28 SET 2002

Processo Imi-Sir/Lodo Mondadori: La deposizione di Cesare Previti

[NON DEFINITO] | - 00:00 Durata: 9 ore 31 min
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Milano, 28 settembre 2002 - Esame dell'imputato Cesare Previti, quest'oggi, nell'aula della quarta sezione penale del Tribunale di Milano dove si svolge il processo congiunto Imi-Sir/Lodo Mondadori.

L'ex ministro della Difesa e deputato di Forza Italia è accusato di corruzione in atti giudiziari.

Il rapporto con la FininvestAlla prima domanda del pm su un bonifico da due milioni e 732 mila dollari del '91 sul suo conto 'Mercier', l'avvocato di Silvio Berlusconi risponde: «Denaro ricevuto nell'ambito di un rapporto professionale con il gruppo Fininvest».

Previti sottolinea che nell'altro
processo che lo vede imputato per la vicenda Sme, è depositata una consulenza per dimostrare l'entità del suo lavoro.Il parlamentare ricorda la sua attività «imponente e documentata» per la Fininvest, in un periodo in cui il gruppo dell'attuale presidente del Consiglio stava espandendosi in Europa.

Quel versamento costitutiva una tranche del compenso pattuito con un dirigente del 'Biscione', Livio Gironi.«Il bonifico, però, proveniva da un conto svizzero Feroza, gestito da due fiduciari», obietta il pm.

Una circostanza che l'ex ministro della Difesa dice di aver appreso nel corso delle indagini.

«Non so e non mi interessa come abbiano provveduto al pagamento.

Quello che deve interessare è che si trattava di regolarissime parcelle».I bonifici di Attilio PacificoI bonifici provenienti dall'avvocato Attilio Pacifico, amico di vecchia data (Previti smentisce che fosse un factotum del suo studio), rientravano nell'ambito di compensazioni tra Italia e Svizzera che i due legali erano soliti fare.

«Non ho mai saputo come lui facesse a fare entrare i soldi - risponde Previti a una domanda del Pm -, non so se usasse gli spalloni o cosa altro».

Comunque «mai neanche una lira a magistrati».Il debito dei RovelliIl suo rapporto con Nino Rovelli - per il quale, secondo l'accusa, Previti avrebbe creato la provvista per corrompere i giudici romani - cominciò negli anni '70, quando l'ingegnere era sottoposto ad un attacco, «anche mediatico» perché venivano messe in dubbio, in un'inchiesta penale, modalità ed entità degli aiuti che la sua Sir riceveva dalle banche.

Legato com'era a Efibanca, che sosteneva Rovelli, Previti si era fatto carico di spiegare la situazione al giudice istruttore romano Antonio Alibrandi, il quale, «con grande lealtà intellettuale si rese conto di avere sbagliato rotta».

«La vicenda finì con qualche malore o con qualche infarto, ma con l'assoluzione».Risale quindi ai tempi della felice conclusione della vicenda penale per Rovelli quel debito contratto dalla famiglia dell'ingegnere.

Per quella prestazione professionale - racconta il deputato di Fi - venne stabilita una parcella di 3 miliardi e 750 milioni, da pagarsi in Svizzera, non appena i Rovelli avessero recuperato la liquidità.

«Dopo la morte del padre, Felice Rovelli venne a sapere del debito - spiega l'ex ministro - e si impegnò ad onorarlo in tutto e per tutto».

Successe nel '91, quando venne versata una prima tranche da un miliardo e, nel '94, quando la famiglia vinse in Cassazione la causa per quel maxi-risarcimento che la vedeva opposta all'Imi e al centro del processo.

«Nel frattempo gli interessi del 10 per cento in Svizzera avevano portato la cifra a 18 milioni di franchi svizzeri».

Durante questi anni Previti non aveva sollecitato il pagamento della somma «anche se importante».

«Perché - sottolinea Previti - non l'ho mai fatto con nessun mio cliente».La testimonianza di Stefania AriostoNel pomeriggio si svolge invece il controesame della difesa.

Chiede l'avvocato Alessandro Sammarco: «Conosce Stefania Ariosto?».

Previti, dunque, ripercorre la frequentazione con la teste 'Omega', sin da quando, alla metà degli anni '80 gli venne presentata perché l'aiutasse nella sua attività imprenditoriale.

«Attività virtuale», la definisce Previti, tant'è vero che Efibanca non concesse finanziamenti alla Ariosto, dopo una breve istruttoria.«Baggianate», quelle raccontate agli inquirenti dall'ex compagna di Vittorio Dotti, «frutto di pura invenzione» la 'lobby' tra avvocati e giudici romani.

«In sette ore - conclude Previti - non ho sentito parlare di nessuna corruzione di giudici...

mi fa piacere».

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