiare lo statuto e il regolamento comunale, per consentire alle associazioni di potersi esprimere anche attraverso richieste che verranno discusse in consiglio comunale e sulle quali ci si dovrà esprimere in maniera netta, attraverso referendum utili ad abrogare eventuali ordinanze del sindaco, e referendum propositivi su alcune tematiche. Abbiamo aggiunto a questo l’idea del bilancio partecipato: una parte del bilancio del comune deve essere messa a disposizione di progetti dei cittadini che verranno valutati per la loro rilevanza per la città. Il terzo punto è che qui c’è un problema di Europa? Dove sono gli europeisti in questo paese? Gli europeisti in questo Paese stanno prevalentemente dentro il Partito Radicale. Altrove se ne trova qualcuno, ma senza nemmeno grande impegno da parte loro. Abbiamo un punto che chiamiamo 'Bologna più europea'. Gli esempi dell'università e dell'economia, con la loro necessità di avere un più ampio respiro europeo. Poi, credendo che ci sia anche un problema di politiche simboliche, vorremmo intitolare una via della città ad Altiero Spinelli, che non solo era socio dell’associazione Il Mulino, ma ha anche insegnato due anni alla Johns Hopkins University Press e ha pubblicato un libro con la casa editrice dell'università, ‘Gli eurocrati’. Questi sono tre punti qualificanti perché non esistono nei programmi degli altri candidati
    17:50 Durata: 9 min 30 sec
  • L'idea di un comizio comune (Pannella - Pasquino) a Bologna, sull'Unione Europea.

    Marco Pannella

    parlamentare europeo (ALDE)

    Gianfranco Pasquino

    docente di Scienza politica presso l'Università degli Studi di Bologna

    Marco Pannella: Mi pare che l’esposizione di questi primi punti programmatici ci trovi davvero concordi. Il tentativo che stiamo facendo almeno da un anno sull'anagrafe degli eletti, poi il contributo di un nostro collaboratore (Flavien Deltort, ndr) sulle presenze e l'attività dei parlamentari europei, così come il punto programmatico del registro di unioni civili e testamenti biologici e infine il punto che riguarda la condizione europea del nostro territorio. Monica Mischiatti mi ha mandato un sms proprio l'altro giorno, dicendo: 'Che bello sarebbe un comizio in Piazza Maggiore con Pasquino e Pannella'. Forse ti ricorderai degli anni Ottanta e dei comizi in Piazza Maggiore. Erano eventi cittadini, se è vero come è vero che qualche volta capitavo contemporaneamente a Giorgio Almirante, che prenotava ben altra piazza. Dovrai e dovrete stabilire se non ci sia il rischio che poi si dica che ‘i radicali ci vogliono mettere il cappello’. Il precedente in tal senso con Paolo Flores d'Arcais. Ma vorrei dire a te, alla compagna Monica Mischiatti, a tutti i compagni, che hanno piena libertà e quindi un impegno innanzitutto: che essi continuino ad esercitare la loro libertà di associazione, liberi di nutrire poi con le loro contraddizioni personali e politiche anche la loro connotazione di azionisti della galassia radicale. Gianfranco Pasquino: Io ho grande timore di un comizio Pannella-Pasquino, se non altro perché. Pannella è estremamente più eloquente di me, invadente come personalità, ma credo si possa benissimo farlo un comizio congiunto sull’Europa. Anche perché lo stesso giorno del primo voto amministrativo si vota anche per le europee, e quindi sarebbe opportuno riuscire a comunicare qualche cosa ai cittadini bolognesi, a fare sì che quello sia un voto per l'Europa e non solo di adesione a qualche specifico partito. Il problema è che se siamo soltanto noi, allora costa 10.000 euro che non ho. Dobbiamo sperare ci siano anche altre liste a chiedere l'uso della piazza. Marco Pannella: A me non risulta che in passato pagassimo l’uso elettorale e democratico di Piazza Maggiore. In più, se lo facciamo anche sui temi del territorio emiliano, romagnolo ed europeo, abbiamo anche il titolo per chiederlo come Lista Emma Bonino. E' la prima volta che, avendo occupato almeno 15 volte in passato Piazza Maggiore, viene fuori questa notizia. Cofferatiana, e non so quanto tutto ciò possa essere ritenuto legittimo. Incredibile che ci vogliano 20 milioni di lire, 10 mila euro, per parlare e fare un comizio a Piazza Maggiore. L'elevato costo della vita a Bologna
    17:59 Durata: 14 min 19 sec
  • Legge elettorale e referendum. Pasquino: "Argomentare il 'no' al quesito refendario sul premio di maggioranza potrebbe essere utile, per rimettere al centro di qualsiasi riforma elettorale collegi effettivamente uninominali". Pannella: "Abbiamo un referendum con il quale si tende a legalizzare la situazione di oggi, per cui il bipartitismo di stampo anglosassone diventa il modo di realizzarsi di quello che Giuliano Amato chiamava ‘Stato-partito’, passato dal singolare (con il fascismo) al plurale (oggi)"

    Marco Pannella

    parlamentare europeo (ALDE)

    Gianfranco Pasquino

    docente di Scienza politica presso l'Università degli Studi di Bologna

    In un sistema elettorale dove c’è il doppio turno, quindi più francese, cosa c’entrano le primarie americane? Gianfranco Pasquino. Se si deve scegliere un candidato ad una carica monocratica, le primarie si possono fare comunque, sia in caso di turno unico che di doppio turno. Naturalmente il sistema francese ha il vantaggio di avere collegi uninominali, unica soluzione alternativa a questa pessima legge elettorale. Il referendum ha due quesiti: uno è quello che vieta le candidature multiple e credo che questo sia sacrosanto, ma magari si potrebbe accompagnare con un requisito di residenza. Sull'altro quesito ha ragione invece Emma Bonino: è assurdo dare un premio di maggioranza di quella entità ad un partito o lista di maggioranza. Significherebbe anche un suicidio per lo schieramento del centro-sinistra, oppure una vittoria risicata attraverso una singola ammucchiata che renderebbe impossibile governare. Marco Pannella. I contesti storici e territoriali sono stati praticamente politicamente disastrati e negati. Da questo dissesto ideologico deriva il dissesto idrogeologico. I migliaia di cittadini morti per la assoluta sovranità della ignoranza delle leggi e della forza e del potere, sempre meno ancorato a qualsiasi regole, innanzitutto le proprie: dove c’è strage di legalità e di democrazia, lì c’è strage di popoli. Nel 2005 dicemmo: sono aboliti in Italia i diritti civili e politici, ad eccezione dei due partiti gemelli, di quelli che a destra e sinistra rappresentano le gambe del regime partitocratico. Quindi chiedemmo ospitalità all’uno e all’altro. Berlusconi stava per concederla, ma venne dissuaso quando gli fu garantito che se ci avesse accettato la sinistra, il vaticano garantiva che comunque non saremmo stati accolti. A sinistra sembrava che la proposta fosse accolta, ma poi all'ultimo momento misero la condizione che le liste radicali non avessero il nome di Luca Coscioni. L’accordo saltò. Sono passati questi anni e abbiamo avuto ‘begli episodi’. La legislatura è caduta pagando un costo - come dice Giuliano Vassalli - ‘senza precedenti in uno stato di diritto’, ovvero il costo di non proclamare i senatori eletti della Rosa nel Pugno. Quando abbiamo un referendum con il quale si tende a legalizzare la situazione di oggi, per cui il bipartitismo di stampo anglosassone diventa il modo di realizzarsi di quello che Giuliano Amato chiamava ‘Stato-partito’, passato dal singolare (con il fascismo) al plurale (oggi). Se lo sviluppo sarà anti-democratico e senza dibattito, bisognerà vedere quale sia il comportamento che possa scongiurare meglio un ulteriore passo avanti del degrado anti-democratico ed anti-stato di diritto della realtà italiana. Gianfranco Pasquino: Sicuramente voterò sì al quesito che vieta le candidature multiple. Per quanto riguarda il premio di maggioranza, sono indeciso, anche se tendenzialmente contrario. Vorrei però riuscire a capire come i proponenti del referendum sostengano che il 'sì' aprirebbe una stra ad una riforma. D'altra parte il Parlamento non avrebbe poi intesse a modificare più a fondo la legge elettorale: Quindi argomentare il ‘no’ a questa riforma potrebbe essere utile, per rimettere al centro di qualsiasi riforma elettorale collegi effettivamente uninominali e con il requisito della residenza, in modo che i candidati prima e i parlamentari poi, cerchino di rappresentare il territorio, sentire quel dovere di rappresentanza politica che costituisce il tramite essenziale tra parlamento e cittadinanza. Marco Pannella. Una volta uno dei presidenti che volevamo mettere sotto accusa - Scalfaro -, per il quale rivendico di aver fatto un tentativo al momento della sua elezione (dissi ‘questo è un mariologo, a differenza di altri non è un mariolo’, poi si rivelò che anche Maria non poteva fare il miracolo di farne altro che un mariolo) disse: ‘Se un referendum decide, il parlamento deve scrivere sotto dettatura di quel referendum’. Questa volta Berlusconi lo farebbe di sicuro, e quindi sarebbe un difensore della legalità. Se si approvasse un referendum peggiorativo come questo, lo ha detto anche lui: ‘sarei masochista se non lo sostenessi’. Il comitato referendario, il carattere di potere dello stato e l’impedimento successivo, ad opera della Corte Costituzionale, dell’esercizio di qualsiasi potere durante l’itinerario referendario. Bisognerà impedire, come meglio si può, un ulteriore crimine contro le istituzioni
    18:14 Durata: 17 min 44 sec
  • Il Pd, l'appuntamento post-elettorale di Chianciano e la riforma elettorale. Le posizioni di Pasquino e Pannella sull'attuale ruolo del Presidente della Repubblica.

    Marco Pannella

    parlamentare europeo (ALDE)

    Gianfranco Pasquino

    docente di Scienza politica presso l'Università degli Studi di Bologna

    Il Pd ha dato ‘sì’ come indicazione di voto per il referendum. Non è una mossa masochistica? Gianfranco Pasquino: Anche se il PD fosse al 40% e quindi fosse il potenziale usufruitore del premio di maggioranza, io sarei contrario a dare un premio di maggioranza ad un partito che potrebbe perpetuarsi al potere per un periodo di tempo molto lungo. Il bipartitismo non nasce con delle regolette elettorali, ma deve crescere nel paese nel momento in cui ci siano delle vere aggregazioni grandi, che sono capaci di convincere gli elettori del fatto che saranno rappresentative ma allo stesso tempo rispettose anche dei diritti delle minoranze. L’esempio del modello inglese. Il Pd, in materia di sistemi elettorali, è composto da una parte di incompetenti da una parte, opportunisti dall’altra, che scelgono le leggi elettorali in base al loro personale tornaconto, di breve respiro. Il Pd ha perso le elezioni politiche dell’aprile 2008 e nessuno dei dirigenti del Pd ha perso il seggio in Parlamento. Tecnicamente quindi nessuno di questi ha perso. Per questa ragione non c’è stata nessuna urgenza di discutere dell'esito elettorale, per questa ragione Walter Veltroni si è trascinato ai vertici del partito fino al febbraio di quest’anno, perché nessuno di loro aveva perso e si presentava come alternativa insoddisfatta a quanto successo. Questa legge elettorale ha consentito a Veltroni di scegliersi i loro parlamentari che infatti si comportano in maniera perfettamente disciplinata. Non ci sono dissenzienti, quanti si alzino e spieghino perché le cose non vanno. Addirittura l’ultima assemblea, quella nella quale è stato scelto Franceschini, su 2600 persone abilitate a farne parte, ha visto la presenza di non più di 900 di loro votare. Un quinto di incompetenti, 70% di opportunisti-elettorali, rimane un 10% che cerca di elaborare una legge elettorale che garantisca anche la rappresentanza ai cittadini. Di questo argomento poi si discutere rarissimamente. Se ne è discusso molto negli anni Ottanta, quando presentai una proposta di riforma elettorale e girai come una trottola per presentarlo in moltissime sezioni del Pci, dove c’erano anche posizioni molto diverse tra di loro, in qualche modo un atteggiamento pluralista. Sono anni, almeno due, che non mi invita più nessuna federazione o sezione del PD. Marco Pannella: Ma non ci sono più sezioni, ci sono solo fondazioni! Gianfranco Pasquino (ride): La fondazione di D’Alema mi ha rigorosamente e sempre escluso. Un dibattito, quello sulle riforme istituzionali, paradossalmente reso meno necessario dal Presidente della Repubblica, che riesce a mascherare problemi che vi sono nella costituzione formale, materiale e nel comportamento dei dirigenti. Marco Pannella. Mi rivolgo qui al professore, al politologo, per tre motivi. Prima questione: a me è carissimo Gambetta, è quello che ha introdotto laicismo e democrazia nella neonata terza repubblica francese, rivendicando alla politica il carattere non dell’ideologia ma dell’opportunità. Allora potremmo usare, invece del termine opportunismo, un altro termine? Non si potrebbe usare piuttosto la parola ‘trasformismo’? Seconda questione: noi il 12 e 13 giugno, presumibilmente a Chianciano, riprendiamo una iniziativa di mille autoconvocati, come sempre all’indomani del trionfo o della debacle elettorale, come avvenne in occasione del referendum della legge 40, dopo il quale nacque la Rosa nel Pugno. Lì vorremmo proporre una base di discussione, a partire dalla proposta di Salvi, anche lui sostenitore dell’uninominale a tutti i livelli. Credo che su questo Salvi si renda benissimo conto che una cosa del gente comporti una riforma generale della Costituzione e una forma diversa di equilibrio dei poteri. La situazione attuale di alcune forse della sinistra, come Sinistra e Libertà: La ragione di questa unità è ‘battere il 4 per cento’. Per il resto non hanno discusso nulla, nemmeno di come spartirsi - come avvenne con Rifondazione -, della spartizione delle loro sedi immobiliari. La terza cosa è questa: il Presidente della Repubblica, e anch'io sottolineo una sua sensibilità culturale straordinaria. Ma devo ricordare che io sono nel corso di una iniziativa di satyagraha come tutti i compagni radicali, ma accompagnata anche da uno sciopero della fame. L'ho interrotto per 24-48 ore in omaggio, da nonviolento, a questa traduzione perfetta fatta dal Presidente della Repubblica del libro di Adriano Sofri su Pinelli. Mi pare che il post hoc propter hoc almeno in parte possa venire invocato. Ed è indubbio che la stretta di mano della vedova Calabresi e della vedova Pinelli abbia rappresentato un autentico momento, pratico e simbolico, che il Presidente non ha mancato con la sua capacità di fare. Ciò detto, nell’ultimo anno, con tutta la vicenda della Presidenza della commissione di vigilanza, si dimostra che la cultura dei presidenti consente a quello attuale di essere, più che garante, arbitro. Ma arbitro tra le due forze di regime. Restano fuori dalla sua attenzione tutti i problemi veri di costituzionalità e legalità. Ci ha provato: ha fatto una dichiarazione l'estate scorsa, dicendo che obbligo inderogabile del Parlamento era quello di fare operare comunque la Commissione di vigilanza. Dopodiché, quando dei parlamentari hanno accettato questo, si sono invece premiati i parlamentari che, come un sol’uomo, hanno fatto ostruzione del funzionamento del Parlamento, contro i regolamenti stessi delle Camere. È stato arbitro per assicurare il dialogo fra le due componenti del regime partitocratico di oggi, e non quello di tenere presente e difendere coloro che al potere chiedono soltanto di rispettare le sue proprie regole. Su questo devo dire che il Presidente non sia storicamente e culturalmente attrezzato
    18:31 Durata: 15 min 47 sec
  • Ancora su "opportunismo" e "trasformismo". La storia dei referendum per il maggioritario

    Marco Pannella

    parlamentare europeo (ALDE)

    Gianfranco Pasquino

    docente di Scienza politica presso l'Università degli Studi di Bologna

    La “otte di Casoria di Berlusconi. Gianfranco Pasquino: Il tema non mi appassiona. Marco Pannella: Comprensibilmente! Gianfranco Pasquino: Il privato è politico, quando l’uomo è politico, ma fare la lotta politica soltanto sulla vita privata del Sindaco di Bologna, del Presidente del Consiglio mi parrebbe non particolarmente brillante, né utile. Vorrei dire una cosa sul Presidente della Commissione di Vigilanza; Marco eccede, il Presidente della Repubblica doveva richiamare i Presidenti delle Camere perché facessero osservare il regolamento, ma oltre non poteva andare, altrimenti saremmo in una situazione di presidenzialismo, per lo più non giustificato dalle modalità con le quali il Presidente è stato eletto. Quanto al dibattito sulla riforma del sistema elettorale Salvi è un esempio di opportunismo: quando poteva premere perché era in un gruppo forte non lo ha fatto, adesso difende posizioni difendibili ma poiché le difende da una posizione di minoranza, mi pare un comportamento opportunistico. 'Opportunismo' è quello che ciascuno di noi fa cercando di valutare il miglior tornaconto della situazione data, a prescindere dalle convinzioni personali, supponendo che ne abbia. ‘Trasformismo’ è passare da una maggioranza all’altra. Abbiamo molti parlamentari che poco prima del 2001 fecero questo tipo di movimenti, ma è cosa diversa dall’operare sulle leggi elettorali in maniera tale di mantenere il proprio seggio a prescindere da un’idea complessiva del sistema politico che si può avere. I sistemi elettorali devono essere diversi tra di loro: quando si elegge il sindaco o un parlamento, ci sono logiche diverse. Il Parlamento europeo dovrebbe e usare strumenti maggioritari per un parlamento che non dà vita a un governo mi pare un errore istituzionale. Marco Pannella: Io insisto, sono d’accordo con Pasquino: l’opportunismo è il coltivare la ricerca dell’opportuno laico, contro il riflesso meramente ideologico e schematico. In materia elettorale c’è la necessità di una radicalità di scelte di riforma, piuttosto che l’ennesima toppa da porre. Gli italiani hanno già votato, per due volte, il passaggio al sistema americano, prima nella Camera nel 1993 e poi nel Senato quello del 2000.
    18:47 Durata: 10 min 3 sec
  • L'intervento di Emma Bonino a Ballarò. Pannella: ci vuole la credibilità di chi prende una iniziativa che riguarda le supreme funzioni della Repubblica. Noi l’avevamo, avendo già preso iniziative con il caso Leone, poi con la Presidenza Cossiga in quegli anni di piombo nei quali Cossiga, Pecchioli e Minnucci lavoravano insieme per risolvere non solo la questione Moro, ma anche quella P-2, Pci, P-Scalfari, P-38 ma Santoro e tutti costoro che credibilità hanno?

    Marco Pannella

    parlamentare europeo (ALDE)

    Emma Bonino, per tre volte su tre interventi che ha fatto, ha tentato di ricondurre il discorso al problema politico generale. Ma è dovuta partire dal tema obbligato, chiuso e dato da Santoro, quello delle veline e della notte di Casoria. Emma è andata per cercare di testimoniare di una casa: ci vuole la credibilità di chi prende una iniziativa che riguarda le supreme funzioni della Repubblica. Noi l’avevamo, avendo già preso iniziative con il caso Leone, poi con la Presidenza Cossiga in quegli anni di piombo nei quali Cossiga, Pecchioli e Minnucci lavoravano insieme per risolvere non solo la questione Moro, ma anche quella P-2, Pci, P-Scalfari, P-38 ma Santoro e tutti costoro che credibilità hanno? L’obiettivo che proporremo anche il 12 e 13 giugno: è possibile la riforma americana, anglosassone, o andare in quella direzione, per l’Europa e per l’Italia? Non dimentichiamo che la delibera del Parlamento europeo del 1985 andava in quella direzione. Emma Bonino voleva porre il problema: ma possibile che voi, che non avete mai parlato di Scalfaro, di Cossiga e su altre cose di fondo, volete che ci esprimiamo su questo? E poi hanno detto: ‘Ma come, la Emma Bonino che deve il suo posto in Commissione a Berlusconi?’. Questo è vergognoso e prego Berlusconi di intervenire presso i suoi, perché su questo c’è una storia di alleanza stretta tra lui e Pci. Ricordo che nel 1999, quando il gradimento di Emma Bonino era al 70%, Berlusconi intervenne nella prima assemblea del Parlamento impedendo qualsiasi voto anche dimostrativo di Emma Bonino. E, d’accordo D’Alema e Prodi, fece fuori Bonino la ‘protesi di Pannella’ - dalla Commissione, ed Emma venne cassata in quel momento dalle televisioni italiane. Se non fosse la Emma che serba tutta intera la capacità di governo alternativo, come noi tavolinanti e militonti siamo capaci. Quando oggi dicono ‘Emma Bonino bacchettona’, il problema è che lì non gli è stato permesso di sollevare il problema: ‘Ma come, stiamo discutendo solo di questo?’ E’ la dimostrazione di quanto la Prima repubblica abbia lei fatto un deserto di democrazia e di stato di diritto, nell’ambito del quale oggi Berlusconi precipita a folle. Come su una autostrada senza più appigli per fermare una caduta che nemmeno Berlusconi sa dove porterà
    18:57 Durata: 9 min 41 sec
  • La figura di Berlusconi e il degradarsi, già anteriore alla sua discesa in campo, dello Stato di diritto. Pasquino: Se Mussolini era parte della autobiografia della nazione, lo stesso vale per Berlusconi. Non è un elemento improvviso. È il prodotto di una società che non stava più assieme, resa più egoistica che nel passato, una società frammentata e nella quale aveva vinto Guicciardini e il suo ‘particulare’, contro lo spirito repubblicano di Machiavelli. Pannella: Berlusconi ha trovato maestri nella Prima Repubblica nel non attuare le leggi, e allora noi dobbiamo andare a quella radice

    Marco Pannella

    parlamentare europeo (ALDE)

    Gianfranco Pasquino

    docente di Scienza politica presso l'Università degli Studi di Bologna

    Quando inizia a crisi istituzionale dell’Italia. Gianfranco Pasquino: Cosa rappresenta Berlusconi? Io sono assolutamente in coerenza con quello che da Gobetti in poi la sinistra liberale è andata dicendo. Se Mussolini era parte della autobiografia della nazione, lo stesso vale per Berlusconi. Non è un elemento improvviso. È il prodotto di una società che non stava più assieme, resa più egoistica che nel passato, una società frammentata e nella quale aveva vinto Guicciardini e il suo ‘particulare’, contro lo spirito repubblicano di Machiavelli. Quando la Dc esplode per le sue contraddizioni interne, ed il Pci non riesce a diventare un grande partito social-democratico, a quel punto si sono aperti spazi straordinari e lì interviene Berlusconi, non è un marziano, è ‘uno di noi’ come lo chiamerebbero in curva. Tutte queste cose sono facilmente metabolizzate dall’elettorato italiano, che non è neanche il prodotto delle televisioni di Berlusconi. No, era già cambiato qualche cosa: erano cambiati i genitori, era cambiata la scuola, con le sue riluttanze a confrontarsi con la storia italiana. Poi alla fine si è persa quella funzione pedagogica - che può piacere o no - che alcuni partiti o esponenti di partito avevano provato ad alimentare. Quindi lo spazio per Berlusconi era enorme nel 1994. Il terreno era allora già ampiamente dissodato e tale e rimasto, perché qui il problema non è solo Berlusconi ma anche del centro-sinistra o dei liberali. Sono reazioni deboli, che non intaccano la sostanza del blocco di potere berlusconiano. Pensiamo a come viene trattato il conflitto di interessi: la politica democratica si regge sulla separazione tra potere economico e potere politico, ma se il primo conquista il secondo, finisce il liberalismo e qualche volta anche la democrazia. Su questo l’elettorato italiano è molto tiepido, perché per conto suo ha una serie di piccoli conflitti di interessi. Come lo si sconfigge? Attraverso una operazione grandiosa di ricostruzione culturale. Anzi costruzione, perché questo Paese non è mai stato liberale, tranne all’inizio, con la Destra storica. Uscire da quello che Sartori chiama 'sultanato' richiede uno sforzo enorme. I liberali questo sforzo lo fanno, qualche volta - come vi rimprovero - anche con esagerazioni lessicali. Ma non possono essere soli. Il Partito democratico continua a parlare di questo grande incontro tra le culture del paese: alla fine si scopre che sono quella comunista, quella democristiana, quella ambientalista ma mai quella socialista o quella liberale. Marco Pannella: Credo che abbiamo un fondo, non solo un sottofondo, molto vicino nell’analisi che facciamo. Veniamo agli eccessi che ci vengono imputati. Come movimento radicale crediamo di aver contribuito a dare una risposta all’interrogativo: possiamo riflettere a come si sia arrivati ad un potere che non rispetta nemmeno la sua stessa legalità. Abbiamo una ‘società incivile’ che ritrova il suo dna, emerge e sommerge la rivoluzione liberale di Gobetti, Croce, Einaudi, ma anche la democrazia americana di Tocqueville. Secondo noi c’è una data. Il 1 gennaio 1948, con una Costituente presieduta dal comunista Umberto Terracini, inizia una distruzione che noi abbiamo chiamato ‘metamorfosi del male’. In nome dell’antifascismo si continua un cammino in realtà fascista e sfascista. La Costituente, istruita anche dai due decenni di dilagare populista in Europa, aveva previsto subito tre schede elettorali per il cittadino: quella elettorale nazionale, quella regionale e quella referendaria. Poi però per 22 anni ad una generazione anagrafica, una generazione politica, il formarsi dello stato non consente al cittadino italiano l’uso di due di queste schede su tre. Se si fosse votato alle elezioni regionali sin da subito, non avremmo oggi la Lega perché non avremmo avuto il confermarsi delle regioni come regimi di stampo prefettizio come è stato per decenni. In quel momento, analizzando i dati che avevamo, si nota come alla Camera il 70 per cento delle leggi erano votate in legislativa dalle Commissioni, quindi all’unanimità dal Movimento sociale alle frange estreme della sinistra. Questo dagli anni Cinquanta fino agli anni Settanta. I referendum e le riforme radicali, quelli riusciti e quelli mancati, anche per il ruolo giocato dalla Corte Costituzionale per svuotare di significato l’istituto referendario. La Corte costituzionale, per quel che riguarda i referendum, ha svolto una funzione attiva per riprenderli e ritoglierli al cittadino, come aveva fatto la partitocrazia, che lo aveva concesso solo alla Chiesa con l’idea di fare suoi interessi. Siamo arrivati a Berlusconi che di fronte a cotanti maestri, nel 1994 non scende con dolo ma scende per fare il liberale. Il percorso di scelta di Emma Bonino alla Commissione; il contrasto con Giuliano Ferrata che sosteneva Napolitano. Da allora Berlusconi ha trovato maestri nella Prima Repubblica nel non attuare le leggi, e allora noi dobbiamo andare a quella radice. La metamorfosi del male è questa. Il 23 agosto 1945, Bottai disse in modo profetico: ‘Oggi si parla di ‘più partiti’. È normale ed è giusto, ma la logica delle cose tenderà a riportarli ad unità. E questo si farà in nome dell’antifascismo’. Queste elezioni non sono democratiche: partecipiamo come si partecipa nelle dittature quando si vota, cercando di far diminuire dal 95 all’88 per cento i sostenitori del dittatore, facendo aumentare le schede bianche, facendo aumentare i voti per noi. Non è l’Europa che, nelle fasi attuali in cui si trova, che ci salverà
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  • Conclusioni

    Marco Pannella

    parlamentare europeo (ALDE)

    Gianfranco Pasquino

    docente di Scienza politica presso l'Università degli Studi di Bologna

    Le prossime iniziative a Bologna della campagna di Pasquino: Europa, laicità, libertà e legalità. Due i problemi fondamentali nella storia repubblicana. Nella Prima repubblica c’è stata intanto l'impossibilità dell'alternanza, che automaticamente era un vantaggio per la Dc e una spinta al Pci a cercare compromessi possibili, un po' per la sua sopravvivenza, un po’ anche per far funzionare il sistema politico. Inoltre gli uomini non sono soltanto dei malfattori; qualche volta sono degli incompetenti, qualche volta sono stupidi nel momento in cui compiono scelte; qualche altra volta non sono lungimiranti. L’Italia sarebbe stata molto diversa se avesse vinto l’opzione di Calamandrei. Era un’opzione minoritaria, quella favorevole ad una repubblica presidenziale con una forte dose di autonomie, non regionali ma comunali
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