Corrispondenza di Augusto Sainati dal 78º Festival del Cinema di Cannes

Un semplice incidente undicesimo film di Jafar Panahi presentato al concorso di Cannes racconta una storia lineare labirintica al tempo stesso un piccolo incidente notturno che coinvolge la famiglia in auto e un cane che ha la peggio obbliga a ricorrere a un soccorso
Il caso vuole che tra chi si occupa dell'auto ci sia un operaio già imprigionato dal regime soltanto per aver reclamato il suo salario
Valido questo il nome del Duomo crede di riconoscere il proprietario dell'auto chi un tempo l'aveva torturato in carcere
Lo riconosce dal rumore della protesi che l'uomo porta tant'è vero che in carcere era soprannominato la gamba
Lo sequestra dunque rinchiudendolo nel bauletto di un furgoncino e vorrebbe seppellirlo vivo per vendetta ma un dubbio assale all'ultimo minuto proprio prima delle palate di terra decisive nel deserto
Dopo rinchiuso nel balletto è davvero Iqbal sua ex persecutore o c'è un errore di persona
Va chiede comincia una sua odissea tra testimoni conoscenti personaggi incontrati per caso per capire l'identità del prigioniero anche altri sono stati vittime delle torture ma l'identità resta dubbia
Il film di Panahi prende a questo punto una piega grottesca contorni in qualche momento buio degli anni che rendono il furgoncino il luogo di un teatro kafkiano in cui ognuno ha una sua posizione sul da farsi
Perfino la moglie incinta del prigioniero sarà trasportata dal Rashid all'ospedale per il parto baciata proprio sopra al bauletto dove giace il marito ignaro
Gli equivoci alla fine sembrano sciogliersi non potrebbe salvarsi dopo un drammatico confronto con chi ne era stato vittima ma la realtà non sempre a una sola faccia e un suono sinistro lascia aperto il finale
Girato con lo stile essenziale al cui Panaiia e fedele un semplice incidente che già molta letteratura è molto cinema
Da lì Eliot di aspettando Godot a buon livello dal thriller alla commedia eppure ci troviamo nell'Iran di oggi dove pure la realtà non è immobile come regime vorrebbe
Pareti gira tra le vie di Teheran molte ragazze non portano il velo la vita procede malgrado contro le censure
Il regista è stato perseguitato più volte dal regime iraniano nel due mila ventidue passato parecchi mesi in carcere
Da quell'esperienza è nata l'idea del film apologo politico contro chi detiene il potere in Iran perché il tema che impone potrebbe riguardare lo stesso Panahi
Uscito finalmente da una segregazione in patria che dura da anni e presente ieri a canna
Testimonianza dura limpida di una condizione esistenziale prima ancora che il personale e politica un semplice incidente potrebbe aspirare ha un bel premio nel palmarès finale
Da Cannes per radio radicale Augusto Sainati