31 LUG 2002

Iraq: Gli Usa verso l'attacco a Saddam Hussein

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Secondo l'intelligence di Washington esisterebbero immagini dal satellite dalle quali si intravedrebbero segni di un laboratorio sotterraneo di armi biologiche, situato sulla riva occidentale del fiume Tigri, a Baghdad31 luglio 2002 - «Saddam Hussein era sorprendentemente vicino» - afferma un esperto militare del pentagono - «forse poche settimane, per completare il suo sistema di armi nucleari quando siamo intervenuti nel 1991 con l'operazione Desert Storm».

Adesso, gli Stati Uniti, dopo l'11 settembre e le recenti prese di posizione del presidente Bush, di Rumsfeld e di Dick Cheney,
sembrano di nuovo alle prese con lo stesso dilemma.Attacco si, ma con le proveDavvero Saddam è nuovamente vicino ad avere armi biologiche e di distruzione di massa? Oggi la Commissione Affari Esteri del Senato degli Stati Uniti apre l'audizione sulla questione.Sul tavolo, secondo quanto riportano i maggiori quotidiani nord-americani, l'analisi dei rischi reali di guerra, ma soprattutto la constatazione, fatta dal presidente della Commissione, il Senatore Joseph R.

Biden Jr.

sul fatto che «non c'è stato ancora un luogo in cui sia avvenuta una discussione precisa sull'argomento».La Commissione del Senato appunto, in due giorni sarà chiamata a prendere una decisione: fare la guerra, e farla se si dimostra che l'Iraq sta cercando attivamente armi biologiche, chimiche e nucleari che possano rappresentare un pericolo per gli Usa e per i suoi alleati.Incertezza e tecnologiaGli analisti dell'intelligence hanno confermato di aver effettuato fotografie satellitari dalle quali si noterebbe un'ombra sotterranea, situata sulla riva occidentale del Tigri.

Lì, ci sarebbe il laboratorio delle armi di Saddam, chiamato Tahhaddy, o "Challenge" (sfida), con 85 impiegati.Ulteriori dettagli sul laboratorio sono stati acquisiti in questi ultimi mesi dai disertori dell'esercito di Saddam e dagli oppositori del regime di Baghdad in esilio, membri del gruppo chiamato Iraqi National Congress.

Raccontano di camere per i test sotterranee, un sistema di sicurezza inaccessibile e addirittura di un nome in codice "Blue-nile" che ad alcuni evocherebbe un virus e che suonerebbe sospettosamente simile a Ebola.«Lo riteniamo molto credibile» - ha detto un analista dell'intelligence del Pentagono specializzato negli affari iracheni - «è certamente plausibile.

Ma provarlo è un'altra cosa».Bush e Rumsfeld, dicono e non diconoL'ultima uscita è stata quella di ieri del segretario alla difesa Donald Rumsfeld, che in una conferenza stampa ha detto che l'Iraq adesso «ha laboratori di armi biologiche mobili e che sono molto difficili da bombardare.

Questo» - ha spiegato - «è un esempio del perché l'aviazione da sola non può distruggere tutte le armi di massa irachene».Un eventuale piano allora, ha aggiunto Rumsfeld, potrebbe prevedere anche l'impiego di numerose truppe di terra: non meno di 250 mila unità, secondo quanto dichiarato dallo stesso segretario alla difesa.Da quando il presidente Bush, ha scritto oggi il Los Angeles Times, mesi fa ha annunciato un piano militare determinato ma ancora non ufficiale per rovesciare Saddam in possesso della sua amministrazione, diverse e contraddittorie versioni del piano hanno riempito le pagine dell'informazione.Inoltre, riporta ancora il quotidiano californiano, sebbene Bush abbia smentito qualsiasi approvazione di un piano di guerra, ha dichiarato più volte che gli Stati Uniti sarebbero giustificati nel "rovesciare" regimi che minaccino con armi chimiche, batteriologiche e nucleari; oltre ad aver approvato azioni 'nascoste' contro Saddam.Attacco in preparazione...

per ottobre?Non sono in molti però a credere che un attacco che punti a scalzare Saddam e ad imporre all'Iraq un nuovo governo possa essere effettuato prima di ottobre, o addirittura, come riportato dalla stessa stampa americana, dopo le elezioni per il Congresso di novembre.Secondo l'ayatollah Mohammed Baqir al-Hakim, leader dell'opposizione sciita, in esilio a Teheran, un eventuale attacco militare americano all'Iraq «non avverrà prima del prossimo inverno».

L'ayatollah al-Hakim, intervistato oggi da Radio Teheran, ha comunque aggiunto di essere contrario a un tale attacco, affermando che «spetta al popolo iracheno decidere del proprio destino».Intanto, intorno all'Iraq qualcosa si muove.

Oggi il giornale turco Hurriyet riferisce che una squadra di 15 militari americani è giunta segretamente ad Ankara venerdì scorso per predisporre uno scudo congiunto di 'Patriot' contro possibili attacchi missilistici di Saddam Hussein.Secondo lo stesso giornale il team proveniente direttamente dal Pentagono ha avuto incontri di alto livello con il ministero degli esteri e con lo stato maggiore turco per discutere un piano di protezione intorno ai principali obbiettivi strategici turchi, tra cui basi aeree e centri industriali contro possibili lanci di Scud iracheni o di missili di organizzazioni terroristiche anche dal mare.Segnali da alleati e 'neutrali'Da un lato Tony Blair, primo ministro britannico ha espresso il suo pieno appoggio ad un eventuale attacco americano a Saddam, bacchettando però il resto dell'Europa per l'atteggiamento 'prudente' sulla questione dimostrato da alcuni governi.

Francia e Germania ad esempio, tramite Chirac e Schroeder, ieri avevano fatto sapere che un eventuale attacco non può che avvenire dopo un mandato del consiglio di sicurezza dell'Onu.

E comunque dopo aver espletato tutti i tentativi per far tornare a Baghdad gli ispettori dell'Onu per visitare i siti sospetti.Giovedì intanto è atteso a Washington re Abdallah di Giordania.

In un incontro con Blair il sovrano ha detto di volere scongiurare un attacco statunitense contro l'Iraq almeno fino alla ripresa dei negoziati di pace israelo-palestinesi, ma non convince l'opposizione islamica in Giordania, la quale dubita che il governo sia davvero estraneo a eventuali piani per rovesciare Saddam Hussein.Chiarezza e dibattito«Sta diventando il dibattito dell'indiscrezione» - ha detto Derek Chollet membro del dipartimento di stato dell'amministrazione Clinton in merito al bisogno, sentito in questi ultimi giorni dall'opinione pubblica americana, di avere più chiarezza sulla situazione irachena - «il primo che si sveglia solleva nuovi polveroni».Gli ultimi sondaggi hanno dimostrato che sia il Congresso sia la maggioranza dei cittadini appoggiano, almeno in linea teorica, una guerra con l'Iraq.

Ma Lee Hamilton, attuale Presidente della Commissione per le relazioni Internazionali ha lamentato uno scarso dibattito sull'argomento «vista la questione tanto enorme di un eventuale cambio di regime nella leadership irachena».Intanto, però, Rumsfeld ieri ha ribadito: «Non sappiamo ancora se gli Usa eserciteranno l'opzione militare riguardo all'Iraq».

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