19 FEB 2009
intervista

No al protezionismo: i liberisti italiani al primo convegno nazionale della Lega Antiprotezionista (Milano, maggio 1914)

SERVIZIO | di Emiliano Silvestri - Milano - 20:07 Durata: 33 min 26 sec
A cura di Alessio Grazioli
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Servizio realizzato a margine della presentazione del libro a cura di Luca Tedesco "Il canto del cigno del liberoscambismo" (Ed.

Lacaita).

Registrazione audio di "No al protezionismo: i liberisti italiani al primo convegno nazionale della Lega Antiprotezionista (Milano, maggio 1914)", registrato a Milano giovedì 19 febbraio 2009 alle 20:07.

Sono intervenuti: Luigi Marco Bassani (professore), Luca Tedesco (professore), Giovanni Pavanelli (professore).

Sono stati discussi i seguenti argomenti: Agricoltura, Commercio, Consumatori, Costi, Economia, Einaudi, Europa, Guerra, Industria, Lavoro,
Liberalismo, Libro, Mercato, Politica, Protezionismo, Stato, Storia, Unione Europea, Usa.

La registrazione audio ha una durata di 33 minuti.

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  • Luigi Marco Bassani

    professore

    Associato di Storia delle Dottrine Politiche all'Università degli Studi di Milano Il significato originario del termine "liberista", così erano chiamati i sostenitori del libero scambio. Liberista è oggi termine da rivalutare. Hayek lo considerava superato ma il dibattito recente lo fa tornare d'attualità. E' termine che convoglia immediatamente una posizione cristallina a difesa della libertà di mercato e a difesa dei liberi scambi che possono esistere a livello internazionale.
    20:07 Durata: 2 min 39 sec
  • Luca Tedesco

    professore

    Docente di Storia cCntemporanea all'Università di Roma Tre Nel mio primo lavoro ho cercato di definire la concezione dei poteri pubblici avanzata dai liberisti radicali. Imparzialità dei poteri pubblici: lo Stato doveva garantire eguale trattamento nei confronti dei cittadini. Era una concezione che portava i liberisti radicali a rifiutare la politica commerciale e doganale protezionista. Posizione che impediva la distribuzione ottimale delle risorse. Una politica che, tra '800 e '900 era condivisa da quasi tutte le nazioni europee, tranne Uk, compresi gli Stati Uniti. Il secondo lavoro, intitolato il canto del cigno del liberoscambismo, riguarda un'altra fase storica: quella che precede la prima guerra mondiale.
    20:09 Durata: 3 min 47 sec
  • Giovanni Pavanelli

    professore

    Ordinario Storia del Pensiero Economico all'Università di Torino Dalla lettura degli interventi dei liberisti si vede che essi non solo evidenziavano i costi, per i consumatori, derivanti dalla politica protezionista. Si chiarisce anche che il Protezionismo (che è richiesta di favori da parte di settori produttivi che limita o elimina la concorrenza) porta alla corruzione dell'apparato produttivo; ha effetti distorsivi dell'apparato statale; lo porta ad agire oltre i suoi compiti (rispetto delle leggi e creazione di un quadro normativo certo nel quale il mercato deve operare). Gli autori liberisti avevano avuto molto seguito nei giornali indipendenti, tra cui il Corriere della Sera e La Stampa. Nel periodo tra la guerra di Libia (1911 - 1912) e la prima guerra mondiale avviene passaggio cruciale della storia italiana recente; l'orientamento nazionalista, più rumoroso e battagliero, prevale con tesi opposte a quelle liberiste, che vengono estromesse. Si crea un clima che spinge verso la soluzione dell'aggressione militare. Una tendenza che prevale anche in altri Paesi.
    20:13 Durata: 6 min 10 sec
  • Luca Tedesco

    professore

    Il 1° convegno dei liberoscambisti del maggio del 1914; la prima guerra mondiale avrebbe fatto carta straccia di ogni ipotesi liberista e di qualsiasi concezione di rapporti interstatali improntati alla pacifica convivenza. Giretti, Einaudi, De Viti, De Marco portano la loro ultima testimonianza e rivendicano la validità della loro proposta che stabiliva uno stretto legame tra la politica protezionista e il militarismo aggressivo che avrebbe portato alla prima guerra mondiale; in questo ebbero ragione perché il fattore più importante che portò alla prima guerra mondiale fu l'opposizione dei vari nazionalismi europei. I liberisti, liberoscambisti, sono convinti che si possa creare una società di individui votati pacificamente all'ottimizzazione dei livelli produttivi che comportava l'adozione piena di un libero mercato (che non tollera dazi privilegi e sussidi nei confronti di singoli soggetti economici) capace quindi di allocare nel modo migliore le risorse produttive. Affermavano la necessità dello Stato per la produzione di beni pubblici: (creazione e organizzazione del sistema creditizio, della moneta ma anche di infrastrutture). Criticavano lo Stato quando discriminava cittadini a vantaggio di altri; criticavano la politica protezionista perché metteva lo Stato al servizio di alcuni gruppi economici e colpiva quindi altri soggetti economici. Lo Stato doveva invece essere imparziale. I protezionisti criticavano i liberisti perché la loro politica antiprotezionista non avrebbe potuto permettere la nascita dell'industria siderurgica e quindi di un esercito efficiente. I liberisti erano considerati utopisti e pericolosi perché, privandola di un esercito efficiente, avrebbero lasciato l'Italia indifesa in balia dell'invasore. Il liberista Giretti osservava che si trattava di obiezione ipocrita dal momento che la siderurgia italiana vendeva cannoni anche a potenziali futuri nemici. Il principe degli economisti italiani Francesco Ferrara affermava addirittura, superando i liberisti del primo novecento, che il protezionismo poteva esistere perché esistevano gli Stati e che quindi i liberisti avrebbero dovuto tendere al superamento dello Stato nazionale. Permanendo lo Stato nazionale sarebbero continuate ad esistere politiche commerciali nazionali che avrebbero impedito la miglior allocazione delle risorse produttive. Una posizione che tuttavia non fu approfondita dai liberisti italiani del primo novecento (si trattava di non facile affermazione internazionalista e cosmopolita) forse temendo l'accusa di antinazionali e disfattisti. La scienza economica è concorde invece nel riconoscere ai liberisti una giusta analisi rispetto alla critica del protezionismo nei confronti del settore agricolo e cerealicolo. La politica italiana, quella dell'Unione Europea e anche degli Stati Uniti d'America ha sempre protetto questi settori; questo ci interroga sulla forza delle lobbies, anche numericamente ristrette, nel condizionare l'agenda politica dei poteri pubblici nazionali nelle società democratiche.
    20:19 Durata: 15 min 43 sec
  • Luigi Marco Bassani

    professore

    Se il mondo si avvia a una fase di neoprotezionismo avendo deciso che alla crisi occorre rispondere con maggiore intervento dello Stato nella libera economia - inserendo cioè nel sistema una quota maggiore di quell'elemento che la crisi ha causato - prima o poi quelle frontiere che diventeranno totalmente impermeabili alle merci saranno attraversate dagli eserciti. I liberali hanno preso a considerare l'idea della pace realizzata attraverso i commerci come qualcosa di obsoleto; la storia della prima parte del novecento dimostra esattamente il contrario: "laddove non passano le merci, prima o poi passeranno gli eserciti".
    20:35 Durata: 1 min 49 sec
  • Luca Tedesco

    professore

    Ritorna oggi in modo prorompente la necessità di adottare politiche protezioniste, questo dimostra che la razionalità economica non è necessariamente vincente. La politica economica degli Stati nel breve periodo preferisce distruggere ricchezza e risorse per mantenere, nell'immediato, posti di lavoro.
    20:37 Durata: 3 min 18 sec