14 MAG 1997

Intervento di Emma Bonino, commissario europeo, sulla crisi umanitaria in Zaire

STRALCIO | - Parlamento Europeo - 00:00 Durata: 5 min 16 sec
A cura di Andrea Maori
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Registrazione video di "Intervento di Emma Bonino, commissario europeo, sulla crisi umanitaria in Zaire", registrato a Parlamento Europeo mercoledì 14 maggio 1997 alle 00:00.

Sono intervenuti: Emma Bonino (commissario europeo).

Sono stati discussi i seguenti argomenti: Africa, Aiuti Umanitari, Commissione Ue, Cooperazione, Croce Rossa, Iv, Parlamento Europeo, Rifugiati, Violenza, Zaire.

La registrazione video ha una durata di 5 minuti.

Questo contenuto è disponibile anche nella sola versione audio.
  • Emma Bonino

    commissario europeo

    Signor Presidente, signore e signori, penso di potere essere abbastanza breve. Volevo ringraziarvi per il vostro appog- gio. Penso che, nel quadro delle mie funzioni di commissario responsabile per gli aiuti umanitari, io abbia fatto soltanto il mio dovere. Mi avete chiesto di cercare di fare del mio meglio per far rispettare le convenzioni umanita- rie che prevedono, giustamente, la libertà di accesso alle vittime. * Rivolgendomi al Consiglio poiché, effettivamente, il problema si pone, posso dire, per quanto mi riguarda e per quanto riguarda anche la Commissione, che non vi è alcuna vocazione di occupazione coloniale o militare della regione, o di qualsiasi altra cosa, ma si pone un problema vero. Si e dunque pensato che gli aiuti, diciamo, l'inter- vento militare non fosse forse quello più e?icace e che presentasse rischi politici - tornerò su questo punto in quanto condivido la vostra analisi - e dunque che sarebbe stato meglio intervenire con aiuti umanitari. Il problema che si è posto a noi è che a partire da un dato momento, gli aiuti umanitari erano proibiti, vale a dire ci è stato vietato l'accesso a coloro che occorreva aiutare. Dunque, questa è una violazione flagrante delle convenzioni umanitari ed effettivamente noi, gli umanitari, che non disponiamo di altri mezzi, non eravamo in grado di imporre un accesso forzato. Ecco ciò che è successo effettivamente. Gli aiuti alle persone in diñìcoltà non erano più possibili. Inoltre, abbiamo comunque continuato ad avere personale umanitario sul posto. Dunque, per paura di rappresaglie, siamo stati costretti. per diverse settimane, al silenzio. Dunque, vedete in quale situazione difficile ci siamo ritrovati: essere sul posto senza alcuna efficacia considerato il fine che avevamo, ma quasi costretti al silenzio per paura di rappresaglie. A un certo momento, tuttavia, la comunità umanitaria si e espressa pubblicamente, il 6 maggio. Dopo mesi e settimane di negoziati, di prudenza. di sforzi per calmare le acque, abbiamo ritenuto tutti insieme che non potevamo più tacere, per decenza. Un altro elemento che volevo sottolineare è che io mi chiedo molto spesso, quando prevediamo interventi, eventualmente militari, in un luogo o in un altro, se l'opinione pubblica, la nostra, l'opinione europea, sarebbe disposta ad accettare le perdite in vite umane che ciò implica. È forse spesso facile da prevedere, ma difficile da gestire. Ma, a questo proposito, dobbiamo per forza ammettere che se ci poniamo domande sulle perdite di vite umane nel quadro di un intervento militare, e sui problemi che ciò rischia di porci rispetto alle nostre opinioni pubbliche, vengono uccisi anche sempre più umanitari. Sembrerebbe che il fatto di uccidere gli umanitari, che si tratti di appartenenti a Médecins du Monde, alla Croce Rossa o di osservatori dei diritti dell'uomo non fa differenza. È un po, direi, il mondo alla rovescia, nel senso che se si -tratta del massacro di membri dei corpo specializzati o di militari di carriera che si ritiene debbano essere presenti nelle situazioni diffcili o rischiose - e che nel caso in questione non lo sono per ragioni comprensibili - c'è una reazione della comunità intemazionale, ma se si tratta del massacro di umanitari che invece sono presenti, non si constata veramente una reazione adeguata della comunità intemazionale. C'e un sentimento generale di impunità e c'e francamente una specie di ritorno alla barbarie. Ho un po l'impressione che, sulla base dei trattati e delle convenzioni umanitarie, si fosse accettata la sacralizzazione degli aiuti umanitari. Si era detto: «Non si spara sulla Croce Rossa». Orbene, si direbbe che nella zona di cui parliamo, questa metafora non esista più e che, el`fettiva.rnente, «si spara sulla Croce Rossa», senza che vi siano reazioni adeguate, reazioni tali da incoraggiarci a restare sul posto. Dicendo questo, penso soprattutto agli operatori umanitari che occorrerebbe quanto meno ringraziare per il loro impegno e la loro determinazione. (Applausi)
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