30 OTT 2025
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Postsovietika. Intervista ad Anna Zafesova

RUBRICA | di Ada Pagliarulo - RADIO - 08:24 Durata: 5 min 45 sec
A cura di Guido Mesiti
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Il grande traino che l'industria bellica ha rappresentato per l'economia russa si è fermato.

A cerificarlo sono gli stessi dati del Comitato di statistica del Paese e le ricerche di economisti governativi dell'Accademia delle Scienze russa.

L'industria bellica ha subito un drastico calo, rispetto alla crescita degli utlimi due anni.

Le grandi fabbriche hanno ridotto la settimana lavorativa a 4 giorni e in alcuni casi, per non licenziare, hanno dirottato operai qualificati a fare le pulizie nelle proprie officine.

Sono in crisi non soltanto le indistrie civili, ma anche quelle militari.

Negli
stabilimenti dell'Uralvagonzavod, che produce vagoni ferroviari ma anche carri armati e dove Putin si è recato spesso anche per grandi annunci, si lavora 4 giorni a settimana.

In crisi anche le case automobilistiche Avtovaz, Gaz, Kamaz e le industrie del cemento.

L'operazione di sostituzione delle importazioni per rispondere alle sanzioni internazionali è sostanzialmente fallita.

Intanto la Duma ha deciso l'innalzamento dell'Iva al 22 per cento.

La quota della spesa pubblica destinata alla guerra e alla repressione poliziesca si attesta oltre il 40 per cento.

Aumenta il deficit e il tesoretto accumulato negli anni del 'caro petrolio' si è ridotto, dunque lo Stato ha bisogno di nuove entrate: di qui la decisione di innalzare l'Iva, che provocherà l'innalzamento dell'inflazione e l'eliminazione di sgravi fiscali o tassazioni agevolate di cui godeva uno dei pochi settori innovativi dell'economia russa, quello delle startup.

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