E' quella a due sorelle yazide, ospiti di un campo nel nord dell'Iraq, che come tutte le migliaia di donne della stessa etnia rapite dai tagliagole dell'Isis avevano certamente subito stupri, violenze e umiliazioni di ogni tipo.
"Non volevo far loro domande sulle violenze subite - racconta l'autrice - lo trovavo inutile e non etico", visto che … avevano già dovuto raccontarle a chissà quanti altri giornalisti.
E così chiese loro altre cose: come era la loro vita in quello squallido campo e come vedevano il loro futuro.
"Cercai di proporre il pezzo a varie testate sia in Italia sia all'estero", scegliendo di evidenziare il vuoto legislativo nella comunità internazionale in merito ai crimini commessi contro la comunità yazida o la mancanza di prospettive per le vittime nei campi per rifugiati.
Ma "nessuna testata dimostrò interesse", tranne alla fine una in lingua inglese, il pezzo evidentemente non era abbastanza "voyeuristico".
Secondo Human Rights Watch, del resto, l'85% delle yazide sarebbero state intervistate senza rispetto di un'etica giornalistica.
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