Napoli, 29 giugno 2001h11.30 - Il ministro per le Attività Produttive, Antonio Marzano e il presidente di Confindustria, Antonio D'Amato, sono intervenuti all'assemblea dell'Unione degli Industriali della Provincia di Napoli dopo la presentazione del "pacchetto dei 100 giorni".
Le principali missioni dei governi nazionali nella globalizzazione, secondo il ministro per le Attività Produttive, sono "la competitività" e "il Welfare State".
"La difficoltà - ha proseguito Marzano - è nel conciliare" queste due missioni ma "bisogna trovare l'equilibrio giusto" all'interno delle "condizioni di … contesto", il "rischio di un circolo vizioso, dovuto a ragioni congiunturali, l'esigenza di puntare sulla competitività e su un serio, ragionevole stato sociale, che abbia cioè il senso delle priorità delle vere povertà".
Le modalità per lavorare in questa situazione di contesto non sono definite ma "stiamo cercando di operare - ha affermato il ministro - per spezzare il circolo vizioso e stare dentro la globalizzazione con una forte politica di sostegno, di tonificazione della nostra economia", sostegno "non assistenzialistico", per questo "ieri abbiamo varato in Consiglio dei ministri un assieme di provvedimenti che non vanno considerati uno alla volta ma come assieme".
Per quanto riguarda le dichiarazioni di Sergio Cofferati, ha affermato: "Noi vogliamo che in Italia ci sia il contratto di lavoro europeo, su questo ci sono punti di vista diversi ma già al tavolo della concertazione abbiamo constatato che la gran parte dei convenuti chiedeva questo, c'è stata una posizione sindacale" che ha sostenuto che non sarebbe necessario trovare una soluzione immediata ma "la nostra tecnica è che l'economia non aspetta e che bisogna farlo subito, quindi noi abbiamo introdotto il contratto di lavoro europeo".
La flessibilità, infatti, "può diventare precarietà ma questo avviene se non c'è sviluppo, se cioè l'economia è statica", secondo "noi - ha proseguito Antonio Marzano - la vera precarietà è la disoccupazione" "Questi - ha spiegato il ministro per le Attività Produttive - sono degli interventi orizzontali, che interessano tutti, poi ci sono gli interventi di mercato settoriale che troveranno applicazione in tante illustrazioni del Dpef che contiamo di presentare entro la prima decade di luglio".
Infine Marzano ha fatto riferimento alle politiche alle politiche economiche in campo europeo: "È stato merito del governo precedente portare l'Italia nell'euro ma in Europa bisogna starci consapevoli degli interessi nazionali e delle peculiarità del nostro sistema produttivo".
Antonio D'Amato ha proposto un'analisi del quadro congiunturale italiano e internazionale : "Ci troviamo oggi - ha affermato il presidente di Confindustria - con un quadro di congiuntura internazionale nettamente peggiore di quello che non fosse stato diffusamente divulgato nei mesi precedenti e che ha costituito il quadro portante del Dpef e della finanziaria del precedente governo e ci troviamo di fronte ad una situazione di finanza pubblica ben peggiore di quella che fino a qualche mese fa non fosse dato pensare con un buco le cui dimensioni non sono ancora note, ma secondo le stime di Confindustria piuttosto considerevoli" visto che è "nell'ordine dei 25-30 mila mld" ma "lo sapremo solo quando il nuovo governo avrà fatto i conti in ragione dei quali dovrà disegnare il Dpef".
La Confindustria ha manifestato forti dubbi sulla portata della legge finanziaria varata dal precedente governo, sin dall'inizio, "ci troviamo oggi - ha constatato D'Amato - in una situazione ben diversa dal boom che si presentava nei mesi scorsi e questo richiede ancora più rigore e determinazione in un percorso di riforme che ridiano veramente competitività al nostro Paese e ci rimetta in condizione di poter positivamente affrontare una fase di più investimenti e più sviluppo", una "strada obbligata se vogliamo creare quel benessere economico necessario perché nel nostro Paese ci possa essere anche più benessere sociale e più equità" e per effettuare quel "salto di qualità" di cui "il Paese ha veramente bisogno".
Secondo quanto sostenuto dal presidente di Confindustria ci sono comunque tutte le premesse per attuare dei sostanziali cambiamenti: "Abbiamo un programma di governo, di riforme che Confindustria giudica molto condivisibile perché rimette al centro delle azioni dell'esecutivo i temi della competitività e del rilancio della capacità di crescita di economia e di investimenti e una squadra di governo di buona qualità".
"Nell'agenda dei primi cento giorni - ha spiegato - ci sono delle cose che vanno veramente nella direzione necessaria, interventi per il superamento dell'economia sommersa, per il rilancio delle infrastrutture, un primo congiunturale ma significativo intervento sulla riduzione della pressione fiscale e soprattutto il recepimento dei contratti a termine, così come l'avviso comune realizzato nel corso dei mesi precedenti tra imprese e sindacati" D'Amato ha infatti sostenuto che la concertazione ha avuto esiti positivi ma il governo non può essere vincolato dal mancato raggiungimento di un accordo che possa agire da "divieto" sull'attività di governo e Parlamento che "in una democrazia sono sovrani e hanno la responsabilità di governare e di prendere decisioni nelle sedi istituzionalmente competenti": "Sulla normativa dei contratti a termine, e sulla direttiva UE recepita dal governo è giusto riconoscere che oltre 4/5 delle forze datoriali e oltre 2/3 delle forze sindacali hanno lavorato sempre lasciando la porta aperta.
e questo è ben più di lasciare una sedia al tavolo.
Era uno stimolo perché chi si fosse tirato fuori da quella trattativa potesse rientrare''.
D'Amato ha poi auspicato che ''ancora oggi la Cgil possa avere un atteggiamento più responsabile.
Insomma - ha risposto a Cofferati - non e' una mela avvelenata quella del governo, non immagino Berlusconi come Biancaneve: dal canto mio preferisco i gelati alle mele, a mio giudizio è necessario un atteggiamento responsabile da parte della Cgil'', in quanto "a fine gennaio il sindacato di Cofferati, alla vigilia della chiusura della trattativa su questa materia, aveva elogiato lo sforzo delle imprese e del sindacato stesso.
ma il giorno dopo, e abbiamo capito tutti perché, ma abbiamo la cortesia di non dirlo, si sono tirati fuori da quel tavolo''.
Secondo il leader della ''la Cgil è e resta un protagonista importante" e le "rivolgiamo un augurio di vera responsabilità, contenti però di avere alcune forze sindacali al nostro fianco con le quali, tuttavia, non c'è mai stato consociativismo o scambio di favori, ma solo una condivisione di un'importante strumento di dialogo''.
Il presidente di Confindustria ha replicato anche alle accuse secondo le quali i provvedimenti varati ieri dal governo sono stati un favore fatto alle imprese.
''Le iniziative assunte ieri dal governo - ha sostenuto - non vanno negli interessi aziendali e delle imprese''.
In conclusione D'Amato ha toccato la questione meridionale.
"Il Paese non cresce se il Sud non cresce - ha osservato - soltanto l'ingresso del Sud all'interno di un percorso di sviluppo vero può dare una spinta al Pil e per questo dobbiamo aumentare la capacità di attrarre capitali e capacità di investimento nel Sud".
In questo quadro, ha affermato "abbiamo bisogno di più flessibilità, più infrastrutture e meno pressione fiscale e gli interventi fatti dal governo in questo senso sono segnali importanti''.
Le principali missioni dei governi nazionali nella globalizzazione, secondo il ministro per le Attività Produttive, sono "la competitività" e "il Welfare State".
"La difficoltà - ha proseguito Marzano - è nel conciliare" queste due missioni ma "bisogna trovare l'equilibrio giusto" all'interno delle "condizioni di … contesto", il "rischio di un circolo vizioso, dovuto a ragioni congiunturali, l'esigenza di puntare sulla competitività e su un serio, ragionevole stato sociale, che abbia cioè il senso delle priorità delle vere povertà".
Le modalità per lavorare in questa situazione di contesto non sono definite ma "stiamo cercando di operare - ha affermato il ministro - per spezzare il circolo vizioso e stare dentro la globalizzazione con una forte politica di sostegno, di tonificazione della nostra economia", sostegno "non assistenzialistico", per questo "ieri abbiamo varato in Consiglio dei ministri un assieme di provvedimenti che non vanno considerati uno alla volta ma come assieme".
Per quanto riguarda le dichiarazioni di Sergio Cofferati, ha affermato: "Noi vogliamo che in Italia ci sia il contratto di lavoro europeo, su questo ci sono punti di vista diversi ma già al tavolo della concertazione abbiamo constatato che la gran parte dei convenuti chiedeva questo, c'è stata una posizione sindacale" che ha sostenuto che non sarebbe necessario trovare una soluzione immediata ma "la nostra tecnica è che l'economia non aspetta e che bisogna farlo subito, quindi noi abbiamo introdotto il contratto di lavoro europeo".
La flessibilità, infatti, "può diventare precarietà ma questo avviene se non c'è sviluppo, se cioè l'economia è statica", secondo "noi - ha proseguito Antonio Marzano - la vera precarietà è la disoccupazione" "Questi - ha spiegato il ministro per le Attività Produttive - sono degli interventi orizzontali, che interessano tutti, poi ci sono gli interventi di mercato settoriale che troveranno applicazione in tante illustrazioni del Dpef che contiamo di presentare entro la prima decade di luglio".
Infine Marzano ha fatto riferimento alle politiche alle politiche economiche in campo europeo: "È stato merito del governo precedente portare l'Italia nell'euro ma in Europa bisogna starci consapevoli degli interessi nazionali e delle peculiarità del nostro sistema produttivo".
Antonio D'Amato ha proposto un'analisi del quadro congiunturale italiano e internazionale : "Ci troviamo oggi - ha affermato il presidente di Confindustria - con un quadro di congiuntura internazionale nettamente peggiore di quello che non fosse stato diffusamente divulgato nei mesi precedenti e che ha costituito il quadro portante del Dpef e della finanziaria del precedente governo e ci troviamo di fronte ad una situazione di finanza pubblica ben peggiore di quella che fino a qualche mese fa non fosse dato pensare con un buco le cui dimensioni non sono ancora note, ma secondo le stime di Confindustria piuttosto considerevoli" visto che è "nell'ordine dei 25-30 mila mld" ma "lo sapremo solo quando il nuovo governo avrà fatto i conti in ragione dei quali dovrà disegnare il Dpef".
La Confindustria ha manifestato forti dubbi sulla portata della legge finanziaria varata dal precedente governo, sin dall'inizio, "ci troviamo oggi - ha constatato D'Amato - in una situazione ben diversa dal boom che si presentava nei mesi scorsi e questo richiede ancora più rigore e determinazione in un percorso di riforme che ridiano veramente competitività al nostro Paese e ci rimetta in condizione di poter positivamente affrontare una fase di più investimenti e più sviluppo", una "strada obbligata se vogliamo creare quel benessere economico necessario perché nel nostro Paese ci possa essere anche più benessere sociale e più equità" e per effettuare quel "salto di qualità" di cui "il Paese ha veramente bisogno".
Secondo quanto sostenuto dal presidente di Confindustria ci sono comunque tutte le premesse per attuare dei sostanziali cambiamenti: "Abbiamo un programma di governo, di riforme che Confindustria giudica molto condivisibile perché rimette al centro delle azioni dell'esecutivo i temi della competitività e del rilancio della capacità di crescita di economia e di investimenti e una squadra di governo di buona qualità".
"Nell'agenda dei primi cento giorni - ha spiegato - ci sono delle cose che vanno veramente nella direzione necessaria, interventi per il superamento dell'economia sommersa, per il rilancio delle infrastrutture, un primo congiunturale ma significativo intervento sulla riduzione della pressione fiscale e soprattutto il recepimento dei contratti a termine, così come l'avviso comune realizzato nel corso dei mesi precedenti tra imprese e sindacati" D'Amato ha infatti sostenuto che la concertazione ha avuto esiti positivi ma il governo non può essere vincolato dal mancato raggiungimento di un accordo che possa agire da "divieto" sull'attività di governo e Parlamento che "in una democrazia sono sovrani e hanno la responsabilità di governare e di prendere decisioni nelle sedi istituzionalmente competenti": "Sulla normativa dei contratti a termine, e sulla direttiva UE recepita dal governo è giusto riconoscere che oltre 4/5 delle forze datoriali e oltre 2/3 delle forze sindacali hanno lavorato sempre lasciando la porta aperta.
e questo è ben più di lasciare una sedia al tavolo.
Era uno stimolo perché chi si fosse tirato fuori da quella trattativa potesse rientrare''.
D'Amato ha poi auspicato che ''ancora oggi la Cgil possa avere un atteggiamento più responsabile.
Insomma - ha risposto a Cofferati - non e' una mela avvelenata quella del governo, non immagino Berlusconi come Biancaneve: dal canto mio preferisco i gelati alle mele, a mio giudizio è necessario un atteggiamento responsabile da parte della Cgil'', in quanto "a fine gennaio il sindacato di Cofferati, alla vigilia della chiusura della trattativa su questa materia, aveva elogiato lo sforzo delle imprese e del sindacato stesso.
ma il giorno dopo, e abbiamo capito tutti perché, ma abbiamo la cortesia di non dirlo, si sono tirati fuori da quel tavolo''.
Secondo il leader della ''la Cgil è e resta un protagonista importante" e le "rivolgiamo un augurio di vera responsabilità, contenti però di avere alcune forze sindacali al nostro fianco con le quali, tuttavia, non c'è mai stato consociativismo o scambio di favori, ma solo una condivisione di un'importante strumento di dialogo''.
Il presidente di Confindustria ha replicato anche alle accuse secondo le quali i provvedimenti varati ieri dal governo sono stati un favore fatto alle imprese.
''Le iniziative assunte ieri dal governo - ha sostenuto - non vanno negli interessi aziendali e delle imprese''.
In conclusione D'Amato ha toccato la questione meridionale.
"Il Paese non cresce se il Sud non cresce - ha osservato - soltanto l'ingresso del Sud all'interno di un percorso di sviluppo vero può dare una spinta al Pil e per questo dobbiamo aumentare la capacità di attrarre capitali e capacità di investimento nel Sud".
In questo quadro, ha affermato "abbiamo bisogno di più flessibilità, più infrastrutture e meno pressione fiscale e gli interventi fatti dal governo in questo senso sono segnali importanti''.
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