Un piano predisposto per rispondere alla minaccia di aggressione costituita dalla Russia, un primo passo verso l'integrazione della difesa europea.
Sono al momento 16 i Paesi che hanno deciso di attivare la clausola: da quelli che affacciano sul Baltico e percepisono da vicino il pericolo russo … (come Polonia, Lettonia, Lituania, Estonia, Finlandia) a Paesi dell'Europa centrale come Germania e Belgio, passando per l'Est (Repubblica ceca, Slovacchia, Bulgaria, Croazia) e per il Sud come Portogallo e Grecia.
La scadenza fissata dalla Commissione era il 30 aprile, ma non è perentoria.
Cosa intende fare l'Italia? Il governo Meloni è orientato ad attendere gli esiti del vertice Nato del prossimo giugno.
Anche perché ci sono dissidi nella maggioranza su questo tema.
Fin dal 2014 l'Italia ha assunto l'impegno di raggiungere il 2 per cento della spesa militare: nel 2025 è previsto un aumento che potrebbe sfiorare l'1,6 per cento.
Come si raggiungerà questa cifra? Si ipotizza di contabilizzare anche le pensioni dei militari o il finanziamento della Guardia costiera.
Ma è probabile che l'atteggiamento del Governo Meloni sia condizionato dall'intenzione di aver buoni rapporti con l'amministrazione Trump: il presidente Usa ha chiesto un innalzamento della spesa militare fino al 5 per cento.
Significherebbe innanzitutto rendersi disponibili ad acquistare più armi americane.
Di certo a questa amministrazione non sta a cuore il rafforzamento dell'autonomia strategica che l'Unione europea potrebbe acquisire attraverso una maggiore integrazione nel settore difesa.
L'Italia rischia di restare esclusa da un percorso di integrazione che permetterebbe coordinamento e sviluppo sul piano tecnologico e industriale e in prospettiva acquisti su piattaforme comuni.
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