02 MAR 2025
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La nuda verità. I 15 anni della legge sulle cure palliative e la terapia del dolore. Come la sofferenza viene trattata all'interno delle carceri. La legge non applicata

RUBRICA | di Maria Antonietta Farina Coscioni - ROMA - 19:45 Durata: 28 min 35 sec
A cura di Stefano Chiarelli e Delfina Steri
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Si parla poco di dolore in senso patologico all’interno degli istituti penitenziari e si ignora che la legge 38 del 2010 avendo competenze applicative a livello di sanità regionale, riguarda anche le carceri, riguarda il diritto alle cure e accesso alla terapia del dolore anche nei penitenziari italiani.

Fra i principi fondamentali che la legge prevede ci sono la tutela della dignità e dell'autonomia del malato, la tutela e promozione della qualità di vita fino al suo termine, la necessità di fornire un adeguato sostegno alla persona malata.

I detenuti presentano con estrema frequenza
alti livelli di sofferenza psicologica patologica e non solo perché la detenzione è di per sé afflittiva.

In particolare, l'articolo 7 della legge 38 del 2010 prevede l'obbligo di riportare la rilevazione del dolore all'interno della cartella clinica.

All'interno della cartella clinica, nelle sezioni medica e infermieristica, in uso presso tutte le strutture sanitarie, devono essere riportati le caratteristiche del dolore rilevato e della sua evoluzione nel corso del ricovero, nonché la tecnica antalgica e i farmaci utilizzati, i relativi dosaggi e il risultato antalgico conseguito.

La soglia della rilevazione del dolore è quindi un obbligo dello Stato che detiene il cittadino.

Il detenuto ha diritto alla conservazione del suo stato di salute, al monitoraggio sulla compatibilità dello stato di detenzione con il suo stato di salute e alla prevenzione di possibili patologie, se contratte durante la detenzione stessa.

È onere dello Stato restituire alla società, una persona alla libertà sana e non malata, quindi è obbligo la rilevazione della soglia del dolore per ogni persona detenuta.

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