Il cinema non è solo il cinema. Film, politica e libertà. - "Il profeta" di Jacques Audiard

Un saluto agli ascoltatori di Radio Radicale da Gianfranco Cercone
Adriano Sofri in una nota che prendeva spunto dal profeta film di Giacco Diarra uscito da poco nelle sale italiane
Ma che allora era stato appena presentato al Festival di Cannes dove aveva vinto il Gran Premio della giuria ecco devo Sofri scriva che il cinema
Può contribuire vero a rendere più trasparente il mondo del carcere a mostrarlo agli occhi del pubblico
Ma corre il rischio di alimentare un voyeurismo del carcere e cioè se non ho capito male una osservazione compiaciuta dei suoi aspetti più degradati e crudeli
La considerazione di Sofri era cinematograficamente pertinente se pensiamo che esiste un filone di sottoprodotti proprio chiamato il cosiddetto figliole carcerario
Fissato sui carceri femminili ma non soltanto
Che ha fatto e fa spettacolo ad esempio del sadismo e degli stupri
Ora questo filone certamente non appartiene il profeta di odiare
E tuttavia si può dire un film privo di voyeurismo
La registrazione continuare gli atti della vita del protagonista che un ragazzo arabo immigrato in Francia finito in carcere per un reato minore
Dei suoi gesti delle variazioni delle espressioni del viso del modo di parlare degli atteggiamenti del corpo questa osservazione così intensa da essere quasi amorosa non è forse voyeuristica
Credo di sì ma non è questo credo voglia divismo appunto Amoroso e non sadico che temi IVA Adriano Sofri
Il profeta è un film gremito di avvenimenti e dunque anche se alla durata eccezionali di due ore e mezzo
è per forza di cose una cronaca asciutta dove la violenza c'è e anche particolarmente efferata non è sottaciuta ma come tutte le azioni che compongono la vicenda non è enfatizzata un'insistita
Non è resa artificiosa e spettacolare
Il ragazzo protagonista che si trova in carcere solo senza amici all'interno che non ha familiari che lo riforniscono di soldi o di indumenti
Comprende presto che per la propria tutela personale non può contare sul personale del carcere che nel film viene mostrato alle dipendenze della criminalità
E così accetta la protezione di un boss del clan ricorsi
Ma non è una protezione a buon mercato per conto dei corsi dovrà uccidere un altro detenuto arabo e non può esimersi perché ne va della sua pelle e in compenso riceve i soldi cibo e permessi di libera uscita
Dicevo che il profeta un fin gremito di fatti di intrighi di imboscate con cui si fronteggiano le componenti etniche della popolazione carceraria corsi arabi in particolare mentre della vicenda anche un comma
Ma i fatti così complicati in questo caso sono tutti in funzione della vicenda una vicenda anche interiore del protagonista che resta sempre al centro del quadro
Dopo aver ucciso il prigioniero arabo magra malgrado i vantaggi pratici che ne ricava si trova in una incresciosa situazione è disprezzato dai corsi che lo trattano come un servo alle loro dipendenze
Ed è considerato dagli arabi un traditore dei propri fratelli
Ma il ragazzo che è ignorante quasi analfabeta mai molto sveglio saprà rovesciare a proprio vantaggio quella situazione
Avendo compreso che in carcere vince il più furbo e il più spietato provocherà una strage del clan dei corsi si sottrarrà alla società la soggezione a loro boss e diventerà lui stesso il boss degli arabi
Insomma è entrato in carcere come piccolo delinquente mi esce come un criminale laureato senza che né i giudici né le guardie negli assistenti sociali ne abbiano a quanto sembra il minimo sospetto
Allora è assunto così rapidamente il percorso della storia del protagonista
Questa potrà risultare
Tristemente verosimile ma anche un detta così un po'spiccia è risaputa
Ma nel fino a questo percorso è attentamente graduato non è lineare e si inceppa non soltanto degli ostacoli interni esterni ma anche dei conflitti interiori del protagonista del ragazzo nei due sensi di colpa e nei suoi conflitti interiori
Insomma il primo è un problema CRIF profeta un fin pieno di sottigliezze relativi alla descrizione dell'ambiente le carceri ma ancora di più alla psicologia del protagonista
Consideriamo ad esempio uno dei momenti finali del film
Siamo nel cortile del carcere quel cortile grigio di cemento che diamo già visto in vari periodi dell'anno sotto il sole autunnale oppure coperto dalla neve opportunamente adottato per le feste di Natale
Il ragazzo è già diventato il bosco e gli arabi mentre il suo maestro il vostro ricorsi è ormai un vecchio solo caduto in disgrazia allora il corso vorrebbe parlare pro probabilmente per chiedergli un favore un aiuto
Ma il ragazzo schierato con gli arabi sul muro posto nel cortile finge di non intendere il suo figlio di richiamo allora il corso che umilmente gli si avvicina Menegazzo fa fermare e buttare a terra da uno dei suoi uomini
Ecco in quel momento negli occhi del ragazzo Graziano imputatura ravvicinata
Scorgiamo che c'è appena un principio di pianto forse pietà per il suo maestro o in un momento di lucidità e pietà per se stesso che quel maestro trasformato a forza in un assassino
In ogni caso si sa che i dubbi non devono piangere e quelle Geri Simo vero di lacrime è dissimulato riassorbito dal gesto non curante con cui il ragazzo si porta alla bocca la sigaretta