Che cosa è la Negritudine

Pubblicato il 20 Agosto 2006 da mb
Aimé CésaireAimé Césaire

L'affermazione dell'identità culturale fu immediatamente risentita dai " leaders " della rinascenza negra come la condizione prima di ogni impresa di liberazione. Non bisognava in effetti convincere prima di tutto il mondo che questi " negri " pretenziosi, senza passato avevano elaborato dalla più alta antichità delle autentiche culture, suscettibili di rivaleggiare con quelle delle più vecchie civiltà dell'Europa e dell'Asia ?

E' questa originalità culturale che, secondo Senghor, costituisce la Negritudine.

Video "La Negritudine"

Iniziamo a rendere a Cesare quello che è di Cesare. Poiché è il poeta e drammaturgo Martinicano (della Martinica) che ha forgiato la parola negli anni 1932-1934. Ma la realtà ricoperta dalla parola esisteva già molto prima, fin da 40 000 anni, fin dalle statuette " steatopigici " dei negroidi di Grimaldi. D'altronde come poteva essere altrimenti ?

Non è normale, non dico nella logica, ma nella dialettica, che ogni gruppo umano elabora i suoi mezzi di adattamento alla Natura e di adattamento della Natura in lui. Per dire tutto, i suoi mezzi di espressione, il suo linguaggio ?

E' evidente, ogni società umana ha la sua civiltà, più o meno ricca, più o meno originale, secondo la sua personalità. Questa civiltà è costituita da una somma di risposte dinanzi all' enigma della natura, di andature dinanzi alle esigenze dell' "energia umana".

Ed essa è fondata su una metafisica, su una ontologia, su uno spirito che è la Cultura, e essa comprende le "moeurs" (valori morali), le scienze e le tecniche, le arti e lettere, ecc... E' figlia della razza, della geografia e della storia, che spiegano i modi di sentire, di pensare e di agire di ogni gruppo umano.

Dunque, i Negro - Africani, come tutte le altre etnie della terra, hanno un insieme specifico di qualità di cui lo "spirit-cultura", in una situazione di fatto , ha prodotto una civiltà originale, unica, " insostituibile ". Senza dubbio alcune delle sue qualità si sono potute incontrare con altri popoli, ma certamente non tutti insieme, certamente non sotto questa illuminazione, in questo equilibrio e nello stesso grado. La Negritudine è dunque l'insieme dei valori della civiltà del mondo nero, tali che si esprimono nella vita e nelle opere nere.

Tuttavia, malgrado le verità che si evidenziano qui , la Negritudine non è stata, subito, compresa. E' stata identificata in un razzismo, in un complesso di inferiorità, mentre non è niente altro che una volontà di essere se stessi per rasserenarsi . Malgrado la passione degli inizi, non è stata questione di isolarsi dalle altre civiltà, di ignorarli, di odiarli o disprezzarli, ma piuttosto, in simbiosi con essi, di aiutare alla costruzione di un umanesimo che fu autentico perché totalmente umano.

Totalmente umano, perché formato da tutti gli apporti di tutti i popoli di tutto il pianeta Terra.

  • Da alcuni è stata perfino negata l'unione della cultura negra, proclamando che non c'erano che delle civiltà negre. Come se la civiltà francese, inglese, italiana, russo, svedese, per esempio, non avevano degli aspetti diversi

  • di una cultura occidentale, di tradizione greco-latina, di cui nessuno ha mai sognato di negare l'uniformità (armonia). Esiste, parallelamente , un insieme di valori fondamentali, comuni a tutti i popoli neri e che fanno l'uniformità ( l'unité ) di questi popoli.

  • Léopold Sédar SENGHOR,

Négritude, Arabisme et Francité, Beyrouth, 1967

Negritudine " la mia negritudine non è mai sonnolenza della razza, ma il sole dell'anima, la mia negritudine vista e vita mia negritudine é " ...Alcuni passaggi dell'intervento di Senghor alla Conferenza sulla negritudine al "Palais des Beaux Arts de Bruxelles " - 1970. "Nit moo di garab u nit : E' l'uomo che é il rimedio dell'uomo" (dizione Wolof del Senegal) . " Se ho scelto, oggi, di parlarvi della Negritudine nelle sue relazioni con la modernità, in altri termini, se mi propongo di presentarvi la Negritudine come un umanesimo contemporaneo , é perché il tema é di attualità. Diversi osservatori , perfino degli storici e dei filosofi, l'hanno segnalato, nel seno della più grande potenza del mondo, gli Stati-Uniti d'America, una minoranza etnica- i Negri, per nominali- gioca un ruolo più importante che il suo numero. E questo i nostri osservatori rilegano questo fenomeno all'influenza crescente, perché la rivolta , delle minoranze dal mondo. E da ricordarci l'influenza del jazz sulla musica contemporanea e, prima , quella dell'Arte negra sulla Scuola di Parigi, vale a dire sull'arte del XX° secolo. Se me la prendo con i rapporti euroafricani, dei francesi ci trattano da "razzisti" negli anni 1930, quando la parola Negritudine scoppiò, come una bomba nauseabonda, a Parigi in piena "Quartier Latin" ; e oggi , degli argomenti di Sua Maestà britannica considerano come "stocking" la fusione, che si realizza, dai movimenti della Negritudine e dall'African personality.

Ma , poiché si tratta di questo, che cosa é la negritudine ? In una intervista recente , pubblicata dal giornale Dakar-Matin ( numero del 23 marzo 1970 ) , il Professore Abiola Irélé dell'Università d'Ifé, in Nigeria, rispondeva così alla domanda : "Je suis un défenseur et un partisan della Négritude dans la mesure où je vois, dans ce mouvement , une volonté de retour à soi. Je l'accepte même en tant que narcissime positif absolument nécessaire. Je pense qu'il faudrait même exagérer, lui donner des dimensions qui soient en proportion de l'aliénation. A la dernière conférence d' Edimbourg , j'ai exposé que la Négritude est une philosophie qui postule une action culturelle adaptée aux conditions spirituelles sociologiques de l'homme noir ". C'est un humanisme à portée universel >>. Sottolineo l'ultima frase : é il tema stesso di questa conferenza. Se ho citato, così lungamente, Irélé, perché é anglofono e l'imperialismo dei " Grands-Blancs " (Grandi-Bianchi) ha voluto servirsi dei Negri anglofoni d' Africa, come lo fa, oggi , dei "maxisti-leninisti", per combattere il movimento della Negritudine.

Ma ancora che cosa é la negritudine ? Se si vuole riflettere bene, la parola ha un doppio senso : soggettiva e obiettiva, particolare e universale, attuale e eterna. E' il primo senso che definisce Irélé. In questo senso, la Negritudine , é essenzialmente , un rifiuto e un impegno, una negazione e il superamento della negazione nella tesi, meglio : nella simbiosi.

Mi riferisco, qui, alla mia propria esperienza, poiché é in quarto anno dell'insegnamento secondario- che ho scoperto il problema di cominciare la militanza. Ero al Colleggio Liberman, a Dakar, che era gestito dai Preti del Santo-Spirito. Eravamo, già, un pugno di contestatari, che relativamente privilegiati, era quello di avere dei lenzuoli bianchi. Ma il Direttore ci cacciava, sempre, ai letti bassi e ai " copri fianchi " dei nostri parenti, negandoci anche l'onore di avere una civiltà, poiché eravamo dei " selvaggi " nel senso etimologico della parola : degli " uomini della boscaglia " .

Protestavo con sempre più vigore che, mio padre essendo proprietario terriero, avevo vissuto, in campagna, la nostra civiltà negro-africana, che era una certa maniera, non europea, di pensare il mondo e di essere al mondo, di concepire e di vivere la vita, di ridere e di piangere, di danzare e di cantare, di dipingere e di scolpire. E anche e soprattutto di pregare. Ma il militante che iniziavo ad essere sentiva, malgrado tutto, la debolezza di questa civiltà che era di ordine tecnico. E giuravo di rubare, in Europa, gli strumenti della sua superiorità : le sue macchine, di sicuro, ma soprattutto la mente delle sue macchine, voglio dire la sua ragione discorsiva. Ecco dunque quello che é la Negritudine. Obiettivamente, come civiltà, é l'insieme dei valori non solo dei popoli dell'Africa nera, ma ancora delle minoranze nere d'America, perfino di quelle dell'Asia e dell'Oceania E' così che lo scrive Jean-Paul Sartre nel " Orphée noir " (prefazione all'Antologia della nuova Poesia negra e malgascia di lingua francese, da L.S. Senghor ( Presses universitaires de France, Paris ), " una certa qualità comune ai pensieri e alle condotte dei negri ".

Soggettivamente, la Negritudine é una volontà di assumere i valori della civiltà del mondo nero, di viverli su di sè , dopo averli fecondati e attualizzati, ma anche di farli vivere dentro di sé e dagli altri. In questo senso, é , per riprendere l'espressione di Irélé, " un umanesimo a portata universale ". Per farvelo comprendere meglio, vi rimando a Napoleone Bonaparte : alla sua invasione dell'Europa e alle sue conquiste, all'occupazione francese e alle reazioni nazionaliste che ha provocato, singolarmente dai Germanici, gli Slavi e, indirettamente, dai Scandinavi. Reazioni politiche, di certo, ma più profondamente, reazioni culturali, che dettero le loro fondamenta alle nuove nazioni. E' dire che la Negritudine, come movimento culturale, non é un razzismo : nemmeno un "razzismo antirazzista", per adoperare la formula di Sartre. Si sa, sotto l'influenza della Caratterologia, di cui uno degli inventori fu il filosofo franco-senegalese Gaston Berger, l'etnologia ha finito di rovinare l'idea di una civiltà unica, ancora più l'idea- ancora incarnata dalla " Società europea di Cultura "- di una civiltà europea superiore a tutte le altre. Come me l'hanno insegnato Marcel Mauss e Paul Rivet, miei maestri all'Istituto di Etnologia di Parigi, ogni etnia, ogni popolo ha la sua civiltà, che é il frutto succulento della geografia, ma anche della storia, della razza, ma ancora della lingua : della vita in società.

Dopo aver così definito la Negritudine, vorrei determinare..."

La Negritudine, comprensione alla simpatia Nella sua celebre prefazione, Jean - Paul Sartre si sforza di circoscrivere il concetto di negritudine, tale che si libera dai poemi raccolti da Senghor nella sua antologia.

E' notevole che al termine di questa analisi obiettiva, la negritudine, vista dallo sguardo esterno del filosofo europeo, sia definita in termini identici, dove poco si vuole, a quelli di Senghor, l'uomo nero e poeta. E quali cose dunque adesso questa negritudine, unica preoccupazione di questi poeti, unico soggetto di questo libro ? bisogna prima rispondere che un bianco non saprà parlarne convenientemente, poiché non ha l'esperienza interiore e poiché le lingue europee mancano di parole che permetterebbero di descriverla. Dovrei dunque lasciare il lettore incontrarla nel corso di queste pagine e farsene l'idea che giudicherà buona.

Ma questa introduzione sarebbe incompiuta se, dopo aver indicato che la ricerca del " Graal " (Santo Graal - verbo, sacro o divino) nero figurava nella sua intenzione originaria e nei suoi metodi la più autentica sintesi delle aspirazioni rivoluzionarie e della preoccupazione poetica mostravo che questa nozione complessa è, nel suo cuore, Poesia pura. Mi delimiterei dunque ad esaminare questi poemi obiettivamente come un fascio di testimonianze, e a censire alcuni dei loro temi principali. Quello che fa, dice Senghor, la negritudine di un poema, è meno il tema, che lo stile, il calore emozionale, che dà vita alle parole, che tramuta la parola in verbo." Non sapremo meglio prevenirci che la negritudine non è uno stato, nè un insieme definito di vizzi e di virtù, di qualità intellettuali e morali, ma una certa attitudine affettiva dinanzi al mondo. La psicologia ha rinunciato fin dall'inizio di questo secolo alle sue distinzioni scolastiche. Non crediamo più che i fatti dell'anima si dividono in volizioni o azioni, in conoscenze o percezioni e in sentimenti o passività ceche. Sappiamo adesso che un sentimento è un modo definito di vivere il nostro rapporto nel mondo che ci circonda e che ricopre una certa comprensione di questo universo.

E' una tensione dell'anima, una scelta di sè stessi e d'altrui, un modo di superare i dati grezzi dell'esperienza, insomma un progetto tutto, come l'atto volontario. La negritudine, per adoperare il linguaggio "heideggerien", è l'essere nel mondo del negro.

Ecco d'altronde quello che ci dice Césaire :

" Mia negritudine non è una pietra, la sua sordità corsa contro il clamore del giorno mia negritudine non è una federa di acqua morta sull'occhio morto della terra Mia negritudine non è nè una torre nè una cattedrale si tuffa nella carne rossa del suolo Si tuffa nella carne ardente del cielo essa buca la prostrazione opaca della sua dritta pazienza."

La negritudine è dipinta in questi bellissimi versi come un atto molto più che come una disposizione. Ma questo atto è una determinazione interiore : Non è prendere nelle sue mani e trasformare i beni di questo mondo, è di esistere in mezzo al mondo. La relazione con l'universo rimane una appropriazione. Ma questa appropriazione non è tecnica. Per il bianco, possedere è trasformare. Di certo, l'operaio bianco lavora con degli strumenti che non possiede. Ma almeno le sue tecniche sono le sue : se è vero che le invenzioni maggiori dell'industria europea sono dovute a un personale che si recluta sopratutto nelle classi medie ( società ), almeno il mestiere del carpentiere, del falegname, del tornitore gli apparirà ancora come un vero patrimonio, sebbene l'orientamento della grande produzione capitalista tende a spogliarli anche dalla loro " gioia al lavoro ".

Ma l'operaio nero, non basta per dire che lavora con degli strumenti che gli si prestano; gli si prestano anche delle tecniche.

Césaire chiama i suoi fratelli neri :

" Quelli che non hanno inventato nè la polvere (da sparo, ndr) nè la bussola quelli che non hanno mai saputo domare il vapore nè l'ettricità quelli che non hanno esplorato nè i mari né il cielo ..."

Ma questa rivendicazione presuntuosa della non-tecnicità svolta la situazione :

quello che poteva passare per una mancanza diventa sorgente positiva di ricchezza. Il rapporto tecnico con la Natura la scopre come quantità pura, inerzia, esteriorità : Muore. Dal suo rifiuto presuntuoso di essere " homo faber ", il negro gli restituisce la vita. Come se, nella coppia " Uomo-natura ", la passività di uno dei termini trascinava necessariamente l'attività dell'altro.

A dire il vero, la negritudine non è una passività, poiché " troue la chair " del cielo e della terra " : è una "pazienza, e la pazienza appare come una imitazione attiva della passività.

L'azione del negro è innanzitutto su di sè. Il nero si alza e si immobilizza come un incantatore di "uccelli" e le cose vengono ad appendersi sui rami di questo albero falso. Riguarda ben di captazione del mondo, ma magico, dal silenzio e il riposo: agendo innanzitutto su di sè, il negro pretende guadagnare la Natura guadagnando di sè.

" Si abbandonano, presi, dall'essenza di ogni cosa ignoranti delle superfici ma afferrati dal movimento di ogni cosa incuranti di domare, ma giocando il gioco del mondo, veramente i figli grandi del mondo poroso a tutti i fiati del mondo..."carne della carne del mondo" palpitante del movimento stesso del mondo."

Non si potrà difendere, a questa lettura, di sognare alla famosa distinzione che ha stabilito Bergson tra l'intelligenza e l'intuizione. E giustamente Césaire ci chiama " Vincitori onniscienti e ingenui " Dall'attrezzo, il bianco sa tutto . Ma ogni graffio sulla superficie delle cose, ignora la durata, la vita.

La negritudine, al contrario, è una comprensione alla simpatia.

Jean-Paul Sartre, " Orphée noir ",

prefazione dell'Antologia della nuova

poesia negra e malgascia di lingua francese,

Parigi, P.U.F., 1969 P.

· Libro- 1964, Sartre ottiene dopo Steinbeck, il Premio Nobel della letteratura e lo rifiuta. Quattro anni più tardi, il piccolo capo lavoro di Albert Cohen, " Belle du Seigneur " , riceve il grande Premio dell'Accademia francese - Jean Paul Sartre

La Negritudine

Ben vero che c'é il fatto che un pugno di studenti e di intellettuali neri ripiegati a Parigi e nutriti dalle opere degli scrittori negro-americani, il movimento della Negritudine sorviene in un momento quando l'Europa attraversa una crisi senza precedenti, e il suo destino va a trovarsi nello stesso tempo profondamente modificato.

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Il suono della Kora

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