21 FEB 2002

TPI: Colpo di scena all'Aja (+ audio)

[NON DEFINITO] | - 00:00 Durata: 4 ore 4 sec

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Oggi colpo di scena all'Aja.

Il testimone Zegiri ha lasciato l'aula, Milosevic ha protestato fermamente.

Continuano intanto i racconti dei testimoni diretti che stanno dimostrando un disegno del governo di Belgrado per la distruzione dei villaggi in concomitanza con i bombardamenti NatoUltimo aggiornamento: 21 febbraio 2002 h19.28 (CET)Proseguono presso il Tribunale penale internazionale per i crimini nella ex Yugoslavia i racconti dei testimoni diretti delle violenze in Kosovo.

Le testimonianze sembrano dimostrare che nei giorni immediatamente successivi ai bombardamenti Nato, le milizie serbe
hanno bruciato villaggi e costretto migliaia di civili a dirigersi verso l'AlbaniaColpo di scena: il testimone se ne vaCoup de theatre questa mattina all'Aja.

Il primo testimone diretto delle violenze in Kosovo, Agin Zegiri, il contadino la cui famiglia è stata sterminata, si è alzato e se n'è andato.

"Non mi sento bene - ha spiegato - non posso rispondere".

Milosevic ha avanzato vibranti proteste ma Zegiri ha spiegato di essere in dialisi e di doversi curare.

Zegiri stava rispondendo al controinterrogatorio della difesa.

Milosevic gli stava chiedendo ulteriori chiarimenti sui suoi rapporti con l'Uck quando il testimone ha dichiarato: ''Non mi sento bene, sono sotto dialisi, non ho altro da dire, ho i miei problemi, ho la mia sofferenza''.

Nello specifico l'ex dittatore gli stava chiedendo un chiarimento su una frase che secondo la difesa era stata tradotta male dagli interpreti.

Zegiri ha dichiarato ieri di aver fornito cibo a dei membri dell'esercito di liberazione del Kosovo che "di tanto in tanto" passavano per il suo villaggio, mentre secondo la difesa la frase esatta significava che Zegiri avrebbe "aiutato" i membri dell'Uck.

Milosevic ha cercato più volte di farlo cadere in contraddizione senza successo e oggi il colpo di scena.

Zegiri ha continuato a voltare le spalle all'imputato, non degnandolo di uno sguardo.

Prima di lasciarlo andare via il presidente Richard May gli ha chiesto se fosse in grado di continuare per dieci minuti: ''No, non sto per niente bene, non posso rispondere a nessuna altra domanda''.

In ogni caso il giudice sudcoreano O-Gon Kwon gli ha chiesto di precisare come fossero morti i 16 membri della sua famiglia.

''Non me l'hanno detto'' ha risposto il teste.

"Non è possibile che l'accusa possa ritirare il teste - ha protestato Milosevic - ha detto una serie di cose non vere"La testimonianza di Fehim Elshani È quindi stato chiamato a testimoniare un altro contadino kosovaro, Fehim Elshani, 67 anni, del villaggio di Nogavac.

Anche lui ha volto le spalle a Milosevic per tutto il tempo.

Elshani, un altro testimone diretto delle violenze serbe, è un ex impiegato comunale: "Sono stato costretto - ha raccontato durante il controinterrogatorio - a lasciare il mio lavoro prima del tempo perché sono stato sollevato dall'incarico".

Anche dalla sua testimonianza emerge che nei giorni immediatamente successivi al bombardamento Nato le milizie serbe hanno bruciato villaggi, ucciso civili e costretto molti kosovari di etnia albanese a fuggire verso l'Albania.

La sua testimonianza potrebbe inoltre dimostrare che durante gli anni '90 vigeva un regime di 'apartheid', come sostenuto dal primo testimone, Mahmut Bakalli.

La polizia chiedeva soldi per non ucciderciElshani ha inoltre raccontato che le milizie chiedevano denaro per non uccidere i civili che erano costretti a lasciare i propri villaggi diretti verso l'Albania.

Lui e suo cognato - ha raccontato il teste - la notte dei bombardamenti si sono radunati su una collina insieme ad altri 20.000 abitanti dei centri vicini, i cui villaggi venivano bruciati dalle milizie serbe.

La polizia ha deciso però di riportare tutti quanti nel villaggio di Nagafc e di rinchiuderli "in una grande stanza.

Ci hanno minacciato - ha ricordato - di non muoverci per due ore o ci avrebbero ammazzati tutti".

Alcuni tra i prigionieri sono andati a 'trattare' con la polizia serba, offrendo in tutto circa 48.000 marchi tedeschi per poter ripartire verso l'Albania distante solo pochi chilometri.

Anche a loro sono stati sequestrati i documentiLe minacce di Belgrado in caso di bombardamenti Nato Il governo di Belgrado - ha raccontato - aveva avvertito che ''se la Nato fosse intervenuta, si sarebbero vendicati con noi''.

Questo il motivo per cui lui e altre persone sono scappate, cercando di mettere in salvo le proprie famiglie.

Su questo punto Slobodan Milosevic ha cercato di far cadere il testimone senza successo: "Lei è una persona istruita, ha sentito personalmente parlare dei dirigenti del governo di tali intenzioni?" - ha chiesto Milosevic, "Non personalmente, ma in televisione", ha risposto Elshani, e rivolgendosi con durezza all'ex dittatore ha detto: "Non cerchi di provocarmi in questo modo, ho raccontato la verità".

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