Ginevra Commissione ONU Diritti Umani - 58^ Sessione - 19 marzo 2002 : Interviste ai Protagonisti
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Ginevra interviste a: Mme Claude B. Levenson ecrivain, journaliste; Krzysztof Jakubowski Ambasador Poland; Ivan Sosi Pon Prison Fellowship Internat.Suisse
In breve, i diritti umani nel Tibet
- Situato nel cuore dell’Asia, il Tibet ha una superficie di 2,5 milioni di chilometri. Le più alte montagne del mondo, una vasta pianura arida, di grandi valli fluviali che plasmano l’ambiente fisico di 60 milioni di tibetani . Lì l’altitudine media e’ di 4.000 metri sopra il livello del mare. Il Tibet comprende tre province, l’Amdo (incorporato dalla repubblica popolare cinese nelle province del Qinghai, del Gansu e del Sechouan), il Kham (in grande parte integrato nelle province cinesi del Sechouan, Yunnan e del Qinghai) e l’U-Tsang che costituisce( con una grande parte del Kham occidentale)la cosidetta “Regione autonoma del Tibet” denominata così dalla Cina .
La Regione autonoma del Tibet (RAT)comprende meno della meta’ del Tibet ed e’ stata creata nel 1965 dalla Cina: importa notare che quando le pubblicazioni e gli ufficiali cinesi utilizzano i termini “Tibet”, quello significa unicamente la RAT. Per i tibetani, il termine “Tibet” ricopre le tre province menzionate qui sopra, il territorio conosciuto come Tibet prima dell’invasione cinese del 1949. Oggi, 52 anni più tardi, il Tibet dimora di “facto”, una colonia della Repubblica Popolare Cinese.
La situazione dei diritti umani in Tibet, tragica e’ tutt’oggi grave, persiste da più di quattro decenni. E’ il sintomo di un problema più profondo che esige un intervento internazionale urgente. La causa fondamentale delle gravi violazioni di diritti dell’uomo e della tensione della situazione in Tibet e’ politico. Ella risulta dall’invasione comunista cinese e dell’occupazione del Tibet dal 1949. E’ chiaro che il problema tibetano non sarà risolto finche’ delle negoziazioni sostanziali urgenti e sincere non vengano svolte tra i dirigenti del governo della Repubblica popolare cinese e dal governo tibetano in esilio. Sua Santità il Dalai-Lama ne ha fatto appello più volte a tali “pourparlers” e ha sottolineato che devono aver luogo senza condizioni prelimilari. Egli ha espresso la sua volontà di incontrare lui stesso i responsabili cinesi ed ha designato dei rappresentanti in vista di “attivare” un dialogo con la Cina. Tuttavia , a dispetto di una retorica che pretende il contrario, il governo della Repubblica Popolare Cinese rifiuta di incontrare Sua Santità o i suoi emissari.
Oggi, quanto l’opposizione politica all’occupazione cinese del Tibet che la detenzione dei tibetani arrestati per questa ragione si estendono in tutto il Tibet. Contenuto della modestia della popolazione tibetana-sei milioni, il numero di prigionieri politici tibetani e’ sproporzionato in relazione alla Repubblica popolare Cinese. Secondo il Centro tibetano dei diritti dell’uomo e per la democrazia basata a Dhramsala, in India, nel 2001, c’erano 254 detenuti politici conosciuti in Tibet. Due di loro tra i più conosciuti, Tanak Jigme’ Sangpo e Ngawang Sangdrol, scontano delle pene ininterrotte rispettivamente di 41 e 22 anni. Secondo il Centro, 37 arresti sono stati registrati nel 2001, in quanto 10 tibetani sono morti nel corso dello stesso anno a seguito di torture e di cattivi trattamenti. Dal 1987, il tasso di mortalità tra i prigionieri politici in Tibet e’ di uno su ventidue. Questi decessi sono dovuti alle torture, a percosse ed altri cattivi trattamenti subiti in prigione.
Dalla ratifica del 1998 per la Cina della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, più di 70 tibetani sono morti a seguito a torture subite nelle “geoles” galere cinesi in Tibet. Almeno 70 scampati di torture sono curati nel quadro del Programma Speciale stabilito a questo riguardo dal governo tibetano in esilio a Dhramsala. Nel maggio 2000, il Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura ha espresso la sua preoccupazione al soggetto “delle allegazioni ripetute di seri incidenti di tortura, concernenti in particolare ai tibetani e di altre minoranze nazionali in Cina”.
Nel 2001, il Comitato delle Nazioni Unite per l’eliminazione della discriminazione razziale ha espresso la sua preoccupazione concernente “la libertà religiosa delle popolazioni appartenenti a delle minoranze nazionali, come a Sinjiang e nel Tibet”. Il Comitato ha spinto la Repubblica popolare Cinese ad assumere la promozione delle culture e tradizioni locali e regionali, in quanto il rispetto dei diritti di quelle popolazioni.
Nel 2001, l’ XI° Pachen-Lama ha intrapreso il suo sesto anno di detenzione dal governo cinese. La Repubblica popolare Cinese continua a rifiutare agli osservatori internazionali un diritto di accesso affinché possano assicurarsi della sua condizione fisica. La Cina rifiuta altrettanto di rispondere in maniera adeguata alle domande concernenti il luogo dove si trova il bambino, presentate da diversi organismi specializzati della Commissione dei diritti dell’uomo, l’Alto Commissariato per i diritti dell’uomo e il Comitato dei diritti dell’ infanzia. Il Panchen-Lama ha 12 anni, e ne ha compiuti 13 il 25 aprile 2002.
Più di 12.000 monaci e “nonnes” suore sono stati espulsi dai loro monasteri e conventi dal 1996 per l’ opposizione alle sessioni di “rieducazione patriottica” svolte nei monasteri nei conventi nel quadro della campagna “frapper fort” “Menare forte” al Tibet”. Quella campagna e’ stata ripresa nel 2001. La Repubblica Popolare Cinese conduce attualmente una campagna ufficiale che mira ad trasformare il Tibet in una “regione atea” ed ha propagato una così - detta “civilizzazione spirituale comunista”. Il 4 luglio 2000, un editoriale dell’ufficiale “Tibet Daily suggeriva di educare i bambini all’ateismo” affinché li aiutiamo a sbarazzarsi della cattiva influenza della religione”.
Mme Claude B. Levenson Ecrivain Journaliste - President d’ honneur du Comitè de Soutien au Peuple Tibetain - Siusse Candidate aux Elections Presidentielles (2002) en France
“Solidarite’ SUISSE-TIBET”, Collectif d’Associations et Groupements Pro-Tibetains, che opera in Svizzera Ha presentato alla stampa, dopo un “Briefing”, tenutasi il mercoledi 21 novembre 1999, al “Club Suisse de la Presse”, una copia della lettera inviata a Kofi Annan, Segretario Generale delle Nazioni-Unite. Fra i partecipanti, Mme Claude B. Levenson, scrittrice, giornalista e Presidente d’onore del Comitato di sostegno al popolo tibetano; figura nota in Francia per la sua candidatura alle ultime elezioni presidenziali. E’ stato dichiarato in quella occasione dal comitato: “Secondo la risposta che ci giungera’, un seguito sara’ dato a quella interpellazione.” Hanno poi ricordato alcuni termini utilizzati nel 1999 da M.W. Gyger, rappresentante della Svizzera presso le Nazioni-Unite, in una lettera sempre di attualita’ “la Svizzera si e’ ingaggiata ad aiutare il popolo tibetano nella salvaguardia della sua identita’…”. E’ ormai tempo di sbrigarsi prima che non resti niente da salvaguardare”!
Inoltre, Ginevra, che festeggia il 100° anniversario del premio nobel della pace a Henri Durant e che si vuole “un luogo per la pace”, possa accogliere una volta ancora, e visto che l’accesso del “Palais des Nations” gli e’ stato negato-il Dalai-Lama, e di organizzare un’incontro con Kofi Annan. Tra “Laureats du prix nobel della paix”, dovrebbe esserci la possibilita’ di rivedere il caso del Tibet, piu’ urgente che mai, e chiedersi quando le risoluzioni votate a suo proposito dalle Nazioni-Unite saranno messe in applicazione. “Almeno che, dopo l’Afghanistan non sovvenga ancora un’ altro ordine del giorno….” dichiarazione di Thierry Kallfass Membro del collettivo “Solidaritè Swisse - Tibet” , President de “Tibet - Democratie” M.Joseph Deiss, Consigliere federale, capo del Dipartimento Federale degli Affari Esteri Svizzero, ha formulato nel corso del suo intervento un appello a tutti gli stati europei e non di abolire la pena di morte e di prevedere la tortura ha dichiarato: ” la Svizzera e’ convinta che una prossima conquista dei diritti dell’uomo sarà’ l’abolizione universale della pena di morte”. Che gli stati devono esercitare la loro responsabilità ristringendo ed infine sopprimendo il ricorso alla pena capitale. Bisogna proteggere la giustizia umana, inevitabilmente “fallibile” contro il rischio di uccidere degli innocenti e il pericolo di relativizzare il valore della vita umana-senza dimenticare del resto che la pena di morte non contribuisce a fare diminuire la criminalità. Conclude dicendo “Faccio appello a tutti gli stati affinché aboliscano questo “castigo” di un altra epoca”.
“All’alba del terzo millennio, e’ ora di disporre di uno strumento universale di prevenzione contro la tortura.” Riferendosi ai diritti umani mette l’accento sul Tibet sottolineando: “Riguardo i diritti, per esempio nella Regione del Tibet, occorre trovare, nel dialogo, una forma adeguata di autodeterminazione. In Cina come altrove, si può’ rivelare che certe velleità indipendentiste saranno di meno se i diritti dell’uomo fossero rispettati, “per esempio in materia religiosa e culturale e anche tramite un mezzo giudiziario che garantisce dei processi equi”.
Svizzera: Storica adesione all’Onu
Il mercoledì 10 settembre, marca infine la data storica dell’ingresso della Confederazione Elvetica al concerto delle Nazioni, ed e’ diventata il 190° membro dell’Onu e successivamente il Timor-Est che si assegna il 191° posto. Resta da sapere quando la Svizzera fara’ parte dell’Unione Europea. Comunque sia, gli svizzeri non si danno per vinti, pur di voler salvaguardare la loro identità.
Il tre marzo scorso durante il referendum, il 54,6 per cento aveva dato via libera all’ingresso nel palazzo delle Nazioni. Ricordando che in 13 cantoni su 26 l’adesione alle Nazioni Unite era stata bocciata.La loro adesione sana un paradosso storico e politico. Nel 1920, la Svizzera aveva aderito alla societa’ delle Nazioni, antenata dell’Onu, e ne aveva ospitato i funzionari a Ginevra, a palazzo Wilson. Poi’ pero’ nel 1945, dopo lo sconvolgimento della seconda guerra mondiale, il paese, preoccupato di mantenere una stretta neutralità, non aveva voluto firmare la carta costitutiva della nuova organizzazione. Ginevra ha pero’ continuato a essere la sede europea delle Nazioni Unite: diversi alti commissariati vi hanno sede, come l’alto Commissariato per i Diritti Umani a quello per i rifugiati, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro e l’Organizzazione Mondiale della Sanità(OMS).
Krzysztof Jakubowski Ambassador Poland President 58^ Session of the Commission on Human Rights (2002)
Ivan Sosi Pon Director Prison Fellowship International (Geneva)
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