24 NOV 2015
rubriche

I corridoi umanitari messi in discussione dallo stato di emergenza

RUBRICA | - Radio - 15:21 Durata: 10 min 20 sec
A cura di Fabio Arena
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Amer è un giovane iracheno di Ramadi, città caduta sotto il controllo dell'Isis.

Per sfuggire allo Stato islamico ha deciso di chiedere asilo in Europa.

Ma in mancanza di vie legali per raggiungerla, è costretto a rischiare più volte la vita, anche a bordo di un gommone.

A cura di Uski Emilia AUDINO Perché i rifugiati provenienti dal Medio Oriente, dopo aver rischiato la vita innumerevoli volte per raggiungere i confini d'Europa, decidono di affrontare la via del mare su imbarcazioni di fortuna? Un biglietto aereo da Ankara a Berlino costa meno di 200 euro, da Beirut circa 300.

Allora
perché pagare tre o quattro volte tanto un trafficante per attraversare il tratto di mare che separa la Turchia dalle isole greche? Se lo sono chiesti anche loro, i rifugiati.

E da questa domanda è nata nei primi giorni di settembre la campagna social #CrossingNoMore, per iniziativa degli stessi richiedenti asilo, decisi ad incontrarsi al confine tra Grecia e Turchia per rivendicare il diritto di non morire in mare, ma di varcare la frontiera via terra, alla luce del sole.

Valerio Cataldi ha documentato in prima persona per il Tg2 il raduno nei pressi di Edirne di circa 5000 richiedenti asilo, arrivati a piedi da tutta la Turchia.

Via Facebook abbiamo contattato un membro del gruppo Crossing no more, Amer, un ragazzo iracheno di 25 anni, che dopo averci raccontato la sua storia ci ha portato in viaggio con sé, attraverso le immagini del suo cellulare.

E l'Europa cosa sta facendo per evitare i naufragi quotidiani? Gianni Cuperlo, deputato del Pd, è il primo firmatario di un'interpellanza parlamentare al governo firmata il 15 settembre da circa 70 parlamentari, per sollecitare una maggiore iniziativa italiana nei paesi limitrofi le aree di crisi per assicurare un passaggio sicuro, un canale umanitario, a chi fosse in condizione di particolare vulnerabilità: malati, donne incinta e minori non accompagnati.

Ma cosa significa canale o corridoio umanitario? Significa accedere legalmente alla comunità europea.

Significa evitare il mare.

Il paradosso è che l'accesso legale sulla carta è già previsto in diversi casi, ci spiega Carlotta Sami, portavoce per l'Italia dell'Unhcr.

Soltanto che i ricollocamenti di nuclei familiari in territorio europeo e i visti vengono ancora erogati con il contagocce.

E Amer ne è la prova vivente.

Nonostante la sua registrazione come rifugiato, in più di un anno di permanenza in Turchia non è riuscito nemmeno ad avere un appuntamento con le autorità turche, e il primo appuntamento con l'Unhcr è per il 2020.

Ma se aspettare non è un opzione praticabile e i confini via terra sono chiusi, perché non prendere un aereo allora? La direttiva europea 2001/51 scoraggia le compagnie aeree a far salire a bordo chiunque non abbia i requisiti per entrare in un paese comunitario.

Come? Prevede multe salate e che i costi di rimpatrio, in caso di ingresso negato, siano a carico delle compagnie.

In sintesi: porte sbarrate al check-in.

Per sensibilizzare l'opinione pubblica su questo tema, in Svezia è nata da qualche settimana una campagna mediatica, #LetThemFly, accompagnata dall'iniziativa Refugee Air, che si propone di fare una selezione di passeggeri che potrebbero aver diritto al visto e poi metterli su un aereo.

Refugee Air è ancora in fase sperimentale ma potrebbe avere sviluppi interessanti.

Un'iniziativa invece già in fase di attuazione ce la racconta Paolo Naso per conto della FCEI e della comunità di Sant'Egidio.

La scorsa primavera è partito Mediterrenean Hope, un progetto in cooperazione con il governo marocchino, per far transitare in sicurezza il mediterraneo a circa 1000 persone in condizioni di vulnerabilità provenienti dall'Africa subsahariana.

In base alla norma del regolamento della comunità europea 810/2009 sui visti con validità territoriale limitata, è possibile derogare il codice delle frontiere di Schengen nel caso di "motivi umanitari".

Il tema, conferma Carlotta Sami, è in prima battuta burocratico.

L'Unione europea fino ad ora ha fatto troppo poco in termini di organizzazione per facilitare le procedure di erogazione ­­dei visti.

E lì dove la legalità è inaccessibile, l'illegalità si diffonde mettendo a rischio vite umane.

Con: Valerio CATALDI, giornalista; Carlotta SAMI, portavoce Unhcr; Gianni CUPERLO, deputato; Paolo NASO, coordinatore Commissione studi Fcei; Emad ZAND, imprenditore.

Musiche: Kai Engel - Chant Of Night Blades; Enzo Carlino - Hawk Cliff; Celestial Aeon Project - Danger.

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  • Valerio Cataldi

    giornalista del TG2

    Carlotta Sami

    portavoce dell'UNHCR per l'Italia

    Gianni Cuperlo

    deputato (PD)

    Paolo Naso

    coordinatore Commissione studi Fcei

    Emad Zand

    imprenditore

    15:21 Durata: 10 min 20 sec