Le contraddizioni dell’associazionismo tra romanzo e realtà quanto mai attuale. I BUONI lottano per salvare il mondo.
Le loro crociate si chiamano «progetti», il loro dio è la legalità.
A guidarli c’è don Silvano.
Lui è l’uomo santo con il maglione consumato e lo sguardo sofferente che predica sulla strada e nel palazzo, vicino agli … ultimi e ai politici, alle rockstar, ai galeotti e ai magistrati.
È nel suo tempio che approda Aza, ragazzina dei cunicoli, esile e fortissima, scampata a un passato di fogna e violenza con la forza dell’ambizione: a lei Silvano onnipotente ha concesso una lingua nuova, una casa, una carriera, persino un amore.
Le ha dato la vita.
Pazienza allora se il tempio è cartongesso, se la lotta è solo nei toni con cui si pronunciano parole di conciliazione: Aza dovrà tenere stretta la corda che la lega a don Silvano fino a scorticarsi le mani.
Anche quando, attorno, ogni cosa comincia a precipitare.
Luca Rastello ha scritto un romanzo lucidissimo e feroce, capace di mettere a fuoco ciò che è sotto i nostri occhi e che pure - per negligenza o istinto di conservazione - non vogliamo vedere.
Ma non c'è retorica che possa reggere alla verità della letteratura.
E a sentirci scoperti, alla fine, siamo noi: il nostro bisogno di convivere con il male fingendo di combatterlo, la necessità di accettare un mondo che ci stritola, abitandolo sotto anestesia.
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