Critica e militanti

Buongiorno da radio radicale qui a Matteo Marchesini per critica i militanti danni l'editore Adelphi ripubblica le opere e le traduzioni di Tommaso Landolfi nato nel mille novecentootto quindi della generazione di Pavese e Vittorini ma quanto lontano da loro
E morto quarant'anni fa nel mille novecentosettantanove Landolfi poteva essere molte forse troppe cose come dimostrano la sua prosa e anche la sua poesia
Scritture maneggiate virtuosistica mente fin dai racconti degli anni trenta ma ciò che è stato e soprattutto appunto una rappresentazione di quello che avrebbe potuto essere
Il talento novecentesco insomma che sta già per usare un'espressione cara lui giocatore d'azzardo che i giochi sono fatti che non resta che sardo riccamente rifare conciare umiliare la letteratura
A cui pure cicche votati non si sa bene se per caso per adatto per vocazione è un po'come a una miseria c'è una saltellando Chiana dopo i suoi cinquant'anni in cui anche la vicenda interna della sua opera sembra ripetere questa parabola generale della modernità come se le invenzioni giovanili non avessero più per lui sapore
Landolfi affoga in un provoca dirigistica febbrile oppure lei accenna appena e poi tira via subito come come disgustato e quello che succede nell'ultima parte della sua produzione con i racconti elzeviri che sono anche parodia di operette o dialoghi leopardiano
Oggi Adelphi ristampa all'ultima raccolta pubblicata in vita
Nel mille novecento settantotto intitolata del meno
Comporta di cinquanta pezzi risalenti a quasi un decennio prima e consegnati al Corriere della Sera chi conosce Landolfi ritrova qui moltissimi dei suoi motivi elenco solo alcuni
La vita famigliare insopportabile e inevitabile nata come da una puntata alla roulette o da un incauto errore
Il bisogno di quattrini e l'impossibilità di far progetti stabili per averne la dilapidazione compulsiva un agitarsi nelle sabbie mobili della quotidianità che finisce per afferrarne ancora di più la morta
Intorno intorno al protagonista dopo ogni tentativo un po'velleitario di fuga PUG spesso con il mito col vagheggiamento di una vita
In un'accordatura da Belle Époque l'incubo grottesco metafisico in cui Landolfi erede di un po'di Kafka di Gogol l'apologo crudele con gli animali
L'invenzione di una lingua o il commento comicamente pedanti Sco a una lingua esistente e poi soprannaturale beffardo che non si può rifiutare ma che appare nello stesso tempo insensato
La compresenza della futilità e della morte e anche un pensiero magico sempre deluso
Di non poter compensare una sconfitta subita sul tavolo su un altro tavolo completamente diverso l'atto gratuito che ne consegue magari un atto criminale
Il disgusto del misantropo o il gioco d'azzardo con la vita o con il caso sciagurato
E più il feriti esplorano la possibilità che un giocatore d'azzardo ad esempio in un ascensore che precipita si salvi dall'impatto saltellando sul posto e poi insieme a questi leit motiv c'è anche il ricordo di quella giovinezza artistica che nell'Europa minacciata dalla guerra appare ora all'autore come il momento migliore avuto dall'esistenza per usare una chiave un po'da educazione sentimentale di Flaubert
E tuttavia anche la letteratura passata diventa Quispe solleva di persecuzione errore che il presente poi chi rinfaccia
E so tutto trascorre lo scriveranno il piano stile col gusto dell'antica Toma un anticato una pur Bitetto un po'tre C pittori stenografici un inseguirsi amaro di perifrasi che vengono poi disparte il gomito lato era la fase successiva con cui l'autore ci arriva di voler dire le cose in mente in modo meno tortuoso
E anche con la corrispondente liquidazione di trame promettenti in una Brusca parente di finale è un curioso sapore quello che si avverte leggendo Landolfi
C'è ad esempio raccontino che ha molto delle Memorie dal sottosuolo di Dostoevskij narratore stesse infatti se ne ricorda
Narratore che arrovella sul modo di affrontare un tizio che ogni mattina incrocia la sua strada che lo guarda con occhio ironico l'occhio dell'uomo comune sicuro disse
Pronto ad ossequiare apparentemente l'intellettuale ma in realtà indisposto a cedere il passo eppure il narratore Heskey un uomo del sottosuolo ma non sotto sono che scrive invece con la disinvoltura la sprezzatura di un aristocratico e questa credo uno dei paradossi Landolfi e mi viene in mente un bel romanzo di Giovanni Maccari direttore del centro Landolfi e curatore presso Adelphi di parte delle sue opere
Domando intitolato vita di Libia di Lidia su banchieri e cioè che tratteggia perché tratteggiava in rapporto di uno scrittore russo dell'emigrazione con la figlia
Rapporto dietro cui si intravedeva in rapporto di Tommaso Di Tommaso con la figlia i dolina
Mi viene in mente perché quello scrittore aveva anche qualcosa di Nabokov proprio l'avversario di Dostoevskij Landolfi appunto i due stranamente convivono sono che Landolfi è più umanamente piagato di Nabokov e anche dei nichilisti come dire ore Rotundo delle generazioni successive che gli vengono spesso associati e che vorrebbero abitare il negativo
Come chi abita un lussuoso lotta cioè invece fatta che non esiste risarcimento su nessuno dei tavoli è significativa in questo senso è la ripresa in del meno
Di un altro vecchio tema dei suoi racconti e penso in particolare a quello che si intitola i due figli di Stefano nella raccolta in società
Io non dialoga etto sbrigativo un uomo vorrebbe essere assolto dall'amico per un supremo vergognoso in qualche modo sacrilego a tocco Incantesimo del gollismo
Cos'è successo è successo che davanti al figlioletto che stava morendo quest'uomo fatto voto di offrire la sua vita
Poi però pensato all'opera che deve realizzare che gli sembrava di dover compiere tutti i conti e per così dire ha lasciato andare il bambino ma scrive Landolfi l'opera nello stesso punto e a sua volta miseramente perito doppio totale fallimento il consiglio di oggi è del meno Tommaso Landolfi Adelphi a risentirci venerdì prossimo